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(Adnkronos) - Ci vuole cuore per affrontare le salite della vita, per lasciarsi alle spalle le paure e correre fino al traguardo. Anche se quel cuore è di un altro e adesso batte nel tuo petto. Daniele Sironi, 32 anni, di Pregnana Milanese, onora questo impegno - sfidando se stesso ogni giorno di più - dal giorno del suo 'secondo compleanno': 2 aprile 2021, data del suo trapianto di cuore. Una 'sliding door' che si è aperta grazie al dono di un 42enne di Bologna - morte e vita, destini che si incrociano - e che lo ha portato fino a qui, ai nastri di partenza della Milano21, dove oggi, 24 novembre, esordirà con la sua prima mezza maratona. "Chi l'avrebbe detto, pensando al primo giorno di riabilitazione post intervento quando stare seduto 6 ore sul letto dopo una settimana in terapia intensiva era già un traguardo", sorride. Sono passati solo poco più di 3 anni da quei giorni. E oggi Daniele, sommelier nella vita, ha grandi aspirazioni e si allena a colpi di triathlon per raggiungere le prossime tappe: "Mezzo Ironman - elenca - il sogno di correre un giorno la maratona di New York". Nato in Brianza nel 1992, "vita tranquilla fino ai 27 anni", poi "nel 2019 tutto cambia", racconta all'Adnkronos Salute. E a cambiare non è solo il fatto che a febbraio Daniele ha provato la gioia di diventare papà di Ludovica, uno dei 3 amori della sua vita, insieme alla compagna Alice e alla seconda figlia Sofia. E' una diagnosi a scombinare il futuro: cardiomiopatia dilatativa, patologia del cuore che causa insufficienza cardiaca. Qualche 'spia rossa' si era già accesa. "Ma l'epilogo di quello che avrebbe dovuto essere un breve ricovero di 3 giorni è totalmente inaspettato per me", ripercorre. "Mi dicono che il cuore va molto male e che la mia ultima speranza di vita è il trapianto". Siamo a novembre-dicembre. "Dopo lo sconforto iniziale scopro anche che cosa vuol dire aspettare un trapianto, senza sapere se riuscirai a farlo. Vengo trasferito dal Monzino al Niguarda dove viene valutata la mia idoneità all'intervento. Dopo un mese sono ufficialmente in lista d'attesa". Nel frattempo ci si mette anche il Covid a complicare le cose. "La mia fortuna - dice Sironi - è stata mia figlia, che allora aveva poco più di un anno e mi ha permesso di non pensarci troppo, tutte le energie erano concentrate su di lei. Intanto, durante le visite imparo cosa vuol dire trapianto di cuore e cosa avrei potuto fare dopo. Una dottoressa mi mette una pulce all'orecchio. Mi dice: 'ci sono anche trapiantati che fanno le maratone'. Ma la strada è lunga e non ci penso più". La vita intanto continua a scorrere. "Finché l'1 aprile del 2021, neanche fosse uno scherzo, ricevo la chiamata che tutti i trapiantati si ricordano. Ero tornato in ufficio, rispondo al telefono: 'Ci sarebbe un cuore per lei', la frase che mi resterà per tutta la vita". Uno tsunami di emozioni, e il 2 aprile Daniele è sotto i ferri. "L'operazione dura 6-8 ore e si conclude bene. Da lì comincia una lenta riabilitazione". All'inizio "cammino a fatica", ricorda. Poi "la cyclette", e "con la bella stagione le camminate fuori. A giugno rientro a casa, dopo un periodo dai miei in un contesto un po' più protetto. Neanche 10 giorni dopo nasce la mia seconda figlia e riesco anche ad assistere al parto". E' estate, e il mare è un'occasione: "Comincio a fare più chilometri. Poi a ottobre riprendo anche a correre un po'. Prima dello stop forzato imposto dal mio cuore facevo una vita attiva, giocavo a tennis, a calcio con gli amici". I sintomi? "In realtà i medici si stupiscono del fatto che stessi ancora in piedi. Erano preoccupati, tanto che mi hanno anche messo un defibrillatore nell'attesa. Conosco persone che hanno passato mesi in ospedale prima del trapianto". Comunque pian piano Daniele, con il suo cuore nuovo, riprende a fare sport, "anche il padel, un po' di tennis. Supero un po' la paura di riprendere la corsa. E nell'estate del 2022 incomincio a vedere qualche progresso in più". Una delle tante svolte della sua vita è l'incontro con le associazioni Aido e Aned. "Quest'ultima in particolare si occupa di