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(Adnkronos) - Dopo trent'anni a Cagliari si riapre il caso sulla morte della 16enne Manuela Murgia. L'apertura di questo "cold case" arriva su impulso della famiglia e per la terza volta è indagato il fidanzato dell'epoca, Enrico Astero che ora ha 54 anni. "La famiglia non hai mai puntato il dito contro nessuno, ma non ha mai creduto al suicidio", spiega all'Adnkronos Maria Filomena Marras, avvocata della madre. Le sorelle e il fratello di Manuela Murgia, Elisabetta e Gioele sono sostenuti dagli avvocati Giulia Lai e Bachisio Mele. La ragazzina fu trovata morta il 5 febbraio del 1995 nel canyon artificiale che lambisce la necropoli punica nel colle di Tuvixeddu a Cagliari. Astero era già stato indagato nel 1995 e nel 2012, ma gli elementi a disposizione e le tecniche di indagine del tempo non avevano portato a nuovi risultati. "Il 30 luglio 2024 c'è stato il rigetto dell'istanza di riapertura delle indagini, a quel punto la madre della ragazza ha deciso di reagire presentando un'istanza propria e mi ha nominata sua legale - spiega l'avvocata Marras -. Gli accertamenti tecnici dell'ingegnere Stefano Ferrigno e poi quelli del medico legale Roberto Demontis ci hanno portato a escludere che sia morta per la caduta”. In base al punto in cui si trovava il cadavere gli specialisti hanno verificato che sarebbe dovuta cadere da un'altezza di 35 metri, raggiungendo i 90 chilometri orari, e che le condizioni del copro non erano compatibili con quella caduta”. La svolta sulle indagini potrebbe arrivare da Roma. Mercoledì 4 giugno saranno esaminati i vestiti di Manuela Murgia nella sezione di Genetica forense della sede centrale della Polizia scientifica. "Sarà eseguito un accertamento non ripetibile sui vestiti, regolarmente conservati per trent'anni all'Istituto di medicina legale di Cagliari - spiega l'avvocata Marras -: jeans chiari con rose disegnate, cintura, maglioncino nero, calze collant color nudo, leggins, giubbotto montgomery e gli scarponcini”. La cintura strappata è uno degli elementi su cui si è sempre basata la famiglia, sostenendo che la giovane possa essere stata ammazzata, magari investita, in un altro luogo e trasportata lì di peso. “Gli accertamenti si sono concentrati anche sul luogo impervio che quella ragazzina di 16 anni avrebbe dovuto raggiungere prima della presunta caduta nel canyon, attraversando proprietà private con cani e una recinzione doppia con filo spinato - ricorda la legale della madre -. Per il ritrovamento in quel punto le soluzioni erano tre: caduta accidentale, volontaria, un evento delittuoso. La ricostruzione a cui siamo arrivati escluderebbe le prime due piste”.
(Adnkronos) - L’artigianalità sta lentamente scomparendo creando grossi problemi anche al nostro famoso Made in Italy. E' questo il grido di allarme che è stato lanciato durante la presentazione del libro di Maurizio Carucci 'Il saper fare italiano' edito da Over. Il dibattito avvenuto presso il Dida (Design campus) dell’Università di Firenze con la presenta di Giuliano Sanna, Nhrg, Maurizio Carucci, giornalista, Debora Giorgi, presidente del corso di laurea Tessile e Moda, Davide Turrini professore associato, ha sollevato uno dei problemi che sta facendo soffrire, in questo momento, una delle nostre eccellenze: il Made in Italy. Le cifre parlano chiaro. Secondo uno Studio di Altagamma Unioncamere nella moda il fabbisogno è di 75.000 unità e la stima di occupati nel 2028 è di 483.000 unità. Le imprese del mondo della moda mostrano difficoltà nel reperire il personale ricercato nel 50% dei casi, soprattutto per la mancanza di candidati. Sarti, ricamatori, orlatori, tagliatori artigianali, modellisti, prototipisti sono i profili maggiormente ricercati e le aziende della moda senza questi profili di alta artigianalità rischiano di non essere in grado di produrre. Ma la sparizione dell’artigianalità porta anche altre conseguenze come la perdita del patrimonio culturale immateriale, l’impoverimento dei centri storici, La conclusione è che in un’epoca in cui i consumatori cercano più prodotti unici, sostenibili e di qualità, l’artigianato può rappresentare una risorsa strategica per il futuro economico e culturale del paese, ma servono politiche mirate, una nuova mentalità imprenditoriale e un rinnovato rispetto per chi lavoro con le mani e il cuore.
