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(Adnkronos) - Secondo alcuni condomini risvegliati dalle lancinanti grida di aiuto provenienti dal quarto piano del palazzo di viale Abruzzi 64, Sueli Leal Barbosa, non riuscendo a uscire di casa, avvolta solo da una coperta nel tentativo disperato di proteggersi dalle fiamme, avrebbe provato anche ad attaccarsi alla finestra della sua stanza, pur di salvarsi dal rogo che stava rapidamente bruciando il suo appartamento. Poi, sotto gli occhi dei vicini di casa, assiepati nel cortile per sfuggire al fumo, è precipitata nel vuoto da un'altezza di dieci/quindici metri. "Non è chiaro se buttandosi volontariamente in un estremo tentativo di salvarsi o semplicemente cadendo, per effetto dello sfinimento, di uno svenimento per l’inalazione di fumi o forse per l’impossibilità di reggersi a una ringhiera ormai divenuta incandescente", sottolinea la pm della procura di Milano, Maura Ripamonti, nella richiesta al gip di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare in carcere per il compagno della vittima, Michael Pereira Sinval, accusato di omicidio volontario pluriaggravato e di incendio doloso. All'uomo, brasiliano di 45 anni, viene contestata anche l'aggravante della crudeltà, per aver cagionato alla compagna "una morte atroce, consapevole, con sofferenze prolungate", che per la pm sono "non solo prevedibili ma ricercate" dal fermato, accusato di aver avuto "un piano criminoso ragionato e preparato" per uccidere l"lentamente, crudelmente, cagionando gravi sofferenze" alla 48enne, rimasta chiusa in casa senza vie di fuga. A Pereira non viene contestata la premeditazione, ma l'omicidio - evidenzia la pm nella richiesta di convalida - ha "caratteristiche poco compatibili con il delitto d’impeto". La presenza di acceleranti in casa indica che si è trattato di un incendio doloso, il cui autore - secondo la pm - non può che essere il 45enne fermato, dal momento che in casa quella sera non c'era nessun altro. Un'ipotesi favorita anche dal fatto che Pereira, di professione imbianchino, aveva "dimestichezza con vernici e diluenti" e "facilità quindi a procurarsi sostanze infiammabili anche diverse da quelle classiche (come benzina o alcol)". A incastrarlo ci sarebbero poi le "varie menzogne" raccontate agli inquirenti: dall'orario di uscita da casa smentito dalle immagini delle telecamere, alla "improbabile versione" sull'alcol usato dalla compagna per lavare tappeto e divano, fino alla candela accesa da lei vicino alla caldaia malfunzionante, risultata però regolare al controllo dei vigili del fuoco.
(Adnkronos) - Il referendum sul Jobs Act? Di nessuna utilità, perchè il provvedimento varato dall'allora governo Renzi è stato già 'smantellato' nei suoi aspetti più innovativi dalle sentenze della Corte Costituzionale. Ne è convinto il giuslavorista Luca Failla, avvocato dello studio Failla&Partners, come spiega ad Adnkronos/Labitalia. "All’esito degli interventi della Corte Costituzionale, da ultimo in particolare grazie alle sentenze cosiddette gemelle 128 e 129 del 2024 - si può dire senza tema di smentita che il regime prevalentemente 'indennitario' anziche reintegratorio all’epoca introdotto dal Jobs Act di fatto sia stato integralmente smantellato, annullandosi così ogni differenza fra tale disciplina e quella prevista dalla previgente disciplina della Legge Fornero", sottolinea il giuslavorista. Secondo Failla, "alla luce della giurisprudenza costituzionale, che ha già inciso pesantemente sull’impianto originario del cosiddetto contratto a tutele crescenti, è lecito interrogarsi sull'effettiva utilità e impatto dell'iniziativa referendaria, a mio avviso pressoché nulla". Per il giuslavorista, "l’iniziativa referendaria mantiene certamente un valore politico e simbolico, soprattutto a mio avviso con riferimento agli altri quesiti proposti, ma