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(Adnkronos) - Un nuovo capitolo storico è stato scritto nel mercato dell'arte internazionale: 'El sueño (La cama)', uno dei capolavori più iconici dell'artista messicana Frida Kahlo (1907-1954), è stato venduto per 54,7 milioni di dollari durante l'asta di arte surrealista organizzata da Sotheby's a New York, segnando un doppio record. Non solo è stato il quadro più costoso della Kahlo mai battuto all'asta, ma ha anche superato il primato per un'artista donna, che era detenuto dal 2014 dalla pittrice statunitense Georgia O'Keeffe con la sua opera 'Jimson Weed/White Flower No. 1'. L'opera, realizzata nel 1940, incarna il dolore e la visione intima della celebre pittrice, rappresentando un autoritratto inquietante e simbolico. Frida Kahlo, sdraiata su un letto sospeso nel cielo, è avvolta da rampicanti e circondata da un teschio e dinamite, in un'ambientazione onirica che richiama la costante presenza della morte nel suo mondo interiore. Secondo la descrizione di Sotheby's, Kahlo era solita dormire con uno scheletro di cartapesta sopra il suo letto, un dettaglio che aggiunge ulteriore intensità all'interpretazione del quadro. L'opera non solo ha superato la stima di 40 milioni di dollari, ma ha anche battuto il precedente record per una vendita legata a Kahlo, che risaliva al 2021, quando 'Diego y yo' era stata venduta per 34,9 milioni di dollari. Un altro traguardo significativo per l'artista messicana, che continua a conquistare il mercato internazionale con la sua arte unica e profondamente personale. La crescente attenzione verso l'opera di Frida Kahlo si inserisce in un periodo di grande rinnovato interesse per le artiste surrealiste, dopo la Biennale di Venezia del 2022, curata da Cecilia Alemani, che ha messo in luce il contributo fondamentale delle donne a questo movimento artistico, finora dominato da figure maschili. Le recenti aste di opere di artisti come Remedios Varo, Leonora Carrington e Kay Sage hanno visto un'impennata dei prezzi, un segno che l’arte femminile surrealista sta finalmente ricevendo il riconoscimento che merita. A guidare l'acquisto dell'opera è stata Anna Di Stasi, senior vice president di Sotheby's e responsabile per l'arte latinoamericana, che ha aggiudicato il dipinto a un offerente telefonico. Sebbene Sotheby's non abbia rivelato l'identità del compratore, si è appreso che l'opera è stata messa all'asta dalla collezione di Selma Ertegun, in memoria del suo defunto marito Nesuhi, appassionato collezionista d'arte. 'El sueño (La cama)' non è tra le opere più conosciute di Kahlo, ma è considerato uno dei suoi pezzi più significativi, tanto da essere oggetto di studio approfondito, come nel caso del libro 'Women Artists and the Surrealist Movement' della storica dell'arte Whitney Chadwick. In questo lavoro, Chadwick ha esplorato l'integrazione delle donne all'interno di un movimento che inizialmente le escludeva, dando a Kahlo e alle altre artiste surrealiste una visibilità che non avevano mai avuto prima. L'opera è anche un'ulteriore testimonianza dell'identificazione di Kahlo con la cultura messicana, in particolare con la concezione della morte come un aspetto inscindibile dalla vita. La presenza del teschio e la sua connessione con la dinamite accennano a una possibile distruzione imminente, un rimando alla violenza e ai drammi che hanno segnato la vita personale e politica dell'artista. L'acquisto di 'El sueño (La cama)' arriva a pochi mesi dall'inaugurazione di una grande mostra dedicata a Frida Kahlo, che verrà ospitata dal Museum of Fine Arts di Houston a partire da gennaio 2026, prima di trasferirsi alla Tate Modern di Londra, un altro segno della crescente fama globale di Frida Kahlo e del suo impatto duraturo nell'arte contemporanea. Con questa vendita record, Frida Kahlo si conferma non solo come una delle figure artistiche più amate e influenti del XX secolo, ma anche come una delle più grandi icone del mercato dell'arte internazionale. (di Paolo Martini)
