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(Adnkronos) - Mundys mette in campo una nuova società Benefit dedicata alla lotta al cambiamento climatico. Neya, questo il nome del nuovo asset controllato al 100%, sarà focalizzata sulla selezione e adozione di iniziative prevalentemente “nature based” per la rimozione del carbonio, con l’obiettivo di produrre crediti CO2 utili per la decarbonizzazione delle infrastrutture di trasporto nelle quali opera Mundys, a livello globale. Sono limitate, ad oggi, le società nate in Europa con l’obiettivo della rimozione di CO2; ciò ha motivato la scelta di Mundys di avviare questa iniziativa sperimentale, allo scopo di verificare la solidità di questa innovativa branca di business. Il valore del mercato internazionale dei crediti di carbonio nel 2024 è stato di circa 115 miliardi di dollari, per il 2030 le stime prevedono circa 300 miliardi di dollari, con possibilità di crescita fino a oltre 500 miliardi. E’ in questo contesto che Neya si inserisce con la propria missione per la rimozione permanente di CO2 dall’atmosfera, attraverso soluzioni come il rimboschimento e la gestione sostenibile di foreste e terreni agricoli, promuovendo la sostenibilità ambientale e sociale. Neya diventa immediatamente operativa in Madagascar con la promozione di un progetto di riforestazione per 500 ettari lungo le coste a Nord dell’isola (nelle zone di Sofia e Melaky). Il ripristino delle piantagioni in aree deforestate localmente negli ultimi decenni contribuirà alla rimozione di CO2, grazie alla particolare tipologia di piante prescelte. Le mangrovie, infatti, sono foreste costiere tropicali formate da alberi e arbusti capaci di vivere in acque salmastre tipicamente lungo le coste, le foci dei fiumi e le lagune. Hanno radici aeree che spuntano dal fango o dall’acqua e sono fondamentali perché proteggono le coste dall’erosione e dalle tempeste, ospitano molte specie di pesci, uccelli e crostacei, e immagazzinano grandi quantità di carbonio. Il progetto, denominato “Ma Honko”, si avvale di un’azienda locale che genererà occupazione sul territorio nello spirito di produzione di valore lungo la filiera, al centro della strategia di business sostenibile della visione di Mundys. L’attività detiene i requisiti per ottenere la certificazione Gold Standard, ente internazionale che attesta la qualità e la credibilità dei progetti che riducono le emissioni di gas serra, assicurando al contempo benefici sociali e ambientali misurabili. I crediti di carbonio generati, nel tempo, potranno così contribuire a compensare le emissioni delle infrastrutture di Mundys, a loro volta in corso di progressiva riduzione grazie all’esecuzione del framework di sostenibilità messo in campo dalla Capogruppo. Una strategia, quella ESG di Mundys, trasparente e responsabile e che le ha appena nuovamente fatto conseguire – per il terzo anno consecutivo – il livello A-list, massimo score rilasciato da CDP (ex Carbon Disclosure Project), rating internazionale di riferimento per la valutazione delle performance climatiche e ambientali su oltre 25.000 aziende. Lungo la roadmap di sostenibilità della Capogruppo sono molti i traguardi segnati fin qui, anche in termini di leadership innovativa, solco nel quale Neya sembra segnare il prossimo passo. Mundys è stata, infatti, tra le prime società in Italia a dotarsi di un Climate Action Plan per promuovere la transizione energetica e la decarbonizzazione delle attività economiche lungo tutta la catena del valore in ambito aeroportuale, autostradale e dei servizi di mobilità, ponendosi obiettivi chiari e concreti, tra i quali l’azzeramento delle emissioni nette dirette (Scope 1 & 2) entro il 2040.
