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(Adnkronos) - Si apre il fronte siriano. Si apre in un momento in cui erano ridotte, almeno in parte e momentaneamente, le pressioni sull'Iran. Effetto della tregua tra Israele e gli Hezbollah libanesi, storicamente sostenuti dalla Repubblica Islamica, come Hamas contro cui Israele combatte da oltre un anno nella Striscia di Gaza. In pubblico i responsabili iraniani - alleati del leader siriano Bashar al-Assad - hanno descritto lo stop alle ostilità tra Israele e Hezbollah, solo mercoledì scorso, come una vittoria per il loro alleato, una dimostrazione della sua forza, ma dietro le quinte - scrive il Washington Post citando fonti diplomatiche della regione e occidentali - hanno lavorato silenziosamente per un cessate il fuoco, una tacita ammissione dei danni inflitti da Israele a un gruppo cruciale per la strategia della deterrenza di Teheran, ma con una leadership decimata da Israele e con i sostenitori che fanno i conti con città e località distrutte. E danni per almeno 8,5 miliardi di dollari secondo la Banca mondiale. La pressione sull'Iran è aumentata in modo esponenziale quando il conflitto latente tra Hezbollah e Israele è esploso in guerra e poi a ottobre Israele ha attaccato l'Iran con raid contro obiettivi militari, un'operazione - scrive il Post - che ha costretto i leader iraniani a spingere per un cessate il fuoco. "Ora sappiamo che quegli attacchi (israeliani in Iran) sono stati abbastanza pesanti", ha commentato un diplomatico occidentale. Per Sanam Vakil, responsabile del programma Medio Oriente e Nord Africa di Chatham House, l'Iran ha semplicemente colto l'occasione di salvare quel che è rimasto di Hezbollah. E fare il punto sulle perdite per il Partito di Dio, iniziare a ricostruire il movimento e potenzialmente riconsiderare la sua strategia regionale di deterrenza, che si basava molto su Hezbollah. "La forza della rete iraniana è la sua fluidità", osserva, certa che il rapporto tra l'Iran e Hezbollah continuerà. Sia gli Houthi dello Yemen che le milizie in Iraq, parte della "rete iraniana", hanno lanciato droni e missili in direzione di Israele in "solidarietà" con Hamas a Gaza e Hezbollah in Libano, ma sono stati per lo più attacchi simbolici e, scrive il Post, tra le fila del Partito di Dio c'è chi è rimasto deluso dall'Iran e dall'"asse della resistenza". Non è mancato chi ha accusato la Repubblica Islamica. Ma "Teheran non voleva l'escalation della situazione", ha detto una fonte vicina a Hezbollah. Potrebbe così, secondo il Post, complicarsi la ricostruzione in Libano, rispetto a quanto accadde dopo la guerra dei 34 giorni tra Israele e Hezbollah del 2006. Oggi non è chiaro se l'Iran, dopo anni e anni di sanzioni, abbia tante risorse come in passato, anche se un suo coinvolgimento potrebbe rafforzarne l'influenza. "L'Iran è pronto a stanziare fondi per la ricostruzione e per garantire la sopravvivenza di Hezbollah e il sostegno all'interno della comunità sciita - ha affermato la fonte del giornale - Ma questo sostegno è ora più direttamente sotto l'influenza iraniana". E Hezbollah, ha detto, si aspetta che la Repubblica Islamica invii consiglieri per supervisionare i finanziamenti e riqualificare le unità armate del Partito di Dio. Ogni 'sollievo' può non durare a lungo. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha detto chiaramente di sostenere il cessate il fuoco in Libano in modo che Israele possa "concentrarsi sulla minaccia iraniana". "Posso dirvi, francamente, che c'è un dibattito in Iran - ha detto giovedì il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi - Se cambiare la nostra dottrina nucleare". E quello che faranno i leader iraniani definirà la prossima fase. E nelle prossime settimane, conclude il Post, il conflitto tra Israele e Hezbollah, e l'Iran, potrebbe spostarsi in parte in Siria, canale chiave per la fornitura di armi a Hezbollah, un Paese da cui arrivano spesso notizie di raid israeliani e teatro da mercoledì di un'offensiva contro le forze di Damasco in cui è stato ucciso anche un comandante militare iraniano.
