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(Adnkronos) - Alice ed Ellen Kessler, le iconiche gemelle della tv, sono morte insieme. Entrambe le ballerine e cantanti 89enni, riferisce la Bild, avrebbero scelto di andarsene nello stesso momento tramite suicidio assistito. E dall'Italia, dove le due artiste hanno lavorato a lungo, arriva il ricordo del mondo dello spettacolo e della moda. "Due settimane fa le ho fatte chiamare, una delle due non stava bene. Questa brutta notizia non mi sorprende. Loro - ha rivelato Mara Venier a La vita in diretta - venivano sempre volentieri, ogni volta che le ho invitate venivano in Italia. Amavano profondamente il nostro Paese, erano persone di famiglia. Siamo tutti cresciuti con queste due donne meravigliose, che nel privato erano molto simpatiche. Quando venivano a Domenica In, arrivavano due giorni prima a Roma per andare a mangiare la gricia a Trastevere. L'ultima volta che ci siamo viste, mi hanno raccontato la loro cena. Ci eravamo ripromesse che ci saremmo riviste. Non mi sorprende questa scelta che hanno fatto, avevano un legame unico e indissolubile: erano due persone, ma erano una. Non voglio giudicare, capisco. Se una delle due non stava bene - ha spiegato ancora la conduttrice -, era impensabile e insopportabile per l'altra. Era impensabile che una delle due potesse andare via prima...". "Le avevo incontrate a Roma, e poi in Germania, dove eravamo ospiti. E' vero che avevano un'età importante, ma la notizia della loro morte è dolorosa perché si chiude, forse definitivamente, un'epoca". A dirlo all'Adnkronos è Iva Zanicchi, commentando a caldo la morte delle gemelle con le quali 'l'aquila di Ligonchio' ha condiviso i fasti della tv degli Anni d'Oro, a partire da 'Canzonissima'. E sulla scelta delle due artiste, attrici, ballerine e cantanti tedesche divenute celebri in tutto il mondo al fianco di icone come Fred Astaire e Frank Sinatra, Iva Zanicchi osserva: "Lo capisco, erano molto anziane, magari ammalate. Ogni caso va letto a sé e noi non conosciamo bene le cose, ma a me la notizia della loro scelta sconvolge. La vita è per me così sacra e così preziosa che bisogna avere, diciamolo pure, il coraggio di viverla fino all'ultimo istante perché è un dono prezioso". Nessun giudizio da parte della cantante emiliana, solo tanta amarezza: "Ho tanta compassione per loro, capisco la tragedia e immagino queste due donne, anziane, che hanno voluto morire insieme, perché avevano vissuto sempre insieme -spiega 'l'aquila di Ligonchio'- Ma dall'altro lato sono sincera, mi sconvolge. Questo fatto mi addolora, è lontano dalla mia mentalità". "Le gemelle Kessler sono state delle grandi icone del varietà degli anni '60. Erano due donne bellissime, bionde, alte, che hanno fatto perdere il sonno a tutti gli uomini di quella generazione. L'ho incontrate più di una volta, l'ultima è stata nella sala trucco de 'La Repubblica delle donne' di Piero Chiambretti. Erano allegre, simpatiche e molto alla mano. Ricordo che, siccome erano identiche, sbagliavo sempre il loro nome''. Così all'Adnkronos Cristiano Malgioglio, ricordando le gemelle. Sulla loro scelta di morire insieme, Malgioglio sottolinea: ''Non mi sento di giudicarle, si volevano talmente bene ed erano talmente unite che hanno scelto di andarsene insieme. Bisogna avere una mente molto lucida per prendere una decisione del genere'', conclude. "Che emozione, che sogno, che vergogna danzare il 'Da-da-un-pa' con le sorelle Kessler a 'Ballando con le stelle' quasi venti anni fa. Le vedevo bambino in tv in Venezuela, rigorosamente in bianco e nero, a Studio Uno. Fui catapultato sul palcoscenico dello show tv. L'unica volta che ho ballato in televisione nel programma condotto da Milly Carlucci". Lo stilista Guillermo Mariotto consegna all'Adnkronos il suo ricordo di Alice ed Ellen Kessler. "Ricordo di aver improvvisato in diretta il 