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(Adnkronos) - Il Tribunale di Milano -Sezione Misure di Prevenzione ha disposto, su richiesta della Procura, l'amministrazione giudiziaria per un anno nei confronti della società Loro Piana, brand di moda di lusso. L'ipotesi accusatoria è che Loro Piana abbia affidato la produzione di capi di abbigliamento a opifici a conduzione cinese e che la realizzazione dei capi sarebbe avvenuta sfruttando "manodopera irregolare e clandestina". Il provvedimento, eseguito dai carabinieri del Gruppo per la tutela del lavoro di Milano, sostiene che Loro Piana non avrebbe messo in atto misure idonee alla verifica "delle reali condizioni lavorative ovvero delle capacità tecniche delle aziende appaltatrici tanto da agevolare (colposamente) soggetti raggiunti da corposi elementi probatori in ordine al delitto di caporalato" si legge nella nota dei militari. Per il pubblico ministero Paolo Storari la casa di moda avrebbe affidato la realizzazione di capi di abbigliamento (tra cui giacche in cashmere) ad una società, senza alcuna capacità produttiva, la quale esternalizza il processo produttivo ad un’altra azienda che, a sua volta, al fine di abbattere i costi, ne affida la produzione ad opifici cinesi. Il sistema avrebbe consentito di realizzare una massimizzazione dei profitti inducendo l’opificio cinese che produce effettivamente i capi ad abbattere i costi da lavoro (contributivi, assicurativi e imposte dirette) facendo ricorso a manovalanza in nero e clandestina, senza osservare le norme relative alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e senza garantire corrette retribuzioni, orari di lavoro, pause e ferie. L'inchiesta era nata nel maggio 2025 dopo la denuncia presentata da un lavoratore di etnia cinese per sfruttamento e lesioni. L'uomo era stato aggredito dal proprio datore di lavoro, suo connazionale, poiché aveva chiesto il pagamento degli stipendi arretrati, riportando lesioni con prognosi di 45 giorni. Nelle verifiche in alcuni opifici nel milanese, sono stati identificati 21 lavoratori, di cui dieci 'in nero' tutti di etnia cinese (7 anche irregolari). Negli stabilimenti di produzione effettiva è stato riscontrato che la lavorazione "avveniva in condizione di sfruttamento (pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri), in presenza di gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione) nonché ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente ed in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico". Sono stati denunciati due cittadini cinesi titolari, di diritto o di fatto, di altrettante aziende (uno di essi, quello querelato dal lavoratore dipendente sfruttato, era stato tratto in arresto in flagranza di reato), sette lavoratori non in regola con la permanenza e il soggiorno sul territorio nazionale, due titolari dell’azienda sub-affidataria per violazioni della normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Sono state inflitte ammende per 181.482,79 euro e sanzioni amministrative per 59.750 euro e per i 2 opifici cinesi è stata disposta la sospensione dell’attività per gravi violazioni in materia di sicurezza e per utilizzo di lavoratori in nero. Per il Tribunale di Milano "Loro Piana non ha verificato la reale capacità imprenditoriale delle società appaltatrici e sub-appaltatrici, alle quali affidare la produzione e non ha nel corso degli anni eseguito efficaci ispezioni o audit per appurare in concreto l'operatività della catena produttiva e le effettive condizioni lavorative e gli ambienti di lavoro. I modelli organizzativi e gestionali della società, almeno allo stato, si sono nel concreto rivelati inadeguati", si legge in uno dei passaggi del provvedimento. I controlli e le iniziative assunti dalla società, almeno allo stato, "sembrano più formali che sostanziali, avuto riguardo alla tipologia ed alle tempistiche degli stessi". La società Loro Piana "non ha effettivamente