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(Adnkronos) - Apple non si allinea alle altre big tech e sceglie di non seguire Meta e Amazon sullo stop alle politiche aziendali per diversity, equity e inclusion (DEI), che sono finite nel mirino delle pressioni di stampo conservatore negli Stati Uniti. A pochi giorni dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, il 20 gennaio, il mondo delle big tech americane si è rapidamente orientato a sostegno del nuovo corso. Come dimostrano il flusso dei finanziamenti e le scelte fatte sulla moderazione dei contenuti. C’è però ora un segnale in controtendenza che, per il peso di chi lo manda e per le modalità con cui è arrivato, è particolarmente significativo. Apple, secondo quanto riportano diversi media americani, ha scelto di andare controcorrente, confermando il suo impegno per i programmi DEI, mentre altre big come Meta e Amazon hanno recentemente deciso di ridimensionare o eliminare iniziative dedicate alla diversità e all’inclusione. Importante sottolineare che la scelta di Apple è arrivata con una decisione formale da parte del Consiglio di amministrazione di Cupertino, che ha rifiutato una proposta avanzata dal think tank conservatore National Center for Public Policy Research. Secondo il think tank, mantenere i programmi DEI esporrebbe Apple a potenziali cause legali e indebolirebbe la sua posizione sul mercato. La richiesta si basava su una recente sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, che ha dichiarato incostituzionali i programmi di discriminazione positiva nelle ammissioni universitarie, ritenendoli in contrasto con il principio di uguaglianza previsto dal 14° emendamento. L’ipotesi avanzata è che la conferma di questi programmi avrebbe esposto Apple al rischio di dover sostenere cause legali per miliardi di dollari. La motivazione indicata dal cda di Apple sostiene una posizione contraria, sostenendo che i programmi DEI sono parte integrante delle strategie aziendali e che “Apple dispone già di un programma di conformità consolidato, in grado di gestire al meglio le proprie operazioni e politiche interne”. Si tratta di un dibattito che potrebbe presto sbarcare anche in Europa, sia riguardo alle politiche delle stesse big tech americane sia rispetto a un possibile ‘effetto emulazione’ che potrebbe mettere in discussione le politiche delle aziende europee e italiane. Qualche osservatore si è già spinto a ipotizzare un ‘reflusso’ che potrebbe interessare allo stesso modo le politiche e i progetti ESG e quelli DEI, prospettando una evoluzione di stampo conservatore che dal contesto politico raggiungerebbe anche il mondo aziendale. I prossimi mesi diranno se e quanto possa prevalere, anche in Europa e in Italia, un approccio che avrebbe l'effetto di mettere in discussione le scelte fatte negli ultimi anni, che hanno attribuito centralità alle politiche per le risorse umane orientate a favorire l'integrazione e l'inclusione delle diversità nel core business aziendale. (Di Fabio Insenga)
(Adnkronos) - "Del Piano Mattei ci è piaciuta molto l'attenzione da parte del governo a un Continente in così forte sviluppo. Il Piano nel corso del 2024 è stato riempito piano piano di contenuti, e i contenuti hanno iniziato a dare risultati. E mano a mano che passava il tempo è stato come un aggregatore del sistema Paese, con le banche di investimento, la cooperazione economica, Confindustria. Tutti hanno iniziato a parlare del tema in modo più coordinato. Il Sistema Paese ha dato quindi attenzione, dal punto di vista dell'impresa, allo sviluppo del Continente. E quindi il Piano è diventato non solo strategico e importante per l'Italia, ma è riconosciuto come l'unico vero piano per l'Africa sia da tutto il mondo dell'economia reale che dal mondo finanziario". Così con Adnkronos/Labitalia, Massimo Dal Checco, presidente di Confindustria Assafrica & Mediterraneo, commenta le parole di oggi su Africa e Piano Mattei della premier Giorgia Meloni, nel corso della conferenza stampa con la stampa parlamentare. Per Dal Checco quindi il Piano Mattei è diventato "un piano non più fatto solo di annunci e di che cosa si voleva fare, ma un piano concreto. Noi abbiamo fatto a settembre scorso un incontro con 70 aziende, al quale hanno partecipato tutti gli attori coinvolti". E per Dal Checco è fondamentale che "con questo piano la cooperazione italiana, che prima era rivolta esclusivamente a tutto il mondo no profit, si sia rivolta anche al mondo profit. Perché si è capito che lo sviluppo economico in questi Paesi fa molto bene, anche associato a quella che era tutta la parte no profit". Positivo per Dal Checco, l'ampliamento del Piano ad altri Paesi, come annunciato dalla premier. "Da due punti di vista: il primo motivo sicuramente per le imprese, per avere più opportunità di più Paesi dove si può essere appoggiati dal piano Mattei. Ma l'altra cosa secondo me molto importante, non solo dal punto di vista economico, è contribuire alla crescita dell'Africa in un'etica che è conforme alla nostra, in modo tale da avere più facilità di rapporto nel futuro", sottolinea. E il prossimo 22 gennaio Confindustria Assafrica & Mediterraneo terrà la propria assemblea pubblica che sarà occasione per fare il punto proprio con le imprese associate sul piano Mattei. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - I tessuti intelligenti nel futuro della moda e del Pianeta? È quanto afferma un gruppo di ricerca inglese, in un articolo recentemente comparso sulle colonne di “Energy and Environmental Materials”, una delle riviste scientifiche più autorevoli del settore. In particolare, gli esperti non sono solo riusciti a produrre dei tessuti che incorporano dispositivi elettronici, ma sono anche riusciti a rendere sostenibile l’intera filiera produttiva. Anche se ovviamente saranno necessarie ulteriori ricerche, si tratta di una scoperta che potrebbe rivoluzionare il settore della moda.