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(Adnkronos) - Un 'interruttore' molecolare nel cancro alla vescica, un meccanismo che costituisce un biomarcatore nell’evoluzione di questo tumore. E' la scoperta che apre la strada a nuove strategie terapeutiche frutto dello studio, condotto dal team di ricercatori dell'Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) e dell'Università degli Studi di Milano, pubblicato su Nature Communications. La ricerca dimostra inoltre che i tumori vescicali superficiali e quelli profondi rappresentano stadi differenti di un unico processo patologico che evolve nel tempo, contrariamente a quanto ritenuto fino ad ora. Lo studio sostenuto da Fondazione Airc per la ricerca sul cancro è stato coordinato da Salvatore Pece, docente di Patologia generale e vice-direttore del Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell'Università Statale di Milano, direttore del Laboratorio 'Tumori ormono-dipendenti e patobiologia delle cellule staminali' dello Ieo. All’origine dell’intero processo sembra esserci la proteina Numb, che è normalmente espressa nella vescica, ma viene perduta in oltre il 40% di tutti i tumori vescicali umani. Questa perdita causa una cascata di eventi molecolari che rendono il tumore altamente proliferativo e invasivo, consentendogli di oltrepassare gli strati superficiali della mucosa vescicale per raggiungere gli strati più profondi. L'evento rappresenta il punto di svolta nella evoluzione clinica della malattia, determinando la progressione dei tumori vescicali superficiali, i cosiddetti non-muscolo-invasivi, verso tumori profondi, definiti muscolo-invasivi, che richiedono l’intervento di rimozione chirurgica totale della vescica. Nonostante l’operazione radicale, queste forme di malattia sono caratterizzate da un decorso clinico spesso sfavorevole. "Dunque la proteina Numb – spiega Pece – funziona come un interruttore molecolare che, se è spento, accelera la progressione tumorale e influenza il decorso clinico della malattia. E' un biomarcatore molecolare che consente di identificare i tumori superficiali a elevato rischio di progressione verso tumori muscolo-invasivi. La nostra scoperta ha un forte e immediato potenziale di applicazione nella pratica clinica. I criteri clinico-patologici utilizzati nella routine per predire il rischio di progressione dei tumori vescicali superficiali a tumori muscolo-invasivi sono infatti del tutto insufficienti e inadeguati a individuare i pazienti a basso rischio, che potrebbero beneficiare di trattamenti più mirati, di tipo conservativo, in protocolli di sorveglianza attiva. I pazienti ad alto rischio necessitano invece di trattamenti più aggressivi, quali la chemioterapia e l’asportazione chirurgica della vescica, che hanno purtroppo considerevoli effetti collaterali e un elevato impatto sulla qualità della vita”. "Abbiamo analizzato il profilo molecolare sia in cellule in coltura e animali di laboratorio, sia in campioni di tumori umani privi dell’espressione di Numb", spiega Francesco Tucci, dottorando di ricerca presso la Scuola Europea di Medicina Molecolare e primo autore dello studio. "Abbiamo così osservato che la perdita di Numb attiva un complesso circuito molecolare che conduce all’attivazione di un potente oncogene, il fattore di trascrizione Yap. Quest’ultimo è alla base del potere proliferativo e invasivo delle cellule tumorali". Successivamente "siamo andati oltre", aggiunge Daniela Tosoni, ricercatrice presso il Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell'Università di Milano e dello Ieo, che ha contribuito alla supervisione dello studio. "In esperimenti di laboratorio abbiamo dimostrato che è possibile inibire la capacità proliferativa e invasiva delle cellule tumorali prive di Numb, utilizzando farmaci in grado di colpire questo complesso circuito molecolare a diversi livelli". "I tumori della vescica privi di Numb – continua Tosoni – sono quindi molto aggressivi ma anche altamente vulnerabili". Sono infatti già disponibili alcuni farmaci molecolari impiegati in clinica per patologie differenti dal tumore vescicale, che potrebbero rapidamente essere sperimentati e adottati come trattamenti innovativi per prevenire la progressione clinica dei tumori vescicali superficiali ad alto rischio, privi della proteina Numb. "Al momento della diagnosi iniziale – spiega ancora Pece – i tumori della vescica si presentano in larga maggioranza come tumori superficiali non muscolo-invasivi, che sono generalmente caratterizzati da una buona prognosi. Solo in una percentuale ridotta si presentano invece sin dal principio come tumori profondi muscolo-invasivi, molto aggressivi e con decorso clinico meno favorevole". Circa "il 20-30% dei tumori superficiali possono evolvere in tumori muscolo-invasivi. L’esperienza clinica ci ha insegnato che i tumori muscolo-invasivi che derivano dalla progressione di tumori inizialmente superficiali rappresentano le forme più aggressive e potenzialmente letali di tumore vescicale". "I nostri studi – continua Pece – dimostrano ora che i tumori vescicali superficiali e quelli profondi rappresentano stadi differenti di un unico processo patologico che evolve nel tempo, guidato già dal principio da specifici meccanismi molecolari che possono essere ostacolati con farmaci precisi e mirati. Diventa quindi fondamentale identificare i meccanismi biologici alla base di questa evoluzione e sviluppare nuovi marcatori molecolari per identificare i pazienti con caratteristiche specifiche di aggressività. In questo contesto, la nostra scoperta apre la strada a nuove strategie terapeutiche per combattere il cancro vescicale in una elevata percentuale di pazienti che presentano tumori privi di espressione della proteina Numb. Abbiamo anche identificato – conclude Pece – una nuova firma molecolare che consentirà di identificare con accurata precisione i pazienti che potranno beneficiare di trattamenti mirati con nuovi farmaci che colpiscono in maniera specifica i meccanismi molecolari che sono attivati a seguito della perdita di Numb".
