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(Adnkronos) - In un settore come quello sanitario, in cui le sale operatorie generano fino al 30% dei rifiuti ospedalieri, si è tenuto a Ecomondo 2025 un panel destinato a cambiare il paradigma della sanità: la presentazione del primo Rapporto LCA-LCC sui dispositivi tessili utilizzati in sala operatoria, redatto da Ambiente Italia e presentato da Roberto Cariani, che evidenzia una riduzione dell’impronta ambientale fino al 34% e costi delle esternalità del monouso. Organizzato da Assosistema Confindustria, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, il panel ha posto al centro del dibattito il tema della transizione ecologica nel settore sanitario, presentando dati e soluzioni concrete per una gestione sostenibile dei dispositivi medici tessili. A partecipare all’incontro, alcune delle realtà più autorevoli del settore come Intercent-ER, la centrale di committenza regionale dell’Emilia-Romagna, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Safe HUB, azienda specializzata nel recupero e nel riciclo del tessile. Dall’analisi emerge con chiarezza che la sanità italiana dispone oggi di uno strumento concreto per orientare gli acquisti pubblici verso criteri ambientali e di economia circolare, con due risultati strategici: riduzione dei rifiuti sanitari e diminuzione dell’impatto ambientale lungo l’intera catena produttiva. Le sale operatorie, in particolare, rappresentano circa il 30% dei rifiuti complessivi prodotti da una struttura ospedaliera, e una parte significativa di questo quantitativo deriva dai dispositivi medici tessili monouso, che contribuiscono in modo rilevante alla crescita del rifiuto sanitario. Alla luce di questi dati, gli ospedali sono chiamati a ripensare i propri modelli di approvvigionamento, passando da una logica di economia lineare — basata su “produrre, utilizzare e smaltire” — a modelli di economia circolare, fondati sul riuso, sul riciclo e sulla riduzione dell’impatto ambientale complessivo. Secondo i risultati del Rapporto, l’utilizzo di camici rinforzati riutilizzabili consente una riduzione dell’impronta climatica del 34%, mentre per i teli operatori si registra un -32% di impatto ambientale rispetto alle soluzioni monouso. L’analisi economica LCC mette inoltre in evidenza come sia necessario considerare con attenzione i costi nascosti del monouso, spesso esclusi dalle valutazioni di spesa diretta ma che ricadono sulla collettività in termini di smaltimento e impatti ambientali. Nel caso specifico dei dispositivi monouso in sala operatoria, il costo sociale associato può essere stimato in circa 78 euro, a fronte di un ciclo di vita completo e sostenibile del riutilizzabile di 60 cicli. Oggi il settore può inoltre contare su una filiera già pronta e certificata: le lavanderie industriali che operano nel comparto sanitario dispongono della certificazione ambientale “Made Green in Italy”, rilasciata direttamente dal Ministero dell’Ambiente, che definisce e misura l’impronta ambientale del comparto. La sanità peraltro può contare anche su tecnologie già disponibili per il recupero e il riciclo del tessile a fine vita, rendendo concreta la possibilità di una gestione circolare dei dispositivi tessili. Non è più un progetto o un’ipotesi, ma una realtà industriale operativa: non ci sono più scuse per non cambiare modello. “Abbiamo sentito la necessità di mettere un punto fermo su un tema molte volte dibattuto ma sempre con pochissimi dati concreti da analizzare – dichiara Marco Squassina, Presidente di Assosistema Confindustria – Il Rapporto LCA-LCC vuole essere uno strumento utile per avviare, già dal 2026, confronti mirati con le centrali di committenza e con gli operatori sanitari, al fine di valorizzare la riduzione dei rifiuti e dell’impatto ambientale.” “La pubblica amministrazione – aggiunge Matteo Nevi, Direttore Generale di Assosistema Confindustria – ha un compito chiaro e deve assumere un ruolo centrale nella politica ambientale. I costi dello smaltimento e gli impatti ambientali restano sul territorio, a carico dei cittadini e degli utenti. Non possiamo più pensare a una sanità costruita su un modello vecchio, che non considera il problema della gestione e della riduzione del rifiuto.” “Il settore sanitario può e deve diventare un protagonista attivo della transizione ecologica – conclude Daniela Antonioni, Presidente della Sezione Sanità di Assosistema Confindustria – I dati del Rapporto LCA-LCC dimostrano che l’innovazione sostenibile è possibile e conveniente. Occorre promuovere una cultura del riutilizzo fondata su sicurezza, tracciabilità e responsabilità sociale, orientando le gare pubbliche verso soluzioni che generano valore ambientale ed economico per il Paese.” Il panel ha evidenziato come la transizione ecologica nel settore sanitario non sia più un tema di prospettiva, ma una necessità immediata, fondata su dati scientifici e strumenti economici di valutazione. L’adozione di modelli basati sul riutilizzo e sulla tracciabilità dei dispositivi rappresenta una leva strategica per una sanità più sostenibile, efficiente e responsabile.