'Da-da-un-pa' seguendo quello che facevano le sorelle Kessler. Che signore magiche, un pò 'teutoniche' per nulla distanti, altissime, magre, eleganti con un uno stile inconfondibile", ha concluso. "Non mi stupisce, erano talmente legate tra loro... Ho pensato che forse una stesse male e l'altra non sopportasse l'idea di rimanere sola. Mi è venuto un colpo quando l'ho saputo, mi sono chiesta cosa fosse successo", le parole di Rita Pavone a La vita in diretta. "Come gemelli - ha continuato la cantante - si nasce insieme ma non è detto si debba morire insieme: l'hanno deciso. Erano professioniste impeccabili, non sbagliavano un passo. Erano splendide ballerine, erano donne in gamba e intelligenti. Erano grandi artiste, oggi è difficile trovare persone così preparate, professionali, puntuali. Sono dispiaciuta e rattristata, una parte della mia vita è legata alle Kessler. Ricordo quando ballammo il da-da-un-pa, arrivavo alla loro anca..." "Nel 1987 condussi una trasmissione con loro, 'La fabbrica dei sogni' su Rai3. L'idea era di dividerle per la prima volta. C'era una gara tra regioni e ognuna di loro capitanava una squadra. Ma erano sempre inviate, una in una regione e una in un'altra, quindi le nostre occasioni di incontro furono limitate alla conferenza stampa di lancio del programma. Ma, come tutti gli italiani della mia generazione, il mio ricordo di loro rimane legata alle loro partecipazioni iconiche ai primi varietà della Rai, in bianco e nero". Così l'attore e regista Alessandro Benvenuti ricorda con l'Adnkronos le gemelle Kessler con cui condivise l'esperienza del programma di Rai3 'La Fabbrica dei Sogni', di cui era conduttore e regista. "Io produssi l'ultimo programma che loro fecero in Italia, 'La Fabbrica dei sogni'. Passammo 15 settimane insieme. Vivevano completamente in simbiosi: erano sempre insieme, con gli stessi orari, lo stesso cibo, le decisioni sempre concordate, su tutto. Quindi non mi meraviglia che abbiano deciso di morire insieme". A parlare così con l'Adnkronos delle gemelle Kessler è Adriano Aragozzini, che nel 1987 condivise con loro le 14 puntate di 'La Fabbrica dei sogni', il programma di Rai3 di cui lui era produttore. "Erano due artiste incredibili, di una professionalità ammirevole. Sempre in anticipo, mai in ritardo. A me le presentò Don Lurio, che le aveva portate in Italia. Mi avevano parlato della loro unione incredibile ma davvero la loro sintonia aveva dell'incredibile", aggiunge Aragozzini. Che poi racconta: "Una volta chiesi loro come era possibile che non litigassero mai e mi dissero che era successo solo due volte: una volta per il cibo da dare al cane e un'altra volta per un flirt di una che non era stato approvato dall'altra. Anche per i rapporti sentimentali sentivano l'esigenza di avere l'una il consenso dell'altra", sottolinea il produttore. "Un'altra cosa che mi divertiva molto era che quando discutevano sui testi parlavano tra loro animatamente in tedesco. E io, che parlo cinque lingue ma non il tedesco, non capivo niente. Poi, finita la discussione, una delle due mi comunicava la decisione in italiano. Erano legate davvero in un modo incredibile ed erano anche molto legate alla loro casa. Tra una trasmissione e l'altra tornavano sempre in Germania", conclude. "Le ricordo nel nostro atelier di via Toscana, adoravano i vestiti svolazzanti, con paillettes e lustrini, che potessero mettere in risalto le loro gambe. Erano meticolose, puntuali, rigide nello scegliere gli abiti, cercavano la perfezione. I fitting potevano durare fino a 2 -3 ore tanto che un giorno Fernanda Gattinoni si spazientì: 'La moda è creatività, forse non è fatta per i tedeschi', le disse. Due donne, Ellen e Alice Kessler, moderatamente simpatiche". Così, all'Adnkronos, Stefano Dominella, presidente della maison Gattinoni, storica griffe romana che ha vestito, a partire dagli anni '80 in privato e in tv le sorelle. "Una