(Adnkronos) - Sul dazio al 15% negli Usa per il pecorino romano "noi assolutamente non abbiamo intenzione di arrenderci, continuiamo a lavorare nella direzione del dazio zero. Oggi esiste da parte dell'Unione Europea una lista di prodotti candidati al dazio zero, ovviamente all'interno della quale è presente a pieno titolo il pecorino romano. Questo perchè in occasione dei dazi del 2019 il pecorino romano fu l'unico prodotto che venne escluso dai dazi, in quanto vennero riconosciute delle caratteristiche particolari di produzione, di filiera, che di fatto noi stiamo cercando di riproporre anche oggi. Ci stiamo lavorando in maniera assoluta e in prima linea". Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Gianni Maoddi, presidente del Consorzio di tutela del Pecorino Romano, sottolinea l'impegno per 'bloccare' il dazio al 15% negli Usa per uno dei prodotti simbolo del made in Italy che sottolinea come "La notizia più impattante sul nostro business nel 2025 ovviamente sono i dazi Usa. Non c'era mai stato finora un dazio sul pecorino romano, e quindi questo 15% pesa in maniera importante, soprattutto su quel segmento del nostro prodotto che è destinato all'industria alimentare, dove il pecorino romano viene utilizzato come ingrediente per la preparazione di piatti pronti, salse e quant'altro", spiega. E Maoddi sottolinea che "il mese scorso siamo stati presenti più di una settimana a Washington dove abbiamo fatto degli incontri in ambasciata con dei senatori americani. Siamo stati in congresso per perorare la nostra causa, spiegando ai senatori le caratteristiche del pecorino romano affinché lavorassero insieme a noi per in qualche modo esonerare il nostro prodotti da questi dazi". E Maoddi non perde le speranze. "Mi piace essere ottimista, in queste ultime settimane si sta nuovamente parlando della possibilità di considerare questa lista di prodotti a dazio zero. Devo purtroppo però segnalare che la considerazione di questa lista è una conseguenza al completamento di alcune azioni da parte dell'Unione Europea che di fatto purtroppo non sono state terminate. Tanto che qualcuno l'altro giorno in una riunione alla quale noi abbiamo partecipato, visto che facciamo parte della task force dazi istituita presso il ministero degli Esteri, sosteneva che questo completamento di compiti da parte dell'Unione Europea l'avremmo in qualche modo visto verso fine gennaio e primi febbraio. E quindi in quell'occasione gli Stati Uniti dovranno considerare ovviamente ciò che gli abbiamo proposto, e che è ancora vincolato a queste ultime iniziative dell'Unione Europea", spiega. Gli effetti concreti dei dazi Ma sugli effetti concreti dei dazi sulll'export di pecorino romano però Maoddi è ancora cauto e c'è un perché. "Ad oggi -spiega- a causa anche dello shutdown che c'è stato negli Usa per 45 giorni, dal primo di ottobre fino al 15 di novembre, abbiamo i dati sull'export fermi al 31 di agosto. Dati che sottolineo sono ottimi perché di fatto le esportazioni rispetto allo stesso periodo del 2024 segnano un incremento di circa il 9%. Siamo consapevoli del fatto che il mese di settembre e di ottobre saranno mesi che porteranno giù questa percentuale. Questo perché sappiamo che ci sono stati acquisti speculativi soprattutto concentrati nel mese di aprile scorso, quello di annuncio dei dazi, e nel mese di agosto, che è il mese nel quale i dazi sono stati confermati al valore del 15%", sottolinea il presidente del Consorzio del Pecorino romano dop. E Maoddi sottolinea come il dazio al 15% sul mercato Usa "sicuramente pesa molto meno sul canale retail, dove comunque avendo un prezzo già importante ed essere appunto destinato a un consumatore alto spendente, è ovvio che 1,50-1,80 di dazio sul valore di partenza del formaggio ha un'incidenza al chilo molto inferiore sul consumatore finale rispetto all'industria", sottolinea. Per Maoddi è quindi prematuro tracciare un bilancio sugli effetti dei dazi per il pecorino romano sul mercato americano. "Sicuramente c'è un magazzino importante sul mercato americano -spiega Maoddi- e oggi è onestamente prematuro fare un bilancio della reazione del mercato, dovranno passare almeno altri 4-6 mesi per capire bene cosa succederà. Analizzando in maniera fredda e fermandoci a una data precisa che è quella del 31 agosto sicuramente i numeri sono della nostra parte", sottolinea. Gli effetti sul mercato italiano Ad oggi "il maggior problema derivante dai dazi Usa per il pecorino romano nasce sul mercato nazionale, che è molto attendista rispetto a un possibile calo sul mercato americano e di conseguenza i consumi e i prezzi sono un po' in calo. C'è da