sport per trapiantati e con loro partecipo ai giochi nazionali. Conosco altri che hanno fatto il trapianto e fanno sport. E con Aido inizio ad andare a parlare nelle scuole ai ragazzi di quello che mi è successo. Ne parlo anche per quelle persone che ho conosciuto e che purtroppo non ho più rivisto. E a settembre 2023 mi viene in mente che il mio messaggio posso farlo arrivare attraverso lo sport". "Penso al triathlon - dice Daniele - Scopro che un coach importante, Simone Diamantini, allena a pochi chilometri da casa mia. Gli spiego la mia storia, il mio progetto, e lui lo sposa. La cosa divertente è che non ho mai avuto una bici da corsa, l'ho letteralmente presa nella cantina di uno zio. Alle prime due uscite sono caduto perché non riuscivo a staccarmi dai pedali. La corsa non l'avevo mai fatta in maniera seria e quando ho iniziato ad aumentare un po' i chilometri mi sono subito infortunato. Il nuoto l'avevo fatto da bambino, sapevo giusto stare a galla. Eppure il mese scorso ho esordito nel triathlon sprint a Peschiera del Garda e domani correrò 21 chilometri. Sono fiducioso - conclude Sironi - Il mio messaggio lo porto sulla maglietta. Ho 'riscritto' lo slogan di Aido ('Io dono, non so per chi ma so perché'). Per me è 'Io corro, non so per chi ma so perché", sorride. "Il senso - spiega - è che fare sport, ognuno come vuole e ognuno al proprio livello, fa bene sia al fisico che alla mente. Voglio anche dimostrare che dopo un trapianto si può tornare a vivere, e sensibilizzare le persone sulla donazione di organi". Prossime tappe? "A parte l'obiettivo di un triathlon medio, l'anno prossimo vorrei sfidarmi con la maratona, magari già a Milano il 6 aprile. Sarebbe un bel 'compleanno'. Un bel modo di festeggiare 4 anni dal trapianto".
(Adnkronos) - "La trasformazione digitale di Sisal è stata possibile grazie all'investimento in infrastrutture digitali e in formazione interna con un approccio più sostenibile e inclusivo. Abbiamo offerto a tutti la possibilità di acquisire le competenze digitali”, utili non solo, “al ruolo ricoperto in azienda, ma anche ad essere attivi sul mercato del lavoro”. Così Francesco Durante, amministratore delegato di Sisal, intervenendo a valle dell’evento ‘FutureS’, organizzato a Roma, proprio da Sisal, per creare un'occasione di confronto con istituzioni, aziende e opinion maker sulle sfide e le opportunità legate all'innovazione digitale. Al centro dell’appuntamento il tema delle infrastrutture digitali come motore di sviluppo per il sistema produttivo italiano: “Le infrastrutture digitali e i dati saranno sempre più rilevanti per la sicurezza e la competitività del Paese - sottolinea l’ad Durante - diventerà fondamentale investire in infrastrutture e progetti come il Polo strategico nazionale”, cioè il cloud per la gestione dei dati e servizi della Pubblica amministrazione italiana, “e diventa ancora più importante investire in competenze digitali per rendere il Paese più competitivo: in Italia circa il 50% delle persone non ha ancora competenze digitali di base, siamo uno degli ultimi Paesi in Europa - rimarca - Dobbiamo favorire un processo di inclusione sociale per dare la possibilità a tutti di acquisire le competenze oggi necessarie per essere attivi sul mercato del lavoro”. L’amministratore delegato di Sisal fa sapere che l’azienda ha lavorato “per costruire un modello diffuso di competenze digitali sul territorio” e lo ha fatto aggiungendo agli “hub di Milano, Roma e Torino anche l’hub di Napoli e Palermo”. Sempre sotto il profilo delle competenze digitali, Sisal ha stretto una collaborazione con il mondo accademico: “Abbiamo costruito delle partnership per fare in modo che le persone uscite dai percorsi di formazione”, universitari, “avessero le giuste competenze digitali. Un esempio è la partnership con il Politecnico di Torino per lo sviluppo del master universitario di secondo livello ‘HumanAIze’, che consente a persone con competenze umanistiche di acquisire anche quelle digitali e tecnologiche”, al fine di, “creare delle figure professionali ibride che oggi sono estremamente rilevanti, ma non disponibili sul mercato del lavoro”, conclude.
