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(Adnkronos) - Domenica il rilascio delle prime tre donne ostaggio di Hamas. Poi, sette giorni dopo, a tornare in libertà dovrebbero essere in quattro. In tutto saranno 33 gli ostaggi che torneranno in Israele dalla Striscia di Gaza nella prima fase dell'accordo sul cessate il fuoco e i cui nomi sono stati concordati in base a ragioni ''umanitarie''. 1.700 i detenuti che saranno rilasciati in cambio da Israele. Si tratta di donne, anziani, feriti e bambini. Bambini appunto, come lo sono i due più giovani rapiti il 7 ottobre del 2023, i fratelli Ariel di 5 anni e Kfir di 2, che figurano nella lista di chi sarà rilasciato entro 42 giorni insieme ai loro genitori Shiri e Yarden. Il più anziano degli ostaggi nella lista è invece Shlomo Mansour, 86 anni. L'ordine in cui gli ostaggi verranno rilasciati non è ancora noto ma nell'elenco figurano i nomi di 10 donne, oltre ai due bambini. Insieme a mamma Bibas figurano i nomi delle cinque giovani soldatesse israeliane rapite, ovvero Agam Berger, Daniella Gilboa, Liri Albag, Naama Levy e Karina Ariev. Tutte appartengono all'unità di sorveglianza elettronica dell'Idf, con il compito di analizzare in tempo reale le immagini delle telecamere collocate lungo il confine di Gaza. Sono state rapite dai miliziani di Hamas che avevano fatto irruzione nella base di Nahal Oz uccidendo 52 soldati israeliani. Karina Ariev, 19 anni, era apparsa in un video di propaganda di Hamas in cui implorava il governo di Netanyahu di fermare la guerra. Daniella Gilboa è stata rapita direttamente dal suo letto, come ha raccontato in un video reso pubblico a luglio. Più di recente, a gennaio, la diciannovenne Liri Albag è apparsa in un video in cui raccontava di essere rapita da 450 giorni. Naama Levy, 21 anni, è apparsa nei filmati del 7 ottobre ferita e con le mani legate dietro la schiena, trascinata su una jeep. Secondo il padre sarebbe stata tenuta lontana dalle altre in un tunnel a Gaza. Le altre donne che verranno rilasciate, in base all'elenco, sono Romi Gonen, 23 anni, rapita dal Nova Music festival. Arbel Yehud, 29 anni, l'infermiera Doron Steinbrecher , 31. A tornare in libertà dovrebbe essere anche l'unico ostaggio britannico a Gaza, Emily Damari, 27 anni. Cresciuta a sudest di Londra e trasferitasi in Israele a vent'anni per amore, viveva nel Kibbutz Kfar Aza. Tra gli ostaggi liberati nella prima fase dell'accordo figurano anche due franco-israeliani, Ofer Kalderon e Ohad Yahalomi, come ha confermato il presidente francese Emmanuel Macron. "Restiamo mobilitati in modo instancabile affinché le famiglie possano riabbracciarli", ha scritto su 'X' il capo dell'Eliseo. Come aveva anticipato un funzionario dell'Amministrazione Biden, nella lista figurano i nomi di due ostaggi americani, Sagui Dekel-Chen, 36 anni, e Keith Siegel, 65. Entrambi sono vivi, secondo fonti Usa. La moglie di Siegel, Aviva, è stata tra coloro che sono stati rilasciati nell'accordo di cessate il fuoco temporaneo del novembre del 2023. Tra gli israeliani con doppia cittadinanza inseriti nell'elenco figura anche Yair Horn, 46 anni, rapito insieme al fratello minore Eitan, 37 anni, dal Kibbutz Nir Oz. Entrambi sono cittadini argentini. Nell'elenco anche il russo Sasha Trufanov, 29 anni, apparso a novembre in un terzo video di propaganda della Jihad islamica palestinese in cui diceva di ''temere ogni giorno per la mia vita e per le operazioni dell'esercito israeliano''. Infine l'etiope Avera Mengistu, 38 anni, scomparso nella Striscia di Gaza il 7 settembre 2014, ricoverato in passato in un ospedale psichiatrico. Undici, in tutto, gli uomini inseriti nell'elenco degli anziani. Oltre a Siegel e di Mansour, il più anziano di 86 anni, c'è il nome di Ohad Ben-Ami, 58 anni, rapito dal Kibbutz Be'eri insieme alla moglie Raz, rilasciata nell'ambito dell'accordo di novembre. Presente anche il nome dell'attivista pacifista e noto agronomo Gadi Moshe Moses, 80 anni, Ofer Calderon 54 anni, Eli Sharabi, 52 anni, i cui figli e la moglie sono stati uccisi durante l'assalto del 7 ottobre. C'è poi Itzik Elgarat, 70, ferito durante l'assalto di Hamas e, secondo quanto ha riferito il fratello, non più in vita. Ohad Yahalomi, 50 anni, che ha ingaggiato uno scontro a fuoco con i miliziani di Hamas prima di essere rapito. Il giornalista in pensione Oded Lifshitz, 84 anni, tra gli ostaggi più anziani. E Tsahi Idan, 50 anni, la cui figlia maggiore è stata uccisa davanti ai suoi occhi. Undici, infine, gli uomini con meno di 50 anni inseriti nell'elenco. Oltre agli stranieri e a Bibas figurano il beduino Hisham al-Sayed, 36 anni, e Tal Shoham, 39 anni, rapito dal kibbutz Be'eri. Ci sono poi i giovani rapiti durante il Nova Music Festival nel deserto del Negev: Omer Wenkert, 23 anni, Eliya Cohen, 27, Or Levy, 34 e Omer Shem-Tov, 22. A Israele non è stato detto quanti sono ancora in vita, ma i mediatori israeliani hanno insistito sul fatto che prima