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(Adnkronos) - Crescono in numero e rilevanza le società benefit italiane, ma la loro governance è ancora in una fase di transizione verso modelli più inclusivi, sostenibili e partecipativi. È quanto emerge dal report 'La governance delle società benefit in Italia”, frutto di un progetto di ricerca condotto in collaborazione tra il dipartimento di scienze aziendali dell’Alma Marter Studiorum - Università di Bologna, InfoCamere e Camera di commercio di Brindisi-Taranto, basato su dati del Registro delle imprese e su un’indagine condotta su oltre 3.300 imprese. Introdotte dalla legge 208/2015, le società benefit integrano finalità di beneficio comune con l’attività economica. Secondo i dati InfoCamere 2025, in pochi anni sono passate da 177 nel 2017 a oltre 4.500 nel 2024 - per poi superare la soglia delle 5.000 nel 2025, rappresentando una delle esperienze più dinamiche del panorama imprenditoriale nazionale. Tuttavia, la ricerca evidenzia come la normativa lasci agli amministratori ampi margini di discrezionalità, rendendo la governance un elemento cruciale per bilanciare la molteplicità di obiettivi economici, sociali e ambientali. "Le società benefit rappresentano un laboratorio avanzato di governance responsabile", osserva Magalì Fia, docente di etica e sostenibilità all’Università di Bologna e coordinatrice scientifica della ricerca. "I dati mostrano progressi significativi, ma anche la necessità di rafforzare il bilanciamento nelle scelte e nei processi decisionali, insieme a una maggiore partecipazione e formazione etica, per rendere questi modelli pienamente credibili e trasformativi", sottolinea. "L’interesse sulle imprese benefit sta crescendo di pari passo con l’incremento della loro numerosità. È il motivo per il quale, come Ente camerale, sosteniamo convintamente ricerche sempre più approfondite sul modello, in modo da entrare nei gangli vitali delle SB, comprenderne potenzialità ed eventuali limiti, suggerire miglioramenti", afferma Vincenzo Cesareo, presidente della Camera di commercio di Brindisi – Taranto. "Con questo report -continua- abbiamo identificato molti punti di forza nel modo in cui gli stakeholder partecipano ai processi decisionali, ma anche molta disomogeneità nei comportamenti e diversi ambiti di possibile crescita – come, ad esempio, quello della formazione e dei servizi di supporto etico. Ne discende, a nostro avviso, l’importanza di rinsaldare ancora di più le reti di lavoro condiviso e alimentare quelli che definiamo ecosistemi benefit". "La conoscenza approfondita dei fenomeni imprenditoriali – specialmente di modelli innovativi come quello delle società benefit - passa dalla qualità e dalla profondità dei dati a disposizione. Il Registro delle imprese rappresenta una risorsa unica nel panorama europeo, fondamentale non solo per tracciare la crescita di queste imprese, ma per comprenderne le dinamiche interne e l’efficacia del loro doppio obiettivo economico e sociale", sottolinea Paolo Ghezzi, direttore generale di InfoCamere. "Analisi come questa dimostrano quanto sia cruciale valorizzare i dati pubblici per supportare decisioni informate, politiche efficaci e, in ultima analisi, per consolidare la cultura d’impresa orientata alla sostenibilità che le società benefit incarnano", conclude. Dall’analisi emerge che solo il 17% delle società benefit intervistate include amministratori indipendenti e appena il 10% adotta politiche di rappresentanza di genere. La maggior parte delle imprese partecipanti alla survey condotta nel 2024 sono micro (60%) o piccole (24%), fattore che contribuisce a spiegare strutture decisionali ancora accentrate: nel 53% dei casi il presidente o amministratore unico concentra funzioni operative e strategiche. L’allineamento ai criteri esg nelle politiche retributive presenta ancora ampi margini di miglioramento: oltre la metà delle aziende (54%) non prevede indicatori specifici e solo il 10% integra parametri di sostenibilità nei sistemi di valutazione. Quanto alle competenze, il 52% dei Consigli di amministrazione richiede esperienza in sostenibilità, ma prevalgono i profili economico-finanziari (34%) e consulenziali (27%), mentre il contributo di accademici e rappresentanti del terzo settore resta limitato. Sul piano etico, il 56% delle società benefit intervistate dispone di un codice etico e il 53% di sistemi di segnalazione interna, ma meno della metà offre formazione sui temi della responsabilità e solo il 12% prevede percorsi obbligatori per i membri del cda. Le questioni etiche vengono discusse regolarmente nel 65% dei Consigli, ma raramente si traducono in metriche di performance o in legami diretti con la retribuzione dei vertici. Lo studio conclude che la diffusione di pratiche di rendicontazione, la partecipazione degli stakeholder e l’integrazione di metriche etiche nei processi decisionali rappresentano i prossimi passi per rendere il modello Benefit una leva strutturale della competitività sostenibile in Italia.
