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(Adnkronos) - Elon Musk avrà un suo ufficio nel complesso della Casa Bianca, da dove dirigerà il dipartimento per l'efficienza governativa che il presidente Donald Trump gli ha affidato. E' quanto rivela il New York Times, spiegando che l'uomo più ricco del mondo, che possiede società che hanno contratti miliardari con il governo federale, avrà il suo ufficio nell'Eisenhower Executive Office Building, edificio adiacente alla Casa Bianca che ospita uffici governativi. Musk, quindi, opererà nel cuore dell'amministrazione guidata da Trump, che ufficialmente si insedia lunedì 20 gennaio. Il numero 1 di X, Tesla e Space X si sarebbe già informato con i funzionari della transizione sul tipo di accesso potrà avere alla West Wing, ma non è ancora chiaro che tipo di risposta ha ottenuto. I membri dello staff devono avere uno special pass per entrare liberamente nell'ala dove si trova lo Studio Ovale e gli altri spazi del presidente. La presenza di Musk alla Casa Bianca è un segnale chiaro del peso che il magnate potrà avere nei prossimi 4 anni. Eppure, nell''inner circle' di Trump c'è chi ridimensiona il ruolo dell'uomo più ricco del mondo. Steve Bannon, il guru dell'estrema destra che è stato il capo stratega della prima Casa Bianca di Trump, a Politico afferma che Musk ha avuto una certa influenza su nomine e politiche ma "non ha l'abilità di prendere effettivamente le decisioni, e di guidare sulla base di queste". Bannon, una voce importante nell'universo 'Maga' con il suo podcast 'War Room', evidenzia il braccio di ferro sui visti H-B8: i documentipermettono alle società come quelle di Musk di far entrare negli Usa lavoratori specializzati, in particolare nel settore informatico, a basso costo. Ebbe, i permessi sono finiti nel mirino della campagna anti-migranti del Maga. "Stiamo vincendo questo round, e stiamo vincendo alla grande" dice Bannon a proposito della disputa sui visti H-1B, dicendo di credere di poter portare Musk sulle sue posizioni. "Più in fretta riuscirò a trasformare Elon Musk da un tecno-futile in un populista nazionalista, prima riusciremo a fare veri progressi", aggiunge Bannon, sicuro che la Casa Bianca di Trump 2.0 sarà ben diversa da quella "litigiosa, con scontri aperti" in cui lo stesso Bannon operò per soli sette mesi. Questa volta sarà nelle "mani sicure" della "fantastica" capo dello staff Susie Wiles. Dopo aver donato centinaia di milioni di dollari per aiutare Trump a vincere le elezioni, soprattutto con una campagna capillare negli stati chiave, dove ha letteralmente versato somme agli elettori in cambio del sostegno ad una petizione pro Maga, Musk è stato praticamente una presenza fissa al fianco del presidente eletto dal 5 novembre ad oggi. In questi mesi il miliardario, che ha spesso pernottato in uno dei cottage che si possono affittare nella tenuta di Trump a Mar a Lago, ha partecipato ad incontri ufficiali e almeno una delle telefonate tra il presidente e leader stranieri. Ed ha avuto un ruolo attivo, e secondo alcuni insistente, nel processo di scelta di ministri e staff, cosa che, stando a quanto rivelato dai media americani, non ha mancato di creare tensioni e problemi con l'entourage dei consiglieri di Trump. Non è chiaro se anche Vivek Ramaswamy, l'altro miliardario ex candidato alle primarie repubblicane e ora messo alla guida del Doge avrà anche un ufficio alla guida del Doge, l'acronimo del dipartimento affidato a Musk. In realtà, l'organismo non sarà un dipartimento in senso proprio della parola, cioè autorizzato dal Congresso come parte effettiva del governo. La natura ibrida dell'ufficio ha sollevato una miriade di problemi sul fatto che degli outsider, uno dei quali è l'uomo più ricco del mondo, abbiano il compito di aiutare a rendere più efficiente il governo, promettendo di usare l'accetta sulla spesa pubblica. Basti pensare che lo staff già scelto per il Doge al momento sta lavorando negli spazi che la società di Musk SpaceX ha a Washington. E il lavoro che viene portato avanti al momento appare coperto dal segreto, con la squadra di transizione che ha rivelato poco o nulla su come funzionerà il Doge o come verrà finanziato. Senza contare che rimane ancora senza risposta l'incognità più grande, quale sarà