morte comprensibile e augurabile, soprattutto prevedibile - osserva Dominella, commentando la modalità scelta dalle gemelle per darsi la morte -. Quanto accaduto fa un po' paura, ma rientra nel loro modo di essere e di vivere. Un'esistenza sempre in coppia, l'una accanto all'altra, dividersi dinanzi alla morte le avrebbe rese 'orfane". "Che tristezza la loro morte, ho danzato con loro in tv accanto a don Lurio e al Quartetto Cetra a partire dagli anni '60 e ho creato alcune coreografie per la televisione. Tutti noi eravamo innamorati di Alice e Ellen Kessler, della loro professionalità, del loro carisma, del loro fascino, due professioniste irraggiungibili". E' il ricordo delle gemelle Kessler che Renato Greco (classe 1942) regista, coreografo, ballerino nei maggiori show della tv italiana, traccia con l'Adnkronos. "Quando venivano a Roma le sorelle Kessler abitavano nel quartiere Prati - aggiunge - Prendevano lezioni nella mia scuola, insegnavo modern-jazz. Io ero molto più giovane, ma la loro disciplina, la loro professionalità era per tutti noi motivo di grande insegnamento ed esempio. Come si dice a Roma...non erano persone assolutamente montate, non se la tiravano. Erano due donne dialoganti. Emblema di una televisione che non tornerà più - ha concluso - Le prime ad indossare collant noir, ma anche le prime a toglierseli".
(Adnkronos) - Nonostante una solida base industriale, l’uso dell’intelligenza artificiale in Ue secondo gli ultimi dati disponibili si limita al 13,5% delle imprese e il 12,6% delle piccole e medie imprese. Questa è la “desolante” constatazione alla base della strategia Apply AI, il piano da un miliardo di euro presentato lo scorso ottobre dalla Commissione europea per accelerare l’adozione dell’IA nei settori industriali strategici e nella pubblica amministrazione europei. L’obiettivo rimane quello più generale di rafforzare la competitività europea e la sovranità tecnologica, con particolare attenzione alle realtà più piccole, a partire dalla consapevolezza che l’Ue non può permettersi di rimanere indietro in una corsa che sta definendo i contorni del futuro dell’economia. Quel “desolante” era la constatazione di Małgorzata Nikowska, capo dell’unità Innovazione e coordinamento delle politiche in materia di IA presso l’Ufficio per l’IA di DG Connect (la direzione generale della Commissione europea che si occupa di digitale). Aprendo il suo intervento all’evento “AI4Growth: come potenziare la competitività settoriale in tutta Europa”, organizzato da Techno Polis Forum-Lab presso la sede brussellese dell’Istituto per la competitività (I-Com), la funzionaria ha rimarcato l’importanza di incrementare l’adozione della tecnologia. Il dato di diffusione “è basso, in alcuni settori e Stati membri è ancora più basso. E sì, l’Italia è effettivamente uno di quelli che non stanno andando particolarmente bene”, ha aggiunto. Oltre al favorire la diffusione dell’IA, la strategia punta a renderla “made in Europe”, ha continuato Nikowska. “Ovviamente, una sovranità tecnologica al 100% nel mondo globale di oggi non è possibile. Ma più soluzioni abbiamo sviluppate in Europa, da europei, e che siano valide e possano essere adottate dalle nostre aziende, meglio è per tutti noi. E questo aumenta effettivamente la nostra sovranità tecnologica e la nostra resilienza complessiva”. Una delle ricadute positive a cui si punta con il terzo pilastro della strategia: i benefici sociali dovuti all’adozione dell’IA oltre al suo impatto positivo su competitività e produttività delle aziende. “Settore per settore” La strategia guarda soprattutto ai settori critici dell’economia Ue: la Commissione ne ha individuati dieci, e spaziano dalla manifattura alla sanità, dalla difesa alla cultura e creatività, dalle telecomunicazioni al settore pubblico. “Sono importanti per l’economia europea, sono settori in cui l’Europa è tradizionalmente