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(Adnkronos) - (dall'inviata Elvira Terranova) - L'ex Procuratore nazionale antimafia ed ex Presidente del Senato Pietro Grasso, ma anche l'ex Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e l'ex Capo della Polizia, Prefetto Gianni De Gennaro. Sfilata di testi eccellenti nel processo per depistaggio che si è aperto questa mattina davanti al Tribunale di Caltanissetta. Alla sbarra due generali dei Carabinieri, due ex investigatori antimafia, Angiolo Pellegrini, oggi 83 anni, e Alberto Tersigni, oggi 63 anni, entrambi accusati di depistaggio. Per la Procura, rappresentata in aula dal pm Pasquale Pacifico, i due ufficiali, oggi in pensione, avrebbero depistato le indagini per riscontrare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pietro Riggio. I due, in particolare, avrebbero intralciato, secondo l'accusa, il lavoro dei pubblici ministeri, che stavano cercando riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia nisseno Pietro Riggio sulla strage di Capaci. Alla sbarra anche l'ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Pellegrini è stato anche uno storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone. L'udienza è iniziata con una breve sospensione perché la difesa degli imputati ha presentato delle eccezioni. I legali dei due generali hanno detto che quando Pellegrini e Tersigni sono stati sentiti per la prima volta dagli inquirenti, avrebbero dovuto essere sentiti "in veste di indagati". Quindi, i verbali avrebbero dovuto essere interrotti. Ma il pm Pacifico non si è detto d'accordo. Alla fine, dopo una breve Camera di consiglio, il Presidente del Tribunale Francesco D'Arrigo, ha ripreso l'udienza respingendo le eccezioni dei legali. Al centro della vicenda ci sono le dichiarazioni di Riggio, ex agente della Polizia penitenziaria, poi arrestato con l'accusa di essere legato ai clan mafiosi. Secondo i pm i due ex investigatori, che respingono le accuse, non avrebbero dato il giusto peso alle rivelazioni di Riggio, all'epoca loro confidente, rivelazioni che, sempre a dire degli inquirenti, avrebbero potuto portare alla cattura del latitante Bernardo Provenzano e a scoprire un progetto di attentato all'ex giudice del pool antimafia Leonardo Guarnotta. Peluso, invece, avrebbe agevolato Cosa nostra, tra l'altro favorendo la latitanza del boss corleonese. Dal capo d'accusa della procura di Caltanissetta sottoscritto dal sostituto procuratore Pasquale Pacifico e dai magistrati Domenico Gozzo e Salvatore Dolce della procura nazionale antimafia, emerge che gli ex generali Pellegrini e Tersigni erano stati intercettati in vista della loro audizione come testimoni al processo d'appello sulla trattativa Stato-mafia. Secondo l'accusa, avrebbero concordato cosa riferire. Secondo l'avvocato Basilio Milio, che con l'avvocato Giuseppe Piazza difende il generale Tersigni, hanno "semplicemente dialogato per ricordarsi a vicenda i fatti di venti anni fa". Angiolo Pellegrini è difeso dagli avvocati Rocco Licastro e Oriana Limuti, mentre l'imputato Peluso dall'avvocato Boris Pastorello. Lunga la lista testi. Emergono i nomi dell'ex Presidente del Senato ed ex Procuratore di Palermo, Pietro Grasso, ma anche di ex ufficiali della Dia di Caltanissetta, ex carabinieri del Ros di Caltanissetta. Oltre alla ex dirigente della Squadra mobile di Caltanissetta, Marzia Giustolisi, citata anche dall'accusa. L'audizione dell'ex Procuratore di Palermo ed ex Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso è stata chiesta dalla difesa "per riferire sull'impegno investigativo della Dia di Palermo a partire dal 2001 in direzione della ricerca e la cattura di Bernardo Provenzano in merito alla segnalazione, fatta dall'allora colonnello Pellegrini, nel gennaio 2001, di propositi criminosi concepiti da appartenenti a Cosa nostra e da