(Adnkronos) - Trasformazioni sociali e crisi geopolitiche, incertezze macroeconomiche e il prorompente ingresso dell'intelligenza artificiale nella vita lavorativa. In un contesto in così rapido cambiamento chi si occupa di comunicazione di impresa deve sapersi evolvere, adattare, ripensare. Un percorso che è al centro del libro di Salvatore Ricco, 'La comunicazione d’impresa nel mondo che cambia. Perché il ruolo dei comunicatori sarà sempre più strategico', edito da FrancoAngeli, e in libreria dal 27 novembre. Salvatore Ricco, giornalista pubblicista, lavora nella comunicazione d'impresa da circa 25 anni, con esperienze manageriali in importanti aziende italiane come Pirelli, Cir, Snam e Amplifon. Un quarto di secolo di lavoro nella comunicazione d'impresa che Ricco racconta nel suo volume, con prefazione di Mario Calabresi. "Il libro -spiega Ricco ad Adnkronos/Labitalia- è un po' un riassunto di esperienze fatte in 25 anni di professione ma anche di letture, di riflessioni, di scambio con i colleghi. E si rivolge sostanzialmente a due interlocutori principali. Da a un lato a chi lavora soprattutto nel mondo delle imprese, venendo a contatto con chi si occupa di comunicazione, e magari vuole capirla un po' di più. Vuole comprenderne cioè un po' più le dinamiche e la funzione. E, dall'altro lato, il libro si rivolge ai giovani che hanno appena intrapreso questa professione o che in qualche modo stanno studiando per intraprenderla, dando anche un po' un messaggio, se vogliamo, di ottimismo", sottolinea Ricco. L'attività dei comunicatori di impresa deve misurarsi oggi con l'impatto dei social media e delle fake news, il ruolo ancora significativo dei media tradizionali, le sfide legate alla trasparenza e alla velocità delle informazioni, la gestione delle crisi reputazionali: solo comprendendo e maneggiando tutti questi aspetti, i comunicatori potranno diventare interpreti dei cambiamenti, guardiani della reputazione e, insieme, costruttori di fiducia. E saranno sempre più strategici e determinanti per il successo delle imprese. "L'obiettivo del volume -sottolinea Ricco- è anche quello di smontare qualche falso mito intorno alla comunicazione. Per esempio che la comunicazione sia slegata rispetto al business delle aziende, cosa che non è, tanto che ci sono anche una serie di dati riportati del libro su quanto la reputazione di un'impresa incide sul suo valore di mercato. Si parla di circa il 30%, non parliamo di una scienza esatta ma ci sono degli studi al riguardo e comunque è indubbio che la reputazione abbia un impatto poi sul valore tangibile di un'azienda. Quindi si prova a smontare il mito secondo il quale la comunicazione all'interno delle aziende sia una funzione o comunque sia un ruolo solo di relazione mentre invece è una funzione a tutti gli effetti manageriale", sottolinea. E l'autore sottolinea che "nelle aziende tutto nasce dall'interno e quindi la comunicazione interna è assolutamente importante e strategica e poi nell'era del digitale sono un po' cadute le barriere tra interno ed esterno. Le aziende sono delle 'case di vetro' per cui i messaggi che si danno all'interno devono essere coerenti con quelli esterni", rimarca l'esperto di comunicazione d'impresa. E poi nel volume non mancano le sfide di questi tempi per i professionisti della comunicazione. "La comunicazione, ma questo vale anche per il giornalismo -sottolinea- sembra un po' messa nell'angolo dall'esplosione digitale. In realtà non è così, nel senso che oggi c'è più bisogno di comunicazione come c'è più bisogno di giornalismo". "Nascono -aggiunge- nuovi canali, nuove piattaforme, c'è il real time e certamente la tecnologia e ancor più l'intelligenza artificiale richiedono a tutti coloro che fanno il nostro lavoro di restare al passo con i tempi, di evolversi, ma certamente alcune cose che io ho visto e che ho imparato quando ho cominciato a fare questo lavoro, come la capacità relazionale, l'empatia, il senso della notizia, una certa sensibilità sono comunque delle soft skills fondamentali. La tecnologia infatti non va letta in ottica sostitutiva ma come un potente alleato, rimanendo poi fermi al principio secondo il quale a tecnologia deve essere al servizio delle persone e non il contrario", prosegue. E infine i consigli ai giovani che si vogliono avvicinare al percorso lavorativo che Ricco 'attraversa' da 25 anni. "Il primo consiglio che mi sento di dare ai giovani che vogliono avvicinarsi a questo lavoro -sottolinea- è quello sicuramente di dare grandissima importanza al valore delle relazioni umane, sia dentro che fuori dall'azienda, anche oggi che la tecnologia molto spesso ci porta a volte a privilegiare relazioni mediate della tecnologia e quindi le video call, piuttosto che le mail e whatsapp. Quindi tenere sempre presente l'importanza delle relazioni umane", sottolinea. "Secondo, essere informati -conclude- è un vantaggio competitivo ed esserlo significa assolutamente divorare i 'media', non fare lo scroll sui social. Quindi informarsi da fonti di informazione autorevoli: agenzie di stampa, quotidiani, perché informarsi è assolutamente un vantaggio competitivo e aiuta a fare meglio il proprio lavoro, perché aiuta a capire che cos'è una notizia, come confezionarla, come rendersi interessanti con essa", conclude.
(Adnkronos) - Tra i Comuni vincitori del Cresco Award 2025 – Comuni sostenibili e Agenda 2030 a Bologna, Portici (Napoli) si è distinto nella categoria sopra i 50 mila abitanti con il progetto Baby Screen, dedicato alla prevenzione e tutela della salute dei bambini. "È un programma che realizziamo insieme alla ASL e all’associazione dei pediatri – ha spiegato il sindaco Vincenzo Cuomo – e che promuove seminari rivolti ai genitori sui corretti stili di vita, l’educazione alimentare e familiare, oltre a prevedere ambulatori pediatrici gratuiti nei fine settimana". L’obiettivo è prevenire e alleggerire la pressione sui pronto soccorso, offrendo un servizio territoriale di prossimità. "L’esperienza ha già dato risultati eccellenti – ha aggiunto Cuomo – perché abbiamo sottratto centinaia di accessi ospedalieri, migliorando la presa in carico dei bambini e il benessere delle famiglie». Il progetto, finanziato dall’ambito sociosanitario 11, proseguirà con nuovi screening cardiologici nelle scuole. "Investire nella prevenzione infantile significa investire in una città più sana e sostenibile", ha concluso il sindaco.