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(Adnkronos) - Andrea Sempio, indagato per l'omicidio in concorso di Chiara Poggi, risponde così - ospite di Cinque Minuti - a chi gli chiede se si sente perseguitato. "Un po' sì, non posso negarlo. Ormai è una cosa che periodicamente ricapita, ci ricadi dentro e capisco che un certo accanimento c’è…spero in buona fede". All'epoca del delitto di Garlasco, lui, amico del fratello della vittima, aveva 19 anni e ora - per la terza volta - su di lui si punta il dito. "Io al momento non ho una vita, sono tornato a vivere nella cameretta in cui stavo una volta e a quasi 40 anni sono chiuso lì, non posso fare niente: è come essere ai domiciliari" aggiunge. Sempio continua a dirsi estraneo alle accuse. "Ormai è stato acclarato, in anni di processi e dalle sentenze a cui mi rifaccio, che il colpevole è Alberto Stasi e non ho motivo di pensare il contrario". "L'elenco di tutte le volte che abbiamo dato soldi agli avvocati - circa 50mila euro - c'è ed è stato trovato durante l’ultima perquisizione" dice Sempio, sottolineando come i giornalisti abbiano dato poco risalto alla notizia soffermandosi piuttosto sul cosiddetto ‘pizzino’. "Le spese dell’avvocato e del consulente, lì c’è tutto. Tutti i soldi sono sotto il nome di Lovati (ex difensore, ndr.), ma è un modo generico per indicare tutti gli avvocati". Sempio spiega il significato dell'appunto ’Venditti gip archivia x 20.30 euro' che ha portato all’indagine per corruzione in atti giudiziari: sono indagati il padre Giuseppe e l'ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti che nel 2017 avrebbe archiviato frettolosamente - in cambio di 20-30 mila euro secondo i pm Brescia - la posizione di Sempio. "Quello non era né più, né meno che un appunto che si era preso mio padre. Io penso fosse semplicemente un appunto su quanto costava ritirare le carte dell’archiviazione", cioè 20-30 euro. "Sui media non è passata che in casa mia hanno trovato un appunto in cui mi padre si era segnato tutte le spese serie - diciamo che erano espresse in migliaia di euro -, quindi su ciò che è stato speso ai tempi mio padre si è segnato tutto". Quanto alle altre accuse di aver ricevuto domande in anticipo, Sempio taglia corto: "Non c’è stato nessun passaggio di domande". Su quei temi, come il Dna, "avevo già anche risposto in alcune interviste ed erano sempre quelli gli argomenti". E respinge anche le accuse di essere stato trattato con i guanti bianchi. "Quando sono stato sentito ho avuto l’impressione che loro comprendessero quello che stavo dicendo e non mi stessero inquisendo in modo particolare. Ma è la stessa impressione che ho avuto quando ho dato il mio Dna o sono venuti a casa" per la recente perquisizione. Sempio si esprime anche a Porta a Porta. "Stiamo attendendo l’esito, finalmente, di questo famoso incidente probatorio. Si continua a parlare di Dna - nonostante non sia stato trovato un Dna completo -, e anche prendendo le famose consulenze contro Sempio - quella di Linarello (difesa Stasi, ndr) e quella della Procura (di Pavia, ndr) - non arrivano mai a dire con certezza che li c’è il Dna di Sempio", dice "L'unico punto" su cui le consulenze "concordano" è che si tratta di una "traccia parziale", che se sottoposta a un doppio identico esame "non si riproduce mai nelle repliche, quindi non ha i criteri per essere attendibile" poiché non fornisce lo stesso risultato, e che "forse alcuni punti" potrebbero coincidere con "Andrea Sempio, dei familiari o di una persona che condivide lo stesso aplotipo non presente nei loro database. Quindi anche le consulenze più 'cattive' contro di me non arrivano mai a poter puntare davvero il dito contro di me" aggiunge. "Se fosse stata una traccia durante un'aggressione non ci sarebbe stato questo risultato che forse non si legge, parziale, ma ci sarebbe stata una traccia netta", cioè la presenza sulle unghie della vittima della traccia genetica di un killer sconosciuto sarebbe stata maggiore e del Dna sarebbe stato trovato anche sotto le unghie (già nel 2007 i Ris di Parma escludono la presenza di tracce sotto le unghie, ndr). "Io credo - conclude il 38enne - che al termine dell’incidente probatorio, male che vada, si arriverà sempre a una conclusione, cioè una traccia non precisa che in una via astratta, magari, possiamo tentare di ricondurla più o meno nella direzione di Sempio". L'udienza dell'incidente probatorio è fissata per il 18 dicembre a Pavia.
