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(Adnkronos) - "Qui vogliamo sviluppare competenze perché riteniamo che l'Università di Catania sia in grado di preparare scientificamente i giovani: non siamo arrivati qui per caso". Così Fabrizio Di Amato, fondatore e presidente di Maire, inaugurando l’NX Engineering District di Catania, il nuovo centro di ingegneria a elevato contenuto tecnologico di Nextchem, controllata da Maire, nato all'interno del Parco scientifico e tecnologico della Sicilia. Rivolto ai primi giovani assunti, Di Amato ha sottolineato che "sarà entusiasmante, impegnativo, faticoso. Sarà diverso, ma applicando qui le vostre conoscenze potrete spaziare e applicare tutto quello che avete studiato". Poi gli obiettivi della Maire. "Qui vogliamo sviluppare intanto due progetti, nel settore dei fertilizzanti e dei vettori energetici - ha spiegato -. Abbiamo due poli come questo in Germania, uno in Olanda e un altro in Polonia, in India lavorano con noi più di 3000 persone. La nostra è una storia che parte da lontano, con radici molto profonde". "Abbiamo un Dna che vorremmo trasferire qui e aiutare le nuove generazioni, che saranno le vere protagoniste della transizione energetica - ha sottolineato Di Amato -. A chi ci dice che spendiamo molto per la sostenibilità, rispondo che più la si fa e più ci distinguiamo, perché bisogna vedere la sostenibilità come un'opportunità e i risultati ci hanno dato ragione, visto che in due anni il nostro gruppo è cresciuto del 30%". In merito alla scelta di investire su Catania, Di Amato ha spiegato che tutto nasce "dalla decisione di andare sul territorio: ci sono le tecnologie, possiamo lavorare da remoto. Lo facciamo senza problemi da altre parti del mondo, perché non possiamo farlo da Catania, così aiutiamo a non spopolare il territorio e a non far andare via i talenti? Come azienda dobbiamo avere anche un impatto sociale, ci localizziamo dove è possibile e siamo impegnati anche sulla povertà educativa. È inutile restare arroccati solo su alcuni territori e volevamo diventare anche in questo un modello. Crescere con un certo numero di persone è una sfida, ma prima lo facciamo e prima possiamo contare su queste risorse. Tra qualche anno - ha concluso - sarete voi, da qua, a sostenere i progetti del vostro gruppo, perché noi puntiamo a creare a Catania un centro stabile di progettazione".
(Adnkronos) - "Dal taglio del cuneo fiscale previsto in manovra i lavoratori ne escono ancora più poveri. E l'intervento sulle detrazioni fiscale va ad aggravare la loro condizione. Senza contare che non si fa nulla contro il lavoro sempre più precario, che porterà ad avere in futuro pensionati sempre più poveri". Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Paolo Andreani, segretario generale della Uiltucs, il sindacato di categoria Uil che rappresenta i lavoratori del terziario, turismo, commercio e servizi, spiega i punti che stanno alla base dello sciopero generale convocato per il prossimo 29 novembre da Cgil e Uil contro la manovra economica del governo. Secondo Andreani nel provvedimento del governo "ci sono alcune condizioni in particolare che secondo noi penalizzano, o piuttosto non aiutano, la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori che noi rappresentiamo. Ce n'è una ad esempio che riguarda il cosiddetto taglio del cuneo fiscale. Per come è congegnato i redditi fino a 8.500 euro, rispetto a 2024, avanzerebbero di un euro lordo. Un reddito attorno ai 20.000 euro perderebbe circa 300 euro lordi e un reddito fino a 35.000 euro perderebbe circa 760 euro all'anno. Questo non è un avanzamento delle retribuzioni", attacca il dirigente sindacale. E, secondo Andreani, non è finita qui. "Per come si va a tagliare le detrazioni -sottolinea- e avendo a riferimento il quoziente familiare del reddito, oltre complessivamente un milione di lavoratori, e ce n'è una parte anche ovviamente nel terziario, ne avrebbe un danno", sottolinea il leader della Uiltucs. E nulla, attacca il sindacalista, è stato fatto contro la 'piaga' del "lavoro povero, della discontinuità lavorativa. Noi per contrastarlo, per migliorare la situazione retributiva dei lavoratori, puntavamo alla detassazione