(Adnkronos) - “La birra genera un valore economico rilevante per l’Italia, oltre 92 miliardi di euro in dieci anni. Con Fondazione Birra Moretti abbiamo accompagnato questa crescita, promuovendo un consumo responsabile e diffondendo la cultura birraria come leva di sviluppo. La birra rappresenta oggi non solo una bevanda, ma un simbolo di informalità e socialità, in linea con i nuovi stili di vita degli italiani”. Lo ha dichiarato Alfredo Pratolongo, presidente Fondazione Birra Moretti, alla presentazione dell’ultimo studio realizzato da Osservatorio Birra a Roma presso il Senato della Repubblica, in occasione del decennale di Fondazione Birra Moretti. Nel suo intervento, Pratolongo ha sottolineato il ruolo centrale della Fondazione, nata dieci anni fa, nel diffondere conoscenza e responsabilità sul consumo della birra attraverso ricerche, formazione e iniziative educative. “La birra - ha ricordato - non è solo una bevanda, è una storia millenaria che rappresenta probabilmente uno degli elementi di crescita del comparto beverage nel prossimo futuro. L'impegno della Fondazione ha contribuito a consolidare il settore come motore economico e culturale del Paese, oltre che a valorizzare la birra come parte integrante della convivialità italiana”.
(Adnkronos) - L'Italia continua ad investire nel verde: oltre 3 milioni di nuovi alberi messi a dimora nel corso del 2024 (+ 31% in un anno) per un totale di quasi 4mila ettari di superficie. Un investimento in capitale naturale che andrà a generare un ritorno economico di più di 20 milioni di euro l'anno in servizi ecosistemici per ciascuno degli anni di vita degli impianti arborei ed arbustivi messi a dimora. È quanto emerge dalla quinta edizione dell'Atlante delle Foreste, il rapporto annuale realizzato da Legambiente e AzzeroCO2. Lo studio, basato sull'analisi di circa 294 progetti distribuiti in aree urbane ed extraurbane lungo la Penisola mostra come a livello territoriale l'impulso decisivo nel 2024 venga dai rimboschimenti nelle Città metropolitane, mentre le Regioni affrontano un rallentamento dovuto al passaggio tra i vecchi e i nuovi piani di finanziamento. Nonostante il bilancio totale positivo, a ridursi sensibilmente è il contributo diretto delle aziende. Andando ad analizzare i dati complessivi regionali, in cima alla classifica si conferma per il secondo anno consecutivo il Trentino-Alto Adige, con oltre 748mila nuove piante, seguito dalla Basilicata che ne conta più di 539mila. Sale nella classifica, guadagnando il terzo posto, il Veneto. Se molte Regioni sono in una fase di attesa, a trainare la forestazione nazionale del 2024 sono le Città metropolitane, grazie all'impulso decisivo dei fondi del Decreto Clima e del Pnrr. È il centro sud a guidare la classifica con le prime posizioni occupate da Messina e Roma, rispettivamente 357.612 e 265.501 nuove piante messe a dimora. Seguite da Reggio Calabria, Cagliari e Napoli. Quest’anno lo studio evidenzia che circa il 75% dei progetti ammessi a finanziamento nel 2022 con i fondi del Pnrr ha completato la fase di transplanting. Sul fronte delle fonti di finanziamento, lo studio evidenzia un andamento divergente. Per il periodo preso in esame gli investimenti pubblici si rivelano il pilastro della forestazione nazionale, con una crescita del 31% trainata dai fondi del Pnrr. Vi è però da evidenziare come si registri una brusca frenata del settore privato: i contributi volontari, spesso legati a iniziative di Corporate Social Responsibility (Csr) delle imprese, sono scesi del 72% rispetto al 2023 traducendosi in appena 40.852 alberi messi a dimora. Le ragioni di tale contrazione, secondo il report, non indicano un calo di interesse, ma una diversificazione nelle strategie di Csr delle imprese. “Il calo degli investimenti privati, che potrebbe sembrare un segnale negativo, in realtà racconta un cambio di prospettiva. Le aziende proseguono sempre sulla strada della sostenibilità superando però l'approccio focalizzato su un singolo tipo di intervento per adottare piani più ampi e integrati, che includono ad esempio azioni di tutela e ripristino degli ecosistemi - ha commentato Sandro Scollato, amministratore delegato di AzzeroCO2 - La domanda che ci viene posta oggi dalle imprese non è più soltanto ‘quanti alberi piantiamo?’ ma ‘come possiamo creare valore per il territorio?’. Così si moltiplicano progetti di rigenerazione ambientale e di promozione della biodiversità che, pur riducendo il numero di alberi messi a dimora, hanno un altissimo valore ecologico e sociale, confermando come questi siano i veri obiettivi guida delle azioni di Csr delle imprese”. L'analisi dell'Atlante va oltre il semplice conteggio degli alberi e traduce in valore economico i molteplici benefici - i cosiddetti servizi ecosistemici - generati dalle nuove infrastrutture verdi. Tra i più rilevanti la mitigazione di eventi climatici estremi e la regolazione della qualità dell'aria e del suolo il cui valore è stimato in 2.202,9 euro per ettaro all'anno. Tra le voci di rilievo si considera anche il valore socio-culturale, che include l'impatto positivo sul turismo e le attività ricreative, stimato in 639,2 euro per ettaro all'anno. Altra componente importante è il 'valore di lascito', la garanzia, cioè, di consegnare alle generazioni future ecosistemi sani e ricchi di biodiversità, stimata in 2.342,5 euro per ettaro ogni anno. Tuttavia, la piena realizzazione del potenziale economico dei nuovi rimboschimenti dipende da un fattore sempre più critico: la capacità dei nuovi impianti di sopravvivere e prosperare in un clima che cambia. L'Atlante dedica un capitolo approfondito alle tecniche per ridurre i rischi di mortalità delle giovani piante. La crisi climatica, con la siccità e le ondate di calore, sta infatti mettendo a rischio i nuovi progetti. Per evitare che un investimento si trasformi in uno spreco di risorse, è necessario un approccio che va ben oltre la messa a dimora. Questo percorso virtuoso, come indicato nello studio, va iniziato molto prima, con una pianificazione attenta che include l'analisi del suolo e del clima per scegliere le specie più adatte, prosegue con la preparazione del sito per favorire lo sviluppo delle piante e si conclude con un piano di manutenzione. Queste cure post impianto sono decisive e includono interventi come le irrigazioni di soccorso nei periodi di siccità o gli sfalci periodici per controllare le erbe infestanti. Solo in questo modo i progetti di forestazione potranno realmente diventare un investimento duraturo capace di fornire benefici ecologici, economici e paesaggistici alla collettività. “La messa a dimora di alberi è un intervento strategico per un futuro più sostenibile a beneficio dei nostri territori, perché ogni singolo albero in più contribuisce a mitigare il cambiamento climatico, migliora la qualità dell’aria, tutela il suolo e rende le città più belle e vivibili - sostiene il direttore generale di Legambiente, Giorgio Zampetti - Affinché i benefici che derivano dalle nuove alberature siano duraturi, c’è bisogno di un approccio lungimirante: non basta infatti piantare ma è fondamentale progettare, scegliendo le specie adatte al contesto e garantendo la loro manutenzione nel tempo. Solo in questa maniera la forestazione urbana può affermarsi come una vera infrastruttura verde, generando valore ambientale, sociale ed economico per le comunità. È proprio per promuovere questa visione che anche quest’anno Legambiente torna con la storica campagna Festa dell’Albero, in programma dal 21 al 23 novembre, con decine di iniziative in tutta Italia. L’obiettivo è quello di creare nuovi polmoni verdi nelle città, per renderle più resilienti di fronte agli effetti sempre più estremi della crisi climatica. Una sfida che passa anche da una gestione attenta e continuativa del verde urbano, una risorsa ancora troppo spesso trascurata”.