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(Adnkronos) - In una nota Palazzo Chigi commenta la lettera con cui Donald Trump ha comunicato all'Unione Europea dazi del 30% a partire dal prossimo 1° agosto. "Il governo italiano - si legge - continua a seguire con grande attenzione lo sviluppo dei negoziati in corso tra Unione Europea e Stati Uniti, sostenendo pienamente gli sforzi della Commissione Europea che verranno intensificati ulteriormente nei prossimi giorni". La nota continua affermando: "Confidiamo nella buona volontà di tutti gli attori in campo per arrivare a un accordo equo, che possa rafforzare l'Occidente nel suo complesso, atteso che - particolarmente nello scenario attuale - non avrebbe alcun senso innescare uno scontro commerciale tra le due sponde dell'Atlantico. Ora è fondamentale rimanere focalizzati sui negoziati, evitando polarizzazioni che renderebbero più complesso il raggiungimento di un'intesa". In una nota la Lega sottolinea che "le relazioni commerciali tra Usa e Italia sono ottime e - come giustamente sottolineato dal governo - lo scontro è insensato". "Trump non ha motivi per prendersela col nostro Paese, - si legge nella nota - ma ancora una volta paghiamo il prezzo di un’Europa a trazione tedesca. Anziché minacciare ritorsioni che Oltreoceano potrebbero solo far sorridere, la tedesca von der Leyen azzeri l’eccesso di burocrazia Ue che è il vero dazio che pagano le nostre imprese come dimostrano i danni dell’ideologia green deal. Le follie di Bruxelles hanno danneggiato imprese e famiglie europee ben prima dei possibili dazi di Trump". "È chiaro che i dazi che gli Usa vorrebbero imporre sono sbagliati e sproporzionati, ma non dobbiamo cedere alla tentazione di dare una risposta emotiva e arrivare a una guerra commerciale che si abbatterebbe su imprese, lavoratori e famiglie", afferma il presidente di Noi moderati, Maurizio Lupi. "L’Unione europea deve, anzi, intensificare gli sforzi negoziali e dare una risposta unitaria, equilibrata ma ferma, senza arrivare a un braccio di ferro. Accanto alla necessità di continuare a trattare, è fondamentale abbattere i molti dazi interni presenti nell’Unione, rafforzare il mercato interno e intensificare i rapporti con altri mercati, a partire da Canada e Sud America. Siamo sempre convinti che rafforzare l’asse euro-atlantico sia una necessità storica oltre che economica, nella consapevolezza che il peso economico dell’Unione è pari a quello americano". "È una vera e propria follia autarchica, quella che sta portando avanti per ragioni puramente ideologiche Donald Trump", dice Elly Schlein, segretaria del Partito democratico, a margine della conferenza 'Le rotte del futuro' organizzata dal Pd per le politiche industriali. "L'impatto dei dazi al 30% - spiega - sarebbe devastante per l'economia italiana e per l'economia europea, ma dentro l'economia europea soprattutto per imprese, lavoratori e lavoratrici italiane, perché siamo un Paese con una forte vocazione alle esportazioni. Io spero che da qui al primo agosto ci sia ancora il tempo e lo spazio per rafforzare il negoziato europeo e che si arrivi a un accordo che sventi una guerra commerciale che sarebbe disastrosa non soltanto per noi, Europa e Italia, ma pure per l'economia degli Stati Uniti. "Ci aspettiamo una presa di posizione netta e forte, che fin qui non c'è stata da parte del governo e di Giorgia Meloni, perché non è che per le loro amicizie politiche possono danneggiare l'interesse nazionale e l'interesse europeo. Adesso c'è da rafforzare ogni tentativo negoziale che possa evitare questi dazi al 30%", afferma Schlein. "Io credo che l'Europa - dice ancora Schlein - debba stare unita e compatta e che sarebbe deleterio avviare una strategia di negoziazioni bilaterali per dare ragione alla strategia di Trump, che è sicuramente quella del