(Adnkronos) - “E' importante che si dedichi un ricordo in memoria di colui che ha gettato il seme di quel grande movimento sportivo che oggi è diventato lo sport paralimpico. Il professor Maglio, insieme a Ludwig Guttmann, sono stati coloro che hanno avuto l'intuizione di dedicare percorsi riabilitativi utilizzando anche lo sport. Hanno gettato sostanzialmente le basi per l'avvio di un grande percorso che negli anni è diventato il Movimento Paralimpico che oggi noi conosciamo. Questa è importante, perché bisogna sempre riconoscere il passato, conoscere il passato per sapersi proiettare nel futuro”. Così Luca Pancalli, presidente del Comitato italiano paralimpico, in occasione della cerimonia di intitolazione dell'Auditorium Inail al professor Antonio Maglio, ha sottolineato l’importanza di ricordare i personaggi del passato che hanno costruito il nostro presente. Maglio, infatti, consolidò un nuovo metodo riabilitativo per il trattamento delle persone mielolese, introducendo i concetti di presa in carico dei pazienti, di terapia occupazionale e di reinserimento socio-lavorativo. Prendendo spunto dall'esperienza del neurologo Ludwig Guttmann, il primo ad avviare alla pratica sportiva i reduci britannici ricoverati presso la Spinal Injuries Unit di Stoke Mandeville, piccola città alle porte di Londra, nel Centro paraplegici di Ostia, iniziò a utilizzare lo sport come strumento terapeutico, intuendone le straordinarie potenzialità e l'effetto benefico che avrebbe avuto sui pazienti, sia dal punto di vista fisico che psicologico.
(Adnkronos) - Giovani e sostenibilità sociale, cosa pensano e come si comportano a casa e sul posto di lavoro? "L'85% ritiene fondamentale un lavoro che tenga conto della vita personale, è per loro importante essere ascoltati e coinvolti (84%) in azienda e giudicano importante la coerenza tra ciò che vogliono essere e il lavoro che vanno a scegliere (80%)". Così Paola Aragno, VP Eikon Strategic Consulting Italia, illustrando i risultati della ricerca dal titolo ‘Giovani e sostenibilità sociale’, presentata all’evento di apertura della Social Sustainability Week ‘I giovani e la sostenibilità, talenti da valorizzare’, questa mattina al Palazzo dell’Informazione a Roma. "I giovani under 35 intervistati non sono disposti a scendere a compromessi sugli aspetti contrattuali pur di lavorare (72%), il 62% pensa che sia giusto intervenire nel caso in cui si assista a comportamenti inopportuni in azienda, dato che sale al 66% per le donne ed è al 56% per gli uomini e sono contrari (61%) al gender cap in ambito professionale", spiega. "Il 76% non consuma cibi pronti e non approva l'uso di delivery. Solamente il 60% pratica attività fisica con continuità, soprattutto gli uomini laureati, il 58% ritiene centrali le pari opportunità, il 53% non viene guidato nelle scelte d'acquisto dalla sostenibilità ma si concentra sul prezzo. Il 47%, e questo è un dato che ci deve far riflettere, ritiene che le donne siano più portate alla cura della casa e della persona, dato che per fortuna scende al 38% tra i più giovani", conclude.