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(Adnkronos) - In Europa manca ancora una cura per l’atrofia geografica, la forma più grave di maculopatia secca, la degenerazione maculare senile più comune e diffusa, che solo nel nostro Paese interessa circa 1 milione persone. Raggi infrarossi, in grado di stimolare la retina, e lievi correnti elettriche, che rilasciate sulla superficie dell’occhio riescono a spingere al suo interno agenti antiossidanti, stanno aprendo la strada a nuove possibilità di trattamento nella sua forma intermedia, dando una speranza in più a chi convive con questa malattia che 'ruba' la vista lasciando, progressivamente, un 'buco' sempre più ampio nella visione centrale. Lo dimostrano tre studi pubblicati di recente sulla rivista Eye del gruppo Nature, su Current Ophthalmology Reports e sul Journal of Biophotonic. I tre lavori hanno valutato efficacia, sicurezza e tollerabilità delle terapie evidenziando come questi due trattamenti possano aprire la strada a una migliore gestione della malattia. La forma intermedia della degenerazione maculare è caratterizzata dalla presenza di drusen, piccoli depositi che si accumulano sotto la retina. "Nel tempo, la malattia può evolvere verso l’atrofia geografica, la fase avanzata della forma secca, in cui si verifica una perdita irreversibile dei fotorecettori e della visione centrale. Intervenire in questo stadio più precoce è cruciale per rallentare l’evoluzione verso le forme avanzate ed è proprio in questa fase che fotobiomodulazione e iontoforesi si stanno affermando come opzioni promettenti per rallentare la progressione della maculopatia secca", sottolinea Stanislao Rizzo, presidente di Floretina Icoor, direttore del Dipartimento di Oculistica del Policlinico A. Gemelli Irccs e ordinario di Oculistica presso l’Università Cattolica di Roma. "Si tratta – riferisce Rizzo - di un trattamento non invasivo che permette di stimolare la funzione della retina attraverso l’utilizzo di luce rossa e infrarossa, per ridurre la progressione della malattia e promuovere il riassorbimento delle lesioni caratteristiche, stimolando i mitocondri, regolatori chiave dell’infiammazione e dello stato ossidativo delle cellule retiniche. La fotobiomodulazione si esegue in ambulatorio, con il paziente seduto davanti a un apparecchio che tramite un led illumina l’occhio: la luce viene erogata in modo controllato per circa 4-5 minuti". Recenti analisi hanno evidenziato la capacità della fotobiomodulazione di favorire la sopravvivenza delle cellule retiniche, ridurre l'infiammazione e supportare i processi di riparazione dei fotorecettori e dell'epitelio pigmentato retinico. "I risultati clinici più significativi provengono, da un recente studio pubblicato sulla rivista del gruppo Nature, Eye, condotto su 30 pazienti trattati con fotobiomodulazione che hanno mostrato miglioramenti significativi a breve termine nei parametri funzionali e anatomici: la terapia ha migliorato i test di acuità visiva, ha ridotto i depositi che si vengono a creare sulla retina a seguito della maculopatia e ha migliorato il flusso sanguigno nei tessuti. Non sono stati, inoltre, osservati effetti avversi o segni di tossicità dopo il trattamento, a conferma della sicurezza a breve termine della fotobiomodulazione", sottolinea Rizzo. L'articolo pubblicato su Current Ophthalmology Reports conferma il crescente interesse verso la fotobiomodulazione come possibile supporto nelle fasi iniziali della degenerazione maculare. “I dati clinici raccolti negli ultimi anni mostrano miglioramenti visivi lievi ma significativi e una riduzione delle drusen, con un potenziale effetto protettivo rispetto alla progressione verso l’atrofia geografica. Ma saranno necessari studi più ampi e standardizzati per definirne con precisione il ruolo nella pratica clinica”, aggiunge Francesco Faraldi, direttore della Divisione di Oculistica dell’azienda ospedaliera Ordine Mauriziano – Umberto I di Torino. Ad affiancare la fotobiomodulazione, nuove evidenze si stanno accumulando anche a favore della iontoforesi, che, come spiega Rizzo, "consiste anch’essa in una tecnica non invasiva, che sfrutta una corrente elettrica leggera per facilitare l’assorbimento di farmaci attraverso le membrane. Si esegue appoggiando un elettrodo all’occhio del paziente e somministrando una debole corrente elettrica". Nel caso della degenerazione maculare, "la iontoforesi viene studiata come metodo per veicolare farmaci specifici, come agenti antinfiammatori e antiossidanti quali la luteina, direttamente nell’area della macula, una regione anatomica tradizionalmente