divide et impera. Adesso proviamo davvero a sostenere il negoziato europeo. Mi auguro che sia un altro elemento di clamore ma che da qui al primo agosto ci sia ancora il tempo per chiudere un accordo e sventare questa guerra commerciale". "La prima strategia - aggiunge la segretaria del Pd - è quella di fare qualsiasi cosa per evitare i dazi di questo tipo, e se non sarà possibile, essere pronti a una reazione molto forte europea, che vada a toccare dove fa più male a Donald Trump, cioè sugli interessi delle grandi multinazionali delle big tech americane". "Accanto a questo si può fare subito quello che abbiamo chiesto al governo: Sanchez ha messo in campo un piano da 14 miliardi, di cui oltre la metà erano risorse nuove, Giorgia Meloni ha annunciato mesi fa un piano da oltre 20 miliardi di cui nemmeno uno era un euro nuovo ma erano tutte rimodulazioni di fondi già promessi e stanziati. Ci aspettiamo molta più serietà da parte di questo governo anzitutto", conclude Schlein. "Donald Trump ha annunciato dazi del 30% nei confronti dell’Unione europea. Questo vuol dire che per l’Italia sarà una catastrofe, in termini di Pil e di posti di lavoro. Non sono però solo i dazi di Trump, ma sono anche dazi made in Giorgia Meloni, che con Matteo Salvini e gli altri patrioti hanno tifato per Trump, lo hanno sostenuto e magari continueranno a farlo. Meloni ora, invece di affidarsi alla buona volontà di Trump, che non c’è, dovrebbe solo chiedere scusa agli italiani: non solo ha appoggiato il presidente americano ma, insieme ai suoi amici sovranisti, ha picconato l’Europa indebolendola nelle trattative". Lo afferma Il segretario di +Europa, Riccardo Magi, afferma che i dazi saranno "per l’Italia" "una catastrofe, in termini di Pil e di posti di lavoro". "Non sono però solo i dazi di Trump, ma sono anche dazi made in Giorgia Meloni, - dice - che con Matteo Salvini e gli altri patrioti hanno tifato per Trump, lo hanno sostenuto e magari continueranno a farlo. Meloni ora, invece di affidarsi alla buona volontà di Trump, che non c’è, dovrebbe solo chiedere scusa agli italiani: non solo ha appoggiato il presidente americano ma, insieme ai suoi amici sovranisti, ha picconato l’Europa indebolendola nelle trattative" Matteo Renzi invece ha commentato sui social la lettera di Trump: "Dazi al 30% e dunque Trump dichiara guerra (commerciale) all’Europa. Chi negli ultimi mesi ha esaltato quotidianamente l’importanza della 'relazione speciale' tra Meloni e Trump oggi ha perso la voce. Muto all’improvviso. E del resto stanno tutti zitti i sovranisti alle vongole, tutti zitti quelli che dicevano che i dazi sono una opportunità, tutti zitti quelli che dicevano 'Tranquilli, ci pensa Giorgia'". "Spero che gli imprenditori di questo Paese si sveglino dalla cotta che hanno preso per un governo incapace e ininfluente - aggiunge ancora il leader di Italia viva -. Spero che l’Europa si svegli, ora o mai più, uscendo dal letargo della burocrazia. E spero che chi per mesi ha occupato le Tv e i media con la litania del 'Giorgia Meloni è l’amica del cuore di Trump' stiano facendo le valigie per andare in ferie. Qualche settimana al mare, certo. E soprattutto qualche mese lontani dalle redazioni, dai talk, dai social. Alle ultime politiche hanno vinto i sovranisti ma il sovranismo uccide l’Italia che produce. A noi servono la libertà, la globalizzazione, gli accordi commerciali. Il contrario cioè di quello che vogliono Trump e i suoi servi inutili italiani". "Dopo mille giorni di governo sovranista l’Italia di Meloni è più povera e ingarbugliata di prima. E chi lo nega mente", conclude Renzi "Trump fa il gangster: ha appena rovesciato il tavolo delle trattative sui dazi con l’Unione Europea e ha annunciato l’introduzione di dazi al 30% per le merci europee da vendere negli Usa. Dazi che ovviamente riguardano anche l’Italia. A nulla sono servite le vagonate di miliardi di euro che gli Stati europei stanno garantendo all’industria bellica americana, come per altro avevamo previsto. A Trump non basta". Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs in un post su Facebook. "Vuole eliminare ogni tassa sulle sue multinazionali, vuole inondare il mercato europeo - prosegue il leader di Si - di cibi e prodotti che non rispettano i nostri standard e la nostra qualità. Vuole che tutte le aziende europee producano le merci in Usa. In sostanza, vuole strozzare l’Europa e far pagare a noi il gigantesco debito pubblico americano. Tutto ciò non porterà a nulla di buono. Bisogna tenere duro, tenere unita l’Europa e rispondere subito con decisione, soprattutto sulle big tech. Aspettiamo parole chiare dal governo italiano e per una volta speriamo che siano in grado di avere la schiena dritta. Meloni ricordi - conclude Fratoianni - di essere il primo ministro del governo italiano e non un ministro del governo Usa". Il Presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, dice che ora "serve mantenere tutti la calma e avere i nervi saldi. Non possiamo compromettere i nostri mercati finanziari. E’ ovvio che la lettera arrivata dagli Stati Uniti è una sgradevole volontà di trattare". Lino Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio, commenta all'Adnkronos: "Sul tema dei dazi è evidente che l’impatto ricade direttamente sul sistema produttivo. In particolare, per quanto riguarda l’agroalimentare, sono emersi chiaramente anche i rischi legati alle esportazioni: pensiamo al vino, ai prodotti alimentari, ai formaggi e così via. L’export italiano verso gli Stati Uniti, se non erro, si aggira intorno ai 70 miliardi di euro — una cifra tutt’altro che trascurabile. Si tratta quindi di un mercato strategico, da tutelare con attenzione, e politiche di tipo protezionistico certamente non vanno in questa direzione". Così Ieri, ad esempio, il Presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha affrontato apertamente il tema, sottolineando che – se certe condizioni dovessero concretizzarsi – esiste un reale rischio di recessione. "La situazione è complessa - spiega Stoppani - perché questi fattori incidono anche sul tasso di cambio con la valuta americana. Un eventuale deprezzamento del dollaro aggraverebbe ulteriormente i danni previsti, raddoppiandone l’impatto. Infatti, un dollaro più debole rende più costosi per gli americani i beni importati e, allo stesso tempo, riduce la competitività del nostro sistema turistico", sottolinea. "Basta pensare a quanti americani, che vivono delle proprie entrate e redditi, rappresentano una parte importante del flusso turistico verso l’Italia. Perdere una fetta di quel turismo – proprio a causa della perdita di competitività dovuta al cambio sfavorevole – significherebbe subire un danno economico concreto e significativo", prosegue ancora. Alla domanda se ci siano tatticismi nel comportamento di Trump, Stoppani risponde: "Non so se ci siano dietro dei tatticismi", risponde. "È evidente, però, che i comportamenti di Trump — anche quelli più recenti — hanno mostrato una certa instabilità nelle sue decisioni: prima interviene, poi rettifica, poi sospende... Insomma, non si tratta certo di una linea diplomatica coerente. Queste oscillazioni, in ogni caso, non giovano all’economia, perché generano instabilità, incertezza e complicano anche la gestione commerciale delle attività", conclude.
