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(Adnkronos) - "Siamo abbastanza tranquilli sugli stoccaggi, sicuramente a livello nazionale, sono quasi al 90%, ma anche a livello europeo ancorché un po' più basso, il livello è buono". Cosi il ministro dell'Ambiente e sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin durante un punto stampa a margine del Forum Teha a Cernobbio. "La situazione dovrebbe essere abbastanza equilibrata in maniera tale da non destare enormi preoccupazioni, poi bisogna sempre essere cauti nel fare queste affermazioni", ha osservato. Sul fronte dei prezzi "per l'Europa pesa il livello di stoccaggi per l’inverno ma poi dipende dalle pipeline, se tutte funzionano dovrebbe esserci abbastanza tranquillità e la cosa dovrebbe incidere anche sul prezzo". Quanto all'ipotesi di aumentare le forniture di gnl dagli Stati Uniti, "gli Usa in questo momento stanno offrendo sul mercato gas a un prezzo abbastanza competitivo, ci sono meno rischi ad averlo da Occidente che averlo da Oriente" ed infatti "ci sono operatori importanti a livello nazionale che si sono rivolti agli Usa e che stanno facendo di tutto per agevolarci". "Sto pensando di rimandare la data" per lo smantellamento delle centrali di carbone previsto per il 31 dicembre del 2025, per "tenerle come riserva sull'emergenza" vista la complessa situazione geopolitica globale. "Noi non produciamo più energia elettrica dalle centrali a carbone, in particolare Brindisi e Civitavecchia, le due grandi centrali che dovrebbero non solo cessare il 31 dicembre del 2025 ma essere smantellate". Tuttavia, spiega, "era una decisione nata a fine del decennio precedente" ed "è chiaro che rispetto ad allora abbiamo la guerra in Europa, abbiamo una situazione molto difficile nel Mediterraneo, abbiamo periodi internazionali che si muovono di ora in ora e non solo di giorno in giorno, pertanto non ho intenzione di smantellare le centrali a carbone sulla parte continentale ma di tenerle come riserva sull'emergenza". "Io credo - conclude - che nessuno ad oggi è in grado di garantirci la sicurezza e quello può essere un elemento che ci garantisce sicurezza". Possibile bollette più leggere nella prossima manovra, ha poi indicato il ministro dell'Ambiente intervistato dall'Adnkronos a margine del Forum. "Stiamo valutando in ottica della manovra di fine anno - spiega - un ragionamento più ampio che può riguardare un po' tutti, un po' le bollette, che non è ancora maturo in questo momento e che non può essere enorme di entità perché non compatibile" con le esigenze di bilancio. Il livello degli stoccaggi "oggi è quasi al 90%, abbiamo raggiunto quasi l'obiettivo di stoccaggio e se facciamo una valutazione limitata all' Italia la situazione è abbastanza tranquilla, anche riferita a quella europea", ha poi detto il ministro, indicando comunque che "gli stoccaggi degli altri paesi" europei "sono tutti inferiori ai nostri". Sul fronte dei prezzi "non c'è enorme preoccupazione ma non si può mai dire con certezza", avverte il ministro visto che la dinamica dei prezzi dipende da molti fattori come il funzionamento delle "pipeline" e "la speculazione". Il consumo dei data center e la carbon capture saranno nel menu del decreto Energia atteso entro settembre, ha quindi spiegato il ministro. Il decreto interviene sul tema dell'intasamento "virtuale della rete che riguarda i data center, che è la nuova emergenza che abbiamo" afferma, rilevando che "i data center sono grandi consumatori, talmente grandi che necessitano una procedura giuridica, ecco perché interveniamo nella regolamentazione". Nel dl anche le norme sulla carbon capture: si tratta di "iniettare la co2 nei giacimenti esausti di gas -dice - un' operazione importante" che per novità e ricerca "ci mette in prima fila a livello mondiale". Sul nucleare "l'obiettivo è entro la chiusura della legislatura di arrivare alle norme attuative e completare il quadro giuridico", ha aggiunto ai microfoni dell'Adnkronos. "Poi lo scenario sarà valutare i prodotti" e in quella sede "verranno fatte le valutazioni del caso e la vera scelta di investimento pubblico e o privato che sia", aggiunge.