controllato la catena produttiva, verificando la reale capacità imprenditoriale delle società con le quali stipulare i contratti di fornitura e le concrete modalità di produzione dalle stesse adottate, omettendo di assumere tempestive ed adeguate iniziative di reale verifica della filiera dei sub-appalti, sino alla rescissione dei legami commerciali, con ciò realizzandosi, quantomeno sul piano di rimprovero colposo determinato dall'inerzia della società per l'applicazione della misura di prevenzione dell'amministrazione giudiziaria". Per il Tribunale di Milano "certamente la società per colpa non ha messo a punto una struttura organizzativa adeguata ad impedire il sorgere e consolidarsi di rapporti commerciali (attraverso la catena dei sub-appalti) con soggetti operanti in regime di sfruttamento dei lavoratori". Loro Piana "prende atto della notifica ricevuta in data odierna dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano in merito a pratiche lavorative poste in essere da sub-fornitori non dichiarati e non autorizzati di uno dei suoi fornitori. In violazione dei suoi obblighi legali e contrattuali, il fornitore non ha informato Loro Piana dell’esistenza di questi sub-fornitori. Loro Piana è venuta a conoscenza di questa situazione il 20 maggio e, di conseguenza, ha interrotto ogni rapporto con il fornitore coinvolto in meno di 24 ore", comunica l'azienda in una nota. Loro Piana "condanna fermamente qualsiasi pratica illegale e ribadisce il proprio continuo impegno nella tutela dei diritti umani e nel rispettare tutte le normative vigenti lungo l’intera filiera produttiva. Loro Piana si impegna affinché tutti i propri fornitori rispettino i più alti standard qualitativi ed etici della Maison, in linea con il proprio Codice di Condotta. In quest’ottica, Loro Piana rivede costantemente e continua a rafforzare le proprie attività di controllo e audit. I costi riportati non sono rappresentativi degli importi effettivamente corrisposti da Loro Piana al fornitore, né riflettono l’intero processo produttivo e il valore complessivo di tutti gli elementi, incluse tra le altre, le materie prime e i tessuti. Loro Piana esprime la propria totale disponibilità a collaborare con le autorità competenti in merito alla vicenda e intende fornire il massimo supporto per eventuali ulteriori indagini".
(Adnkronos) - ''Il ritiro degli emendamenti al decreto legge infrastrutture, che puntavano a introdurre la revisione ordinaria obbligatoria dei prezzi e regole più uniformi negli appalti di servizi e forniture, è una scelta che condanna al fallimento decine di aziende, con il conseguente rischio di perdita di migliaia di posti di lavoro, e minaccia la tenuta di settori cruciali per il funzionamento quotidiano del Paese''. È la denuncia della Consulta dei servizi, che riunisce 19 associazioni nazionali e 4 filiere, a seguito del ritiro delle proposte di modifica, nelle commissioni Ambiente e Trasporti della Camera, ritenuti ''essenziali per garantire equità e continuità negli appalti pubblici''. ''Il settore dei servizi fatica a sostenere contratti pubblici che non riconoscono l’impatto reale dell’inflazione e dell’aumento dei costi'', spiega la Consulta dei servizi. La soglia del 5% per l’attivazione della revisione prezzi, abbassata correttamente al 3% per i lavori pubblici, ''è stata dimostrata come inefficace''. Inoltre, ''l’assenza di norme certe sulla revisione prezzi, per contratti pluriennali della durata di almeno 5 anni, in un comparto ad alta intensità di manodopera dove il costo del lavoro pesa in modo decisivo, ha un effetto diretto sulle politiche salariali''. ''Senza una revisione dei contratti in essere con la pubblica amministrazione, che tenga conto degli aumenti previsti dai rinnovi dei ccnl, si rischiano ricadute sul fronte occupazionale: o le imprese non saranno in grado di onorare gli appalti vinti e partecipare ai nuovi, o saranno costrette a ridurre drasticamente