vengano consegnati i vivi e poi, alla fine, i corpi degli ostaggi defunti. In ogni caso a sette giorni dall'entrata in vigore del cessate il fuoco, Israele riceverà un rapporto completo sullo stato di tutti coloro che sono sulla lista. Le identità di coloro che torneranno in Israele dovrebbero essere fornite 24 ore prima di ogni rilascio, anche se il sito di Haaretz ha oggi appreso che Hamas comunicherà i nomi il giorno stesso. In base al programma, dopo i tre ostaggi rilasciati domenica e i quattro sette giorni dopo, per un periodo di quattro settimane saranno liberati tre ostaggi ogni settimana. Infine, 14 ostaggi saranno restituiti nella sesta e ultima settimana della fase uno dell'accordo. Sono 1.700 i prigionieri palestinesi che dovrebbero essere rilasciati dalle carceri di Israele nella prima fase dell'accordo con Hamas per la liberazione dei 33 ostaggi, a partire da domenica. Lo scrive il Times of Israel, che ha visionato una copia dell'accordo. Nel dettaglio, spiega il giornale, si tratta di ''700 terroristi, di cui 250-300 stanno scontando l'ergastolo, mille cittadini di Gaza catturati dall'8 ottobre durante i combattimenti nella Striscia e 47 prigionieri arrestati nuovamente dopo l'accordo per la liberazione del caporale Gilad Shalit del 2011''. In una nota del Prisons Service si afferma che saranno le autorità israeliane, non la Croce Rossa, ad occuparsi della prima parte del trasporto dei prigionieri. L'obiettivo è quello di garantire che "i terroristi non si discostino dalle rigide linee guida di sicurezza e si astengano da qualsiasi espressione di gioia all'interno del territorio israeliano".
(Adnkronos) - L’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ha inaugurato ufficialmente il nuovo anno accademico all’insegna dell’internazionalità e della collaborazione con l’Africa, in un’ottica che mira a porre il continente africano al cuore delle progettualità educative, di ricerca e di terza missione, in uno spirito di reciprocità. “La Cattolica vuole essere un’universita globale -spiega ai cronisti la rettrice Elena Beccalli a margine della cerimonia- è un microcosmo internazionale già oggi ed è molto convinta ad espandersi ulteriormente con alleanze strategiche, collaborazioni in tutte le parti del mondo. Anche in Africa dove abbiamo già molti progetti attivi e dove pensiamo che con la forza dell’education power possiamo dare un contributo per uno sviluppo più sostenibile di tutto il continente”. Nel suo discorso inaugurale, il primo dal suo insediamento lo scorso 1 luglio, si è parlato in particolare del cosiddetto ‘Piano Africa’, un progetto che punta a portare l’Africa al cuore delle progettualità educative, di ricerca e di terza missione dell’ateneo. Il piano consoliderà studi e progetti educativi frutto di una collaborazione continua e proficua, di accordi e di alleanze con università, istituzioni, imprese e comunità locali, nello spirito di un arricchimento reciproco. L’università potrà avviare sia percorsi per la formazione di giovani africani in loco o in Italia, sia diventare polo educativo aperto ai giovani africani di seconda generazione che vivono in Europa, spesso ai margini, pur rappresentando una parte rilevante del nostro futuro, sia rendere sempre più sistematiche le esperienze curriculari di volontariato per gli studenti dell’ateneo. L’obiettivo è quello di far diventare la Cattolica l’università europea con la più rilevante presenza in Africa. I principali ambiti tematici a cui ricondurre i progetti realizzati con l’Africa sono: Sistema agro-alimentare e Sostenibilità ambientale, Salute, Educazione, Sviluppo economico, Valorizzazione della cultura locale, Problemi sociali e politici locali e Diaspora in Italia. Entusiasta la Premio Nobel per la Pace 2011, Leymah Gbowee, intervenuta alla cerimonia: “Desidero congratularmi con l’università Cattolica per questa bella cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico e per il loro piano di partenariato con il continente africano che è sicuramente una grandissima iniziativa -ha detto-. Incoraggio anche ad ottenere questo partenariato come una situazione di rispetto reciproco, dal momento che entrambe le parti del mondo hanno delle competenze che vanno apprezzate. Auspico quindi un impegno in uno spirito di umanità collettiva, intendendo che ogni persona ha un proprio talento e dei propri doni e occorre far leva su questo talento individuale. E al centro di tutto questo -ha ribadito- deve esserci il rispetto della dignità umana”. Anche perché “il tempo in cui si considerava l’Africa come un continente dove semplicemente si è esportavano competenze ed esperienze è finito; io ho vissuto in Africa tutto il periodo della mia formazione, non ho studiato all’estero e posso garantire che c’è tanta competenza e conoscenza in Africa tanto quanto nel resto del mondo. Dunque l’università trarrà certamente un vantaggio da questo scambio di conoscenze e dall’Africa e con l’Africa”.