compiersi nel territorio siciliano, alle attività conseguenti, ai relativi esiti, alla nota a sua firma del 29 gennaio 2001, nonché su ogni altra circostanza pertinente all'oggetto della imputazione e utile all'accertamento della verità". La difesa chiede anche l'audizione dei magistrati Michele Prestipino e Giuseppe Pignatone, ex Procuratore di Roma, "entrambi per riferire sull'impegno investigativo della Dia di Palermo a partire dal 2001 in direzione della ricerca e la cattura di Provenzano, sulla conoscenza del maggiore Tersigni e del colonnello Pellegrini e sulle interlocuzioni avute con i predetti, sulla conoscenza professionale di Pietro Riggio e Giovanni Peluso, su eventuali condotte contrarie ai doveri di ufficio e poste in essere dagli imputati e da altri soggetti nello svolgimento dell'attività di Polizia giudiziaria nonché su ogni altra circostanza pertinente all'oggetto della imputazione e utile all'accertamento della verità". In lista testi altri generali e ufficiali, come il generale Carlo Alfiero, il generale Antonio Tomaselli, il colonnello Ignazio Lizio Bruno. Oltre al generale Paolo Azzarone "sugli accertamenti effettuati e sulle attività svolte a seguito delle informazioni fornite da Pietro Riggio asseritamente apprese da Giovanni Peluso". E pi diversi magistrati, come il Pm Maurizio Bonaccorso, Stefano Luciani, il Procuratore di Caltagirone Giuseppe Verzera, l'ex Procuratore di Palermo Giancarlo Caselli. Il prossimo 11 febbraio, quando si terrà la seconda udienza del processo a carico di due generali dei Carabinieri, due ex investigatori antimafia, Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni, accusati di depistaggio, verrà sentito il collaboratore di giustizia Pietro Riggio. Nel novembre 2019, al processo Capaci bis, a Caltanissetta, il collaboratore nisseno, aveva riferito, tra le altre cose, quanto apprese da Giovanni Peluso nel 2000, altro imputato, sulla "volontà di Cosa nostra di eliminare il giudice Leonardo Guarnotta", ex membro del pool antimafia di Antonino Caponnetto e all'epoca presidente della corte che stava giudicando il fondatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri per concorso esterno a Cosa nostra. "Giovanni Peluso - aveva detto Riggio in aula rispondendo alle domande dell'avvocato Salvatore Petronio - voleva essere coadiuvato in un attentato nei confronti di un giudice palermitano, il dottore Guarnotta. Le ragioni non me le disse, se non l'esigenza di rifugiarsi dopo l'attentato. Aveva anche fatto uno schizzo sull'abitazione del giudice. Io quel giorno stesso riferii dell'attentato al colonnello della Dia". Sul punto però rispetto al verbale reso ai pubblici ministeri, Riggio aveva cambiato un po' le sue dichiarazioni. Ai magistrati aveva detto: "Peluso mi disse che la 'nostra organizzazione' aveva bisogno di fare favori alla politica quando ve ne era la necessità. Segnatamente mi disse che era stato incarico a uccidere il giudice Guarnotta e che a tal fine aveva già eseguito un sopralluogo nei pressi di un 'palazzo', ritengo fosse quello dove abitava il magistrato". Sempre in quella udienza, del 2019, Riggio aveva anche riferito che un ex poliziotto avrebbe messo l'esplosivo sotto l'autostrada per preparare la strage di Capaci del 23 maggio 1992 in cui furono uccisi il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta. L'uomo collabora con la magistratura da più di 14 anni. Alla domanda de perché fino a quel momento non avesse mai parlato della strage di Capaci, Riggio replicò, collegato in videoconferenza: "Non ho parlato prima della strage di Capaci perché, purtroppo, ho avuto modo di conoscere il sistema dall'interno e se io ne avessi parlato prima oggi sarei un uomo morto...". Riggio sarà risentito l'11 febbraio e nell'udienza successiva.
