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(Adnkronos) - In un Paese in cui la tavola è da sempre sinonimo di cultura, identità e condivisione, il modo di vivere i momenti conviviali sta evolvendo verso una dimensione più autentica e spontanea: rispetto a dieci anni fa, oltre 1 italiano su 3 (31%) si sente più informale a tavola, contro il 28,3% che afferma di essere diventato più formale. La tendenza è confermata anche dalle abitudini legate al consumo di cibo: quasi il 40% preferisce ambienti semplici e informali per stare in compagnia, superando nettamente chi sceglie esperienze gourmet e più strutturate (28,3%). Oggi, le esperienze di street food condiviso, all’insegna della semplicità e della spontaneità, conquistano il 69,9% degli italiani. E anche il modo di stare insieme cambia: il 71% preferisce vivere momenti conviviali improvvisati con gli amici, senza schemi né regole, in locali che non si adeguano a convenzioni sociali e dress code. Emerge, dunque, un bisogno crescente di luoghi e occasioni conviviali in cui sentirsi liberi, autentici e a proprio agio. La spontaneità si afferma come valore personale e sociale: per il 54,9% significa essere sé stessi senza paura del giudizio altrui, per il 51,3% poter esprimere liberamente le proprie emozioni, e per il 23,3% non doversi preoccupare di fare bella figura. La fotografia emerge da un'indagine inedita da AstraRicerche per Birra Moretti, che esplora come sono cambiate le abitudini degli italiani nei momenti legati al cibo e alle bevande e il loro rapporto con l’essere autentici, spontanei: un valore che il brand abbraccia con la campagna istituzionale 'Come piace a noi', espressione autentica dello stare insieme all’italiana. ''Una evoluzione del posizionamento di Birra Moretti che -si sottolinea in una nota del gruppo- da sempre, risponde ai bisogni dei consumatori e affonda le sue radici nelle abitudini di condivisione più vere, quelle che oggi più che mai si creano attorno a una tavola informale, reale o improvvisata''. In questo scenario, emerge un nuovo modo di vivere lo stare insieme attorno al cibo e prende vita il concetto di food connection, che nasce dall’alchimia tra persone, cibo e luoghi semplici: un legame fatto di convivialità e apertura verso l’altro, in cui a contare non è tanto il 'cosa' quanto il 'come' e 'con chi'. Una connessione che mette al centro la voglia di incontrarsi attorno al cibo e rendere ogni momento condiviso speciale. Per oltre 7 italiani su 10 (75,2%), infatti, la birra si conferma come la bevanda che porta spontaneità nei momenti di convivialità. È apprezzata perché mette tutti a proprio agio (39,4%), accompagna i momenti felici (36,4%) e perfetta per le occasioni più semplici e informali (29,5%). Versatile per natura, si conferma la compagna ideale di una socialità senza sovrastrutture: il suo gusto fresco e leggero conquista per la capacità di accompagnare ogni tipo di piatto (34,6%) e di adattarsi con naturalezza a contesti e gusti diversi (34,4%). In un’Italia che cambia, anche il modo di vivere la socialità e il consumo di cibo si evolve: cresce infatti tra gli italiani il bisogno di spontaneità, soprattutto nei contesti informali. A guidare questo cambiamento è la ricerca di esperienze conviviali genuine, dove sentirsi sé stessi senza pressioni o convenzioni sociali. Secondo i dati dell’indagine, la spontaneità è oggi percepita come maggiormente presente in contesti di socializzazione informali quali pranzi, cene, aperitivi, feste e celebrazioni con amici (58%). Anche la tavola con la famiglia allargata (34,9%) e i momenti con i vicini di casa o di quartiere (29,7%) si confermano occasioni ideali per lasciarsi maggiormente andare. Anche la buona compagnia ha un ruolo: rappresenta infatti il fattore più influente (54%), seguita dalla libertà di parlare liberamente (44,6%), dal