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(Adnkronos) - "Emilio Fede è stato un padre professionale che ha visto in me delle capacità incredibili di scovare le notizie e portare immagini belle, mi doveva educare alla televisione di un alto livello, a livello nazionale". Così il giornalista Paolo Brosio, con lui al Tg4, ricorda all'Adnkronos il suo 'mentore' Emilio Fede - morto oggi a 94 anni - e il rapporto che lo legava al giornalista appena scomparso. "Io venivo dalla provincia, avevo fatto Nazione, il Resto del Carlino, Giorno, poi nel Secolo XIX a Genova, ero già cronista di nera giudiziaria, però avevo lavorato solo in televisioni private. Per lavorare per un telegiornale nazionale dovevo coniugare bene le riprese, come voleva lui, quindi mi insegnò tutto, ma io feci in fretta, ero una spugna", racconta. "Mi affezionai tanto a lui e lui a me, io mi ero separato, lui capiva perché anche lui viveva sempre questo rapporto particolare con sua moglie: non si è mai distaccato, però era un po' tormentato perché era un'anima irrequieta", racconta Brosio. "Però è stato un grande giornalista sulla notizia, su quello era un fenomeno", dice. "In più aveva la capacità di commentare le immagini, di far girare le immagini perché aveva fatto l'inviato, era partito da zero dalla Gazzetta del Popolo a Torino, faceva la fame: quindi è partito da zero, è arrivato ai livelli più alti ed era un uomo di un'intuizione, di un'intelligenza giornalistica sulla notizia eccezionale", dice ancora. "Il carattere era tremendo", prosegue. "Quando ho lasciato Emilio Fede per andare a 'Quelli del calcio' - avevo sempre fatto la nera ma mi piaceva anche lo sport, lo spettacolo, il costume - lui mi tirò la macchina da scrivere, prendendo in testa la povera Brunella, la segretaria che dice 'scappa, scappa che ti tira la macchina', racconta con il sorriso. "C'erano tanti di quegli episodi che non hai idea, poi lui si accorgeva subito se facevo tardi, che era uscito la sera tardi con le ragazze perché lo vedeva dalla messa in onda che avevo le occhiaie, allora io mi truccavo per non far vedere le occhiaie", racconta ancora. "Perché lui era un po' un malandrino, anche lui, e quindi mi beccava subito", dice. "Era un po' come un padre padrone, che però mi voleva bene e mi cazziava anche", dice. "Lui cazziava tutti, non solo me, però siccome io andavo in onda più di tutti, venivo cazziato", dice. "Gli insegnamenti di Fede hanno prodotto frutti che non finiscono più, oggi Emilio Fede è volato in cielo. Io come uomo di fede, cristiano, cattolico, ti dico che è un momento di grande dolore, però al contempo, so che lui sarebbe contento se sapesse che gli dico queste cose adesso e lo sentirà sicuramente che gli dico queste cose", dice. "Perché c'è un legame tra noi indissolubile, professionale, umano e anche familiare", conclude.
(Adnkronos) - "Il dazio 15% è tanto, però se consideriamo che comunque una bottiglia di prosecco va allo scaffale negli Usa sui 15 dollari non credo che gli americani siano disposti a rinunciare al prosecco per pochi dollari in più. Quello che ha fatto più male in questi mesi è stata l'incertezza". Così, con Adnkronos/Labitalia, Giovanni Martellozzo, chief financial officer di Bellussi, tra le aziende che rappresentano l'eccellenza dei prosecchi e spumanti italiani, oltre che produttori di Brunello di Montalcino con Belpoggio, commenta il no all'esenzione di vini e superalcolici Ue dai dazi al 15% sul mercato Usa. E Martellozzo, che insieme alle sorelle rappresenta la quarta generazione di imprenditori vitivinicoli che producono prosecco e anche Brunello di Montalcino con l'altra azienda di famiglia Belpoggio, ricorda che i dazi hanno scatenato "terrore" per mesi sui mercati. "Bellussi è un'azienda per lo più 'domestica' -sottolinea- il 65-70% del fatturato è in Italia, il 30% invece all'estero. E il primo mercato per noi fuori dall'Italia sono gli Stati Uniti. Bellussi, che fa anche da hub logistico per Belpoggio, produce prosecco e spumanti, mentre con Belpoggio a Montalcino facciamo il Brunello", ribadisce. I numeri delle realtà produttive del Gruppo sono rilevanti. "Con Bellussi produciamo 2 milioni di bottiglie in totale, e prevalentemente il nostro primo