lo status di Musk che secondo alcuni membri dello staff di transizione potrebbe essere definito "dipendente speciale del governo", una posizione che potrebbe essere retribuita o no, anche se molto probabilmente il miliardario rinuncerà al salario, e potrebbe essere più flessibile per quanto riguarda la dichiarazione delle personali finanze di quanto richiesto agli altri dipendenti federali. Questo certo, sottolinea il Times, non elimina il problema più importante, quello del conflitto di interessi, dal momento che tutti i dipendenti governativi, in particolare quelli temporanei speciali, non possono essere parte di questioni ufficiali in cui loro, le loro famiglie o società hanno interessi finanziari. Considerato che le società di Musk hanno diversi contratti con il governo federale, sulla base di queste regole il Doge non dovrebbe potersi occupare delle questioni relative a questi contratti. In ogni caso, se Musk e i suoi collaboratori diventeranno dipendenti governativi speciali, dovranno presentare le loro dichiarazioni finanziarie, anche se, soprattutto se decideranno di rinunciare ai salari, l'amministrazione Trump potrebbe imporre il segreto su questa documentazione. Musk, affermano comunque fonti vicine al miliardario, non ha ancora deciso se accetterà lo status di dipendente governativo speciale con gli obblighi che comporta, tra i quali anche quello di rispettare le leggi che garantiscono la trasparenza degli atti governativi.
(Adnkronos) - “Il panorama imprenditoriale italiano sta vivendo una trasformazione significativa, con sempre più aziende che investono in sostenibilità e responsabilità sociale. Nel quinquennio 2018-2022, più di 1 azienda su 3 ha effettuato eco-investimenti. Il sistema imprenditoriale italiano deve costruire aziende che non siano solo leader di mercato, ma anche leader di cambiamento, capaci di ispirare la nuova generazione di imprenditori a intraprendere un percorso simile”. A dirlo all’Adnkronos/Labitalia è Matteo De Fusto, amministratore delegato di Lartotecnica, azienda veronese nel settore degli ausili sanitari, che promuove una visione di imprenditoria etica, sostenibile e innovativa. “Essere un’azienda etica - sottolinea De Fusto - significa mettere le persone e il pianeta al centro di ogni decisione. Non si tratta solo di rispettare normative o adottare pratiche ecologiche, ma di costruire una cultura aziendale che valorizzi il bene comune. Secondo i dati, già nel 2021, le aziende in Italia hanno destinato circa 2,16 miliardi di euro a progetti legati alla responsabilità sociale d'impres e alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance, segnando un aumento del 22% rispetto al 2019. Le imprese devono impegnarsi a migliorare la qualità della vita, promuovere l’inclusività e contribuire al benessere globale”. Lartotecnica ha adottato iniziative significative che riflettono questo approccio, tra cui progetti umanitari in Venezuela e Ucraina, dove ha donato ausili sanitari e sostenuto il dialogo per l’abbattimento delle barriere architettoniche. “Un’impresa non vive in una bolla; ogni nostro successo è il risultato di un sistema di relazioni, e per questo abbiamo il dovere di restituire alla comunità, contribuendo a risolvere problemi reali. Un’azienda deve creare valore, non solo per i propri clienti, ma anche per la comunità in cui opera. Ogni progetto che realizziamo, ogni scelta che prendiamo, deve riflettere il nostro impegno verso un futuro migliore”, aggiunge De Fusto. La crescita di Lartotecnica è stata in linea con questi valori, con un fatturato previsto di 5 milioni di euro per il 2024, rispetto ai 2,8 milioni del 2019. “Unire innovazione, etica e sostenibilità è la sfida più grande, ma è ciò che permetterà alle aziende italiane di essere leader non solo di mercato, ma anche di cambiamento. E' necessario nel 2025 far coesistere innovazione tecnologica, sostenibilità ambientale e impegno sociale”, conclude De Fusto. Il supporto pubblico attraverso incentivi come il credito d’imposta per ricerca e sviluppo e i fondi europei per la transizione ecologica sta favorendo sempre più le imprese che investono in Csr e sostenibilità, dimostrando che il futuro imprenditoriale italiano è legato alla responsabilità sociale e alla protezione dell’ambiente.
