ENTRA NEL NETWORK |
ENTRA NEL NETWORK |
(Adnkronos) - I disturbi del comportamento alimentare "sono un cancro dell'anima. Necessitano di educazione alimentare e stili di vita, ma anche di un ambiente sostenibile dal punto di vista emotivo, un ambiente che ti fa sentire amata". Così Nadia Accetti, fondatrice di DonnaDonna Onlus, l'associazione nata dalla sua esperienza di vittoria sui disturbi alimentari avendo sofferto per oltre 10 anni di anoressia e bulimia, in occasione di un evento che si è svolto oggi al Consiglio regionale del Lazio dove è stata inaugurata una panchina lilla. Accetti mostra ai partecipanti dell'iniziativa in Sala Etruschi, tra cui diversi consiglieri regionali, un opuscolo realizzato dal Ministero della Salute e con la collaborazione dell'associazione, dove sopra c'è disegnato un cuore spezzato: "è quello di chi soffre ma anche dei propri familiari - sottolinea - Su questo tema c'è ancora tanto da fare, ma oggi aggiungiamo un altro tassello importante sul lavoro che si sta compiendo" per far fronte ai disturbi del comportamento alimentare. "La prevenzione è sicuramente essenziale", dice la fondatrice di DonnaDonna Onlus ricordando che "chiedere aiuto per chi ha sofferto è veramente complicato. Purtroppo si chiede aiuto solo quando ci si è fatti molto male. Io ho sofferto per oltre dieci anni e conosco benissimo questo 'cancro dell'anima'. È un limbo tra le dipendenze e la salute mentale e bisogna rompere anche lo stigma su questo. Ma ancora di più mi viene da dire che è proprio fame d'amore, fame di vita". In occasione della Giornata nazionale del fiocchetto lilla del 15 marzo, "auspico - aggiunge Accetti - che tutti noi la celebriamo per gustare insieme la vita. Io per anni non sentivo più il gusto del sapore del cibo, ma perché non sentivo il gusto della vita. Oggi presentiamo anche un poster informativo con il QR code che riporta l'opuscolo del Ministero della Salute. Questo poster girerà tra scuole e i comuni. A cascata spero possa arrivare in tutte le case, in tutte le famiglie, ma soprattutto raggiungere tutti i cuori".
(Adnkronos) - La differenza di genere impatta anche sul tema della salute e sicurezza sul lavoro. In particolare, per le donne, ci sono tematiche in questo senso più stringenti, tra queste la questione degli abusi, molestie e violenze nei luoghi di lavoro. L’Aifos, la principale associazione italiana di operatori e formatori sulla sicurezza sul lavoro, ha realizzato un’indagine interna su un campione di oltre 300 rispondenti sul tema della valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro in base al genere. E dalla survey emerge che il 45% delle aziende ha redatto un documento di valutazione dei rischi connessi in generale alle differenze di genere, contro il 40% che non l’ha fatto, mentre solo il 25% dei rispondenti ha implementato ed attuato un sistema di gestione delle pari opportunità. E rispetto al tema specifico della predisposizione di un documento di valutazione del rischio violenze e molestie nei luoghi di lavoro, solo il 35% delle aziende ha risposto in modo affermativo contro circa il 50% che ha dato una risposta negativa. Ma cos’è il documento di valutazione rischi? È il documento, obbligatorio per legge, stilato a seguito della valutazione dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito di una organizzazione, per la cui stesura è obbligatorio coinvolgere e consultare anche il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (rls). All'interno del documento sono individuate le misure di prevenzione e di protezione, con il relativo programma di attuazione, per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza. Si tratta del primo adempimento in materia di prevenzione, una assesment dal quale prende il via tutta la “macchina” della tutela del lavoratore poiché anche la stessa attività formativa va tarata sulla base dei rischi concretamente rilevati nell’attività lavorativa, rischi che dipendono dalla mansione svolta dal lavoratore ma che possono essere amplificati da elementi psichici e fisici propri del lavoratore. Tornando