registrare che dal mese di agosto a oggi le quotazioni mercuriali del pecorino romano hanno perso circa 70 centesimi al chilo, appunto perché c'è stato questo rallentamento di consumi sul mercato interno", spiega Maoddi. Per Maoddi, una situazione che "speriamo ovviamente di superare quanto prima anche perché è speculativa. Il mercato interno, infatti, è attendista su un eventuale ribasso dei consumi americani, ma questo effettivamente nel momento ancora non lo registriamo. Registriamo purtroppo però un rallentamento delle vendite sul mercato nazionale e un conseguente ribasso del prezzo, che al momento è abbastanza controllato, però comunque sia è pur sempre un ribasso", aggiunge. Il bilancio del 2025 "Il 2025 lo voglio reputare ancora un anno positivo, perché un anno è formato da 12 mesi e sicuramente non tutti questi hanno segnato un rallentamento e un calo. Anzi abbiamo avuto anche dei mesi nei quali il valore del pecorino è cresciuto, come dal mese di aprile al mese di agosto quando i magazzini si stavano alleggerendo e di conseguenza c'era una richiesta maggiore di vendita di prodotto che stava terminando, e mi riferisco alla produzione del 2024. Con l'ingresso della produzione del 2025 c'è stato un po' questo rallentamento. Stiamo parlando di quantità di merci importanti che vengono comunque offerte sul mercato e di conseguenza hanno rallentato un pochino l'andamento delle vendite. Niente di drammatico, è sicuramente una situazione da monitorare, ma non è sicuramente drammatica", spiega Maoddi che ricorda come il Consorzio rappresenta un comparto composto "da circa 8.500 aziende agricole, quindi parliamo di all'incirca 12.000 allevatori, per un totale di circa 25.000 addetti tra allevatori e operai dei caseifici, stabilimenti ovviamente di trasformazione e di confezionamento. Il fatturato alla produzione è pari a circa 450 milioni di euro e circa 600 milioni di euro al consumo". Un comparto importante per i territori su cui insiste. "Soprattutto per la Sardegna -spiega Maoddi- dove rappresenta circa il 40% del Pil agricolo. La produzione totale di circa 360 mila quintali di prodotto vendibile è destinata per il 70% all'esportazione, e quindi evidentemente non c'è un prodotto in Italia che ha una vocazione all'esportazione come il pecorino romano. Circa quindi 100 mila quintali sono venduti sul mercato interno in Italia, dove all'incirca il 40% è destinato alla gdo, il 60% tra il global trade e l'industria, perché anche in Italia viene utilizzato parecchio nell'industria, quindi nella preparazione di salse, piatti pronti e quant'altro". E Maoddi chiarisce che del 70% destinato all'esportazione "circa il 60%, ovvero il 40% del 100 quindi del totale vendibile, viene esportato negli Stati Uniti, che è il primo mercato in assoluto, con all'incirca 130 mila quintali di prodotto, quindi superiore alla quantità venduta in Italia. Il secondo mercato è l'Unione Europea, con circa 55 mila quintali di prodotto, e poi seguono paesi come il Canada, il Giappone, l'Australia e via discorrendo". E Maoddi sottolinea che rispetto al pecorino romano altri prodotti dell'agroalimentare "come il latte di vacca, oggi hanno sicuramente dei problemi molto più grossi, anche perché per quanto ci riguarda stiamo mettendo in campo tutta una serie di iniziative che io sono convinto che porteranno dei benefici nel breve e medio periodo". E Maoddi ricorda l'importanza "del 'bando indigenti' da oltre 12 milioni che ha reso disponibile il Masaf, con il ritiro dal mercato di quantità di formaggio che verranno distribuiti agli indigenti nazionali attraverso le Croce rosse e tutti gli enti caritatevoli. È una quantità importante, 5 milioni e 8 sono disponibili nell'immediato, quindi entro dicembre probabilmente partirà il primo bando, e gli altri 7 milioni e 400mila sicuramente non appena terminerà questo primo bando. Oltre a questo la Regione Sardegna si è resa disponibile di integrare con 5 milioni subito e 5 milioni entro giugno questo bando e quindi da 12 milioni e 8 passiamo a 22 milioni e 800mila e inoltre sempre la Regione Sardegna ha dato disponibilità per l'utilizzo da parte delle aziende e ovviamente della filiera del