(Adnkronos) - "Oggi chi già opera o decide di operare come creator in Italia deve avere ben chiaro che questa professione, a seconda di come viene svolta, può presentare delle incertezze a livello amministrativo, fiscale e contributivo. Pertanto, la vera sfida che queste figure professionali devono affrontare sta nel comprendere a 360 gradi la loro situazione per essere consapevoli di come poter operare per ridurre al minimo i rischi di commettere errori che si tradurranno nel tempo in sanzioni e problematiche di vario genere. In generale la cosiddetta 'creator economy', che include sia i content creator che gli influencer, è un fenomeno recente e in continua espansione a fronte del quale le normative fiscali e contributive non sempre riescono ad essere reattive per fare chiarezza sulla corretta gestione di chi sceglie di svolgere queste attività". Lo dice in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia Gianluca Tirri, managing director di Quickfisco. "Per prepararsi al meglio - spiega - i creator, siano essi content creator o influencer, dovrebbero evitare qualsiasi tipo di 'improvvisazione', cercando invece un consulente che possa assisterli in questo percorso, in particolare nella fase di start-up per inquadrare correttamente la loro posizione sin dal principio. Le figure da ricercare possono essere tipicamente un commercialista o un professionista con comprovate esperienze in ambito fiscale, a patto che abbiano dimestichezza con queste nuove professioni della digital economy". "Il primo passo - ricorda - per coloro i quali decidono di intraprendere una carriera da creator è senza dubbio quello di aprire una partita iva. Molti content creator e influencer tutt’oggi sono ignari del fatto che se la loro attività è svolta in maniera professionale, continuativa e abituale, per essere in regola a livello amministrativo e fiscale è necessario operare come lavoratore autonomo con partita iva. La consapevolezza di dover operare con una partita iva determina poi altre scelte conseguenziali, come ad esempio la scelta del codice ateco e del corretto inquadramento ai fini previdenziali. Come precisato in precedenza, onde evitare di partire con il 'piede sbagliato' è opportuno rivolgersi ad un professionista con competenze fiscali che sia in grado di comprendere il tipo di attività svolta per suggerire il codice ateco più corretto e l’inquadramento ai fini previdenziali più adeguato. Inoltre, con il professionista incaricato sarà necessario valutare in quale regime fiscale operare". "Molto spesso - osserva Gianluca Tirri - per chi inizia, il regime forfettario rappresenta una buona scelta, grazie ad una serie di semplificazioni dal punto di vista contabile e ad alcune agevolazioni fiscali. Tuttavia, è opportuno sapere che non tutti possono accedere a questo regime in quanto esistono dei requisiti molto stringenti per poter accedere che vanno opportunamente verificati in sede di apertura della partita iva. Inoltre, i requisiti per accedere a questo regime vanno anche monitorati nel corso degli anni per poter continuare ad operare nel tempo con questo regime fiscale agevolato. Tra questi requisiti quello più importante da rispettare è quello relativo al limite di ricavi e compensi annuo che un creator può generare in un anno di attività, che secondo le leggi in vigore attualmente è fissato ad 85.000 euro". "L'ultimo aspetto da considerare e da valutare con estrema attenzione - sottolinea - è relativo all’inquadramento previdenziale. In sostanza un creator che opera come lavoratore autonomo con partita iva sui redditi che produce pagherà delle imposte in base al regime fiscale in cui sceglierà di operare. Oltre a queste tasse però dovrà considerare anche i contributi che verserà per la futura pensione, che potranno essere di diversa natura e importo in base all’inquadramento previdenziale all’interno del quale ricadrà il creator. Per poter capire qual è l’inquadramento previdenziale più corretto è necessario comprendere in maniera puntuale come il creator svolge la propria attività e genera i relativi introiti". "Anche se spesso vengono confusi o sovrapposti, content creator e influencer - avverte - svolgono attività differenti che determinano diversi inquadramenti amministrativi, fiscali e contributivi. Le differenze sostanziali sono da ricondurre al modo in cui questi professionisti 'monetizzano' e dunque guadagnano dalla propria attività. I content creator tipicamente producono contenuti creativi e originali - come video, foto o testi - con l'obiettivo principale di intrattenere, informare o educare il pubblico. Il loro guadagno può provenire da diverse fonti, come la vendita di prodotti digitali o fisici, abbonamenti su nuove piattaforme come Patreon, advertising, collaborazioni con brand o piattaforme come YouTube, oppure vendendo corsi online. Il focus dei content creator è prevalentemente sulla generazione di guadagni che derivano dalla produzione di contenuti di valore e non solo dalle sponsorizzazioni. Gli influencer, d'altra parte, operano principalmente come promotori di prodotti e servizi per le aziende. Il focus degli influencer è più orientato alla promozione commerciale, sfruttando la loro visibilità sui social per creare partnership o sponsorizzazioni. Con questo 'schema' la monetizzazione si basa principalmente su sponsorizzazioni e partnership con brand e aziende attraverso post sponsorizzati, affiliazioni, codici sconto o campagne