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(Adnkronos) - Deputati e senatori domani saranno chiamati a votare a Montecitorio per la decima volta il sostituto alla Corte costituzionale della ex presidente Silvana Sciarra, giudice scaduto l'11 novembre 2023, per cui sono richiesti i 3/5 dell’Assemblea; e per altri tre giudici (il presidente in carica Augusto Barbera, e i vice Franco Modugno e Giulio Prosperetti) in scadenza il prossimo 21 dicembre, per i quali servono i 2/3 dei voti, essendo quello di giovedì il primo scrutinio. Potrebbe essere l'ennesima fumata nera dato che il numero dei voti necessari è altissimo e gli equilibri da mantenere fra i partiti in un risiko di nomine sono estremamente complessi, ma non è detta l'ultima parola. "Non si sa ancora", risponde all'Adnkronos il presidente della Commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama Massimo Balboni. L'intenzione è comunque quella di votare quattro volte, a partire da domani fino a prima di Natale (quando il quorum sarà a 3/5 per tutti) nella speranza di arrivare prima delle feste ad una quadra. In caso contrario l'accordo sarà comunque raggiunto entro gennaio. Tre gli scenari: al momento il più gettonato è quello del 2+1+1 che prevede l'individuazione di un candidato tecnico/indipendente (il così detto 'quarto') in un accordo contemplante due giudici alla maggioranza, uno alle opposizioni, uno indipendente. Ce ne sono però altri due: quello del 3+1, osteggiato dalle forze di opposizione in cui potrebbe replicarsi il modello Rai; e quello del pari e patta, 2+2, gradito all'opposizione. In tutti e tre i casi uno dei quattro incarichi dovrebbe andare ad una donna. Tra le figure più ricorrenti nel toto nomi: per gli indipendenti Roberto Garofoli, Alfonso Celotto, Sandro Staiano; Per Fdi Francesco Saverio Marini, Carlo Deodato, Ida Nicotra Guerrera; Per Fi Francesco Paolo Sisto e Antonio Zanettin; per la Lega, Ginevra Cerrina Ferroni; per il Pd Andrea Pertici e Massimo Luciani; per il M5s Roberto Chieppa e Filippo Donati. Nello scenario 'indipendenti' il presidente di sezione del Consiglio di Stato Roberto Garofoli, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Mario Draghi a Palazzo Chigi nonché segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Governo Letta) sarebbe stato proposto da Elly Schlein a Giorgia Meloni un paio di settimane fa tra i papabili "forse per bruciarlo", dicono fonti vicine al governo che riconoscono "il profilo altissimo" di Garofoli (gradito anche ad Azione) ma non "l'equidistanza". Garofoli fu infatti anche capo dell’ufficio legislativo al ministero degli Esteri con Massimo D’Alema durante il secondo governo Prodi e capo di dipartimento della Funzione Pubblica con Mario Monti premier. Forza Italia ed il Partito democratico avrebbero infatti in mano anche un altro quarto uomo, un jolly nello schema 2+1+1: il costituzionalista "super partes" Alfonso Celotto, professore ordinario di Diritto costituzionale all'Università Roma Tre ed ex capo di gabinetto della ministra per le riforme e la semplificazione normativa Maria Elisabetta Alberti Casellati. E' un "possibile candidato di mediazione", convocato in audizione informale sull'autonomia differenziata in Commissione affari costituzionali a Montecitorio dal Partito del presidente del Consiglio. Da sempre non schierato, avrebbe il vantaggio di "essere di tutti". Prova (con fatica) ad avanzare in quota indipendenti, il nome di Sandro Staiano, professore ordinario di Diritto costituzionale all'Università di Napoli Federico II ed ex presidente dell'Associazione italiana dei costituzionalisti. Apprezzato da Pd, M5s, Avs e giudicato "straordinariamente bravo" dal presidente della Commissione affari costituzionali Nazario Pagano di Fi, in occasione del Convegno '75 anni di rapporti tra Stato e Chiesa cattolica nell’ordinamento costituzionale' presso la Sala della Regina a Montecitorio, non piace però agli altri perché figura "non equidistante" date le sue posizioni fortemente critiche verso il Governo e non da ultimo il trascorso dal 1993 al 1999 da sindaco di Pompei (eletto in una lista a forte matrice di sinistra). Si guarda con scetticismo al quarto tra le fila del M5s: "Io sono in genere perplessa su figure indipendenti che poi magari risultano non esserlo", ha commentato all'Adnkronos Alessandra Maiorino, senatrice pentastellata e membro della Commissione affari costituzionali a Palazzo Madama. Anche se il Movimento è ancora abbottonatissimo sulle candidature, gira voce che potrebbe puntare al presidente di sezione del Consiglio di Stato Roberto Chieppa, segretario generale di Palazzo Chigi durante il Conte 1 o a Filippo Donati, professore ordinario di diritto