ENTRA NEL NETWORK |
ENTRA NEL NETWORK |
(Adnkronos) - La Russia sta utilizzando contro l'Ucraina una sempre più vasta gamma di armi chimiche. Lo sostengono i servizi segreti olandesi, citando informazioni raccolte all'interno del governo ucraino, secondo i quali dal 2022 l'esercito russo ha utilizzato armi chimiche per compiere oltre 9mila attacchi in Ucraina. L'uso di gas lacrimogeni e di cloropicrina da parte delle truppe russe "è ormai standardizzato e all'ordine del giorno", hanno affermato i servizi olandesi. La cloropicrina è mortale negli spazi chiusi e la convenzione sulle armi chimiche ne proibisce l'uso in qualsiasi circostanza. Era già noto che la Russia avesse usato gas lacrimogeni in Ucraina, ma l'utilizzo ormai consolidato della cloropicrina è molto preoccupante, hanno affermato i servizi. "È molto probabile che questo continuerà a rappresentare una minaccia in futuro" aggiungono i servizi segreti olandesi, mentre la Russia continua a investire nel suo programma e recluta nuovi scienziati. "La morte di almeno tre persone è stata attribuita dall'Ucraina all'esposizione diretta ad armi chimiche", hanno ricordato i servizi segreti olandesi, secondo i quali tuttavia "indirettamente, l'uso di armi chimiche da parte della Russia causa un numero molto maggiore di vittime". Questo perché costringe molti soldati ucraini ad abbandonare i loro rifugi per essere, poi, "uccisi con munizioni convenzionali". Il ministro della Difesa olandese, Ruben Brekelmans, ha definito l'uso sistematico di armi chimiche da parte della Russia "completamente inaccettabile". "Se la soglia per l'uso di questo tipo di armi viene abbassata, è pericoloso non solo per l'Ucraina, ma anche per il resto d'Europa e del mondo". Non è la prima volta che viene denunciato l'utilizzo di armi chimiche in Ucraina. Lo stesso generale russo Igor Kirillov, ucciso lo scorso 17 dicembre nell'esplosione in un ordigno a Mosca, era stato condannato il giorno precedente in contumacia da un tribunale ucraino per l'uso di armi proibite contro i militari di Kiev. E pochi giorni prima il responsabile della protezione civile del Dipartimento di protezione radiologica, chimica e biologica dell'esercito ucraino, Artem Vlasiuk, aveva denunciato che dall'inizio della guerra oltre 2mila soldati ucraini erano stati avvelenati, e tre di loro morti, a causa delle sostanze chimiche utilizzate dalle forze armate russe. Nella maggior parte dei casi si trattava di gas lacrimogeno, simile a quello solitamente utilizzato dalla polizia antisommossa. A maggio dello scorso anno anche il Dipartimento di Stato americano aveva accusato la Russia di aver fatto uso di armi chimiche nel conflitto in Ucraina. In quel caso Mosca veniva accusata di aver usato la cloropicrina. "L'uso di tali sostanze chimiche non è un incidente isolato ed è da attribuire allo sforzo per rimuovere le forze ucraine dalle posizioni fortificate, ottenendo vantaggi tattici sul campo di battaglia", aveva evidenziato Washington. Il Cremlino aveva respinto le accuse come "infondate". Anche la Russia, nella persona del governatore ad interim della regione russa di Kursk, Aleksei Smirnov, aveva denunciato nei mesi scorsi l'impiego, da parte delle forze ucraine impegnate nell'incursione del territorio, di proiettili con armi chimiche. La cloropicrina è un composto chimico organico, un liquido incolore con un odore pungente. È tossica, volatile ed è nota per le sue proprietà irritanti per gli occhi, la pelle e le vie respiratorie. La sua applicazione maggiore è nell'agricoltura e nell'industria, ma ha anche un utilizzo in campo militare. La Russia, secondo il Dipartimento di Stato americano e i servizi segreti olandesi, ne sta facendo un uso sempre maggiore nella guerra in Ucraina. Durante la Prima Guerra Mondiale, la cloropicrina - che non è letale ai livelli dell'iprite - fu impiegata come arma chimica, classificata tra i gas lacrimogeni e vescicanti. Dispersa tramite granate o bombe aeree, provoca irritazione acuta agli occhi, nausea e vomito, ma ad alte concentrazioni può causare danni polmonari e portare alla morte. Venne presto sostituita da agenti chimici più efficaci dal punto di vista letale o strategico. L'uso militare della cloropicrina è vietato dalla Convenzione sulle armi chimiche del 1993, che proibisce la produzione e l'uso di armi chimiche.