(Adnkronos) - “L’industria ceramica italiana, che esporta l’85% sui mercati esteri, è fortemente condizionata dalle crisi internazionali e dall’aumento nei costi dell’energia, che producono pesanti impatti sui budget e richiedono necessari ed urgenti interventi”. Così, con Adnkronos/Labitalia, il presidente di Confindustria Ceramica, Augusto Ciarrocchi, sull'impatto dell'aumento del costo del gas per le aziende associate. Per Ciarrocchi il momento per il settore della ceramica non è facile. “Stiamo affrontando una crisi da domanda -spiega- dovuta ad una contrazione nell’ordine del 5% degli investimenti in edilizia residenziale in Francia e Germania, nostri principali mercati esteri, mentre la congiuntura appare ancora positiva negli Stati Uniti e nei paesi del Golfo Arabico. Anche per il mercato italiano emergono preoccupazioni dovute al peggioramento nel segmento delle ristrutturazioni edilizie, dopo che si sono esauriti gli effetti ma anche le distorsioni del Superbonus”, sottolinea. Una situazione che non permette di fare previsioni a lungo termine. "Difficile fare previsioni sia su volumi che su fatturato per il 2025 perché per i primi l’imprevedibilità e la mutevolezza degli scenari potrebbe cambiare la situazione in modo repentino e consistente", spiega Ciarrocchi. E il presidente di Confindustria Ceramica vede di buon occhio un'intesa Italia-Germania per agire sul prezzo dell'energia, come ventilato dal ministro Pichetto Fratin. "Che le due maggiori manifatture europee -sottolinea- concordino sulla assoluta necessità di una politica energetica comune e razionale, che miri a salvaguardare la competitività delle imprese europee, è di per sé una buona notizia. I costi energetici più elevati sono da sempre un fattore di debolezza per le nostre imprese a cui oggi si aggiunge una elevata volatilità dei prezzi introdotta dalla scelta politica dell'abbandono del gas russo. In questo nuovo scenario, occorre che la politica europea si doti di strumenti idonei a controllare gli effetti sui prezzi delle possibili situazioni di crisi e le spinte speculative che abbiamo visto operare negli ultimi mesi", aggiunge. "Mi pare però che la creazione di una politica energetica europea richiederà tempo mentre già adesso bisogna adottare misure temporanee per ridare fiato alla competitività delle imprese italiane. Da quasi tre anni parliamo di una gas release che ancora non è partita; andrebbe invece attuata subito alimentandola con una quota del gas derivante dai nuovi flussi di approvvigionamento attivati grazie all’azione del Governo dopo la crisi del 2022", conclude. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - “Abbiamo un primo periodo che abbiamo chiamato fase A, che è quella di monitoraggio, assessment di tutti gli scarti prodotti nei vari siti e cantieri del gruppo Fincantieri. Ci servirà per capire quali sono le tipologie di scarti che possono andare a recupero di materia e quelli che possono andare a recupero di energia”. Sono le parole di Andrea Ramonda, amministratore delegato Herambiente dopo la firma che oggi ha sancito la nascita della Newco 'CircularYard' tra Gruppo Hera e Fincantieri. “L'obiettivo è quello di non portare più rifiuti a smaltimento e prima ancora provare a ridurre i rifiuti che produce l'azienda andando dentro i processi produttivi di Fincantieri - spiega - Questo si fa anche con una buona dose di investimenti; partiremo da Monfalcone andando poi a lavorare anche sugli altri cantieri, in particolare dove siamo leader in Italia nel trattamento delle acque, delle cosiddette acque di sentina. Le acque di sentina sono le acque da depurare che vengono generate nella lavorazione dei cantieri navali e che oggi vengono trasportate all'esterno. Con il nostro progetto in collaborazione con i futuri colleghi di Fincantieri, andremo a progettare degli impianti in situ che quindi risparmieranno anche trasporti, CO2 e consentiranno di rigenerare le acque”.