alla ricerca, per la maggior parte del campione, oltre il 90%, le difficoltà sono soprattutto legate ad una scarsa sensibilità culturale nei confronti della tematica. L’88% degli esperti di formazione in salute e sicurezza sul lavoro, tuttavia, sostiene che tra gli argomenti più importanti da conoscere in un corso di formazione sulla tematica di genere, sia proprio quello degli abusi e delle violenze sui luoghi di lavoro. Il 47% circa delle aziende ha adottato misure preventive e protettive rispetto ai rischi connessi alla differenza di genere. Il 37% ha attuato corsi di formazione e aggiornamento sulla tematica contro circa il 50% che non l’ha fatto. “La tutela della salute e sicurezza sul lavoro delle donne -spiega Paolo Carminati, direttore generale Aifos- è influenzata dalla disuguaglianza di genere nel mercato del lavoro e dalla società nel suo complesso. Molti elementi critici che possono rendere pericoloso il lavoro per le donne sono stati costantemente sottovalutati e solo di recente hanno iniziato a venire alla luce. Storicamente, si è supposto che i ruoli maschili siano più pericolosi e più impegnativi, sia fisicamente che mentalmente, rispetto a quelli delle donne: proprio questa considerazione si dimostra lenta ad essere modificata, nonostante vi siano sempre più prove che contestano questa ipotesi". "I dati raccolti sul campo ci dicono che ancora oggi stenta a diffondersi un’attenzione concreta verso quei fattori di rischio, spesso di natura relazionale o psicosociale, che riguardano in prima battuta le donne lavoratrici. La gestione della salute e sicurezza appare ancora troppo spesso una tematica neutra rispetto alle differenze di genere, ma la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali non potrà mai dirsi davvero efficace se non terrà conto a tutto tondo delle differenze di genere”, conclude.
(Adnkronos) - “Come Leonardo abbiamo scelto di rispondere a questo invito di Herambiente del Gruppo Hera perché è perfettamente coerente con la nostra strategia, che è quella di utilizzare e riutilizzare delle materie prime che hanno un grosso valore anche in termini di approvvigionamento". Queste le parole di Raffaella Luglini, chief sustainability officer di Leonardo, in occasione dell’inaugurazione a Imola di Fib3R, il primo impianto italiano per la rigenerazione dei compositi in fibra di carbonio su scala industriale, realizzato da Herambiente, controllata del Gruppo Hera e primo operatore italiano nel recupero e trattamento dei rifiuti. "Il Gruppo Hera ci ha dato la possibilità di unire i nostri scarti di lavorazione, materiali compositi in fibra di carbonio, che residuano dal processo di lavorazione di alcune aerostrutture, in materiali che possono essere riutilizzati e commercializzati per altre lavorazioni, chiudendo virtuosamente un processo circolare di produzione e di lavorazione, con dei grandi vantaggi soprattutto dal punto di vista non solo economico, ma anche dell'impatto ambientale e della possibilità di approvvigionarsi di materie prime anche critiche, perché questo processo potrà essere riutilizzato e applicato anche ad altre materie prime critiche del nostro processo come Leonardo, quali l'alluminio e il titanio”, aggiunge. Grazie agli asset di Herambiente e al know-how sviluppato nei laboratori del Gruppo Leonardo, il prezioso materiale verrà riciclato con positive ricadute in termini di sostenibilità e circolarità. “Quello che è interessante di questo progetto è che ha una grande valenza per vari settori che sono critici e rilevanti per l'economia, non solo europea ma internazionale, come il settore dell'aerospazio e difesa e sicurezza, a cui noi apparteniamo, ma oggi siamo insieme al settore automotive. Ci sono possibilità di applicazione nel senso dell'utilizzo di queste fibre rigenerate anche nel settore chimico. Quindi, in realtà la valenza è soprattutto per il Paese, perché c'è una possibilità di rafforzare la catena di approvvigionamento e ridurre la dipendenza, aumentare la resilienza, quindi ci sono dei vantaggi proprio sul Paese in generale”, conclude.