prodotto è il Prosecco Docg di Valdobbiadene. Poi facciamo anche altri spumanti, per un catalogo di 25 prodotti. Il Brunello invece è una realtà a sè stante, è un'azienda piccolina, 5 ettari e facciamo sulle 30 mila bottiglie in totale. Ma è solitamente un ottimo biglietto da visita all'estero. Noi infatti molto spesso entriamo nei mercati con il Brunello e poi magari dopo, quando conquistiamo il cliente, l'importatore, gli diamo anche il prosecco", spiega. I viticoltori italiani hanno sperato fino alla fine in un'esenzione. "Naturalmente abbiamo sperato che ci fosse un'esenzione per il vino ma almeno ora abbiamo finalmente una certezza e sulla base di questa si può impostare una strategia tra noi produttori, l'importatore e il rivenditore finale e si va avanti. Invece finora l'incertezza ha portato solo danni", sottolinea. Secondo Martellozzo "i dazi hanno creato 'terrore' non solo nei rapporti economici con gli Stati Uniti ma anche sugli altri mercati, 'rompendo' gli equilibri dei tassi di cambio. Ad esempio il dollaro australiano ha perso sull'euro quindi l'importatore australiano ci ha detto 'aspettiamo un attimo a ordinare perché ci rimettiamo' perché il dollaro australiano è sceso e quindi avrebbe dovuto pagare di più. Ed è un po' il clima in giro per i mercati in tutto il mondo", sottolinea. E per il vino non è un periodo semplice. "Il mercato del vino in questo momento sta affrontando un periodo di crisi, perché i consumi sono diminuiti per il cambiamento dello stile di vita. I giovani sempre più non bevono e non apprezzano il vino. Basti pensare che abbiamo in giacenza in totale in tutta Italia qualcosa come un'intera vendemmia di vino. E quindi a mio parere il Governo e l'Unione Europea dovrebbero cercare di promuovere la cultura del consumo del vino, non demonizzarla. Invece si sta portando avanti un po' il concetto che il vino fa male e questa tendenza ha messo in crisi il settore", conclude Martellozzo.
(Adnkronos) - L'Organizzazione Meteorologica Mondiale (Omm-Wmo) ha certificato il nuovo record mondiale per il fulmine più lungo: ben 829 km in un noto hotspot per le tempeste negli Stati Uniti, le Grandi Pianure del Nord America. Il 'megaflash' - fa sapere il Wmo in una nota - si è verificato nell'ottobre 2017, durante un violento temporale: si è esteso dal Texas orientale fino a Kansas City, una distanza equivalente a quella tra Parigi e Venezia in Europa. Un'auto impiegherebbe dalle otto alle nove ore e un aereo commerciale almeno 90 minuti per coprire quella distanza. "I fulmini sono fonte di meraviglia ma anche un grave pericolo che miete numerose vittime in tutto il mondo ogni anno e rappresentano quindi una delle priorità dell'iniziativa internazionale 'Early Warnings for All'. Queste nuove scoperte evidenziano importanti preoccupazioni per la sicurezza pubblica in merito alle nubi elettriche, che possono produrre fulmini che percorrono distanze estremamente grandi, hanno un impatto significativo sul settore dell'aviazione e possono innescare incendi boschivi", ha dichiarato il segretario generale dell'Omm Celeste Saulo. Il Comitato per gli Estremi Meteorologici e Climatici dell'Omm, che tiene registri ufficiali degli estremi globali, emisferici e regionali, ha riconosciuto il nuovo record con l'aiuto delle più recenti tecnologie satellitari. I risultati sono stati pubblicati sul Bulletin of the American Meteorological Society. Il nuovo record di 829 km presenta un margine di errore di ± 8 km. È di 61 chilometri superiore al record precedente, che copriva una distanza di 768 ± 8 km in alcune zone degli Stati Uniti meridionali il 29 aprile 2020. "Questo nuovo record dimostra chiaramente l'incredibile potenza dell'ambiente naturale. Inoltre, la valutazione dell'Omm di eventi estremi ambientali come questo record testimonia i significativi progressi scientifici nell'osservazione, nella documentazione e nella valutazione di tali eventi. È probabile che esistano anche eventi estremi ancora più gravi e che saremo in grado di osservarli man mano che nel tempo si accumuleranno ulteriori misurazioni di fulmini di alta qualità", ha affermato il professor Randall Cerveny, relatore del rapporto sugli estremi meteorologici e climatici dell'Omm.