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(Adnkronos) - Dopo sette edizioni di successo, l’Università di Milano-Bicocca si prepara a lanciare l’ottava edizione di BiUniCrowd, il programma di crowdfunding che unisce ricerca, innovazione e partecipazione della comunità accademica. Il bando, aperto da ieri 10 novembre, segna un’evoluzione significativa del programma: i partecipanti non si candidano più solo con un progetto, ma per accedere a un percorso formativo gratuito dedicato alla progettazione e alla comunicazione di campagne di crowdfunding, realizzato in collaborazione con Ginger Crowdfunding. Il corso, riservato a venti team della comunità Bicocca, si terrà nel mese di gennaio 2026 e consentirà ai partecipanti di ottenere un Open Badge digitale al termine della formazione. I progetti più promettenti, sviluppati durante il percorso anche grazie al confronto con i partner, accederanno alla fase di raccolta fondi sul sito BiUniCrowd e potranno beneficiare del cofinanziamento dell’Università e dei partner no profit – Fondazione BCC Milano e Fondazione di Comunità Milano – fino a un massimo di 5.000 euro per progetto. Fondazione BCC opera nelle province di Milano, Bergamo e Monza Brianza, con l’obiettivo di generare valore condiviso e sviluppo sostenibile per il territorio. Fondazione di Comunità Milano è un ente filantropico indipendente che sostiene, con risorse private, interventi solidali “a chilometro zero”, cioè ideati e gestiti da centinaia di realtà non profit che operano a Milano e nell’area metropolitana. Le proposte potranno riguardare qualsiasi ambito di ricerca o innovazione, purché abbiano un potenziale impatto sociale, economico, culturale o ambientale. L’obiettivo è rafforzare la cultura dell’innovazione partecipata e rendere sempre più accessibili gli strumenti di valorizzazione della ricerca. L’evento online di presentazione del bando si terrà il 3 dicembre, dalle 17.00 alle 18.00 (link iscrizione). Le candidature al percorso formativo resteranno aperte fino al 15 dicembre 2025, ore 12:00 In sette edizioni, dal 2018 al 2024, nell’ambito di BiUniCrowd sono stati candidati 162 progetti, di cui 32 hanno lanciato con successo una campagna di crowdfunding, raccogliendo complessivamente oltre 346.000 euro da più di 3.100 donatori, il 75 per cento dei quali esterni all’università. Il tasso di successo è del 100 per cento e 23 campagne su 32 hanno superato l’obiettivo economico iniziale, con un overfunding medio del 132 per cento. BiUniCrowd non è solo una piattaforma di raccolta fondi, ma un vero e proprio percorso di formazione e empowerment. Ogni team selezionato riceve supporto nella definizione dell’idea, nella comunicazione e nella gestione della campagna, affiancato da un Campaign Manager dedicato. Il modello “tutto o niente”, insieme al match funding – che prevede un cofinanziamento fino al 50 per cento da parte di imprese o fondazioni – stimola l’impegno dei partecipanti e garantisce risultati concreti. Molti dei progetti sostenuti da BiUniCrowd hanno proseguito la loro crescita, ottenendo riconoscimenti, brevetti e nuove opportunità di finanziamento. Tra questi, Moovy, un tool innovativo che permette la riabilitazione dei disturbi del linguaggio, per il quale è stato costruito un piano di valorizzazione che ha portato sia alla tutela giuridica del know how sia alla costituzione dlla start up "Leximore srl" che ha ricevuto la qualifica di Spin-off del Politecnico di Milano e di Start-up dell'Università Milano-Bicocca; Micro-Val, progetto dedicato alla biodegradazione della plastica, che ha depositato il brevetto anche il “microrganismo” in grado di “digerire” la plastica presso la Collection Nationale de Cultures de Microorganismes (CNCM) dell’Istituto Pasteur di Parigi; L’ABC del Quartiere, progetto di inclusione educativa nel quartiere San Siro, oggi parte del programma PNRR MUSA – Multilayered Urban Sustainability Action e Tanti piccoli porcellin, progetto che ha messo a punto un bio rilevatore per l’inquinamento dei suoli, per il quale è stato costruito un piano di valorizzazione che sta