costituzionale presso l’università di Firenze, già componente del Consiglio Superiore della Magistratura dal 2018 al 2022 (scelto dal M5s). Colpo di scena dal Carroccio: nella partita la Lega non vuole restare a bocca asciutta, il partito del Carroccio intenderebbe infatti rivendicare uno dei seggi della Consulta tra quelli destinati al centrodestra nello schema 3+1. Non conta l'avere ancora in quota il giudice costituzionale Luca Antonini che "starà lì ancora per poco". Potrebbe farsi strada la candidatura di una donna, Ginevra Cerrina Ferroni, vice presidente del Garante per la protezione dei dati personali, che approdando a Palazzo della Consulta lascerebbe in campo un goloso posto vacante "e la partita dipende fortemente anche dal posto che si lascia libero". Tra i nomi graditi a Fratelli d'Italia in cima il favorito Francesco Saverio Marini, professore ordinario di Diritto pubblico all'università Tor Vergata, consigliere giuridico di Giorgia Meloni e autore del ddl costituzionale sul premierato. Con il suo, quello del segretario generale di Palazzo Chigi, Carlo Deodato, il giurista cattolico finito nell'occhio del ciclone per aver bocciato le trascrizioni da parte dei sindaci italiani di nozze gay celebrate all'estero. Figura sponsorizzata da Fdi ed anche apprezzata trasversalmente per il rilevante trascorso anche in Consiglio di Stato da presidente di sezione, Deodato fu scelto dall'allora premier Enrico Letta come capo del Dipartimento affari giuridici e legislativi della presidenza del consiglio. Circola anche il nome di una seconda donna (meno probabile di Ferroni): Ida Nicotra Guerrera, professoressa di Diritto costituzionale a Catania e moglie di Felice Giuffrè, membro laico del Csm in quota Fdi. Per Forza Italia al primo posto c'è Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia. Gli azzurri puntano anche al senatore Antonio Zanettin, avvocato, capogruppo di Forza Italia nelle commissioni Giustizia e Politiche dell'Unione Europea, già componente del Csm in quota Fi. Lascerebbero entrambi i loro ruoli da parlamentari se eletti. Come il senatore Pd A ndrea Giorgis, professore ordinario di Diritto costituzionale, non escluso dalla corsa, in quanto "un ottimo possibile candidato". Voci di corridoio indicano per il Partito democratico oltre a Giorgis, anche Tania Groppi, professoressa ordinaria di Istituzioni di diritto pubblico nell'Università di Siena. Ma Elly Schlein, raccontano, avrebbe "una infatuazione" per Andrea Pertici, l'uomo che rappresentò la Procura di Firenze nel processo contro Matteo Renzi: professore di Diritto costituzionale all’Università di Pisa è stato promosso a dirigente del Partito democratico. Nel frattempo in quota Pd molti rivendicano "il fuori classe", "il migliore candidabile": E' Massimo Luciani, già professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico all'Università degli Studi di Roma, “La Sapienza”, accademico dei Lincei, già presidente della “Commissione per elaborare proposte di interventi per la riforma dell’ordinamento giudiziario”, istituita dal ministro della Giustizia Cartabia nel marzo 2021 (governo Draghi). Stimato trasversalmente è giudicato "un fenomeno" anche da ambienti vicini alla presidente del Consiglio. Su Luciani in quota Pd si potrebbe trovare una quadra ed arrivare ad "una maggioranza di grande garanzia": "Sarebbe il massimo", "non ha mai avuto un incarico politico e mai ha usato una parola di troppo". (di Roberta Lanzara)
(Adnkronos) - "Noi siamo convinti che questa Manovra non guardi alle condizioni reali del Paese e che il governo non percepisca il disagio sociale che oggi attraversano i lavoratori. Disagio sociale che è sotto gli occhi di tutti. Il governo parla di crescita ma abbiamo la produzione industriale in calo e tantissime crisi nel comparto manifatturiero. E sembra che nessuno abbia idea di che tipo di sviluppo questo Paese deve avere e quale centralità produttiva nel contesto anche internazionale. Noi venerdì prossimo abbiamo indetto lo sciopero e saremo in piazza per queste ragioni". Così, con Adnkronos/Labitalia, Antonio Di Franco, segretario generale della Fillea Cgil, la categoria degli edili del sindacato di Corso d'Italia, sulle ragioni alla base dello sciopero generale del prossimo 29 novembre indetto da Cgil e Uil. "Io non so -sottolinea Di Franco- in che Paese viva chi critica la scelta che ha portato Cgil e Uil a scioperare. Lavoratori e pensionati quest'anno hanno pagato 17 miliardi di euro in più di Irpef. Noi abbiamo chiesto di investirli in sanità, scuola e ulteriore riduzione del cuneo fiscale, ma non è stato fatto. In tutto ciò il potere d'acquisto dei salari è diminuito del 10%, l'inflazione in questi anni ha