(Adnkronos) - "I dazi antidumping del 91,74% sull'importazione di pasta italiana annunciati dagli Stati Uniti non sono, al momento, ancora entrati in vigore. Da quando sono stati comunicati, a inizio settembre, si è infatti aperta una finestra di 120 giorni per presentare ricorso e la procedura è tuttora in corso. Sommati al cosiddetto dazio reciproco del 15%, i dazi antidumping porterebbero il dazio totale per importare pasta dall'Italia agli Usa a quasi il 107%. Se guardiamo ai prezzi al dettaglio della pasta italiana in vendita nei supermercati americani, risulta davvero difficile immaginare che i produttori italiani di pasta pratichino dumping. In Italia mezzo chilo di pasta si vende intorno a 1 euro, 1 euro e 10 centesimi. Negli Stati Uniti un pound (454 grammi) viene venduto a 2,50, 2,99 fino anche a 3,20 dollari. Sembra difficile pensare a un ribasso artificiale. Se questi livelli di prezzo vengono considerati dumping, allora a quanto si dovrebbe vendere la pasta in America? Dieci dollari al pound? È evidente che l’accusa non regge". Ad affermarlo, ad Adnkronos/Labitala, Lucio Miranda, presidente di ExportUsa (società di consulenza che aiuta le imprese italiane a entrare, con successo, nel mercato americano). "Analizzando i documenti del Dipartimento del Commercio americano, emerge - spiega - che alcune aziende sottoposte ad audit non avrebbero fornito tutte le informazioni richieste; in alcuni casi la documentazione è stata prodotta, ma in italiano. Queste imprese sono state classificate come 'uncooperative', ovvero non collaborative. Riteniamo, quindi, che i dazi antidumping siano stati imposti per questo atteggiamento 'uncooperative', piuttosto che per una ragione legata a vere e proprie pratiche di dumping sul mercato Usa. La logica del Dipartimento è chiara: se non mi dimostri che non stai facendo dumping, io applico il dazio". "Proprio per questo motivo, un ricorso ben costruito e presentato nei tempi previsti può realmente avere effetto. I ricorsi vanno redatti con la massima accuratezza: se la motivazione del dazio è stata la presunta mancata collaborazione, allora bisogna dimostrare in modo impeccabile il contrario. Ne vale la pena e bisogna muoversi rapidamente perché il tempo stringe. Ricordo che nel 2024 l’Italia ha esportato negli Stati Uniti circa 750 milioni di dollari di pasta, su un mercato totale che vale 6,2 miliardi di dollari. Le importazioni complessive americane di pasta ammontano a circa 1,8 miliardi: l’Italia, con i suoi 750 milioni, rappresenta quindi quasi il 40%. Un settore di questo peso merita una difesa solida e ben strutturata", conclude.
(Adnkronos) - In Italia la sostenibilità sociale ha il volto della fragilità: quasi nove cittadini su dieci guardano con paura al futuro del pianeta, oltre l’80% teme per quello del Paese e più di sette su dieci vivono con ansia il proprio domani. È uno dei segnali più forti che emergono dall’indagine realizzata da Eikon Strategic Consulting Italia in occasione della Social Sustainability Week, che racconta un Paese consapevole della connessione tra salute e ambiente (92%), ma allo stesso tempo schiacciato da preoccupazioni globali - guerre, clima e deterioramento ambientale - e dalla sensazione che il proprio destino dipenda soprattutto da fattori economici incontrollabili (62,4%). L’indagine, condotta su un campione di oltre 2000 intervistati tra i 16 e i 75 anni, delinea un quadro in cui gli italiani individuano con chiarezza le priorità della sostenibilità sociale: la lotta alla povertà, indicata dal 49% del campione, la tutela della salute e del benessere, considerata essenziale dal 48%, e la garanzia di un lavoro dignitoso, ritenuto importante dal 33%. Questi tre elementi rappresentano la base su cui i cittadini costruiscono la propria idea di sviluppo sostenibile, ponendo la qualità della vita e la protezione delle persone al centro dell’agenda del Paese. “Una visione problematica, segnala Enrico Pozzi, presidente e Ceo di Eikon Strategic Consulting