tempo a disposizione senza la fretta di consumare (39,9%) e il contesto, meglio se semplice e improvvisato (35,8%). In particolare, i giovani tra i 18 e i 35 anni si sentono più spontanei ovunque si possa festeggiare (22,1%) o mangiare a basso costo (16,5%). A livello gastronomico, per oltre la metà degli italiani (58,5%) la pizza si conferma la regina dell’informalità e della convivialità, seguita dai piatti della tradizione italiana (40,1%) e dallo street food (36,1%, con un picco tra i più giovani). Meno citati invece i cibi salutari (27,9%), gli snack (27%) e le cucine etniche (14,5%, che salgono al 20,2% tra le donne under 35). Anche il contesto fa la differenza: per il 67,6% degli italiani alcuni luoghi favoriscono la spontaneità, mentre il 51,5% ammette di sentirsi inibito in ambienti più formali. La maggioranza preferisce scegliere dove incontrarsi, sia con amici (70,1%) che con parenti (68,4%). Al di là della casa, che rappresenta il luogo iconico della spontaneità, non è un caso che tra gli spazi pubblici vinca la pizzeria (28,6%), seguita da pub e bar (23,5%), ristoranti della tradizione italiana come trattorie e osterie (23,3%). Con la famiglia, la convivialità si esprime soprattutto attorno alla tavola tradizionale (51,2%); con gli amici, invece, vincono gli spazi all’aperto: i tavolini di un bar (40,6%) sono in cima alle preferenze, seguiti da pizza d’asporto (30,5%) e spazi all’aperto improvvisati (59,9%). Segno che la convivialità si nutre di libertà, giusto contesto e semplicità. Le occasioni conviviali vissute in modo informale generano effetti positivi evidenti: per quasi il 64% degli intervistati si è più di buon umore e ci si rilassa; si conversa con più libertà (43,7%), ci si rilassa (37,8%) e si è più a proprio agio (37,1%). Non solo: questi momenti rafforzano i legami esistenti (37,1%) e favoriscono nuovi incontri o esperienze, facilitando la socializzazione (29,5%) e l’apertura a provare qualcosa di nuovo (22,1%). Sentirsi liberi da regole e convenzioni migliora l’esperienza del consumo e rafforza i legami sociali. Per il 54,9% degli italiani significa rilassarsi e godersi il momento, mentre il 27,6% apprezza la possibilità di non sentirsi giudicato e il 27,1% quella di vivere senza condizionamenti. Sul piano relazionale, l’essere sè stessi rende più allegri (38,1%), favorisce il rilassamento (35,4%) e permette di essere autentici (33%), senza pressioni o maschere, contribuendo a creare un’atmosfera più leggera e accogliente. Emergono così i tratti di una nuova cultura della socialità: più libera, più semplice, più vera. Un modo di stare insieme che valorizza il piacere dell’incontro, della convivialità senza forzature, e dell’essere sé stessi. Gli ostacoli a questo modo di vivere sono soprattutto i giudizi esterni o gli atteggiamenti negativi (45,3%), seguite dal vivere sempre di fretta (38,6%) e dall’uso eccessivo dello smartphone (37,4%), che interferisce con la qualità delle interazioni. Nonostante il desiderio di sentirsi liberi, quasi la totalità degli italiani sperimenta, anche in occasioni informali legate al consumo di cibo, la pressione esercitata dalle aspettative sociali, al punto che solo il 16,4% dichiara di non esserne mai influenzato. Una dinamica particolarmente sentita dai giovani adulti tra i 18 e i 35 anni. "Negli ultimi dieci anni -spiega Alfredo Pratolongo, corporate affair director Heineken Italia e presidente Fondazione Birra Moretti- abbiamo assistito a una importante trasformazione della convivialità, che riflette un'evoluzione culturale più ampia: oggi si ricerca e apprezza di più la spontaneità come manifestazione autentica dello stare insieme. In questo scenario, la birra ha ritrovato un ruolo centrale. E' la bevanda della socialità, versatile e trasversale, capace di adattarsi a ogni gusto, ogni piatto, momento e contesto, creando