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(Adnkronos) - "La svolta di Trump verso (e contro) l’Europa ha assunto ormai un carattere 'ideologico'. Non passa giorno in cui il presidente degli Stati Uniti non colga un pretesto per bacchettare e irridere i suoi alleati di una volta. La crisi ucraina ne è la manifestazione più evidente. Ma non l’unica. E’ come se a questo punto l’Atlantico fosse diventato tutto a un tratto più largo. Mettendo i paesi dell’Unione, e ovviamente anche l’Italia, dinanzi a un bivio. Fino ad ora Meloni ha cercato una via di mezzo per orientarsi alle soglie di questo bivio. Da un lato ribadendo il vincolo storico con l’alleato americano. Dall’altro cecando di non recidere più di tanto il legame con i volenterosi europei (Francia, Germania, Regno Unito). Intenzione sulla carta perfino comprensibile, se vogliamo. Eppure a questo punto davvero impraticabile. Opporre un diplomatico sorriso alle intemerate del presidente americano poteva infatti essere un gioco di prestigio all’inizio. Ma diventa un’opzione senza costrutto una volta che quei pronunciamenti rivelano una strategia ben precisa. Con l’aggravante di chiedere in cambio una sorta di sudditanza assai poco “patriottica” per chi viene chiamato a corrispondervi. Il fatto è che la politica estera conosce regole che non possono essere eluse. Tantomeno sottovalutate. Una volta che l’inquilino della Casa Bianca mette alla berlina i suoi alleati degli ultimi decenni e imprime una svolta così radicale alla geopolitica a stelle e strisce diventa lunare continuare ad illudersi che prima o poi Washington possa cambiare registro. Almeno fino a quando sarà il tycoon a guidare la danza da quelle parti. Così siamo arrivati al punto in cui atlantismo ed europeismo divergono. Bivio doloroso da imboccare per chiunque (come il sottoscritto, peraltro) abbia sempre fatto il tifo per l’America. Eppure a quel bivio non è più dato sottrarsi anche per quelli tra di noi che si trovano meglio quando riescono a conciliare l’inconciliabile. Si dirà che anche l’Unione europea paga il prezzo delle sue incertezze e titubanze. E risalendo ancora più indietro nel tempo che non si è colta l’occasione dell’allargamento ad est per darsi nuove regole. La prima delle quali avrebbe dovuto essere quella del voto a maggioranza, abolendo finalmente quel diritto di veto che è diventato il pretesto a disposizione dei paesi meno convinti della causa europea. Occasione sprecata, a suo tempo, nonostante tanti buoni propositi. Ora però ci avviciniamo a un punto ancora più decisivo. Giacché è evidente che l’Europa non può più fermarsi a metà strada. O coglie l’occasione per imprimere una svolta a se stessa o si rassegna a tornare indietro -molto indietro- nel tempo. Direzione verso cui la spingono tutti i suoi avversari. E dalla quale però avremmo tutto l’interesse a non scivolare. Le correnti euroscettiche -chiamiamole così, con un dolce eufemismo- hanno fatto sentire la loro voce. E quella voce è risuonata più di una volta anche nel nostro paese. Eppure dovremmo considerare che proprio l’accanimento con cui i nostri avversari e competitori sparsi per il mondo fanno del loro meglio per dare addosso al vecchio continente sono la paradossale controprova di quanto potrebbe contare l’Unione se appena fossimo capaci di uscire da certe nostre piccinerie. Cosa non facile, è ovvio. Eppure fondamentale in un mondo diventato così turbolento. E soprattutto così compiacente verso i dittatori che se ne vogliono appropriare. Non è molto il tempo che abbiamo davanti. Nel bel mezzo di una crisi planetaria come quella che ci avviluppa non ci è più consentita l’attesa. Possiamo imboccare la strada di una “costituente” europea. O rassegnarci a una marginalità che ogni paese dovrà affrontare dall’angolo della sua fragilità. Basta sapere che in questo caso la via di mezzo non ci è più consentita. A suo modo la virulenza di Trump ci offre un’occasione. Sarebbe doveroso non lasciarla cadere". (di Marco Follini)
(Adnkronos) - "Il riconoscimento dell’Unesco è un traguardo storico che rende omaggio non solo ai piatti più celebri, ma al sistema di conoscenze, lavoro e identità che li rende possibili: dalle produzioni agricole e agroalimentari ai ristoratori, dai territori alle famiglie. È una conquista che appartiene a tutti e che ci chiama a una responsabilità ulteriore: tutelare la qualità, rafforzare le filiere, promuovere la sostenibilità e trasmettere alle nuove generazioni questo patrimonio unico". Ad affermarlo in una nota congiunta sono Livio Proietti, Presidente Ismea, e Sergio Marchi, Direttore Generale Ismea. Ismea infatti accoglie con grande soddisfazione la decisione dell’Unesco di iscrivere la “Cucina italiana fra sostenibilità e diversità bio-culturale” nella Lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale, un riconoscimento che valorizza un patrimonio vivo fatto di saperi, tradizioni, territori, filiere e convivialità. Un risultato reso possibile grazie al sostegno del Governo e alla forza del sistema agroalimentare nazionale, insieme alla ristorazione italiana, riconosciuta internazionalmente per la sua eccellente qualità. In questo ambito è bene ricordare che nel 2024 la ristorazione italiana ha raggiunto nel mondo un valore complessivo di 251 miliardi di euro, confermando la forza della nostra tradizione enogastronomica e la sua capacità di generare valore culturale ed economico su scala globale. Ismea rivolge vive congratulazioni al Governo Meloni e al Ministro Francesco Lollobrigida per il risultato conseguito e per l’impegno che ha accompagnato il percorso della candidatura, che rafforza l’immagine dell’Italia nel mondo e dà ulteriore slancio all’intero sistema agroalimentare nazionale.
(Adnkronos) - “Noi viviamo secondo natura, allevando i nostri animali al pascolo”. Luca Quirini, classe ’94, fondatore dell’Azienda Agricola Quira, ha ricevuto il Good Farmer Award per il suo modello di allevamento incentrato sul benessere animale e sulla tutela del territorio ligure. “Siamo pastori da marzo a dicembre: transumiamo dalla Valle Sturla alle vette della Val d'Aveto fino a 1500 metri, portando al pascolo i nostri bovini di razza cabannina, autoctona della Liguria”, ha raccontato. Gli animali si nutrono solo di erba e, d’inverno, di fieno biologico acquistato in zona: “È un vivere secondo natura, con la linea vacca-vitello”. Sul dibattito sulla zootecnia, Quirini afferma: “Oggi non è più possibile non farla in maniera sostenibile: i costi di produzione dell’allevamento intensivo non rendono più. La nostra è una scelta etica, ma è anche un modello che dà benessere al territorio e agli animali, e permette una continuità economica al mestiere”.