(Adnkronos) - Si è tenuta oggi nella Sala degli Squadratori all’Arsenale di Venezia la prima conferenza della Biennale della Sostenibilità 2025, organizzata dalla Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità / Venice Sustainability Foundation (Vsf), dal titolo 'Ricerca, Formazione, Innovazione. Verso un cluster della Conoscenza a Venezia'. I saluti istituzionali sono stati portati dal Contrammiraglio e Comandante dell’Istituto di Studi Militari Marittimi e del Presidio di Venezia, Marina Militare, Domenico Guglielmi, il quale ha spiegato come questo tema sia di grandissimo interesse, aggiungendo che la Marina è pronta a fare la sua parte. Per il sindaco e vicepresidente Vsf di Venezia, Luigi Brugnaro, "il cluster della conoscenza è una sfida concreta per il rilancio socio-economico della città. L’obiettivo comune è di attrarre capitale umano, imprese innovative e investimenti sostenibili. Deve vincere l’idea del lavoro, della ricerca, dell’impegno. L’Arsenale è un esempio di riconversione intelligente, un luogo che torna ad essere motore produttivo, ma questa volta connesso al sapere, all’innovazione, alla sostenibilità". Renato Brunetta, presidente Vsf, ha fatto il punto della situazione sullo sviluppo che la Fondazione sta avendo. "Oggi Venezia si propone come un cluster della conoscenza, una costellazione di imprese, istituzioni e saperi interconnessi - ha detto Brunetta - Questo cluster, in fondo, rappresenta la sublimazione di ciò che Venezia è sempre stata: un faro di civiltà, un crocevia di intelligenze. Oggi può tornare ad esserlo, declinando la modernità attraverso università, laboratori, brevetti, cultura e scienza. Una città che non si arrende alla monocultura turistica, ma che si reinventa come capitale globale del sapere sostenibile, in grado di ispirare il mondo con il proprio esempio". Nel corso del primo panel 'Verso un cluster urbano della conoscenza a Venezia' si è affrontato il tema grazie ai contributi di Benno Albrecht, rettore dell’Università Iuav di Venezia, Giuseppe Schivardi, contrammiraglio e direttore dell’Istituto di Studi Militari Marittimi della Marina Militare, Luiza Anna Bialasiewicz, professoressa dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, Francesco Marcello Falcieri, responsabile Ismar-Venezia, Cnr, e Paola Mar, assessore all’Università del Comune di Venezia. I relatori hanno presentato una serie di considerazioni sul progetto 'Venezia Città Campus', approfondendo il tema con un focus sulla realizzazione di nuovi corsi e la costruzione di reti di collaborazione tra privati, istituzioni pubbliche, istituzioni di ricerca e università. Il secondo panel, rivolto alle esperienze internazionali, si è focalizzato sulle esperienze di Marsiglia, Amsterdam e Valencia. Willem Van Winden, direttore del Centro per la Trasformazione Economica, Università di Scienze Applicate di Amsterdam ha spiegato che gli elementi fondamentali di una buona knowledge city sono l’accessibilità, la qualità della vita, la presenza di università, la capacità di attrarre talenti e le imprese. Ma è essenziale che siano connessi tra loro. Il sistema di Amsterdam coinvolge l’intera regione, sostenuta da un’infrastruttura di mobilità molto avanzata. In seguito, Delphine Lapray, responsabile del Dipartimento innovazione, istruzione superiore e ricerca, Aix-Marsiglia-Provenza ha portato la propria esperienza chiarendo che nella provincia di Aix-Marseille-Provence si condivide una visione dell’innovazione fondata sull’inclusività. La diversità, pur rappresentando un valore fondamentale, pone anche sfide significative, in questo scenario, l’innovazione non è una scelta, ma una necessità, così come accade anche a Venezia. Uno dei principali punti di forza del territorio è l’ecosistema della ricerca e dell’innovazione. Vi operano numerosi attori e stakeholder, tra cui l’università, che conta oltre 100mila studenti. A questa rete si affiancano circa 800 start-up, 15 incubatori, 9 cluster e numerose imprese, tutte caratterizzate da approcci e mentalità differenti. Da ultima, Mar Ferrer Sáez, direttrice per Infrastrutture, Sistemi e Comunicazioni, Valencia Innovation Capital (Vic) ha spiegato come incentivare il settore a partire dal pubblico, aggiungendo poi come sia necessario affrontare le sfide a partire dalla transizione ecologica, focalizzarsi sulle sfide dei cittadini, perché la conoscenza è il 'come', ma le persone sono il 'perché', e Vic è al centro di un triangolo che accentra cittadinanza, sostegno e ecosistema, ponendo al centro la strategia della municipalità. La terza e ultima parte della conferenza si è invece sviluppata attorno alle reazioni dei soci Vsf e come questi potranno reagire nel prossimo futuro per contribuire allo sviluppo di tale cluster della conoscenza. I presenti hanno sottolineato come larga parte delle progettualità che oggi insistono sul territorio siano riconducibili a un’economia della conoscenza. La presenza di tali strategie determina l’esigenza di cercare di mettere a sistema tutte le progettualità in essere, cercando di far comunicare i pezzi di un puzzle, in un’ottica di creazione di ecosistema che riconduca, appunto, al cluster della conoscenza. Le conclusioni, affidate a Paolo Costa, si sono concentrate sulla dimensione che il fenomeno deve considerare. "Il cluster della conoscenza è strategico perché siamo entrati anche il Italia nell’era dell’economia ad alta intensità di conoscenza - ha detto Costa - È questo vale sia per la manifattura sia per i prodotti digitali. L’economia ad alta intensità di conoscenza è tipicamente urbana. E le città attraggono imprese innovative e risorse umane talentuose tanto più sono grandi. Per fortuna Venezia è più grande in termini funzionali del suo centro storico. Sono almeno 1,5 milioni gli utenti registrati dalla Smart Control Room del Comune di Venezia che operano nella città funzionale (Venezia più 15 comuni). Ma per continuare ad attrarre attività innovative dobbiamo mettere a sistema le università veneziane con quella di Padova e le imprese di Venezia anche con quelle di Treviso".