Italia. La sostenibilità sociale rischia di essere ridotta a questione privata e atomizzata: salute e benessere rimandano al 'me', non al 'noi'. È una visione profondamente individualistica che ha perso il radicamento collettivo. L'ansia per il futuro - personale, nazionale, planetario - non trova più aggancio con dimensioni sociali concrete. Quando la percezione dominante è di non poter influenzare il proprio futuro, resta solo la cura ossessiva del corpo vulnerabile". La sostenibilità sociale tocca direttamente anche il rapporto con il sistema sanitario nazionale. Il 46% degli italiani dichiara di avere fiducia nel Ssn, mentre il 54% esprime scetticismo o sfiducia; una criticità che non riguarda la qualità del personale, considerato preparato dal 58% degli intervistati, ma piuttosto la capacità organizzativa e la carenza di risorse, tanto che l’81% ritiene che il numero degli operatori sanitari sia insufficiente. Questa percezione porta oltre la metà del campione (53%) a considerare indispensabile una assicurazione integrativa e spinge il 67% a ritenere inevitabile il ricorso alla sanità privata, segnale di un bisogno crescente di sicurezza e accessibilità nelle cure. “La nostra indagine mostra un Paese che chiede più protezione e accesso alla salute - commenta Paola Aragno, vicepresidente di Eikon - In questo quadro, il dialogo tra sistema pubblico e privato non è più un’opzione, ma una responsabilità condivisa. Significa mettere a fattor comune competenze, capacità organizzative e prossimità ai cittadini, senza sovrapporsi ma rafforzandosi reciprocamente. Solo così possiamo costruire un ecosistema della salute sostenibile, capace di rispondere alle fragilità emergenti e di garantire quella continuità di cura che oggi gli italiani chiedono con forza”. In un contesto in cui le istituzioni e i soggetti collettivi sono percepiti come meno efficaci, si ampliano le aspettative nei confronti delle imprese, chiamate sempre più a svolgere un ruolo sociale. Quando organizzazioni e aziende parlano di sostenibilità trasmettono speranza o interesse (54%). Solo l’8% si dichiara indifferente. Al mondo del lavoro si chiedono innanzitutto stabilità contrattuale, considerata prioritaria dal 53%, relazioni positive tra colleghi, indicate dal 47% e flessibilità e smart working (34%). L’attenzione alla salute e la domanda di un’ampia offerta di welfare aziendale (26%) superano, anche se di poco, la rilevanza attribuita all’assenza di discriminazione e pari opportunità (23%) e alla formazione (22%). Il 60% ritiene tuttavia insufficiente l'attuale impegno aziendale per il benessere e il 61% del campione pensa che le aziende dovrebbero promuovere servizi psicologici, ma solo il 16% conosce aziende che li offrono. “La crescente vulnerabilità e la carenza dei presìdi collettivi spingono le persone a rivolgere alle imprese aspettative un tempo rivolte alle istituzioni - dichiara Cristina Cenci, antropologa e Senior Partner di Eikon - Il lavoro diventa il luogo in cui si cercano stabilità, relazioni sane e tutela del benessere. Questa trasformazione segnala un cambiamento profondo nei bisogni comunitari. Le aziende che sapranno accoglierlo contribuiranno a rafforzare nuove forme di sicurezza condivisa”. E proprio l’attenzione verso le persone, il benessere e la sostenibilità sociale è emersa con forza anche dalle testimonianze delle aziende. Lo hanno raccontato, durante l’evento di presentazione, i rappresentanti delle organizzazioni partner: Fabrizia Bottiroli, Head of Health Offering, Services and Uw Retail Axa Italia, Cristiano Gianni, Chief Health Officer, Axa Italia; Giampaolo Montesano, Distribution&Transport Director, Logista Italia; Claudia Rutigliano, Coordinatrice Scientifica della Fondazione Msd. Le loro esperienze mostrano come innovazione, servizi integrativi, educazione alla salute e pratiche sostenibili possano diventare leve concrete per generare valore sociale e contribuire a una sostenibilità che metta al centro le priorità delle persone.