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(Adnkronos) - Tre deputati repubblicani, non proprio celeberrimi, hanno trovato il coraggio di votare contro il 'big beautiful bill', la legge finanziaria a cui Trump affida larga parte del suo destino politico. Annotiamo i loro nomi -Rand Paul, Thomas Tillis, Susan Collins- poiché la loro notorietà minaccia di svanire presto e il loro destino non appare dei più brillanti. Eppure quel gesto, di votare in dissenso, finisce per restituire valore e significato a una vita parlamentare che non può essere intessuta solo di ubbidienza e disciplina. L'argomento rimbalza per qualche verso anche nelle nostre contrade. Anche da noi, infatti, il Parlamento appare ridotto ad essere ormai un mero esecutore delle direttive di governo. E questa obiettiva limitazione delle sue prerogative è avvenuta sotto le bandiere di tutti gli esecutivi che si sono via via succeduti, quale che fosse il loro colore politico. Gli atti di indisciplina sono ormai pochissimi. Gli atti di libertà, che è l’altro nome dell’indisciplina, pochissimi anche questi. Al deputato, al senatore, al rappresentante del popolo si chiede in buona sostanza di restare nei ranghi, di ubbidire al proprio capogruppo che a sua volta ubbidisce al proprio leader. E’ una catena che non s’è mai più spezzata, da destra a sinistra e ritorno. Dietro questo progressivo scivolamento dell'attività parlamentare nel cono d’ombra dei vari governi si intravede il riprodursi ciclico e quasi inesorabile di una polemica popolare che si ostina a vedere nelle Camere solo dei luoghi inutilmente costosi, abitati da alcuni perdigiorno non troppo simpatici e tutto sommato quasi inutili. Argomento non nuovo, a dire il vero. Si prese l'avvio ancora al tempo in cui la capitale era Torino. All'epoca venne pubblicato un libricino di successo, 'I moribondi di palazzo Carignano' in cui l’attività dei parlamentari del Regno veniva descritta nei modi più severi, perfino irridenti. Così da raccontare un’Italia appena nata e già vittima del professionismo politico dell’epoca. Di lì in poi, l’antiparlamentarismo ha accompagnato larga parte del nostro percorso, sia pure tra alti e bassi. Si pensi ai primi del Novecento, quando si trattò di decidere se entrare nella prima guerra mondiale, e la spinta ad intervenire venne propiziata appunto da una piazza robustamente antiparlamentare. Per non dire del sentimento irrequieto che nutrì i movimenti ideologici di tutti quegli anni, impazienti tutti quanti delle procedure, delle garanzie, dei contrappesi, di tutta quella deontologia che la democrazia rappresentativa implica quotidianamente. Solo dopo la seconda guerra mondiale quella inquietudine sembrò cedere il passo a un sentimento più fiducioso verso quel pluralismo di poteri e di opinioni (e quegli allentamenti della disciplina) che costituisce la radice e la ragion d’essere di un regime parlamentare. Quella buona consuetudine però non è durata troppo a lungo. E infatti, di lì a qualche anno il vento dell’antipolitica ha ripreso a soffiare sempre più forte, presentando le sue ricette antiche sotto l’apparenza di una inedita novità. La crisi dei partiti e il malcontento del paese hanno spinto l’opinione a cercare nuove strade. Ignorando che quelle strade potevano condurre verso esiti antichi. Infatti, è stata proprio questa commistione di vecchio e nuovo che ha ispirato la più recente stagione del nostro scontento. Così oggi da un lato il populismo demolisce l’idea stessa della rappresentanza, riportandoci indietro nel tempo, verso una politica elitaria, meno invasiva, meno partecipata. Dall’altro però le nuove tecnologie illudono sulla possibilità di una democrazia diretta, priva di contrappesi, aliena da ogni forma di pazienza, tutta giocata sull’immediatezza degli stati d’animo. E’ su questo altare che abbiamo sacrificato i partiti, demonizzati, inchiodati al banco degli imputati, consegnati a una sorta di museo delle cere. Al di là delle loro colpe -che pure non furono poche. Il referendum con cui qualche anno fa si decise di ridurre la rappresentanza parlamentare alla (quasi) metà dei seggi è stata forse la conseguenza più visibile di questo modo di ragionare. Ma prima ancora c’era stato il colpo di teatro del cambio della legge elettorale. Con Il Porcellum (e successivi rimaneggiamenti) si abolirono collegi e preferenze e si decise che deputati e senatori potevano essere “eletti” (si fa per dire) facendoli scegliere dai capi dei partiti, o di quel che ne restava, senza che il voto degli elettori avesse più di tanto a che vedere con il loro destino. Così, l’illusione che il popolo fosse finalmente diventato padrone del gioco politico, il sentimento critico verso il ceto di professionisti che l’ha lungamente