(Adnkronos) - Nasce 'Dedalo-laboratorio permanente sul fenomeno Neet'. Il progetto, unico nel suo genere, istituisce da oggi un osservatorio e un laboratorio nazionale che accende un faro continuativo e sistemico per studiare e comprendere le cause profonde dell’allontanamento dei giovani dai percorsi scolastici, formativi e dal mondo del lavoro, mappare e far conoscere le progettualità attivate nei territori e stimolare iniziative di contrasto e prevenzione. Dedalo è realizzato da Fondazione Gi Group in partnership con l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, in collaborazione con ZeroNeet - il programma di contrasto al fenomeno dei Neet promosso da Fondazione Cariplo - e Fondazione Compagnia di San Paolo. Il progetto si pone come punto di riferimento per l’intera società - istituzioni, terzo settore, scuole, università, aziende e famiglie - offrendo uno spazio condiviso, che, attraverso un portale interattivo dedicato - fondazione.gigroup.it/dedalo - mette a disposizione un patrimonio di risorse unico, composto da database nazionali e regionali sui Neet, analisi approfondite, interpretazione e sintesi di dati, e una raccolta di buone pratiche per affrontare il fenomeno. Il progetto è stato presentato questa mattina a Roma nel corso di un evento istituzionale promosso dal presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, Walter Rizzetto, presso la Sala Tatarella della Camera dei Deputati, alla presenza di rappresentanti del mondo politico-istituzionale, accademico, educativo, del lavoro e del terzo settore e con l’autorevole contributo della Viceministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maria Teresa Bellucci, del sottosegretario di Stato presso la Presidenza del consiglio dei ministri con delega al Sud, Luigi Sbarra, del presidente dell’Inps, Gabriele Fava e della Vicepresidente della Commissione parlamentare per l’Infanzia e l’adolescenza, Simona Malpezzi. L’evento è stato anche l’occasione per presentare la prima edizione dello studio sviluppato nell’ambito di Dedalo che, attraverso un approccio multidimensionale - supportato dal contributo scientifico di alcuni tra i maggiori esperti di politiche del lavoro e demografia in Italia e dalle elaborazioni di Odm consulting – apre la strada a nuove prospettive per comprendere e affrontare il fenomeno Neet nel nostro Paese. Fondazione Gi Group ha, inoltre, condiviso l’auspicio di istituire la 'Giornata nazionale per il contrasto al fenomeno Neet', proposta che è stata sostenuta dal presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, Walter Rizzetto. Lo studio introduce una metodologia di classificazione dei Neet che, a partire dalla classificazione Eurofound – tra gli standard di riferimento internazionali - ed elaborando l’indagine Istat Forza di lavoro, offre una lettura del fenomeno a una profondità senza precedenti, permettendo di comprendere specificità inedite e di cogliere, a un livello di dettaglio superiore alle tradizionali analisi, l’eterogeneità e la complessità di questa condizione dei giovani. Su un totale di 2.078.705 di Neet italiani nel 2024, la condizione prevalente è la disoccupazione di lungo periodo, ovvero superiore a un anno (14%), seguita dai motivi famigliari legati all’essere casalinga, volere più tempo per la famiglia o aspettare un figlio (13,1%), e da chi è in attesa di risposte da ricerche di lavoro passate (12,4%). Elevata anche la quota di chi è Neet per motivi di vera e propria cura familiare che, su un totale di 11,8%, per il 9,4% sono il risultato di una scelta e per il 2,4% sono invece legati all’indisponibilità di servizi o al loro costo eccessivo. Una delle componenti più critiche del fenomeno è quella degli scoraggiati (11,2%): tra questi, la fetta prevalente (9,5%) pensa di non riuscire a trovare un lavoro in generale e un ulteriore 1,7% di non riuscire a trovare un lavoro adeguato alle proprie esigenze. Da una prospettiva di genere, tra la popolazione femminile prevale chi è Neet per responsabilità familiari (20,6% vs appena 2,4% dei maschi) e per responsabilità di cura 'scelte' (15,8% vs 0,4%) mentre tra i maschi sono più numerosi i disoccupati di lungo periodo (19% vs 10,5%) e chi è in attesa di risposte