(Adnkronos) - Quando il mare chiama, lo Stato deve rispondere. Con questo motto l'Anab, l'associazione nazionale degli assistenti bagnanti lancia la proposta di una gestione pubblica della categoria. "La salvaguardia delle vite umane in contesti balneari -spiega ad Adnkronos/Labitalia Guido Ballarin, presidente nazionale Anab- rappresenta un diritto fondamentale ed è parte integrante del concetto moderno di bene pubblico. Oggi, la sicurezza in spiaggia è affidata quasi integralmente agli stabilimenti balneari privati, con conseguenze operative, economiche e sociali significative. Proporre una gestione dello Stato per gli assistenti bagnanti significa non solo tutelare meglio i cittadini, ma generare anche entrate statali dirette e indirette, rafforzando professionalità e coesione territoriale", sottolinea. Professionalità che, sottolinea Ballarin, in Italia al momento spesso e volentieri mancano, "nella misura di un 20% della forza lavoro necessaria per la stagione estiva.Questo deficit si traduce in difficoltà operative per gli stabilimenti, in particolare nei periodi di punta". "E gli stipendi, quando sono accettabili, si aggirano tra 1.300 e 1.800 euro mensili, ma con contratti poco rappresentativi e scarsa tutela. Noi segnaliamo da tempo che 'salari bassi e stagione troppo corta' rendono la professione poco attrattiva, aggravando la carenza di personale", aggiunge. Secondo Ballarin "la durata della stagione varia significativamente: dal maggio a settembre al Nord, e periodi ancora più corti al Sud. Questo rende incerto il lavoro e svilisce la professione". E l'assenza di assistenti bagnanti va di pari passo con spiagge meno sicure. "Sebbene le ordinanze impongano la presenza di un bagnino ogni 80–150 metri, nelle spiagge libere il servizio è spesso assente, soprattutto per motivi economici. Nel 2024 sono stati registrati 221 decessi per annegamento, con oltre il 50% dei casi verificatisi nelle spiagge. Questo evidenzia il ruolo cruciale degli assistenti bagnanti nel prevenire tragedie e l’urgenza di un servizio sistematico e continuativo", continua ancora. E qui arriva la proposta dell'Anab: "si propone la creazione di un corpo statale di assistenti bagnanti, analogamente ai vigili del fuoco o alla forestale, con contratti nazionali stabilizzati, formazione coerente e organico centrale. Il passaggio sotto gestione statale dovrebbe migliorare le condizioni economiche e normative, garantendo formazione continua, stabilità contrattuale e riconoscimento professionale. E il servizio non sarebbe gratuito: i concessionari balneari pagherebbero un canone proporzionato a metratura, presenze, redditività allo Stato, generando un fondo nazionale stabile per sostenere il servizio", aggiunge ancora. Per Anab i benefici derivanti da questa scelta non sarebbero pochi. "Uno Stato unico coordinatore assicurerebbe la presenza del servizio anche sulle spiagge meno profittevoli o libere, garantendo migliori standard di sicurezza. E stipendi garantiti, formazione certificata e qualità contrattuale renderebbero il lavoro più sostenibile e attraente per i giovani", aggiunge. Inoltre, per Ballarin, "l'insieme dei canoni, armonizzati a livello nazionale, costituirebbe una fonte di entrata stabile, in controtendenza rispetto alla situazione attuale di canoni relativamente contenuti rispetto ai ricavi. Con un servizio centralizzato e regolato, le responsabilità legali sarebbero chiaramente definite, diminuendo l’esposizione dei concessionari e dello Stato stesso. Una gestione statale, sinergica con le campagne come 'Spiagge Sicure', promuoverebbe una cultura della balneazione consapevole e sicura". In conclusione per Ballarin: "La proposta di un servizio di assistenza balneare gestito dallo Stato non è solo un passo verso maggiore sicurezza, ma una vera e propria strategia di equo sviluppo socioeconomico. Equiparare la figura dell'assistente bagnanti a quella dei corpi civili nazionali significa restituire dignità a una professione troppo spesso marginale". "Parallelamente, lo Stato può trasformare un bisogno sociale in un modello di investimento pubblico-professionale, con ritorni in sicurezza, occupazione e turismo", conclude.