forte e in cui ci aspettiamo di vedere il maggiore potenziale trasformativo dell’IA”, spiega la funzionaria della Commissione, spiegando che l’esecutivo Ue ha anche “beneficiato della saggezza del professor Mario Draghi” nel delineare la strategia, che non chiude le porte ad altri settori: “potrebbero ancora aggiungersi, discuteremo con loro per concordare quali potenziali misure possiamo proporre”. L’idea dell’esecutivo Ue è partire da azioni-faro orizzontali. Il primo è il sostegno diretto alle imprese attraverso gli European Digital Hub, già presenti in tutti i Paesi Ue e capaci di modellare soluzioni per ogni azienda, ha spiegato Nikowska, aggiungendo che ora possono anche guidare le aziende verso altri elementi dell’ecosistema grazie a strutture di test e sperimentazione, sandbox per l’IA, la piattaforma AI on Demand, l’AI Skills Academy e altre iniziative. “Ma le nostre aziende e i nostri stakeholder del settore pubblico non devono conoscere tutto questo, non devono capire la differenza tra l’uno e l’altro: possono andare all’hub e riceveranno il supporto necessario”. Seguono competenze e alfabetizzazione digitale: l’idea è “costruire capacità per una forza lavoro ‘AI-ready’ in tutti i settori” attraverso formazioni sull’IA adattate alle esigenze settoriali e a profili specifici, “perché oggi non sono solo gli specialisti di IA che devono capire l’IA, ma anche medici, infermieri, insegnanti, giornalisti, lobbisti—tutti devono capire dove e come può essere usata l’IA, tenendo conto anche dei rischi che la tecnologia porta con sé”. In parallelo, si vogliono rafforzare le competenze degli specialisti IA nei domini settoriali per rispondere alle richieste dei settori. ‘AI-first’, ma non sempre “L’approccio che stiamo usando è ‘AI first’. Questo non significa IA ogni volta, per tutto, a tutti i costi: assolutamente no. Significa IA quando necessario e in base ai benefici”, tenendo conto dei costi e ai rischi che questa tecnologia porta con sé, ha spiegato la funzionaria della Commissione. “Tuttavia, vorremmo davvero che i nostri responsabili politici, gli stakeholder chiave, i leader dell’industria considerassero cosa può fare l’IA quando devono affrontare una decisione trasformativa, quando devono cambiare la catena logistica del valore, quando devono cambiare l’organizzazione di uno stabilimento, quando devono sviluppare un nuovo prodotto”: l’IA può semplificare, ottimizzare, rendere più efficienti vari processi, a patto che sia inclusa a livello dei processi fondamentali, spiega, sottolineando che non si tratta di vantaggi marginali come scrivere un’email. “Vorremmo vedere una tecnologia europea. Quindi incoraggeremo, anche attraverso i nostri strumenti, lo sviluppo e l’implementazione di tecnologie made in Europe”, ha continuato Nikowska, spiegando che la Commissione punta sulla piattaforma AI on Demand, “dove si possono trovare molte soluzioni che possono essere acquistate, adottate dalle aziende, che sono state sviluppate in Europa e che possono già essere utilizzate oggi”. Una questione paneuropea “Se non guidiamo nel campo dell’IA seguiremo le regole che altri scriveranno in futuro. Dobbiamo essere leader e allo stesso livello di Usa e Cina”, ha riassunto Diego Solier, europarlamentare spagnolo dell’Ecr, facendo seguito all’intervento di Nikowska. Poi ha sottolineato l’importanza di investire nella tecnologia se si vuole conseguire una sovranità europea. Non solo in modelli IA, ma anche nelle reti digitali e nel loro mantenimento, oltre a quelle energetiche, al fine di permettere alle compagnie di stabilire data center in Ue. Il lato pratico Nel corso dei panel successivi, Amal Taleb di Sap (“un’azienda europea”) ha portato il discorso sul piano della concretezza aziendale. “La generazione di immagini è divertente ma poco utile, abbiamo bisogno di IA per il business”, ha chiosato, sottolineando che la strategia della