(Adnkronos) - Arriva la seconda edizione della serie Magnum che racconta l’insolito incontro tra le eccellenze del rum e della fotografia: i distillati selezionati dal rum guru Luca Gargano abbinati alle fotografie di Alex Webb dell’agenzia Magnum Photos. La serie Magnum nasce nel 2021 dall’idea di far incontrare i grandi maestri del rum con i grandi maestri della fotografia, in un progetto che unisce due eccellenze. L’idea originaria è di Luca Gargano, presidente di Velier, storica società di importazione e distribuzione di distillati. Già a partire dagli anni 2000, Gargano fu tra i primi a portare le fotografie scattate durante i suoi viaggi sulle etichette dei rum scoperti in quelle occasioni, con l’intento di aprire una finestra culturale anche sulle distillerie e i luoghi di origine. Dopo la scintilla, arriva la realizzazione assieme a Magnum Photos, la celebre agenzia fondata nel 1947 da leggende come Robert Capa e Henri Cartier-Bresson. E se la prima edizione della serie era accompagnata dalle immagini in etichetta di Elliott Erwitt, che ha fatto la storia di Magnum, la seconda rende omaggio al fotografo Alex Webb, che fa parte dell’agenzia dal 1979. Alex, statunitense di nascita, divenuto fotografo giramondo acclamato come uno dei più importanti esponenti della street photography, è noto per le sue immagini ricche di colori vibranti, che catturano momenti emblematici, spesso in luoghi attraversati da tensioni socio-politiche. Un elemento sicuramente caratterizzante è la grande complessità delle scene, in cui sono presenti molti dettagli e storie possibili, rappresentazioni di un caos che trova però un equilibrio inatteso nella composizione fotografica. Così come la prima, anche la seconda edizione della serie Magnum ha come obiettivo offrire un ampio ventaglio di variazioni sul tema dei rum, che nascono dalla stessa materia prima ma si differenziano in maniera totale distilleria per distilleria. Luca Gargano fa un lavoro simile a quello dell’agenzia Magnum, la quale seleziona fotografi che frequentano la stessa arte, espressa con una sensibilità di volta in volta diversa. La selezione delle migliori espressioni di rum è come sempre un accurato lavoro di ricerca e di esplorazione delle riserve più interessanti presenti nelle distillerie. È un lavoro che somiglia in qualche modo a quello del fotografo, che quasi mai scatta una sola fotografia, ma sceglie tra molti scatti quello che ha la luce o l’angolatura che corrisponde meglio alla sua visione. Ecco i quattro rum in edizione ultra limitata creati per la seconda edizione della Magnum Series. BEENLEIGH 2015 8 Y.O. Fondata nel 1884, la distilleria Beenleigh si trova in Australia, sulle rive del fiume Albert. La melassa proviene dalla canna da zucchero schiacciata dall’ultimo mulino privato d’Australia. Creato a partire da sole botti ex-bourbon, questa rum esibisce note di frutta, miele e cera che evolvono in vaniglia e liquirizia. La fotografia di Alex Webb presente in etichetta è stata scattata ad Haiti nel 1979. Questo il suo ricordo: “Nei quattro anni precedenti avevo lavorato molto in bianco e nero nei Caraibi e mi sono lentamente reso conto che dovevo passare al colore per fotografare questi mondi. E così, quando sono tornato ad Haiti nel 1979, è stato per immergermi non solo nella straordinaria e intensa cultura dell'isola, ma anche per rispondere ai suoi colori sorprendenti e vibranti”. CLARENDON 10 Y.O. La distilleria Clarendon è stata fondata nel 1780 in Giamaica, il rum ammalia con note di albicocca e vaniglia che diventano man mano floreali. La fotografia di Alex Webb presente in etichetta è stata scattata a Trinidad nel 2005, in occasione di un reportage su “Les Bagnards”, i detenuti francesi esiliati dalla madrepatria alla Guyana francese per punizione, (…) e ho fotografato anche luoghi in cui i prigionieri evasi si erano rifugiati. Uno di questi luoghi era Trinidad”. HAMPDEN 13 Y.O. Fondata nel 1753, Hampden Estate distilla rum che sono la più pura espressione della Giamaica nella provincia di Trelawny, nota come il Grand Cru del rum giamaicano. Imbottigliata dopo 13 anni di invecchiamento, questa release è il più vecchio imbottigliamento esistente di un Hampden invecchiato in clima tropicale. La fotografia di Alex Webb è stata scattata in Giamaica nel 1976. Questo il suo ricordo: “Nel 1976 sono andato in Giamaica per seguire le elezioni nazionali. Era stato organizzato un enorme concerto reggae a sostegno del People’s National Party. La sera in cui sono arrivato, ho sentito che avevano sparato a Bob Marley. Il giorno dopo sono arrivato nel tardo pomeriggio per il concerto e migliaia di giamaicani affollavano le strade intorno al palco sotto il cielo arancione incandescente del crepuscolo”. SAINT JAMES 12 Y.O. Fondata nel 1765, Saint James è la più grande e antica distilleria della Martinica. Questo rum è ricco e corposo, con sentori di miele, genziana, cioccolato e zenzero candito. La fotografia di Alex Webb presente in etichetta è stata scattata a Saint Lucia nel 1988, anno in cui “sono stato contattato da una rivista per lavorare a un pezzo sui Caraibi orientali scritto da Derek Walcott, il poeta di Saint Lucia Premio Nobel per la letteratura. È stato un enorme privilegio vedere Saint Lucia attraverso gli occhi di un grande poeta”