(Adnkronos) - Benessere delle famiglie con animali d’affezione, l’Italia non tiene il passo: i servizi offerti nel settore pet care mostrano ritardi strutturali e forte disomogeneità tra Comuni costieri e interni. E' la fotografia del XIV rapporto nazionale 'Animali in Città' di Legambiente sulle performance dei Comuni e delle Asl nella gestione degli animali nei centri urbani (con il patrocinio di Anci, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Enci, Fnovi, Amvi e Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva), presentato questa mattina in occasione ella 37esima edizione di Festambiente, il festival nazionale del Cigno Verde dal 6 al 10 agosto a Rispescia (GR). Nel 2024, su un campione di 734 amministrazioni comunali (appena il 9,3% dei comuni italiani) che hanno risposto in modo completo al questionario di Legambiente, solo il 39,5% (meno di 4 comuni su 10) ha ottenuto una performance almeno sufficiente nella gestione degli animali d’affezione. Di questi - spiega l'associazione - 82 Comuni costieri (il 12,7% del totale in Italia) e 652 interni (il 9% del totale) che, pur condividendo ritardi strutturali, dimostrano andamenti divergenti, con differenze marcate nella qualità e disponibilità dei servizi offerti ai cittadini e ai loro animali. La disomogeneità più evidente riguarda l’accesso ad aree libere per cani: presenti nel 36,2% dei Comuni costieri e nel 10,4% appena dei Comuni interni - rileva Legambiente - Altra differenza si registra per i servizi di pensione per animali, disponibili nel 57,3% dei Comuni costieri e in appena il 21,9% di quelli dell’entroterra. Nella gestione del fine vita degli animali d’affezione, invece, solo il 28% dei Comuni costieri e il 10% degli interni ha predisposto regolamenti per cremazione, tumulazione o inumazione. Altro tema sensibile sono botti e fuochi d’artificio, spesso fonte di stress per gli amici a quattro zampe - si legge nel report - ad adottare regolamenti specifici per limitarne l’uso il 21,9% dei Comuni costieri e l’8,3% di quelli interni. Ancora limitata, poi, la presenza di Sportelli Animali o di un Garante per i diritti degli animali (l’8,5% dei Comuni costieri e il 4,4% per quelli interni) e di un sostegno economico ai cittadini nella sterilizzazione degli animali (14,6% e 4,7%). Un grave ritardo dei Comuni costieri - avverte l'associazione - è costituito dall’adozione di un regolamento per la corretta fruizione delle spiagge da parte delle famiglie con animali d’affezione, presente solo nel 23,2% dei casi. Il Cigno Verde è tornato a denunciare, poi, l'assenza di una sanità veterinaria pubblica di prossimità. Non solo la fotografia dei ritardi da colmare. Anche quest’anno Legambiente assegna il Premio 'Animali in città' a quelle realtà virtuose che si sono distinte per l’offerta di servizi e azioni dedicate alla prevenzione del benessere animale, sulla base di 36 indicatori per i Comuni e di 25 per le Aziende Sanitarie. Tra le amministrazioni comunali premiate, Napoli che si distingue per la copertura sanitaria e l’integrazione tra servizi veterinari e socioassistenziali; San Giovanni in Persiceto (BO) che eccelle grazie a servizi integrati, un forte attivismo civico e ordinanze comunali efficaci; Modena per l’investimento economico significativo e una regolamentazione urbana completa a tutela del benessere animale. Tra i Comuni sotto i 5mila abitanti, premiati Zocca (MO) e Campodolcino (SO) per i loro investimenti in educazione civica e in progetti sociali adattati al contesto rurale e montano. Tra le Asl più virtuose, invece, si distinguono Napoli 1, Bergamo e Vercelli, che oltre a fornire dati puntuali, integrano meglio i servizi sanitari con quelli offerti dai Comuni, operando con proattività. "Il XIV Rapporto di Animali in città - dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente - conferma che solo grazie a solide alleanze tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati è possibile garantire il benessere delle famiglie con animali d’affezione. Per questo chiediamo di promuovere ed agevolare la firma di 1.000 accordi o patti di comunità in tutto il Paese. È urgente rilanciare la sanità veterinaria pubblica di prossimità, obiettivo per cui chiediamo al governo di realizzare un piano nazionale a supporto delle Regioni che consenta l’assunzione stabile di 6mila veterinari e alle Regioni il raggiungimento complessivo di 1.000 strutture veterinarie pubbliche (850 tra canili sanitari e gattili sanitari e circa 150 ospedali veterinari pubblici), distribuite equamente sul territorio in rapporto alla popolazione servita. Inoltre, alle Amministrazioni comunali l'appello è di potenziare le aree verdi con libero accesso dedicate alle famiglie con cani, di valorizzare l’applicazione di regolamenti e ordinanze e rafforzare il senso civico grazie al supporto di 10mila guardie ambientali e zoofile delle associazioni di volontariato, per migliorare concretamente la qualità della vita di cittadini e animali”.