occasioni di incontro autentiche. Birra Moretti ha saputo leggere le evoluzioni dei nostri stili di vita, mantenendo forte il proprio legame con la cultura gastronomica italiana. Ha fatto da apripista nel portare la birra sulle tavole come parte integrante dell’esperienza culinaria, contribuendo a diffondere una nuova sensibilità nel rapporto tra birra e cibo. Oggi riafferma il ruolo di marca guida con uno sguardo contemporaneo e al futuro, riaffermandosi come simbolo di una convivialità dai tratti più informali ma che rimane asse portante della nostra cultura alimentare". ''Con la campagna 'Come piace a noi', Birra Moretti -si evidenzia in una nota del gruppo- si fa interprete di questo cambiamento sociale e culturale, mettendo al centro i valori della spontaneità, dell’autenticità, della convivialità libera dai formalismi. Il messaggio è semplice: è nei momenti senza copioni che nasce la vera convivialità. Nessun dress code, nessuna aspettativa da soddisfare: solo una tavola, fisica o improvvisata, dei buoni amici, la famiglia e tanta voglia di stare insieme, davvero''. La campagna rappresenta il cuore pulsante dell’evoluzione naturale del nuovo posizionamento di Birra Moretti, inaugurato ad aprile con il lancio del nuovo spot Tv 'Come piace a noi' e ulteriormente rafforzato dalla terza edizione della web serie 'Come piace a noi: il weekend', il nuovo format on air sul canale YouTube del brand che celebra la spontaneità come vero stile di vita e il piacere autentico di stare insieme. "Attraverso la nuova campagna -prosegue Pratolongo- celebriamo la spontaneità come tratto distintivo del nostro modo, tutto italiano, di stare insieme, rispondendo al bisogno crescente di momenti autentici, anche profondi, perché liberi dalla formalità. Birra Moretti, icona nazionale della convivialità, da sempre accompagna questi momenti: non impone regole, ma crea connessioni, che spesso nascono proprio attorno a una tavola semplice e condivisa, scegliendo di raccontare la bellezza delle cose genuine, delle relazioni spontanee".
(Adnkronos) - L'accesso al lavoro tramite Agenzia avviene oggi più velocemente che in passato: entro quattro mesi dal primo contatto con una Agenzia per il lavoro i candidati trovano una occupazione, rispetto ai sei mesi del 2022. In due casi su cinque il candidato ottiene un lavoro entro un mese. Dalla rilevazione di Ipsos si evidenzia, inoltre, che per i lavoratori in somministrazione sono preferibili i contratti a tempo determinato tramite Agenzia piuttosto che quelli diretti con l’azienda: oltre la metà dei lavoratori in somministrazione (54%), infatti, predilige i vantaggi del contratto a termine tramite Agenzia. E' quanto emerge dalla ricerca condotta da Ipsos per Assolavoro, l’associazione nazionale delle agenzie per il lavoro, sul mercato del lavoro in Italia e sul ruolo delle Agenzie, e presentata oggi in occasione dell'assemblea pubblica dell'associazione. In generale, aumenta tra la popolazione la conoscenza delle agenzie per il lavoro che passa dal 73% del 2002 al 79% di oggi, mentre permangono margini di miglioramento sulla conoscibilità della formazione offerta gratuitamente ai lavoratori dalle Agenzie e sul welfare dedicato: solo il 44% dei somministrati e il 22% dei candidati conoscono la formazione di settore, e solamente il 41% dei somministrati e il 15% dei candidati il welfare. I contratti in somministrazione vengono considerati una forma di lavoro moderna (33%) e assimilabile al lavoro dipendente (35%) (per legge i lavoratori tramite Agenzia hanno stessi diritti, stesse tutele e stessa retribuzione dei colleghi direttamente assunti dall’azienda, ndr). L’81% dei candidati intervistati consiglia di rivolgersi ad una Agenzia. Dalla ricerca Ipsos emerge che le Agenzie favoriscono le prime esperienze di lavoro per i giovani, aiutano chi ha perso un’occupazione a