difficile da raggiungere, senza bisogno di iniezioni oculari e aggirando le barriere che impediscono l'assorbimento degli integratori orali", specifica Rizzo. La corrente elettrica, evidenzia Rizzo, "aiuta a veicolare farmaci direttamente nella retina, migliorando l’efficacia del trattamento. È stato infatti rilevato che la ionoforesi permette di raggiungere concentrazioni intraoculari degli attivi impiegati, che superano in modo significativo quelle ottenute con la somministrazione topica, raggiungendo alti livelli di concentrazione nella coroide e nella retina, che la somministrazione topica non è in grado di ottenere. Al contempo, anche gli effetti collaterali sono limitati, poiché la sostanza veicolata agisce localmente e a basse dosi e la debole corrente non induce alterazioni strutturali della cornea, della retina o del nervo ottico, e non influisce sulla pressione intraoculare, confermando il profilo di sicurezza di questo approccio". Come riportato sul Journal of Biophotonics, la iontoforesi oculare rappresenta un metodo clinicamente affidabile per la somministrazione non invasiva di principi attivi e nutraceutici. "Nello studio – conclude Daniela Bacherini, docente presso la Clinica Oculistica dell’Università di Firenze - è stato dimostrato che dopo 40 minuti dalla breve applicazione di una lieve corrente sulla superficie oculare, dove era stata applicata una soluzione di luteina, negli occhi trattati la luteina è aumentata in modo evidente nella sclera, nella coroide e nella retina periferica, e anche la macula ha raggiunto livelli più alti, circa 1,3 volte rispetto ai controlli". Questo indica che la iontoforesi potrebbe diventare un trattamento mirato per aumentare il pigmento maculare che è ridotto nella degenerazione maculare.
(Adnkronos) - Anche l'Inca, il patronato della Cgil, domani partecipa allo sciopero generale proclamato contro la legge di Bilancio del governo Meloni. "Il quadro complessivo della manovra - dice in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, Michele Pagliaro, presidente Inca - mostra un Paese sempre più sbilanciato: si innalza ulteriormente l’età pensionabile, si comprimono salari e pensioni reali, si restringono gli spazi di welfare, mentre prosegue una crescita dello stanziamento per il riarmo, con scarse risorse destinate a istruzione, sanità, servizi pubblici e politiche industriali. Scelte che si inseriscono in un contesto segnato da instabilità internazionale, compressione del diritto internazionale e un clima globale in cui la guerra rischia di tornare strumento di politica ordinaria". (VIDEO) "In questo scenario - spiega - Inca Cgil richiama con forza il quadro dei diritti costituzionali che dovrebbe orientare le scelte economiche del Paese. L’Italia è vincolata a principi che impongono non solo il ripudio della guerra, ma anche la promozione della giustizia sociale, della pace e dell’eguaglianza sostanziale, attraverso politiche economiche coerenti con tali finalità. Quando questi valori vengono disattesi, l’ordine costituzionale stesso viene indebolito". "La legge di bilancio - afferma - interviene ancora una volta sul sistema previdenziale, peggiorando la condizione di milioni di lavoratrici e lavoratori. Una condizione già complessa, come abbiamo modo di constatare ogni giorno con le nostre operatrici e i nostri operatori in tutta Italia. L’aumento dell’età pensionabile coinvolgerà la quasi totalità della platea, azzerando ogni forma di flessibilità in uscita. Per l'Inca il rischio non è solo la compressione del diritto a un pensionamento dignitoso, ma anche l’aggravamento di condizioni sociali già critiche". "Nel mondo del lavoro - avverte - la precarietà è in crescita. I giovani si trovano spesso nelle condizioni di dover emigrare all’estero per avere un’opportunità. E chi resta a lavorare in Italia subisce contratti fragili e intermittenza occupazionale. E' evidente la progressiva espulsione dei lavoratori più anziani dai settori produttivi. Elevare i requisiti senza rafforzare le garanzie di stabilità, salute e sicurezza sul lavoro significa scaricare sui cittadini un costo sociale insostenibile. Al contrario, occorrerebbe agire su tre direttrici chiare: blocco dell’aumento automatico dell’età pensionabile, maggiore flessibilità in uscita e introduzione di una pensione contributiva di garanzia per precari e discontinui". "Le scelte della manovra - chiarisce il presidente Pagliaro - si manifestano come la punta di un iceberg. Solo che sotto quella punta, invece di un solido blocco di ghiaccio, c’è un involucro vuoto. Queste decisioni mostrano una grave