praticato e il bisogno di ridurre la contesa pubblica ai m minimi termini, evitando i suoi eccessi di elaborazione, hanno fatto tutt’uno e ci hanno portato fin qui. Con la conseguenza che i leader rimasti in campo e quei pochi elettori che hanno continuato a fare il tifo per loro si sono saldati nella prospettiva (illusoria) di una politica che fosse confinata in un angolo sempre più piccolo. Che a questo punto si stia pensando di ridurre di un giorno la scarna attività parlamentare, liberando il venerdì dalla fatica di stare in aula o in commissione è solo l’ultima propaggine di un disegno che, forse senza intenzione, ha ridotto il Parlamento quasi alla condizione del vecchio Palazzo Carignano dei primi anni del nostro cammino unitario. Si dirà che è tutto il mondo, o quasi, che ha preso quella piega. Ma forse proprio per questo dovremmo cercare di riflettere meglio sulle conseguenze a cui stiamo andando incontro. Magari riservando a quei tre oscuri senatori del dissenso repubblicano un pensiero riconoscente. Il Parlamento infatti non dovrebbe mai essere solo il luogo in cui ci si sottomette. E magari sono proprio quei rari gesti di indisciplina a renderlo infine più nobile e alle volte perfino più appassionante. (di Marco Follini)
(Adnkronos) - Rafforzare la competitività del sistema economico lombardo, sostenere la crescita delle imprese e favorire l’attrattività del territorio. Questi gli obiettivi del protocollo d’intesa tra Regione Lombardia e Invitalia, l’Agenzia nazionale per lo sviluppo. L’accordo è stato siglato dall’assessore regionale allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, e Bernardo Mattarella, amministratore delegato di Invitalia. L’intesa nasce dalla volontà di mettere a sistema le competenze e gli strumenti delle due istituzioni, con l’obiettivo di valorizzare il potenziale imprenditoriale della Lombardia e favorire l’attrattività del territorio, attraverso iniziative congiunte in materia di innovazione, formazione, trasferimento tecnologico e supporto alle imprese. "Questa collaborazione – ha dichiarato l’assessore Guido Guidesi – si inserisce in un quadro strategico volto a rafforzare ulteriormente l’ecosistema produttivo regionale. Con Invitalia condividiamo l’obiettivo di creare le condizioni migliori per attrarre investimenti, far crescere la competitività delle filiere settoriali, delle imprese esistenti e favorire la nascita di nuove realtà imprenditoriali. In quest’ottica, l’intesa sottoscritta rappresenta un tassello fondamentale anche per il raggiungimento di un obiettivo cruciale: sostenere la patrimonializzazione delle imprese, facilitarne l’accesso al credito e sostenere gli investimenti. La Lombardia è già un punto di riferimento a livello internazionale, e con queste sinergie vogliamo garantire continuità all’innovazione, accompagnando il sistema economico regionale in un percorso di crescita solido, stabile e sostenibile". Tra gli ambiti strategici oggetto del protocollo spiccano le Zone di Innovazione e Sviluppo (Zis). In favore di questo modello innovativo, Regione Lombardia e Invitalia collaboreranno per valorizzare gli ecosistemi locali e individuare fonti di cofinanziamento nazionali ed europee. Particolare attenzione sarà riservata anche alla nascita e allo sviluppo di start-up e nuove imprese, con servizi di agevolazione, percorsi di accelerazione e la promozione di iniziative imprenditoriali all’interno delle Zis. L’accordo prevede inoltre azioni congiunte per favorire lo sviluppo industriale, il rafforzamento delle filiere produttive, la rigenerazione di aree strategiche e l’attrazione di investimenti ad alto impatto. Completa il quadro la collaborazione su progetti legati ai fondi europei e nazionali, con l’obiettivo di aumentare le opportunità di finanziamento e rafforzare la capacità progettuale del territorio. “Invitalia è uno dei principali attori impegnati nell’attuazione di politiche pubbliche mirate alla crescita economica del Paese – ha ricordato Bernardo Mattarella, ad di Invitalia -. Nel 2024 ha sostenuto oltre 62.000 imprese e ha contribuito ad attivare quasi 17 miliardi di euro di investimenti tra pubblici e privati. In questo contesto, il Protocollo con la Regione Lombardia ci consente di consolidare la collaborazione reciproca e le azioni per supportare al meglio un territorio strategico per lo sviluppo, la competitività e la crescita del Paese, creando sinergie tra misure regionali e nazionali e sostenendo le imprese e le realtà produttive lombarde con particolare attenzione alle start-up e alle PMI innovative, a progettualità industriali complesse anche nell’ottica del rafforzamento delle filiere produttive, a interventi di rigenerazione e di accompagnamento a investimenti produttivi ad alto impatto”.