portando al deposito di una domanda di brevetto e a contatti con aziende per il trasferimento tecnologico dell'invenzione. Il programma si fonda su una rete di imprese, fondazioni e associazioni che hanno creduto nel valore dell’innovazione e della responsabilità sociale dell’università. Tra i partner che nel tempo hanno sostenuto BiUniCrowd figurano A2A, Edison – Fondazione EOS, Eni, Thales Alenia Space Italia, Fondazione Cariplo, Fondazione di Comunità Milano, Fondazione Comunitaria Nord Milano e Ticino Olona, Sorgenia, Corepla e NTR Biosensors. Inserito nel Piano Strategico di Ateneo come strumento di innovazione e public engagement, BiUniCrowd è stato riconosciuto nel 2021 dalla Commissione Europea come best practice di valorizzazione della ricerca nell’ambito della Knowledge Valorisation Platform. Dal 2020 al 2024 ha generato oltre 2.000 articoli e una copertura potenziale di 30 milioni di lettori l’anno, con un valore mediatico equivalente stimato in 3,5 milioni di euro. Oltre ai fondi raccolti, BiUniCrowd contribuisce a costruire competenze imprenditoriali e comunicative tra studenti e ricercatori, rafforzando la connessione tra università, imprese e territori e trasformando la ricerca in valore concreto per la società.
(Adnkronos) - La Louisiana, cuore pulsante della cultura culinaria del Sud degli Stati Uniti, ha ricevuto un importante riconoscimento internazionale durante la Cerimonia della Guida Michelin per il Sud degli Stati Uniti, svoltasi a Greenville, South Carolina. L’evento ha segnato un momento storico: la pubblicazione della prima Guida Michelin regionale del Nord America, dedicata alle eccellenze gastronomiche del Sud. Conosciuta per i suoi sapori intensi e autentici - dal gumbo ai piatti cajun e creoli, fino ai frutti di mare del Golfo - la Louisiana si afferma così come una delle mete più affascinanti per chi ama viaggiare alla scoperta della gastronomia locale. “Il cibo è parte integrante della nostra identità. Dalle tradizioni creole e cajun ai prodotti freschi delle nostre coste, la cucina della Louisiana è una delle più amate al mondo. Il riconoscimento della Guida Michelin conferma ciò che i nostri visitatori affermano da tempo: qui ogni piatto racconta una storia e regala un’esperienza indimenticabile”, ha dichiarato il vice governatore Billy Nungesser. Ed ecco le Stelle Michelin assegnate alla Louisiana: Emeril’s, New Orleans - due stelle ;Saint-Germain, New Orleans - una stella; Zasu, New Orleans - una stella. Il giovane chef E.J. Lagasse di Emeril’s ha inoltre ricevuto il prestigioso Michelin Young Chef/Culinary Professional Award, a conferma del talento emergente e dell’innovazione che animano la nuova generazione di cuochi del Sud. La Guida Michelin ha assegnato il riconoscimento Bib Gourmand a 11 ristoranti di New Orleans, premiando la loro capacità di offrire piatti di grande qualità a prezzi accessibili. Tra questi: Cochon, Dooky Chase, Saba e Turkey and the Wolf, veri e propri punti di riferimento per chi vuole scoprire la cucina locale in modo genuino. La selezione comprende indirizzi storici e nuove proposte creative, tra cui August, Herbsaint, Galatoire’s, Pêche e Saffron Nola, oltre a Elsie’s Plate & Pie a Baton Rouge e St. Francisville Inn & Restaurant a St. Francisville. “La Louisiana è da sempre celebrata da guide e critici gastronomici di tutto il mondo. L’ingresso nella Guida Michelin rafforza la nostra immagine come destinazione d’eccellenza per i viaggiatori internazionali, un luogo dove cultura, musica e sapori si fondono in un’esperienza unica”, ha dichiarato Doug Bourgeois, vicesegretario al Turismo. La partecipazione della Louisiana alla Guida Michelin è parte di un’iniziativa triennale promossa da Travel South Usa, la più grande organizzazione di promozione turistica regionale degli Stati Uniti, volta a valorizzare il patrimonio gastronomico e culturale del Sud. Al progetto collaborano l’Ufficio del Turismo della Louisiana, New Orleans & Company, Visit Baton Rouge, Lafayette Convention and Visitors Commission, Visit Lake Charles, Visit the Northshore e Visit Shreveport-Bossier.
