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(Adnkronos) - Spegnere la fiamma tricolore o lasciarla divampare ancora? Per un giorno Fratelli d'Italia torna a discutere del proprio simbolo, dopo le parole del ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, che per il futuro non esclude un addio allo storico simbolo eredità del Msi. "Se vogliamo andare avanti, e noi certamente vogliamo guardare avanti cioè al futuro, allora arriverà anche il momento di spegnere la fiamma", spiega Ciriani accendendo il dibattito interno. In tanti in Transatlantico a Montecitorio si chiedono le ragioni delle dichiarazioni di Ciriani, un fedelissimo di Giorgia Meloni, pubblicate dal 'Foglio' ma frutto di un'intervista rilasciata a Stresa venerdì scorso: "Ha lanciato il sasso nello stagno su input della premier per vedere l'effetto che fa" o è stata una "uscita a titolo personale?". Il tema fa discutere e divide. C'è chi considera quella di Ciriani una 'fuga in avanti' da derubricare a boutade, e chi, invece, la legge come uno spunto di riflessione politica che inevitabilmente porterà ad affrontare e risolvere una volta per tutta e senza traumi il tabù legato al dilemma 'fiamma sì, fiamma no', che Guido Crosetto aveva sollevato nel gennaio 2019 quando era coordinatore del partito di via della Scrofa ("In futuro si può anche togliere"), provocando un polverone di polemiche. Il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, parlando con l'Adnkronos, si iscrive al partito di coloro che vedono come il fumo negli occhi lo spegnimento della fiamma: "Parliamo di una storia antica che ha vinto, diversamente da altre che sono state sotterrate in pochi decenni. Quasi il 30 per cento degli italiani - ricorda il padre dei 'Gabbiani' - ha messo una croce sul nostro simbolo, che contiene la fiamma tricolore, non mi pare che i cittadini si pongano questo problema. Anzi, forse ci scelgono anche perché abbiamo la fiamma, bella ma nemmeno troppo originale. In tanti la usano nel proprio logo". Fratelli d'Italia, osserva Rampelli, "nasce senza fiamma, poi l'abbiamo recuperata, più per stroncare una congiura di alcuni ex colonnelli di An che volevano sabotarci che per convinzione. Ma ora c'è e penso sia logico lasciarla". Anche il senatore Roberto Menia è dello stesso avviso: "Sono entrato in Parlamento da missino e continuo a considerare la fiamma tricolore il simbolo della mia vita, un simbolo integerrimo che ha dimostrato sempre purezza. Mi rappresentava 40 anni fa e mi rappresenta tuttora". Ma sono molti gli esponenti di spicco del partito ad aprire a una modifica del simbolo: "Anche il mondo finirà prima o poi...", è la battuta che il presidente del Senato Ignazio La Russa regala ai cronisti. Fu, del resto, proprio La Russa a depositare nel 2012 uno dei primi vessilli di Fdi senza la fiamma, ma con la dicitura "centrodestra nazionale" accompagnata da un cordino tricolore. "Quando l'argomento dovesse essere posto nelle competenti sedi politiche, non vi sarà difficoltà ad affrontarlo", dichiara il capogruppo alla Camera Tommaso Foti: parole che trovano la condivisione di Riccardo De Corato, Manlio Messina ed Emanuele Loperfido, che mostra fiero sulla giacca la spilla con la fiamma ma si dice pronto a rinunciarvi. Si trincera dietro il più classico dei no comment, invece, l'ex leader di An Gianfranco Fini, interpellato telefonicamente. In vista di un possibile ritocco al simbolo di Fdi la domanda è d'obbligo: cosa perderebbe (o guadagnerebbe) Fratelli d'Italia in caso di addio alla fiamma tricolore? Si tratterebbe di una mossa vantaggiosa o controproducente? Il giurista Gabriele Maestri, esperto di simboli di partito, la vede così: "I militanti dalla storia più lunga - osserva il blogger, parlando con l'Adnkronos - potrebbero sentire mutilata quell'esperienza politica, non vedendo più il simbolo delle origini, ma difficilmente abbandonerebbero il partito solo per questo". Per i simpatizzanti di Fdi che hanno iniziato a votare Meloni in un secondo momento, invece, il superamento della fiamma potrebbe essere un elemento positivo: "I militanti e gli elettori arrivati in seguito, potrebbero non avvertire nessun particolare cambiamento concreto; anzi, apprezzerebbero soprattutto il venir meno di un argomento utilizzato spesso contro Fdi, con l'idea di costruire anche sul piano grafico un partito conservatore contemporaneo", prosegue Maestri, ricordando come in origine il simbolo di Fdi non contenesse la fiamma: "Il partito era nato senza. La fiamma fu chiesta alla Fondazione An per evitare che altri utilizzassero quel simbolo: ora, oltre dieci anni dopo averne ottenuto l'uso, quel bisogno probabilmente si è affievolito". Il futuro è tutto da scrivere: "Sarebbe interessante immaginare se si troverà un simbolo nuovo, magari lavorando sul leone dei Conservatori e riformisti europei, o