da esiti di ricerche passate (15,8% vs 9,9%). Per quanto riguarda gli scoraggiati, l’analisi evidenzia una prevalenza della componente maschile (13,6%) su quella femminile (9,5%). Anche l’età rappresenta un fattore di differenziazione. Se fra i 15-19 anni prevale la categoria dei Neet in transizione (20,3%), nella fascia 20-24 anni sono invece più numerosi i disoccupati di lungo periodo (17,4%), chi è in attesa di risposte (16,8%) e gli scoraggiati, che hanno in questo gruppo il loro valore più alto (12,2%). Nella fascia 25-29 prevalgono invece i disoccupati di lungo periodo (14,5%), mentre restano su valori alti anche gli scoraggiati (10,9%). Rilevante osservare come la quota di chi è Neet per responsabilità famigliari aumenti con l’aumentare dell’età fino a raggiungere il picco del 20,5% nella fascia dei giovani adulti (30-34 anni). L’inefficacia di un programma come Garanzia Giovani - che, come è noto, non è riuscito a coinvolgere i soggetti che maggiormente ne avrebbero avuto bisogno - sottolinea come, in assenza di strategie specifiche di intercettazione, siano proprio i giovani più vulnerabili e scoraggiati a restare fuori dal raggio delle politiche pubbliche. Per affrontare con efficacia il fenomeno Neet, è invece necessario sviluppare azioni dedicate sia in ottica di prevenzione - per evitare che i giovani entrino in tale condizione - sia di reintegro per chi ne è già coinvolto. In questa prospettiva, considerando che in Italia non esisteva fino a oggi una raccolta di progetti che permettesse di far conoscere oltre i confini locali le buone pratiche di intervento, Fondazione Gi Group ha avviato un’operazione di sistematizzazione delle progettualità lanciate sui territori, con riferimento nello specifico a quelle di reintegro, arrivando a mappare 20 iniziative attraverso un ampio studio esplorativo e il dialogo con una molteplicità di soggetti istituzionali ed esperti di politiche del lavoro. Le iniziative individuate interessano un numero di Regioni che, complessivamente, rappresentano l’85% dei Neet nella fascia di età 15-29 e l’85,6% dei giovani nella fascia di età 15-34 anni nel 2024. I progetti, pur differendo per target e per metodologie di intervento, condividono l’intento comune di riattivare i giovani nella consapevolezza di sé, dei propri desiderata, competenze e valori. Queste iniziative coinvolgono una rete ampia e trasversale di attori - dagli enti pubblici alle imprese private, dai player del lavoro al terzo settore, fino agli oratori e ai centri sportivi - e una varietà di ruoli: accanto a una figura di governance sempre presente (di solito project leader o coordinatore/trice), è fondamentale il ruolo sia degli educatori, con background in discipline psicologiche, pedagogiche o umanistiche, sia di figure con competenze più informali o specifiche che sul territorio si occupano a vario livello di giovani e della loro inclusione nel contesto sociale, scolastico e lavorativo. È il caso dei Link Worker, o dei Peer Educator, giovani che hanno già vissuto in prima persona le iniziative proposte dal progetto e che ne diventano protagonisti attivi nell’avvicinare altri giovani. Tra le altre figure chiave, psicologi e psicologi del lavoro, assistenti sociali e docenti. Accanto ai numerosi punti di forza e alle opportunità offerte da questi progetti, l’analisi ha posto in evidenza anche alcune criticità, segnalate dagli stessi stakeholder. Emerge in primo luogo la mancanza di un sistema centrale nazionale, o anche solo regionale o provinciale, capace di mappare le realtà sul territorio che possono essere coinvolte nei progetti, tra cui scuole, università e aziende. A questo si aggiunge la difficoltà di ingaggiare figure con competenze informali, come nel caso dei peer educator, spesso escluse dai bandi per mancanza di titoli riconosciuti. Ulteriori criticità