trovarne una nuova e forniscono supporto alle aziende nel rispondere alla domanda di lavoratori con competenze altamente specializzate. Se è vero, infatti, che più di un lavoratore su due in somministrazione è un giovane under 35, le Agenzie non sono solo un’ottima porta d’accesso al mercato del lavoro per chi ha ancora poca esperienza, ma nel 34% dei casi sono un valido canale per reinserirsi nel mondo del lavoro, e nel 38% una via per la ricerca di migliori opportunità di lavoro. Per chi cerca un lavoro inviare curriculum alle aziende rappresenta il canale migliore (50%, dato in calo rispetto al 2022), seguono le Agenzie per il Lavoro (43%) e il passaparola (34%). Sempre più rilevante l’utilizzo di LinkedIn, soprattutto tra gli under 35 laureati dove si raggiunge il 48%. In questo contesto, per la popolazione le caratteristiche più ricercate in un buon datore di lavoro sono stipendio adeguato (71%) e stabilità e sicurezza (57%). Seguono avere un contratto che ti tuteli nei momenti di difficoltà (27%), lavoro in smart working (24%) e avanzamenti di carriera (23%). Nel caso dei candidati risulta importante l’attenzione alla formazione dei dipendenti in tre casi su dieci. Sull’avvento dell’Intelligenza Artificiale una fetta importante deve ancora farsi un’idea o è in attesa degli sviluppi futuri. Per la popolazione l’ia stravolgerà il mondo del lavoro, incrementando l’efficienza e garantendo lo sviluppo di nuove professionalità. Sei persone su dieci temono, però, che l’ia causerà una riduzione del personale nelle aziende. Più ottimisti i manager delle Agenzie per il lavoro, tre su quattro hanno già iniziato a implementare l’ia nel proprio lavoro, mentre la quota residuale ha comunque pianificato di utilizzarla.
(Adnkronos) - Un valore della produzione salito dai 38 miliardi del 2015 ai 68 miliardi del 2025 e una crescita degli occupati, che in dieci anni sono passati da 90mila a 104mila. Sono alcuni dei dati sull’evoluzione del comparto delle utilities emersi oggi nell’Assemblea generale di Utilitalia, organizzata a Roma in occasione del decennale della Federazione sorta nel 2015 dopo la fusione tra Federutility e Federambiente. Dal 2015 al 2025 il valore della produzione delle utilities italiane è aumentato del 79%, arrivando a 68 miliardi. Gli occupati, anche a fronte di un consolidamento industriale che ha visto fusioni e aggregazioni, sono aumentati del 15%, dai 90mila del 2015 ai 104mila attuali. A testimonianza del valore generato dalle utilities sui territori nel quali operano, mediamente ogni euro di fatturato di queste aziende genera un livello di produzione di 2,6 euro e, al contempo, per ogni milione di euro di fatturato si impiegano tra i 16 e i 34 occupati. “Negli ultimi anni - spiega il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini - tra pandemia, crisi energetica e siccità le utilities si sono trovate ad affrontare una serie di situazioni emergenziali che hanno rappresentato sfide enormi per il comparto. Ciò nonostante, le imprese non si sono limitate a garantire la continuità dei servizi ma hanno realizzato investimenti fondamentali per supportare la transizione ecologica del Paese, confermando la loro centralità all’interno di questo percorso”. ACQUA - Per quanto riguarda il settore idrico, gli investimenti pro-capite sono passati dai 38 euro annui del 2015 agli 80 euro stimati nel 2025, con una crescita del 110%. "Tra i nodi da sciogliere - segnala Utilitalia - figurano gli investimenti relativi alle gestioni 'in economia', dove gli enti locali si occupano direttamente del servizio idrico: qui gli investimenti crollano a 29 euro per abitante. Per il prossimo futuro, a fronte di un valore complessivo degli investimenti sostenuti dalla tariffa aumentato fino a circa 4 miliardi l’anno, il fabbisogno di settore è stimato da Utilitalia in almeno 6 miliardi l’anno. Negli