(Adnkronos) - Fincantieri, uno dei principali gruppi al mondo nella cantieristica ad alta complessità, e il Gruppo Hera, tra le maggiori multiutility italiane operanti nei settori ambiente, energia e idrico, annunciano la costituzione di CircularYard S.r.l, la newco volta a realizzare, negli otto cantieri italiani di Fincantieri, un innovativo sistema integrato di gestione rifiuti, finalizzato anche alla loro valorizzazione in ottica di economia circolare. In futuro si prevede di allargare l’operatività della newco anche ad altri siti di Fincantieri localizzati all’estero. CircularYard, la nuova joint venture nata in seguito al Memorandum d’Intesa firmato a luglio 2024 - si legge in una nota congiunta - consolida ulteriormente l’impegno di Fincantieri verso pratiche industriali sempre più responsabili, contribuendo in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale, riducendo del 15% i rifiuti indifferenziati destinati allo smaltimento e promuovendo un’economia circolare negli stabilimenti produttivi. Grazie alla messa a disposizione di know-how e competenze specifiche da parte delle società del Gruppo Hera, CircularYard introdurrà soluzioni innovative e sostenibili, al fine di garantire maggiore controllo sui fornitori e promuovendo trasparenza, sicurezza e qualità lungo tutta la filiera. La compagine societaria di CircularYard è formata al 60% dal Gruppo Hera e al 40% da Fincantieri. Il Gruppo Hera sarà presente con Herambiente Servizi Industriali (Hasi) al 55% e Acr di Reggiani Albertino Spa (Acr) con il restante 5%, entrambe società controllate da Herambiente, tra i principali operatori nazionali nel settore ambiente e tra i primi sette in Europa. Il progetto avrà due fasi di sviluppo, con il fine ultimo di gestire quasi 100mila tonnellate l’anno di scarti industriali prodotte nei cantieri navali di Fincantieri e di incrementare del 15% le frazioni valorizzabili, in particolare ferro, legno, plastica e carta, già dal primo anno. In parallelo saranno studiati specifici interventi che permetteranno al modello di andare a regime grazie alla realizzazione di impianti avanzati, come, ad esempio, quelli per il trattamento e riuso delle acque o per il recupero del rame, e alla gestione ottimizzata dei rifiuti. “L’avvio della joint venture con un partner di assoluto valore come il Gruppo Hera - dice Pierroberto Folgiero, amministratore delegato e direttore generale di Fincantieri - aggiunge un tassello nel nostro ulteriore impegno per l’adozione di pratiche virtuose di economia circolare all’interno dei nostri cantieri. In linea con il nostro piano industriale sull’eccellenza operativa, CircularYard rappresenta un progetto che unisce know-how complementari e ci consente di applicare le migliori pratiche e l’innovazione tecnologica nella gestione e nella valorizzazione dei rifiuti e degli scarti di produzione. L’obiettivo ultimo è di perseguire nello stesso tempo i nostri target sulla sostenibilità ambientale e sull’efficienza dei processi nel segno di una crescita responsabile sia dal punto di vista della sostenibilità che della economicità confermando il ruolo di Fincantieri come azienda leader mondiale anche nell’adozione di nuovi modelli operativi nella cantieristica”. “Siamo orgogliosi di mettere al servizio del primo shipbuilder occidentale le nostre elevate competenze, l’eccellenza impiantistica e la pluriennale professionalità nel processo di gestione circolare dei rifiuti, per promuovere la rigenerazione delle aree urbane e industriali - afferma Orazio Iacono, amministratore delegato del Gruppo Hera - Acceleriamo il nostro percorso che porterà il Gruppo Hera a diventare il motore dell’economia circolare del tessuto industriale italiano, accompagnando le grandi aziende nel loro percorso di transizione ambientale con la riduzione degli scarti di produzione e la massima valorizzazione nel loro recupero”.