(Adnkronos) - Le foreste europee coprono poco più del 30% del territorio continentale e sono considerate alleate fondamentali nella lotta al cambiamento climatico ma non sempre più alberi significano un clima più fresco. Uno studio pubblicato su Nature Communications, guidato dall’Eth di Zurigo e al quale ha partecipato, per l’Italia, l’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche di Perugia (Cnr-Isafom) all’interno del progetto Europeo Horizon Europe 'ForestNavigator', mostra che l’effetto delle foreste dipende anche dal tipo di specie e dalle caratteristiche locali. La gestione e la composizione delle foreste emergono così come fattori chiave per migliorare resilienza, biodiversità e capacità di mitigare il riscaldamento climatico. Il lavoro integra aspetti biogeochimici (assorbimento di carbonio) con quelli biofisici (riflettività, evaporazione e scambi di calore) in modo da disegnare strategie più efficaci per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico, ed evidenzia come in molte regioni europee, l’espansione forestale possa talvolta contribuire al riscaldamento locale invece che al raffreddamento - spiega il Cnr in una nota - È il caso, ad esempio, delle foreste di conifere che, avendo una chioma più scura, assorbono una quantità di energia solare maggiore rispetto a pascoli o campi coltivati. Questo minor riflesso della radiazione solare riduce l’effetto rinfrescante legato all’evaporazione. “Siamo abituati a pensare alle foreste come soli serbatoi di carbonio - spiega Alessio Collalti responsabile del Laboratorio modellistica forestale del Cnr-Isafom di Perugia, coautore dello studio e responsabile scientifico del Cnr all’interno del progetto - Ma il loro effetto sul clima è più complesso: oltre a catturare CO2 atmosferica, le foreste influenzano la temperatura dell’aria e la sua umidità così come la riflettività della superficie terrestre”. Per indagare queste dinamiche, il team di ricerca ha utilizzato il modello climatico regionale Cosmo-Clm2, simulando il clima europeo tra il 2015 e il 2059 in diversi scenari di gestione forestale. Confrontando l’afforestazione, cioè il processo con cui vengono piantati alberi in aree dove non era originariamente presente alcuna forma di foresta, e la riforestazione tradizionale con scenari di conversione delle conifere in latifoglie, il team di ricercatori ha scoperto che la scelta delle specie può modificare in modo significativo la risposta climatica del territorio. “I risultati sono chiari: sostituire le conifere, come pini e abeti, con latifoglie, come faggio o quercia, può ridurre la temperatura media massima giornaliera di luglio fino a 0,6 °C su larga scala - spiega Collalti - quando la conversione è combinata con nuove piantagioni, il riscaldamento previsto di +0,3 °C può trasformarsi in un raffreddamento di -0,7 °C. Una differenza di pochi decimi di grado può sembrare minima, ma durante le ondate di calore può fare la differenza in termini di salute pubblica, stress agricolo e domanda energetica”. Questi risultati - evidenzia il Cnr - hanno implicazioni dirette per le politiche climatiche europee ed evidenziano che strategie di forestazione (sia afforestazione che riforestazione), come l’iniziativa europea che prevede di piantare 3 miliardi di alberi in più nell'Ue entro il 2030, dovrebbero superare la logica puramente quantitativa e considerare quali specie piantare e dove, poiché non tutte le foreste apportano gli stessi benefici climatici. “Riconsiderare la composizione delle foreste europee non è semplice -prosegue il ricercatore - richiede pianificazione a lungo termine, nuovi approcci gestionali e un coordinamento tra politiche europee e nazionali. Ma i benefici potenziali, maggiore resilienza, biodiversità e capacità di raffreddamento, rendono questo cambiamento una priorità”. In un’Europa che si riscalda sempre di più, lo studio dimostra che la scelta delle specie giuste è fondamentale per una buona gestione. “Le foreste sono attori attivi del sistema climatico, capaci di amplificare o mitigare il riscaldamento a seconda di come vengono gestite”, conclude Collalti.