ultimi anni il Pnrr ha destinato al settore circa 1,1 miliardi annui: serviranno dunque risorse aggiuntive pari a circa 0,9 miliardi di euro l’anno fino al 2026, e pari ad almeno 2 miliardi di euro l’anno dopo la chiusura del Pnrr, per innalzare l’indice di investimento complessivo". Nell’ottica della Federazione, "alle risorse derivanti dalla tariffa andrebbe affiancata anche una quota di contributo pubblico di almeno 1 miliardo di euro l’anno per i prossimi 10 anni". RACCOLTA DIFFERENZIATA - Investimenti che sono necessari anche nel settore dei rifiuti urbani, dove negli ultimi anni sono stati fatti importanti passi in avanti sul fronte della raccolta differenziata (passata dal 47,5% del 2015 al 67% attuale) e del riciclaggio (salito dal 41,1 % del 2015 al 50,8% attuale). L’Unione europea ha posto obiettivi sfidanti al 2035 che riguardano l’effettivo riciclo per il 65% dei rifiuti urbani prodotti e uno smaltimento in discarica fino ad un massimo del 10%, mentre attualmente l’Italia si attesta al 16%, anche se molti passi avanti si sono fatti rispetto al dato del 2015 (26%). Per centrarli in futuro - avverte Utilitalia - sono necessari investimenti aggiuntivi pari a circa 4,5 miliardi: di questi, 3 miliardi riguardano la dotazione impiantistica (2,5 per impianti di incenerimento e 0,5 per la digestione anaerobica), mentre 1,5 miliardi saranno necessari per implementare i sistemi di raccolta differenziata. ENERGIA - "Il settore dell’energia, invece, è atteso a una radicale trasformazione per far fronte agli obiettivi di decarbonizzazione e di contrasto ai cambiamenti climatici. Con il Green Deal e la Legge Europea per il Clima, l’Ue ha individuato un punto di arrivo estremamente ambizioso: la neutralità climatica al 2050", osserva la Federazione. L’analisi dei piani industriali delle maggiori utilities impegnate in campo energetico ha evidenziato un volume di investimenti programmati pari a circa 19 miliardi di euro nei prossimi 5 anni: fra questi, 7,6 sono destinati ad investimenti per le reti elettriche, del gas e del teleriscaldamento, 7,7 alla produzione di energia rinnovabile e non rinnovabile, mentre circa 1,5 miliardi sono destinati all’efficientamento energetico e alla mobilità sostenibile. LE PRINCIPALI SFIDE PER LE UTILITIES VERSO IL 2035 - Guardando al futuro, il comparto delle utilities si trova davanti a sfide cruciali che richiedono un impegno strategico su più fronti. Come evidenzia il vicepresidente vicario di Utilitalia, Luca Dal Fabbro, “le imprese dei servizi pubblici si candidano a essere attori essenziali nel nuovo equilibrio tra sicurezza energetica ed ambientale, innovazione e crescita economica e coesione territoriale. In questo quadro, l’industrializzazione del settore e il superamento delle gestioni in economia, dove ancora presenti, restano fondamentali per migliorare le performance e aumentare la capacità di investimento complessiva. La strategia futura si fonda su tre assi portanti: una regolazione evolutiva, una governance industriale efficiente e non meno importante una forza lavoro competente e orientata al cambiamento”. Tra le priorità chiave individuate da Utilitalia figurano il rafforzamento del ruolo della regolazione indipendente, l’incremento degli investimenti nella sicurezza e resilienza delle infrastrutture e degli approvvigionamenti, le aggregazioni per una governance efficiente e il superamento dei vincoli normativi del Testo Unico sulle Partecipate. E ancora il consolidamento dell’industrializzazione dei settori, investimenti ancora più ingenti per garantire la qualità della risorsa idrica, misure tese a garantire la continuità agli investimenti oltre l’orizzonte del Pnrr, l’integrazione dell’intelligenza artificiale nei processi operativi e gestionali e politiche del lavoro che favoriscano stabilità, formazione e innovazione organizzativa.