se si rinuncerà del tutto a raffigurare quelle idee politiche", conclude Maestri. ''Può sembrare assurdo, tutto sommato a me sta bene che tolgano la fiamma, perché così almeno finisce questa presa in giro...'', dice all'Adnkronos Giuliana de' Medici Almirante, figlia dello storico leader missino Giorgio e di Donna Assunta. ''Ci stanno prendendo in giro con questa fiammella, la lasci stare -avverte Giuliana dè Medici, attuale segretario generale della Fondazione Almirante- chi ormai non ha più niente a che vedere con il Movimento sociale italiano né nel modo di essere e di fare, né per le idee che portano avanti. Almeno usciamo da questo equivoco finalmente, una volta per tutte''. Per la figlia dell'ex leader missino chi vuol spegnere la fiamma, vuol dimenticare il passato e la figura di Almirante. ''A questo punto -si sfoga- è inutile dire che la fiamma è di An o di Fdi. La fiamma è di tutti quelli che ci credono e ne portano avanti i valori. Ho letto le dichiarazioni di Ciriani. Lui dice di esser un missino. Io ci sono nata in questo partito ma francamente non me lo ricordo... Questa proposta che ha fatto non mi sembra una sua idea, ma un'apripista, della serie: buttiamola lì e vediamo che succede... Il ministro ha menzionato Pinuccio Tatarella, definendolo il padre di questa nuova destra ma vorrei ricordare semplicemente che l'unico vero padre della destra italiana è un signore che si chiama Giorgio Almirante, che ha vissuto per l'Msi, ha lavorato tutta la sua vita per questo partito, l'ha fondato e portato avanti arrivando ad avere anche 100 parlamentari''. ''Almirante -rammenta Giuliana deì Medici- aveva contro i giornali, l'opinione pubblica e allora rischiavano la pelle, non come questi che vanno in giro con l'auto blu. C'è una profonda differenza tra quelli dell'Msi e quelli di oggi, proprio dal punto di vista culturale. Tutto il rispetto per Tatarella che è stato un grande dirigente di partito, ma non possono dimenticarsi di Almirante, mi sembra un'assurdità. La Meloni non l'ha mai nominato negli ultime tre anni. Questa si chiama ingratitudine e significa anche non avere una visione politica, perché non possono dimenticare e vergognarsi del passato. Almirante ha sempre guardato avanti, non indietro. La smettessero, quindi, con questa storia, lasciassero stare la fiamma. Lascino stare non solo la fiamma ma anche i beni che mio padre ha lasciato... Ricordo che la sede di via della Scrofa è stata comprata da Almirante. Io nella Fondazione Almirante ho trovato mucchi di cambiali a firma di mio padre e anche di mia madre, e allora di che parliamo?''.
(Adnkronos) - "Quest'anno al convegno nazionale abbiamo unito una conferenza stampa su due tematiche. La prima si riferisce alla necessità di un elenco pubblico consultabile dal contribuente sugli intermediari fiscali abilitati. Gli intermediari svolgono una funzione importantissima nei rapporti tra fisco e contribuenti e sono sottoposti al controllo dell’Agenzia delle Entrate che ha potere sanzionatorio in caso di comportamenti scorretti sino a poter sospendere e/o cancellare l’abilitato dall’elenco gestito dall’Agenzia stessa". Lo dice, in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, Riccardo Alemanno, presidente nazionale del dell'Int, Istituto nazionale tributaristi, in occasione del XIII convegno nazionale della categoria, che si svolge oggi all'Hotel Nazionale di piazza Montecitorio a Roma. "Il problema - avverte - consiste nel fatto che il predetto elenco non è pubblico, cioè il contribuente non ha modo di sapere se l’intermediario fiscale a cui si è rivolto è regolarmente iscritto oppure se abbia subito provvedimenti di sospensione e/o di cancellazione; sarebbe pertanto opportuno che l’elenco avesse una forma pubblica, in modo da poter verificare lo status dell’intermediario fiscale, questo a tutela del contribuente. La problematica non comporterebbe aggravi all’Agenzia delle Entrate in quanto già di fatto esiste un archivio dei soggetti abilitati e delle sanzioni irrogabili in caso di comportamenti scorretti. Se ne è discusso in un incontro con il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, che non ha sollevato dubbi se non quello della volontà del ministero dell’Economia e delle Finanze di autorizzare tale elenco pubblico. Si è pertanto sottoposta la problematica al sottosegretario di Stato al Mef". "Il secondo punto - ricorda - riguarda l'equità per i professionisti in stato di malattia o infortunio. Attualmente, la giusta tutela da malattia o infortunio o maternità a rischio è applicabile solo per le iscritte e gli iscritti ad albi professionali, escludendo tutte le professioniste e i professionisti di cui alla legge numero 4 del 14/1/2013 (Professioni non ricomprese in ordini o collegi) o quelli iscritti in elenchi o registri e indirettamente anche i loro assistiti".