fatto segnare un rimbalzo del 17%. E sugli extra profitti di banche e aziende accumulati in questi ultimi anni non è stato fatto nulla, non sono stati redistribuiti alla collettività in termini di welfare, ma in dividendi agli azionisti", aggiunge ancora il dirigente sindacale. Per Di Franco "abbiamo forme di sfruttamento del lavoro che sono fuori controllo e che non sono più localizzate solo in un'area geografica. E questo dovrebbero essere le priorità del governo. E' questo disagio sociale che stiamo provando a raccontare. Noi abbiamo fatto lo sciopero anche con i precedenti governi, perchè riteniamo che questo Paese non sta andando nella direzione giusta", ribadisce. E Di Franco è entrato anche nel merito dello stato di salute del settore delle costruzioni. "Il settore per fortuna, come dicono anche i dati Istat, è ancora in crescita. Uno dei pochi segmenti dell'economia che riesce a mantenere in piedi la crescita del Paese. Sicuramente c'è la spinta del Pnrr, su cui siamo fortemente in ritardo, e le 'code' dei bonus edilizi di questi anni. E poi c'è una cosa: i lavoratori edili stanno spingendo come non mai, lavorando a ciclo continuo in tutte le opere pubbliche, si stanno sobbarcando il peso del raggiungimento degli obiettivi del Pnrr. Tanti stanno morendo sul lavoro, quelli che non muoiono sono molto stanchi. E hanno bisogno di rispetto. In primis sul contratto dei lavoratori dell'edilizia, sul quale siamo in fase di trattativa e noi abbiamo fatto una richiesta importante. Le associazioni datoriali hanno i bilanci in utile, tutte le imprese delle costruzioni in questo momento sono sane, è il momento di redistribuire questo benessere ai lavoratori. Segnali di tipo diverso non sarebbero capiti da parte nostra", sottolinea il leader della Fillea. Secondo Di Franco, "il settore ancora regge ma il governo non ha intenzione di investirvi. Ha votato contro la direttiva Ue case green insieme all'Ungheria, ma il nostro Paese entro gennaio 2026 dovremo proporre un piano su come gestire quell'efficientamento energetico". "Ma non c'è nessun confronto con il governo, che per tutta risposta in questa manovra propone non un riordino dei bonus edili, ma bensì un taglio, una prospettiva che non va oltre i due anni. E se guardiamo all'idea dell'esecutivo di ridurre le detrazioni per i lavori edili dal 50% al 36%, e farli durare solo fino al 2027, significa spalancare le porte al lavoro sommerso e all'economia irregolare", rimarca. E per il sindacalista un ruolo centrale a tutela della legalità nel settore edile è svolto dalle Casse edili. "Le casse edili -sottolinea sono nate più di 100 anni fa, sono oggi un presidio di legalità e svolgono una funzione pubblicistica nell'emissione del Durc e si occupano di erogare ai lavoratori pezzi di salario che non avrebbero mai avuto in un settore frammentato come quello edile. Oggi casse e scuole edili si occupano di formazione e prevenzione. Negli ultimi anni le prestazioni sociali date dalla contrattazione delle casse edili, oltre a quelle salariali, ammontano a più di 100 milioni di euro all'anno. Siamo l'unico settore che è riuscito a mettere in campo un welfare contrattuale capace di dare risposte ai lavoratori e anche alle imprese. Chi oggi attacca le case edili attacca un pezzo di salario dei lavoratori e questo è pericolosissimo", avverte il sindacalista. Senza le casse edili "come garantiremmo il pagamento di ferie e tredicesime dei lavoratori? e come garantiremmo il controllo del processo di regolarità?", sottolinea Di Franco. Secondo il segretario, "qualcuno pensa di fare campagna acquisti dietro una demonizzazione del sistema bilaterale delle costruzioni. Si deve agire sulla rappresentanza, oggi ci sono tante sigle che ho difficoltà a capire chi rappresentano". "Si deve avere consapevolezza che spesso sono proprio sigle pseudo enti bilaterali di questo tipo a rilasciare falsi attestati di formazione che determinano poi infortuni mortali. Casse edili lavorano con Inps e Inail, si vuole mettere in dubbio le attività con questi soggetti?", conclude.
(Adnkronos) - "Conai è un modello europeo, nell'organizzazione e nei risultati. Gli obiettivi al 2030 li abbiamo già superati, questo vuol dire che è un sistema che funziona ma che deve vederci impegnati in molte realtà d'Italia nella raccolta differenziata. La cultura della differenziata si acquisisce un po' per volta". Così il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto intervenendo alla presentazione del nuovo Rapporto di Sostenibilità 2024 di Conai, questa mattina a Roma. Il settore dell'economia circolare è "una gamba della nostra economia, ci permette di primeggiare, ci dà materia prima, quindi valore, benefici, benessere".