degli aumenti contrattuali che abbiamo realizzato in questo periodo con i 15 rinnovi siglati. Avremmo potuto godere per un lungo periodo di un vantaggio molto più significativo rispetto al taglio del cuneo fiscale. E non ci siamo riusciti", sottolinea il sindacalista. E lo sciopero generale del 29 novembre è in corrispondenza con il Black Friday, il giorno dei grandi ribassi nel commercio. "Il Black Friday? I lavoratori che rappresentiamo lavorano nella vendita al dettaglio e nella grande distribuzione organizzata, come anche nell'e-commerce. Noi ci aspettiamo un'adesione significativa allo sciopero del 29 novembre, specie nei punti vendita della distribuzione organizzata, l'effetto sulle vendite lo vedremo dopo lo sciopero", sottolinea. E Andreani ricorda che il lavoro nel commercio "è una di quelle attività che seguono la liberalizzazione degli orari. Vengono svolte con l'apertura ininterrotta delle strutture e, a seconda della capacità di organizzarsi nel lavoro, ci sono molte persone, la grande maggioranza, che è costretta a lavorare i sabati e tutte le domeniche. E festività comprese. Questi lavoratori vengono pagati con percentuali orari e lievemente superiori. Ma qual è il tema? Si lavora il sabato, la domenica, orari su misura per le imprese, le imprese fanno fatturati e invece i salari sono bloccati", aggiunge. Per il dirigente sindacale infatti "i lavoratori dei comparti che rappresentiamo non se la passano bene. Anche perché sono settori nei quali, in particolar modo parliamo del terziario, del commercio, sono aumentati i profitti delle imprese in modo molto significativo, nell'ultimo biennio di oltre il 40%, mentre gli investimenti sono stati esigui, circa l'1,6%. E soprattutto non è stata redistribuita la redditività che è stata realizzata. Non si è fatta minimamente contrattazione di secondo livello e i lavoratori sono sempre più poveri", ribadisce. Andreani sottolinea come nel terziario "il contratto nazionale lo abbiamo rinnovato, ma dopo oltre 5 anni, quindi c'è stata una perdita del potere d'acquisto di oltre una mensilità. Non si è fatta minimamente contrattazione di secondo livello, le aziende non hanno distribuito ciò che hanno realizzato. Questo ha peggiorato ulteriormente le condizioni di lavoro delle persone, soprattutto sui salari. Tutto questo con una condizione di lavoro molto flessibile: quindi orari su misura per l'impresa, ma poco salario. E questo sta diventando anche il problema per il quale le imprese non trovano più risorse disponibili", sottolinea il sindacalista. Nel terziario, secondo Andreani, serve una svolta. "Noi ci siamo trasformati in un 'polmone occupazionale' con un 'degrado', per così dire, delle condizioni di lavoro e del salario perché la pubblica amministrazione, dovendo contenere le spese, applica contratti collettivi a basso contenuto economico. E anche l'industria, 'terzierizzando' utilizza una parte del terziario con contratti collettivi che anche in questo caso hanno condizioni economiche problematiche", sottolinea. In sostanza, lamenta Andreani, "il Paese ha un grande 'polmone occupazionale', prevalentemente giovani e donne, a cui si garantiscono condizioni salariali precarie e ci sono condizioni lavorative altrettanto precarie. Che vuol dire la povertà economica dell'oggi ma poi anche la povertà previdenziale del domani. Perché col sistema contributivo delle pensioni, essendoci poco salario, un 35enne di oggi sa che andrà in pensione a 74 anni con 1000 euro lordi, e un part-time, e ci sono oltre un milione di part-time, andrà in pensione con l'assegno sociale. Quindi ci dobbiamo preparare alla povertà previdenziale", avverte Andreani. Secondo il dirigente sindacale, "è un tema che purtroppo sarà sempre più preoccupante se noi non creiamo la condizione per qualificare il lavoro, dando un valore al lavoro e quindi incentivando la contrattazione collettiva e il lavoro di qualità. Perché si continua a dare contributi, a sostenere le imprese che non rinnovano i contratti? Perché si danno contributi a pioggia e non si danno, magari, alle imprese virtuose, che magari aumentano l'occupazione e si mettono nella condizione di avere la responsabilità sociale di impresa?, conclude Andreani.