(Adnkronos) - Arera-Autorità di regolazione per energia reti e ambiente ha certificato l’eccellenza del Gruppo Cap, che si è classificato primo in Lombardia e terzo a livello nazionale nella classifica annuale sulla 'Qualità tecnica del servizio idrico integrato', ricevendo un premio economico complessivo di quasi 7 milioni di euro. Lo rende noto Gruppo Cap, sottolineando il risultato straordinario, che conferma la società tra i gestori più virtuosi d’Italia. L'azienda, unica in Italia insieme a un altro gestore, è stata premiata in tutti gli indicatori previsti da Arera, senza alcuna penalità, a testimonianza dell’eccellenza tecnica e della capacità di miglioramento continuo. Un successo che l'azienda ha voluto condividere con i suoi principali stakeholder decidendo di distribuire parte del premio alle sue persone e ai comuni della Città metropolitana di Milano. Con la delibera 917/2017/R/Idr, Arera ha introdotto un sistema per valutare la qualità tecnica del servizio idrico integrato, con l’obiettivo di migliorare concretamente il servizio per gli utenti, tenendo conto delle diverse condizioni presenti sul territorio nazionale e assicurando allo stesso tempo equità tra gli operatori, trasparenza nei controlli e gradualità nell’applicazione delle nuove regole. Il sistema si basa su una serie di indicatori che misurano la qualità del servizio. Alcuni di questi sono prerequisiti fondamentali per accedere al meccanismo di premi e penalità; altri definiscono standard specifici da rispettare nei confronti dei singoli utenti, con eventuali indennizzi in caso di disservizi; infine, ci sono gli standard generali, che valutano le condizioni tecniche complessive del servizio e determinano l’assegnazione di premi o penalità economiche (indicatori M1–M6: interruzioni del servizio, qualità dell’acqua erogata, adeguatezza del sistema fognario, perdite idriche, qualità dell’acqua depurata, smaltimento fanghi in discarica). Gruppo Cap ha ottenuto risultati eccellenti su tutti i livelli previsti; nello specifico, sono stati riconosciuti 2.287.554 euro per le performance sui 6 macro-indicatori M1–M6 (interruzioni del servizio, qualità dell’acqua erogata, adeguatezza del sistema fognario, perdite idriche, qualità dell’acqua depurata, smaltimento fanghi in discarica) mentre 4.578.722 euro rappresentano il premio 'Best in Class', che certifica l’assoluta eccellenza di Cap a livello nazionale. "Questo riconoscimento -commenta il direttore generale di Gruppo Cap, Michele Falcone- rappresenta una conferma autorevole della solidità del nostro modello industriale e della capacità di Gruppo Cap di generare valore attraverso l’eccellenza operativa. Il risultato ottenuto è frutto di una strategia orientata all’innovazione, alla sostenibilità e alla qualità del servizio, resa possibile grazie all’impegno e alla professionalità delle nostre persone. Per questo l’azienda ha deciso di distribuire circa un milione di euro a lavoratrici e lavoratori di Gruppo Cap quale riconoscimento per l'impegno costante, la dedizione e la passione che ogni giorno mettono nel loro lavoro". "Il riconoscimento di Arera -aggiunge il presidente di Gruppo Cap, Yuri Santagostino- è per noi motivo di grande orgoglio, ma soprattutto un’opportunità per rafforzare il nostro legame con chi ogni giorno contribuisce al successo di Gruppo Cap. Per questo abbiamo scelto di destinare una parte importante del premio all’innovazione e a favore delle nostre persone e dei territori, secondo modalità che stiamo individuando, valorizzando il ruolo delle comunità locali che è centrale nella costruzione di un servizio idrico sempre più efficiente, sostenibile. È un gesto concreto che testimonia la nostra visione di impresa pubblica, orientata al miglioramento continuo e alla restituzione di valore alla comunità".