(Adnkronos) - Fincantieri, uno dei principali gruppi al mondo nella cantieristica ad alta complessità, e il Gruppo Hera, tra le maggiori multiutility italiane operanti nei settori ambiente, energia e idrico, annunciano la costituzione di CircularYard S.r.l, la newco volta a realizzare, negli otto cantieri italiani di Fincantieri, un innovativo sistema integrato di gestione rifiuti, finalizzato anche alla loro valorizzazione in ottica di economia circolare. In futuro si prevede di allargare l’operatività della newco anche ad altri siti di Fincantieri localizzati all’estero. CircularYard, la nuova joint venture nata in seguito al Memorandum d’Intesa firmato a luglio 2024 - si legge in una nota congiunta - consolida ulteriormente l’impegno di Fincantieri verso pratiche industriali sempre più responsabili, contribuendo in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale, riducendo del 15% i rifiuti indifferenziati destinati allo smaltimento e promuovendo un’economia circolare negli stabilimenti produttivi. Grazie alla messa a disposizione di know-how e competenze specifiche da parte delle società del Gruppo Hera, CircularYard introdurrà soluzioni innovative e sostenibili, al fine di garantire maggiore controllo sui fornitori e promuovendo trasparenza, sicurezza e qualità lungo tutta la filiera. La compagine societaria di CircularYard è formata al 60% dal Gruppo Hera e al 40% da Fincantieri. Il Gruppo Hera sarà presente con Herambiente Servizi Industriali (Hasi) al 55% e Acr di Reggiani Albertino Spa (Acr) con il restante 5%, entrambe società controllate da Herambiente, tra i principali operatori nazionali nel settore ambiente e tra i primi sette in Europa. Il progetto avrà due fasi di sviluppo, con il fine ultimo di gestire quasi 100mila tonnellate l’anno di scarti industriali prodotte nei cantieri navali di Fincantieri e di incrementare del 15% le frazioni valorizzabili, in particolare ferro, legno, plastica e carta, già dal primo anno. In parallelo saranno studiati specifici interventi che permetteranno al modello di andare a regime grazie alla realizzazione di impianti avanzati, come, ad esempio, quelli per il trattamento e riuso delle acque o per il recupero del rame, e alla gestione ottimizzata dei rifiuti. “L’avvio della joint venture con un partner di assoluto valore come il Gruppo Hera - dice Pierroberto Folgiero, amministratore delegato e direttore generale di Fincantieri - aggiunge un tassello nel nostro ulteriore impegno per l’adozione di pratiche virtuose di economia circolare all’interno dei nostri cantieri. In linea con il nostro piano industriale sull’eccellenza operativa, CircularYard rappresenta un progetto che unisce know-how complementari e ci consente di applicare le migliori pratiche e l’innovazione tecnologica nella gestione e nella valorizzazione dei rifiuti e degli scarti di produzione. L’obiettivo ultimo è di perseguire nello stesso tempo i nostri target sulla sostenibilità ambientale e sull’efficienza dei processi nel segno di una crescita responsabile sia dal punto di vista della sostenibilità che della economicità confermando il ruolo di Fincantieri come azienda leader mondiale anche nell’adozione di nuovi modelli operativi nella cantieristica”. “Siamo orgogliosi di mettere al servizio del primo shipbuilder occidentale le nostre elevate competenze, l’eccellenza impiantistica e la pluriennale professionalità nel processo di gestione circolare dei rifiuti, per promuovere la rigenerazione delle aree urbane e industriali - afferma Orazio Iacono, amministratore delegato del Gruppo Hera - Acceleriamo il nostro percorso che porterà il Gruppo Hera a diventare il motore dell’economia circolare del tessuto industriale italiano, accompagnando le grandi aziende nel loro percorso di transizione ambientale con la riduzione degli scarti di produzione e la massima valorizzazione nel loro recupero”.