pecorino romano di un fondo di rotazione che è presente presso la finanziaria regionale, attraverso la quale finanziare i magazzini delle aziende che in questo momento hanno maggiore necessità appunto di liquidità, con altri 14 milioni", sottolinea. "Infine anche la Regione Lazio -conclude Maoddi- si è resa disponibile di intervenire, ovviamente per la quota di competenza di produzione laziale e parliamo sempre di un 5-6% della produzione, con un milione di euro che anch'esso verrà utilizzato a supporto appunto di questi bandi indigenti. Ci sono quindi in campo strumenti per circa 40 milioni di euro che se spesi e utilizzati bene possono dare beneficio immediato al comparto", conclude. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - Il finanziamento da 40 milioni di euro accordato dalla Banca europea per gli investimenti alla Commercianti indipendenti associati (Cia), una delle cooperative socie del Consorzio nazionale Conad, "punta a efficientare le attività dei nostri punti vendita" e si inserisce nel piano complessivo da 80 milioni promosso da Cia. Lo sottolinea all'Adnkronos Luca Panzavolta, amministratore delegato di Cia-Conad, spiegando che uno dei principali interventi sarà quello di moltiplicare gli impianti fotovoltaici presenti nel punti vendite. "Già oggi abbiamo già un'ottantina di negozi dotati di impianti fotovoltaici ma vorremmo superare quota 100, quindi vicini al 50% della nostra rete associata" continua. Ma si vuole - aggiunge - anche "intervenire sul raffreddamento dei negozi, dal gas non inquinante all'efficientamento dei sistemi, che non solo consentono un risparmio energetico importante ma migliorano anche il microclima dentro il punto vendita". Panzavolta ricorda come Cia-Conad "produce un bilancio di sostenibilità già da 2 anni, lo facciamo per l'impegno che abbiamo assunto nei confronti dei nostri soci e dei nostri stakeholder. Con il bilancio 2025, che presenteremo nel prossimo maggio, illustreremo gli impegni che ci siamo assunti e presenteremo una rendicontrazione di quanto fatto nei nostri impianti". "D'altronde - ricorda - per una azienda la sostenibilità non è più una scelta ma un obbligo. E noi lo sentiamo come tale anche dal punto di vista sociale, del territorio, delle nostre comunità e dei nostri soci". Grazie agli interventi attuati e a quelli in corso, aggiunge, " per l'impatto sull'ambiente di un nostro punto vendita crediamo di essere vicini a -30% rispetto a dieci anni fa. Senza dimenticare che questo lavoro rende più sostenibile il business dei singoli punti vendita: certo gli interventi di efficientamento costano, ma è un investimento da cui i nostri associati rientrano nel corso degli anni". "Il nostro modello - sottolinea - è la dimostrazione che si possono ottenere ottimi risultati quando si è inseriti in una rete efficiente : noi forniamo aiuti ai nostri soci con finanziamenti per gli impianti fotovoltaici e convenzioni con le aziende installatrici, e questo consente ai soci di massimizzare i risparmi possibili, senza contare altri vantaggi come l'economia di scala, gli acquisti collettivi e le attività di marketing comuni". Il manager riconosce come "c'è poi un ritorno di immagine verso i clienti perché oggi l'attenzione a queste cose da parte dei consumatori, soprattutto quelli più giovani, è molto forte". " Panzavolta evidenzia poi i risultati ottenuti sulla riduzione degli imballaggi inutili grazie alla forte presenza di prodotti a marchio Conad: "La nostra cooperativa è fra quelle con la quota più alta in Italia di prodotti con il nostro marchio, quest'anno abbiamo superato il 41% di fatturato". Questo offre un duplice beneficio "da una parte perché il prodotto a marchio costa meno mediamente di quello 'industriale' e poi perché in questi anni abbiamo fatto molto per rendere riciclabili o recuperabili gli imballaggi o comunque limitarli. Credo che sia vicino il traguardo del 75% di imballaggi biodegradabili o riciclabili, che era il nostro obiettivo". "Certo, non puo' essere solo un impegno della distribuzione ma deve essere anche delle industrie: credo però - conclude- di poter dire che su questo in generale la sensibilità è molto aumentata "