i costi, con effetti sulla qualità dei servizi e sulla dignità del lavoro'', spiega la Consulta dei servizi. ''Parlamento e Governo devono porre la giusta attenzione alle conseguenze che deriveranno dal vigente quadro normativo, che mette a rischio la tenuta economica e sociale di servizi pubblici essenziali, dalla ristorazione scolastica e ospedaliera alla vigilanza, dai servizi ambientali al welfare, dai quali dipende, per lo svolgimento di attività quotidiane di milioni di cittadini, la funzionalità stessa del Paese'', osserva la Consulta dei servizi. Si tratta di un settore che, spiega l'organismo, ''significa oggi 70 miliardi di euro, impiega un milione di persone ed è parte integrante della coesione sociale e del benessere dei cittadini. Ravvisiamo segnali allarmanti: si continua a chiedere ai servizi essenziali uno sforzo non più sostenibile, anche a costo di comprometterne la tenuta. Le ricadute sarebbero gravissime: riduzione della qualità dei servizi, perdita di posti di lavoro e chiusura di imprese qualificate''. ''Intendiamo proseguire con determinazione le nostre azioni di confronto attraverso l’interlocuzione istituzionale e pubblica'', assicura la Consulta. ''Ci rivolgiamo a Governo e Parlamento per richiamare l’attenzione sull’evidenza che, ogni giorno che passa senza una norma strutturale per la revisione dei prezzi, si consuma un danno economico e sociale. L’intera rappresentanza del comparto proseguirà nel portare in tutte le sedi istituzionali i rischi concreti che corre il sistema-sicurezza del Paese''. La Consulta auspica che il confronto con il Governo ''consenta di provvedere a correttivi non più rinviabili e costruire un quadro strutturale equo e sostenibile, capace di riconoscere il valore strategico dei servizi pubblici''.
(Adnkronos) - “Per noi il welfare è una tradizione storica: siamo arrivati a questa decisione già nel primo dopoguerra grazie a coloro che mi hanno preceduto alla guida di A2a. Credo che sia un sintomo di responsabilità importante che ci siamo già assunti come Gruppo. Siamo la prima life company a presentare un piano di incentivazione per i nostri dipendenti e abbiamo un piano sulla genitorialità”. Sono le dichiarazioni di Roberto Tasca, presidente di A2a, in occasione dell’evento ‘WelLfare. Il Welfare fa davvero bene’, organizzato da A2a per condividere una riflessione sui servizi di welfare, sui Premi di produttività e sul nuovo piano di azionariato diffuso, presentati a Milano. “In un momento in cui il Paese ha una serie di problemi di natura economica e sociale, dove gli stipendi sono bassi, noi vogliamo affrontare tali problematiche intervenendo a sostegno dei nostri dipendenti e della comunità nella quale siamo inseriti, con tutti i nostri limiti, ma con la consapevolezza di volerlo fare - spiega Tasca - Non è un caso che oggi vi sia la presenza dei sindaci di Milano e Brescia, le due città che rappresentano il controllo del nostro Gruppo. Credo sia un'unione perfetta di sforzi volti a intervenire su un problema concreto del nostro Paese”. “Il piano sulla genitorialità che abbiamo fatto consiste nel pagare chi fa figli all’interno della nostra life company, sostenendo da 1 a 18 anni il figlio: diamo 3250 euro al momento della nascita e diluiamo nel corso del tempo. Un piano varato per 12 anni - sottolinea - Abbiamo fatto questo per incentivare i nostri dipendenti. Infatti, regaliamo per tre anni il controvalore di 500 euro in azioni. Questo per far sì che chi lavora con noi si senta anche parte dei risultati economici e del comportamento che il titolo azionario ha sul mercato”. “Lo facciamo con un'assunzione di responsabilità: non è un vincolo, non è una legge o un decreto, è una testimonianza che vogliamo dare esattamente in questa direzione perché riteniamo che essere presenti in una comunità significhi anche farsi carico, in momenti particolari come questo, di questo tipo di responsabilità”, conclude il presidente di A2A.