Commissione non sia sufficiente per due ragioni fondamentali. Primo, “non c’è IA senza cloud, specialmente per le aziende, e le imprese nell’Ue sono in ritardo con l’adozione del cloud”. Secondo, bisogna “capire che abbiamo una catena del valore globale e tecnologia globale, e le aziende devono adottarla per avere successo”. L’adozione dovrebbe essere “semplice e non spaventosa”, e soprattutto rispondere ai parametri più pratici per le aziende: “clienti soddisfatti, operazioni semplificate, chiara comprensione dei dati che stanno usando”. E per farlo occorre “decostruire l’IA come concetto globale e equipararla al denaro per le pmi. In questo, Apply AI è la strada giusta”. Il nodo regolamentazione-competitività secondo Big Tech L’IA è “l’invenzione che genererà altre invenzioni”, ma per sfruttarla serviranno “urgenza e scala”, ha riassunto Karen Massin di Google in un segmento che ha evidenziato la tensione tra ambizioni normative europee e competitività globale. Tomas Jakimavicius di Microsoft ha sottolineato come la necessità di fare ricorso ai migliori modelli IA sul mercato nel breve termine possa scontrarsi con l’aspetto della sovranità. “L’Ue è in ritardo, è molto triste, ma nulla le impedisce davvero di essere leader”, ha rincarato Marco Pancini di Meta, richiamando i punti di forza storici dell’Ue, mercato unico e una storia di innovazione tecnologica, ma sottolineando la mancanza “di una visione a lungo termine e un reale supporto per creare le condizioni per avere successo. E di certo la regolamentazione non è una di queste”. Sanità e pharma: tra potenziale, incertezza normativa e costi Il settore sanitario e farmaceutico rappresenta un caso emblematico delle difficoltà di implementazione della strategia Apply AI. “C’è molto potenziale per l’IA ma siamo principalmente in uno spazio esplorativo, abbiamo bisogno di certezza normativa”, ha evidenziato Aneta Tyszkiewicz di Efpia (l’associazione europea dell’industria farmaceutica), spiegando che l’AI Act pecca di mancanza di chiarezza e che nuove linee guida nel contesto di Apply AI sarebbero benvenute. Si pone anche il tema dei dati: “per garantire un output affidabile abbiamo bisogno di accesso a database di alta qualità, lo spazio dati europeo può aiutare”. Vlad Olteanu di EuropaBio ha ricordato come testare i sistemi su dati reali sia “molto più facile in Cina e negli Stati Uniti”, e che l’autonomia Ue nello spazio farmaceutico “è quasi impossibile: basta guardare dove vengono prodotti i farmaci”. E Melanie Wahl di MedTech Europe ha evidenziato il problema della certificazione dei dispositivi, processo dispendioso in termini di tempo e denaro, che addirittura si duplica se il macchinario utilizza l’IA.
(Adnkronos) - Un borgo di appena 52 abitanti, a 650 metri d’altitudine nell’Alta Langa piemontese, che è diventato un modello di sostenibilità e inclusione. È Bergolo, in provincia di Cuneo, guidato dal sindaco Mario Marone, tra i Comuni premiati al Cresco Award 2025 – Comuni sostenibili e Agenda 2030. «Negli ultimi cinque-sei anni – ha raccontato Marone – abbiamo recuperato terreni incolti e avviato progetti agricoli senza uso di pesticidi, grazie anche alla collaborazione con associazioni che gestiscono programmi Erasmus+ dell’Unione Europea». Ogni anno il paese ospita fino a 600 giovani da tutta Europa e dal Maghreb, coinvolti in attività di educazione ambientale e coltivazioni sostenibili. Tra le iniziative più significative, un orto didattico e nuovi terreni comunali destinati alla coltivazione biologica, per offrire opportunità di lavoro ai giovani che scelgono di restare o trasferirsi in montagna. «Vogliamo arrivare a 100 abitanti – spiega Marone – e contrastare lo spopolamento valorizzando l’ambiente e la vita a contatto con la natura. Puntiamo anche sull’apicoltura e sull’educazione ecologica: i piccoli Comuni possono essere grandi laboratori di futuro».--