sono poi legate alla difficoltà di trovare fonti di finanziamenti e alla durata limitata degli stessi progetti. Un fattore è poi rappresentato dalla gestione delle relazioni con le famiglie, che talvolta scoraggiano la partecipazione dei figli ai percorsi privilegiando entrate da lavoro sommerso o assegni sociali o opponendosi alle iniziative nel momento in cui le dinamiche famigliari vengono riconosciute come concausa della condizione del o della giovane. Pesano inoltre sia il rischio di abbandono precoce del percorso anche per motivi 'futili' sia in molti casi la scarsa integrazione degli istituti formativi nei progetti e nell’identificazione precoce dei giovani a rischio di dispersione. Un ulteriore ostacolo, infine, è rappresentato dal lavoro sommerso, che disincentiva il coinvolgimento in progetti e viene percepito in alcuni contesti come 'l’unica soluzione possibile' o come un’occasione di guadagno consistente, veloce e senza troppi vincoli. “Sono orgogliosa di annunciare la nascita di Dedalo, un progetto unico nel suo genere, con cui da oggi istituiamo un Osservatorio e Laboratorio permanente per studiare, comprendere e affrontare in profondità il fenomeno Neet. Come persone, professionisti e come Paese non possiamo permetterci di continuare a lasciare 'soli', ai margini del mondo dello studio e del lavoro, più di due milioni di giovani, dilapidando il potenziale delle nuove generazioni a scapito non solo della loro realizzazione di vita ma anche delle possibilità di sviluppo e benessere dell’intero Paese”, afferma Chiara Violini, presidente di Fondazione Gi Group. Prosegue Violini: “In questo senso, a partire dal nostro studio e dalla nostra esperienza, rivolgiamo alle istituzioni e a tutti gli stakeholder cinque proposte per supportare in modo sistemico i giovani nel loro percorso verso il lavoro e la realizzazione di sé. Innanzitutto, è necessario promuovere in Italia un sistema duale capace davvero di rafforzare il collegamento tra scuola e lavoro. In secondo luogo, occorre potenziare l’orientamento attivando percorsi fin dalla prima infanzia, rivalutare l’obbligo scolastico in rapporto al conseguimento di un titolo di studio riconosciuto e introdurre misure di sostegno economico per i giovani che vengono da situazioni più disagiate. Terzo, è necessario potenziare l’istruzione terziaria e promuovere politiche di apprendimento permanente per ridurre il rischio di obsolescenza delle competenze. Quarto, avviare percorsi multistakeholder di riattivazione e reinserimento, integrati da strumenti quali incentivi economici, servizi di cohousing e di mobilità che stimolino la partecipazione. Infine, intendiamo sollecitare le istituzioni a livello nazionale e regionale a trovare soluzioni e modalità che permettano di analizzare il fenomeno Neet attraverso dati di flusso, diretti e continuativi sull’intera popolazione, così da poter seguire il percorso individuale di studio e lavoro delle persone durante la loro intera vita e arginare il rischio di dispersione". Con Dedalo, portiamo a un nuovo livello il nostro impegno per il lavoro sostenibile, quel lavoro che è leva fondamentale di coesione sociale, sviluppo personale e generazione di valore per le persone e per la collettività. Ringrazio tutti i partner che hanno condiviso la nostra visione e scelto di accompagnarci in questo percorso innovativo che potrà diventare un riferimento per tutto il Paese.”