promozionali". "In base a come content creator e influencer guadagnano dalle rispettive attività - spiega - sarà possibile individuare il corretto inquadramento e profilo previdenziale, ad esempio libero professionista o commerciante, il codice ateco più adeguato in base al quale per chi opera in regime forfettario verranno determinati i cosiddetti coefficienti di redditività che impatteranno sull’ammontare delle imposte da pagare". "Dopo aver ben compreso - chiarisce Gianluca Tirri - che per svolgere l’attività di creator in maniera professionale e continuativa è necessario aprire una partita iva, per evitare problemi con il Fisco, i content creator e gli influencer devono prima di tutto agire in trasparenza e monitorare attentamente i propri ricavi, assicurandosi di dichiarare tutte le entrate, anche quelle derivanti da collaborazioni internazionali o da piattaforme estere. Inoltre, è essenziale che tengano traccia di qualsiasi forma di monetizzazione, dalle sponsorizzazioni dirette ai guadagni da piattaforme come YouTube o Onlyfans, per allineare la propria posizione fiscale alle normative italiane". "Quickfisco - precisa - offre un supporto specializzato per aiutare i creator e gli influencer ad operare in maniera corretta con la partita iva riducendo i rischi e fornendo a questi professionisti, molto spesso molto giovani, informazioni precise e puntuali oltre che strumenti adeguati per poter svolgere il proprio lavoro. Con l’aiuto dei nostri consulenti fiscali analizziamo attentamente il tipo di attività che viene svolta dal creator per scegliere il codice ateco e l’inquadramento fiscale e previdenziale più congrui. Una volta inquadrata correttamente l’attivitàci occupiamo di gestire tutti gli aspetti burocratici e fiscali relativi alla partita iva. Attraverso la nostra piattaforma digitale, accessibile sia da web che da app mobile, i creator che si affidano a noi possono avere sempre sotto controllo la propria situazione monitorando in tempo reale i propri ricavi oltre alle tasse e ai contributi da versare. Inoltre, per qualsiasi dubbio o richiesta di informazioni hanno a loro disposizione un consulente fiscale con esperienza nella gestione di quel tipo di professioni con cui potranno interagire senza alcuna limitazione attraverso diverse modalità di contatto". "Il caso Balocco - argomenta - ha portato l'attenzione pubblica e quella delle autorità di vigilanza competenti su alcune pratiche commerciali meno trasparenti del mondo degli influencer, spingendo verso un controllo più rigido delle attività promozionali condotte dagli influencer e creator in generale. Ad oggi la principale 'area grigia', se così può essere definita, riguarda soprattutto la regolamentazione della promozione commerciale e i meccanismi di affiliazione, per cui un influencer potrebbe, a tutti gli effetti, essere inquadrato come agente di commercio, in quanto a seguito di una recente sentenza del Tribunale di Roma, si ritiene che l’attività di influencer sia riconducibile a quella dell’agente di commercio. Questa interpretazione, se venisse confermata nel tempo, avrebbe delle conseguenze piuttosto nette, in quanto l’influencer che opererebbe alla stregua di un agente di commercio avrebbe l’obbligo di iscrizione all’Enasarco oltre che alla gestione commercianti Inps, configurando una doppia posizione contributiva". In generale, "ciò che è effettivamente ipotizzabile nel breve-medio termine, alla luce di quanto sta accadendo già nel corso degli ultimi mesi, è che il Fisco intensificherà i controlli in questo settore, con l’obiettivo di scovare presunti evasori, sia attraverso la cooperazione con altre istituzioni sia mediante l’utilizzo di strumenti tecnologici avanzati per confrontare le dichiarazioni dei redditi con i guadagni effettivamente realizzati, specialmente in casi di evidente sproporzione tra introiti dichiarati e stile di vita. Sul fronte normativo, probabilmente vedremo leggi più specifiche per i creator e gli influencer, che definiranno meglio i loro obblighi fiscali e contributivi. Questo processo di regolamentazione sarà essenziale per fornire maggiore chiarezza e trasparenza a chi lavora in questo settore, che rappresenta una nuova frontiera dell’economia digitale".
(Adnkronos) - “Assieme a Conai abbiamo svolto un lavoro all’insegna dell’economia circolare, che ha visto la pubblicazione di 41 tesi di laurea, che fungono da portfolio per le aziende che lavorano in ambito della sostenibilità". Lo ha detto Claudia Brunori, direttrice del Dipartimento Enea per la sostenibilità, nel corso della presentazione del rapporto integrato di sostenibilità Conai 2024, che si è tenuto oggi a Roma. “Assieme a Conai - sottolinea Brunori - e in collaborazione con professori universitari, abbiamo svolto analisi su prodotti, sistemi di riciclo e il ciclo di vita dei rifiuti, tutti argomenti che riguardano la sostenibilità. Le tesi non riguardano solo l’innovazione tecnologica, ma anche il campo giuridico e sociale perché la sostenibilità ha bisogno anche di regolamentazione e informazione”. E conclude: “Il fatto che le università e gli studenti si siano interfacciati col mondo pubblico e privato in abito di sostenibilità è un traguardo importante. Proseguiremo con quella che è stata una cooperazione sinergica fra Conai, Enea e studenti, perché oltre a sensibilizzare può offrire la possibilità di ricoprire in futuro nuove professioni per i giovani che si approcciano a questo mondo”.