(Adnkronos) - In collaborazione con Global Power La sostenibilità è oggi una priorità globale, e la collaborazione tra settore pubblico e privato è essenziale per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione. Un esempio emblematico di questa sinergia è la partnership tra Global Power Spa e Arbolia, società benefit nata per sviluppare nuove aree verdi in Italia. Questo progetto rappresenta un modello di riferimento per altre iniziative simili, allineate agli obiettivi ambientali del governo italiano. La collaborazione tra Global Power e Arbolia si è concentrata sulla piantumazione di alberi nelle aree urbane, con l’obiettivo di migliorare la qualità dell’aria e promuovere la biodiversità. Questo tipo di interventi è cruciale per rendere le città italiane più verdi e resilienti agli impatti del cambiamento climatico. Secondo Luca De Rosa, presidente e AD di Global Power, "le città italiane sono tra le più inquinate d'Europa, e questo progetto non solo migliorerà l'ambiente urbano, ma rappresenterà anche un esempio di come pubblico e privato possano lavorare insieme per creare un futuro sostenibile". Il contributo delle aziende private, infatti, può accelerare l’implementazione di soluzioni innovative e ridurre i costi per la Pubblica Amministrazione. Il settore privato gioca un ruolo determinante nella promozione della sostenibilità. Le aziende come Global Power stanno investendo in progetti che mirano a migliorare l'ambiente urbano, ma anche a sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza della responsabilità ambientale. La collaborazione con il pubblico garantisce che questi interventi siano su larga scala e che i benefici siano distribuiti tra tutte le comunità. La partnership siglata con Arbolia si è inserita in un più ampio piano di sostenibilità portato avanti da Global Power, che include anche l’offerta di energia elettrica 100% green e certificata, nonché l’impegno in progetti di efficientamento energetico. Il progetto Global Power-Arbolia si colloca nell’ambito degli obiettivi di decarbonizzazione fissati dal governo italiano, che punta a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Piantare alberi è una delle strategie più semplici ed efficaci per ridurre la concentrazione di CO2 nell'atmosfera. Gli alberi fungono da veri e propri "pozzi di carbonio", assorbendo anidride carbonica e rilasciando ossigeno. Secondo De Rosa, "la collaborazione tra aziende private e enti pubblici sarà cruciale per raggiungere questi obiettivi. Il settore pubblico può fornire il supporto normativo, mentre il privato può contribuire con le risorse e l’innovazione necessarie per accelerare la transizione". L’alleanza fra Pubblico e Privato quando è in grado di realizzare progetti virtuosi a vantaggio della comunità rappresenta un modello di sviluppo efficace per i territori. Le amministrazioni comunali, infatti, possono affrontare i problemi ambientali riqualificando aree urbane, anche in stato di abbandono, senza gravare eccessivamente sui bilanci pubblici. Inoltre, l'adozione di pratiche sostenibili migliora la qualità della vita dei cittadini e aumenta la resilienza urbana. In molte città italiane, le ondate di calore, l'inquinamento atmosferico e la mancanza di spazi verdi stanno diventando problemi sempre più pressanti. Progetti come questo possono fare la differenza, rendendo le città più vivibili e sostenibili. La collaborazione tra pubblico e privato, rappresenta un modello virtuoso per promuovere la sostenibilità nelle città italiane. In un contesto in cui la lotta contro il cambiamento climatico è una priorità globale, iniziative come quella di Arbolia sono essenziali per ridurre le emissioni di CO2, migliorare la qualità dell'aria e creare un futuro più verde. Luca De Rosa, Presidente di Global Power, è convinto che questo tipo di partnership possa accelerare il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione del governo italiano, offrendo benefici tangibili per le comunità locali.