(Adnkronos) - Conai ha generato in Italia un giro d’affari totale di oltre 3,3 miliardi di euro. Cifra che è la somma di tre valori: un volume d'affari diretto di 1 miliardo e 289 milioni di euro, provenienti dal Contributo Ambientale Conai (Cac) e dai ricavi da vendita dei materiali, un impatto indiretto pari a 1 miliardo e 701 milioni di euro, legato all'attivazione delle filiere di fornitura, e un l'impatto indotto di 346 milioni di euro, derivante dai consumi delle famiglie dei lavoratori e delle aziende fornitrici. Un giro d’affari paragonabile al valore dell’intero settore del trasporto aereo di passeggeri in Italia. I soli ricavi da Cac sono stati pari a 718 milioni di euro: il che significa che ogni euro di contributo ambientale ha un moltiplicatore pari a 4,6 in termini di valore generato per l’economia italiana. È il dato principale che emerge dal nuovo Rapporto di sostenibilità di Conai che, come ogni anno, quantifica i benefici economici e ambientali del riciclo degli imballaggi in Italia. "Ogni euro di contributo ne genera oltre quattro e mezzo per l’economia: è ormai evidente come l’uso di materia di secondo utilizzo in sostituzione di materia prima vergine abbia ripercussioni importanti sul nostro sistema economico - commenta il presidente Conai Ignazio Capuano - Il nostro impegno per la sostenibilità è un mandato istituzionale, ma anche la visione su un futuro in cui le risorse del pianeta vengono usate in modo più efficiente, tutelando l’ambiente. Per la prima volta, quindi, abbiamo adottato una nuova metodologia di calcolo per rendicontare il valore generato dalla corretta gestione degli imballaggi: i benefici sono di natura sia economica sia ambientale. Lo certifica un nuovo studio condotto da The European House - Ambrosetti, di cui abbiamo presentato un’anteprima a Ecomondo e che oggi includiamo integralmente nel Rapporto". Il contributo effettivo al Pil nazionale del sistema Conai, ossia il valore aggiunto generato, è invece stato pari a 1 miliardo e 924 milioni di euro. Infine, l’impatto occupazionale: nel 2023 il sistema ha sostenuto un totale di 23.199 posti di lavoro, tra occupazione diretta (lavoratori impiegati in modo continuativo nelle strutture e nei processi gestiti direttamente dal Consorzio), indiretta (grazie all’attivazione delle filiere collegate) e indotta (che riguarda essenzialmente i settori della gestione dei rifiuti, della manifattura industriale e dei trasporti). I benefici ambientali 11 milioni e 724.000 tonnellate sono la quantità di materia vergine che, a livello nazionale, si è evitato di estrarre e utilizzare grazie al riciclo di imballaggi nel 2023. Sono pari al peso di 800 torri di Pisa. Il riciclo si conferma anche un attore importante contro l’emissione in atmosfera di CO2, per contrastare il cambiamento climatico. E il Rapporto di sostenibilità Conai mostra come nel 2023, grazie al riciclo, sia stata evitata l’emissione di più di 10 milioni di tonnellate di CO2eq. Che è pari alle emissioni generate da più di 8mila voli intorno al mondo. Un dato che rappresenta il saldo tra la mancata produzione di gas serra grazie all’evitata produzione di materiale primario e l’emissione di gas serra per le sole operazioni di preparazione al riciclo di imballaggi già utilizzati, ossia il trasporto e il trattamento per trasformare il rifiuto d’imballaggio in nuova materia prima. Il contributo delle imprese italiane alla corretta gestione del fine vita degli imballaggi si sostanzia anche in un risparmio di energia primaria, cioè l’energia generata da fonte fossile che sarebbe necessaria per la produzione di tutto il materiale primario risparmiato. Un dato che, proprio da quest’anno, è stato affinato introducendo nel computo i consumi di energia primaria relativi alle operazioni di preparazione al riciclo e al trasporto dei rifiuti di imballaggio. Nel 2023 si stima siano stati risparmiati 50 terawattora, che equivalgono al consumo domestico annuo di metà delle famiglie italiane. "Da anni il Rapporto è importante veicolo di un approccio documentato al tema della tutela ambientale, basato su numeri e risultati oltre che su concrete prospettive di miglioramento - afferma il direttore generale Conai Simona Fontana - Condividerlo rappresenta un momento di trasparenza che prova quanto il lavoro del Consorzio possa e soprattutto voglia essere misurato e misurabile, in un’ottica di condivisione sinergica fra tutti gli attori e gli stakeholder della filiera. Ma è un documento che va oltre la misurazione dei risultati e che testimonia un impegno più profondo: diffondere una cultura ambientale che permei il tessuto sociale resta parte essenziale dei compiti che ci sono assegnati".