(Adnkronos) - "Noi siamo molto contenti della sentenza della Corte, siamo molto contenti di tutto quello che è successo, è stato un periodo nel quale abbiamo proprio dovuto assicurarci che tutto funzionasse. Ora che è tutto messo al di là di ogni ragionevole dubbio, la prima cosa che la Commissione farà è quella appunto di assicurarsi della corretta trasposizione della direttiva sul salario minimo in tutti i Paesi membri. Al momento abbiamo 19 Paesi, tra cui l'Italia, che hanno comunicato trasposizione completa, anche per quei 19 noi inizieremo a verificare che la trasposizione sia davvero completa. E poi ci sono altri 8 Paesi, di cui 5 devono ancora comunicare e 3 hanno comunicato trasposizione parziale. Quindi credo che adesso la priorità sia certamente quella di assicurarsi che la trasposizione sia ottima". Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Mario Nava, direttore generale della Dg occupazione, affari sociali e inclusione (Dg Empl) della Commissione Europea, dopo la decisione della Corte di Giustizia Ue sulla direttiva sul salario minimo. Secondo Nava la sentenza "come ha detto la presidente Von der Leyen, è una milestone, una pietra miliare per gli europei perché è per la loro dignità, per l'equità, per la sicurezza finanziaria. Quello che ci rende particolarmente soddisfatti è che la direttiva può essere implementata nel pieno rispetto delle tradizioni nazionali, dell'autonomia dei partner sociali, dell'importanza della negoziazione collettiva". E Nava ha sottolineato che "non potrebbe esserci miglior riconoscimento per un provvedimento che sta già funzionando da un punto di vista economico. Perché negli ultimi anni, dove più e più Paesi hanno messo in opera un salario minimo, quest'ultimo non solo non ha aumentato la disoccupazione, ma questa al contrario è scesa e i tassi di impiego sono aumentati", ha sottolineato. E sull'ipotesi di un salario minimo legale in Italia ha ribattuto che "non spetta a me dire cosa fare", sottolineando "che la direttiva sul salario minimo spiega quali possono essere le diverse opzioni, e quello che sottolinea la sentenza al di là di ogni ragionevole dubbio è che una direttiva su un salario minimo adeguato, appropriato, è corretta da un punto di vista legale e, aggiungo io, da un punto di vista economico, di giustizia sociale, di un'economia che sia allo stesso tempo produttiva e inclusiva", ha ricordato Nava. E Nava ha quindi ricordato che "il salario minimo non solo protegge il potere d'acquisto dei lavoratori, non solo riduce le differenze di salario, non solo elimina uno dei fenomeni più fastidiosi dei nostri giorni che è quello del lavoro povero, il lavoro che non permette di arrivare a fine mese, ma soprattutto il salario minimo sostiene la domanda aggregata e aumenta gli incentivi a lavorare. Questo è il punto fondamentale: il salario minimo aumenta il tasso di impiego, perché se c'è un salario minimo ci sono più incentivi a lavorare e quindi più gente va a lavorare. Inutile dire che siccome tanta gente che è fuori dal mercato del lavoro è di sesso femminile, un salario minimo riduce anche il famoso gender gap, perché richiama più persone, più donne sul mercato del lavoro". E ha concluso sottolineando che "la Commissione nelle prossime settimane lancerà la cosiddetta 'Quality Jobs Roadmap', la roadmap per la qualità del lavoro. E' chiaro che la direttiva sul salario minimo ci dà un piedistallo abbastanza forte, su cui poi agganciare tutti gli altri elementi che rendono il lavoro un lavoro di qualità. E' chiaro che quando si parla di un lavoro di qualità la prima cosa che viene in mente è che sia un lavoro che paghi, che non sia un lavoro povero e che aiuti la gente a vivere in maniera degna. A me è piaciuto molto che la Presidenza abbia usato la parola dignità, giustizia e sicurezza finanziaria". (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - “Tra le forme di welfare più richieste c’è l’assicurazione sanitaria integrativa. I lavoratori richiedono alle aziende stabilità, continuità, certezza nei percorsi di cura. Fondamentalmente chiedono supporto”. Così la vicepresidente di Eikon Strategic Consulting Italia Paola Aragno, commentando i risultati della ricerca ‘Salute, benessere e sostenibilità’, presentata da Eikon in occasione dell’evento di apertura della Social Sustainability Week in corso oggi a Palazzo dell’Informazione a Roma. “Non si apre un conflitto tra pubblico e privato, ma un discorso sul tema della sostenibilità complessiva della tutela della salute” aggiunge Aragno sottolineando che “in questo le aziende possono fare la differenza”, favorendo “la costruzione di un welfare multi livello” dove “il servizio sanitario resta universale ma viene sostenuto dalle imprese, che diventano quasi parte di questa rete di protezione”.