(Adnkronos) - Il Consiglio di Amministrazione di Fondazione Banco Alimentare Ets, recentemente insediato, ha nominato Marco Piuri nuovo presidente della Fondazione e Pietro Maugeri come vicepresidente. Contestualmente, è stato conferito l’incarico di direttore generale a Donato Didonè, già membro del Board of Directors di Feba (Federazione Europea dei Banchi Alimentari). Piuri succede a Giovanni Bruno, che ha guidato la Fondazione per due mandati, dopo un precedente impegno all’interno del Consiglio di Amministrazione, accompagnandola in un decennio di trasformazioni profonde, tra cui la pandemia e le conseguenti crisi economiche e sociali - spiega Banco Alimentare in una nota - Sotto la sua guida, Banco Alimentare ha rafforzato la propria identità e capacità di risposta, consolidandosi come riferimento nel Terzo Settore per il recupero delle eccedenze alimentari e il sostegno a chi è in difficoltà. Marco Piuri, classe 1960, laureato in Economia e Commercio all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, porta con sé un ampio bagaglio di esperienza manageriale a livello nazionale e internazionale e in società quotate. È noto per la sua capacità di coniugare rigore gestionale, visione strategica e attenzione alla persona. “Raccolgo con gratitudine il testimone di una grande esperienza, costruita con intelligenza, passione e dedizione in oltre trent’anni di storia - ha dichiarato Marco Piuri - Un patrimonio prezioso che va custodito e, allo stesso tempo, rilanciato e rinnovato profondamente: perché le sfide che ci attendono - dalla crescente povertà alimentare alla necessità di moltiplicare le occasioni di recupero lungo tutta la filiera - ci chiedono di innovare, collaborare, agire con sempre maggiore efficacia e responsabilità. Vogliamo intensificare la cooperazione con le aziende, le istituzioni e i territori, ampliando la capacità di recupero lungo tutta la filiera e sostenendo le oltre 7.600 strutture caritative convenzionate, che ogni giorno portano aiuto concreto a circa 1.800.000 persone. Il nostro obiettivo è duplice: alleviare i bisogni e generare cultura della condivisione”. A guidare operativamente la Fondazione sarà Donato Didonè, nominato direttore generale. Didonè ha maturato una lunga esperienza all’interno di importanti realtà della produzione agroalimentare, sviluppando una profonda conoscenza del settore. “Porto con me competenze nel settore food e una rete di rapporti e relazioni che potrà rafforzare la capacità di Banco Alimentare di recuperare più cibo, contribuendo in maniera incisiva alla lotta alla povertà alimentare mantenendo l'attaccamento all'origine del Banco - ha dichiarato Didonè - Dal giugno 2024 ho assunto anche il ruolo di delegato per Banco Alimentare all’interno della Federazione Europea dei Banchi Alimentari (Feba): un’occasione preziosa per condividere buone pratiche, dialogare a livello europeo e portare in Italia stimoli e strumenti utili per affrontare le nuove sfide che ci attendono”. Il nuovo Cda, che guiderà la Fondazione nel triennio 2025-2028, è composto da: Berni Leonardo, presidente Banco Alimentare Toscana Odv, Cfo Gruppo Teresa e Tommaso Becagli; Falcone Francesco Gerardo, presidente Banco Alimentare Calabria Odv, imprenditore settore alberghiero; Galbiati Emiliano, Partner Dgm Consulting Srl Sb, consulente di direzione; Maugeri Pietro, neo eletto vicepresidente del Cda di Fondazione Banco Alimentare, presidente Banco Alimentare della Sicilia Odv, dottore commercialista specializzato in diritto del lavoro e partner Studio Scacciante&Associati; Kron Manuela, consulente, direttore Corporate Affairs Nestlè Italia fino al 2024; Piuri Marco, presidente Fondazione Banco Alimentare Ets, Senior Executive Manager; Sacco Daniele, Gruppo Mondadori Srl_HR, Legal and Organisation Director; Seddio Pasquale, ricercatore e professore aggregato di Economia aziendale presso il Dipartimento per l'Economia e l'Impresa (Disei) dell'Università degli studi 'Amedeo Avogadro di Novara', docente Facoltà di Scienze Politiche e Sociali presso l'Università Cattolica di Milano/ricercatore e docente universitario; Tuzzi Alessandro, Università Cattolica del Sacro Cuore, vicedirettore Generale e direttore Area Pianificazione, Amministrazione e Controllo di Gestione.