appare limitato nella sua portata applicativa con riferimento al primo quesito dell’abrogazione del Jobs Act. "E infatti - ribadisce - le differenze ormai colmate, ad opera della giurisprudenza costituzionale, in tema di reintegrazione fra la disciplina Fornero e quella del cosiddetto contratto a tutele crescenti oggetto del primo quesito rendono di fatto di alcuna concreta utilità la abrogazione di quest’ultima anche in caso di esito positivo del referendum, se non addirittura peggiorando la misura massima dell’indennizzo che da trentasei scenderebbe a ventiquattro mensilità anche per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015", sottolinea. Secondo Failla, è necessario quindi guardare al futuro. "La parabola del Jobs Act -sottolinea- sembra oggi segnata da una profonda revisione operata dai giudici, più che dal legislatore. In questo scenario, è auspicabile una riforma sistemica e complessiva della disciplina del licenziamento, che aggiorni soglie, criteri e tutele alla luce delle trasformazioni del lavoro e del sistema produttivo, magari andando ad integrare il criterio semplicemente numerico della soglia dei 15 dipendenti, come da più parti richiesto e come anche rilevato dalla Corte Costituzionale". "A prescindere dalla questione relativa al raggiungimento del quorum o meno, in relazione al quesito referendario relativo al Jobs Act, l’abrogazione di singole disposizioni di legge senza una contestuale riformulazione organica del quadro normativo -sottolinea il giuslavorista- rischia di produrre vuoti regolativi ed ulteriore confusione applicativa che necessiterebbe a quel punto l’iniziativa del legislatore. Tuttavia, più che un ulteriore intervento normativo oggi si avverte l’esigenza di una revisione sistemica e coerente della integrale disciplina dei licenziamenti, che tenga conto delle trasformazioni del mercato del lavoro e dell’evoluzione del sistema produttivo italiano". "Senza un intervento legislativo razionale e complessivo, si continuerà infatti a demandare alla giurisprudenza, costituzionale e ordinaria, il compito di colmare lacune normative, esponendo il sistema a incertezze e disomogeneità interpretative", conclude.
(Adnkronos) - "In questi dieci anni la legge antispreco ha sicuramente prodotto un risultato dal punto di vista quantitativo (nel caso di Banco Alimentare, rispetto ai dati precedenti la legge 166 del 2016, il recupero delle eccedenze è aumentato del 390%); però c'è anche un aspetto qualitativo, perché rimuovere gli ostacoli burocratici e condividere buone pratiche e studi è un modo per spingere quei cambiamenti che sono necessari, le leggi hanno bisogno di vivere su un tessuto culturale e sociale che va nella stessa direzione". Così Maria Chiara Gadda, vicepresidente commissione Agricoltura della Camera e prima firmataria della legge 166/16, intervenendo alla conferenza stampa ‘Prevenire lo spreco alimentare: la rivoluzione digitale di Planeat’, presso la Sala Caduti di Nassirya del Senato. "La legge 166 interviene a valle - spiega - tecnicamente la donazione è un modo per allungare il ciclo di vita di un prodotto, unisce due mondi che apparentemente sono diversi: i donatori, quindi le imprese di tutta la filiera produttiva, distributiva, della somministrazione con l'altra faccia della medaglia che è il mondo del terzo settore che risponde a bisogni sociali crescenti". "Non pensiamo però che le aziende che usano oggi quotidianamente la legge 166 lo facciano per frutto dell'errore; l'economia circolare, la sostenibilità si pensa, spreca chi per esempio non include nelle politiche aziendali la donazione. Donare significa misurare, significa essere consapevoli dei propri processi interni, logistici, distributivi, del rapporto con il proprio cliente, con i consumatori. Quindi in realtà la donazione non è frutto dell'errore, è frutto di un pensiero", aggiunge.