(Adnkronos) - “Il 30 giugno la Regione Emilia-Romagna ha varato l’ordinanza che determina lo stop all’attività lavorativa in esterno nelle ore calde. Mentre la normativa entrava in vigore, Ait El Hajjam Brahim, quarantasettenne titolare dell’impresa 'Veneto pavimenti Sas' di Treviso si accasciava al suolo stendendo il calcestruzzo nel parcheggio di una scuola in provincia di Bologna lasciando orfani 3 figli e vedova la moglie. Il Veneto ha emanato il decreto che mira a tutelare la salute dei lavoratori che svolgono attività all’aperto nella giornata di ieri. Sempre in Veneto e sempre ieri, precisamente a Tezze sul Brenta (Vicenza), intorno alle ore 15.00 due operai sono stati colti da malore mentre lavoravano dentro una buca. Uno dei due è in coma all’Ospedale di Bassano del Grappa. Ad oggi sono 13 le Regioni italiane che hanno consentito l’entrata in vigore delle norme anti-calore: Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Abruzzo, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Le vittime citate sono solo le ultime in ordine cronologico ma invito tutti a riflettere su quanti, in questo momento, continuino a lavorare nei campi del nostro Paese sottotraccia, nella voragine silenziosa del sommerso". Lo dice all'Adnkronos/Labitalia il presidente nazionale Anmil, Antonio Di Bella, commentando l'entrata in vigore delle norme anti calore "Morire sul lavoro - sottolinea - è un dramma che mai troverà giustificazione. Una notizia, un moto di denuncia che, con cadenza giornaliera, anima l’indignazione e la protesta di quanti, come Anmil, lottano ogni giorno per porre fine alla strage. Invito ancora tutti a riflettere sul fatto che dietro le vittime accertate dalla cronaca, oltre al silenzio destinato al mondo del sommerso, esiste ancora un altro tipo di silenzio: quello relativo a quanti, a causa dell’esposizione ad agenti altamente nocivi – quali le temperature altissime che sentiamo sulla nostra pelle in questi giorni – contraggono malattie professionali tra le più lesive". "Come Associazione - avverte - che da oltre 80 anni tutela le vittime degli incidenti sul lavoro e i loro superstiti, non smetteremo mai di ribadire quanto le normative anti-caldo dovrebbero diventare un automatismo all’arrivo della stagione estiva, scrivendo – una volta per tutte – un piano strutturale". "Com’è possibile si chiede il presidente Di Bella - che lo scorso 27 giugno, solo per citare un esempio, non fosse in vigore alcuna normativa in una Regione come la Sardegna che, in alcune zone, ha raggiunto picchi di 41°? Sono settimane che il termine 'bollino rosso' è tornato a troneggiare in quotidiani e telegiornali". "E ancora - aggiunge - la fascia oraria di stop lavorativo più largamente diffusa, quella tra le ore 12.30 e le ore 16.00, si ritiene realmente efficace? Crediamo, invece, che una norma che consenta il ricorso agli ammortizzatori sociali per i dipendenti delle realtà che operano in esterno nel periodo estivo rappresenti un atto doveroso per favoreggiare la rapidità dell’attuazione di questi meccanismi di prevenzione e di tutela della salute dei lavoratori sostenendo il lavoro delle aziende". "In serata - ricorda - il ministro Calderone ha convocato le parti sociali per la sottoscrizione di un 'protocollo caldo' contenente misure di attenzione per i lavoratori esposti ad alte temperature. Un atto necessario e doveroso ma che arriva con un ritardo che uccide".
(Adnkronos) - “Nell’accingermi a partecipare a Ecoforum per raccontare della nostra filiera circolare per “l’industria pulita” ho avuto l’opportunità, grazie all’indagine IPSOS, di raccogliere le percezioni dei cittadini, poco ottimistiche rispetto alle performance dell’Italia circolare. Lo sottolinea Riccardo Piunti, presidente del Conou ricordando come "gli Italiani, ad esempio, ritengono mediamente che circa il 50% dell’olio minerale usato sia destinato a combustione, molti pensano che la raccolta del rifiuto sia un compito del meccanico vicino di casa, che il processo complessivo sia affidato a singole aziende specializzate senza un coordinamento; addirittura, un 6% pensa che l’olio usato finisca in fogna". Piunti aggiunge che "credono tuttavia che, quando si rigenera, l’olio sia mediamente di buona qualità dando credito alla tecnologia e non all’organizzazione. Vorrei, al contrario, che fossero informati e fieri dei risultati del nostro Paese, consci del ruolo del modello consortile che porta a raccogliere l’olio a titolo gratuito e rigenerare tutto". "La coscienza dei buoni risultati - conclude - aiuterà il conseguimento di ulteriori traguardi che potranno essere raggiunti, nelle filiere più diverse, solo con il contributo informato di tutti".