assenza di investimenti strategici nei servizi essenziali. Il finanziamento del Servizio sanitario nazionale è destinato a scendere nel 2028 sotto il 6% del Pil, il livello più basso degli ultimi decenni. La stessa logica di sottofinanziamento colpisce scuola, assistenza agli anziani, non autosufficienza, diritto alla casa e trasporto pubblico: pilastri fondamentali per la coesione sociale e per la parità di opportunità. L’assenza di investimenti non è neutra: aumenta le disuguaglianze, spinge verso la privatizzazione di fatto dei diritti, scarica sulle famiglie costi insostenibili e frantuma l’universalità dell’accesso ai servizi". "L’elenco di ciò che manca - rimarca - è, purtroppo, lungo, in un contesto dove l’occupazione cresce, ma solo tra gli over 50: la manovra non prevede vere politiche industriali, dopo anni di deindustrializzazione, non affronta il nodo della precarietà, non interviene sul lavoro povero, nero e sommerso, non sostiene la transizione ambientale e digitale e non contiene una strategia credibile per il Mezzogiorno". "E poi - continua - c’è la questione fiscale, ridotta a un dibattito sulla patrimoniale, di cui tanti si scandalizzano, ma su cui manca una riflessione seria e contestualizzata da parte del Governo. Negli ultimi tre anni lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati hanno pagato 25 miliardi di euro di tasse in più a causa della mancata indicizzazione dell’Irpef: questa, nei fatti, è una forma silenziosa ma pesantissima di drenaggio fiscale che ha colpito solo e soltanto i redditi fissi. Non chi opera in flat tax, non le rendite finanziarie, non i grandi patrimoni". "Questa situazione - dice - mette in discussione il principio costituzionale di progressività. Di fatto, nel Paese esiste già una patrimoniale impropria, che grava più che sui patrimoni sui redditi da lavoro bassi e medi. Con una pressione fiscale reale che nel 2025 raggiungerà il 42,8% e con l’87% dell’Irpef pagata da lavoratori e pensionati, lo Stato appare sempre più come un 'socio di maggioranza' che trattiene molto e restituisce sempre meno in termini di servizi: meno scuola, meno sanità, meno trasporto pubblico, meno sicurezza sul lavoro". "Ciò che si auspica è la reintroduzione di un modello di tassazione realmente progressivo, capace di redistribuire ricchezza e finanziare politiche pubbliche all’altezza dei bisogni reali del Paese", conclude.
(Adnkronos) - "Dall'inizio di quest'anno c'è l'obbligo di introduzione del 25% di riciclato nelle bottiglie, quindi andiamo a toccare con mano e abbiamo toccato con mano dal vivo in questo 2025 che cosa vuol dire obbligare qualcuno a mettere del riciclato". Queste le parole di Corrado Dentis presidente Coripet, il consorzio autonomo, volontario che opera nella raccolta e nell'avvio a riciclo dei contenitori per liquidi in Pet, intervenendo alla Conferenza Nazionale Industria del Riciclo 2025, promossa dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile con Conai e Pianeta2030, con il patrocinio di Mase e Commissione Europea. "Abbiamo dato il 25% di riciclato, quello che è obbligatorio per legge, a tutti i consorziati produttori – prosegue Dentis – quindi rispettano gli obblighi normativi. Questo l'abbiamo fatto grazie ad una catena di custodia che parte dalla raccolta e segue tutta la filiera fino alla consegna ai soci di un Pet riciclato di altissima qualità, qualitativamente elevato. Abbiamo condotto in questi anni assieme all'Università Federico II di Napoli uno studio completo su più di mille campionature effettuate su tutta la filiera. La capacità di produzione del polimero in estremo oriente è 12 volte superiore a quella di tutta l'Europa. Quindi abbiamo dimensioni e dinamiche non comparabili. Siamo riusciti, ciononostante, attraverso questo nuovo modello, a garantire i presupposti per ottemperare alla legge, dando ai nostri soci un polimero, peraltro, a condizioni economiche estremamente stabili, che è tracciato made in Italy (dalla raccolta alla produzione) e rispetta perciò anche le norme che prevedono l’obbligo di utilizzo di E-Pet europeo”. “Il nostro modello riguarda più del 40% dell’immesso a consumo e auspichiamo che anche tutti gli altri produttori sposino il modello Coripet. Ma al momento la restante quota di mercato, approfittando di un vuoto normativo privo di sanzioni, non rispetta gli obblighi, continuando ad usare il Pet vergine di importazione, favorito da un prezzo più basso. Questo è un qualcosa che va colmato a stretto giro, anche perché la concorrenza, quella che arriva dalla Cina, riguarda sia il polimero vergine che sui polimeri riciclati”.