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(Adnkronos) - Il livello di educazione finanziaria in Puglia (53) è più basso della media nazionale, che non raggiunge comunque la sufficienza, e in linea con la media del Sud Italia. A certificarlo è la nuova edizione dell’Edufin Index 2024, l’Osservatorio sulla consapevolezza e i comportamenti finanziari e assicurativi degli italiani, promosso da Alleanza Assicurazioni insieme a Fondazione Mario Gasbarri e con la collaborazione scientifica di Sda Bocconi, School of Management. Oggi, a Bari, si è svolta la tappa conclusiva del “Tour dell’Educazione Finanziaria” per il 2024 lanciato da Alleanza Assicurazioni, compagnia del Gruppo Generali, presente in Puglia con 28 agenzie, 28 agenti e oltre 900 collaboratori. Un’iniziativa in sette tappe realizzata con la collaborazione delle istituzioni locali e il coinvolgimento attivo delle consulenti e dei consulenti della compagnia, per migliorare il livello di educazione finanziaria e assicurativa degli italiani. Nell’occasione, presso lo Spazio Murat, Alleanza Assicurazioni ha promosso un dibattito su educazione finanziaria, empowerment al femminile e alfabetizzazione giovanile introdotto dal saluto istituzionale di Elisabetta Vaccarella, assessore alla giustizia e al benessere sociale e ai diritti civili del Comune di Bari e Mauro Romano, professore ordinario di Economia aziendale, dipartimento di Economia e finanza degli Università degli Studi di Bari. Moderati dalla giornalista e scrittrice Annalisa Monfreda, sono intervenuti: Marina Montepilli e Alessandra Grimoldi rispettivamente HR Director e Responsabile Communication & Content Marketing di Alleanza Assicurazioni, Fabrizio Baldassarre, professore associato di Economia e gestione delle imprese, dipartimento di Economia, management e diritto dell'impresa, Università degli Studi di Bari, M. Laura Minoia, proprietaria dell’azienda agricola Minoia e Sara Bitetti, segretario generale di Consumers' Forum. In Puglia, secondo l’Edufin Index 20241 l’alfabetizzazione finanziaria è inferiore di tre punti rispetto alla media nazionale (53 vs 56) ma allineata alla media del Sud Italia e delle Isole (53). In nessuna regione italiana il livello di educazione finanziaria raggiunge la sufficienza (60), ma in tutto il Sud Italia il gap è più evidente. In Puglia la consapevolezza riguardo ai temi finanziari e assicurativi (awareness index) è significativamente inferiore rispetto alla media italiana (50 vs 54), mentre risultano più attenti i comportamenti (behavioural index) (56 vs 57). Per quanto riguarda la disuguaglianza di genere, la Puglia registra un gap leggermente più ampio rispetto alla media nazionale: 6 punti rispetto ai 5 registrati a livello italiano. Nel dettaglio, per le donne pugliesi l’Edufin Index si ferma a 49, valore tra i più bassi in Italia, rispetto al 55 degli uomini (in Italia, donne 53 vs uomini 58). La disparità di genere si osserva in tutte le generazioni, ma il divario maggiore tra donne e uomini si rileva nella fascia 35-44 anni con ben 9 punti di differenza. Le giovani donne nella fascia di età 18-34 anni sono le meno preparate: il loro livello di Edufin Index si ferma a 47. L’educazione finanziaria e assicurativa, sottolinea Marina Montepilli, HR Director di Alleanza Assicurazioni, "è un mezzo efficace per la promozione del benessere della persona e l’equità sociale. Per la donna, in particolare, l’educazione finanziaria rappresenta uno strumento di emancipazione e di tutela: la gestione attiva e consapevole del denaro può aiutare le donne ad allontanarsi da situazioni di dipendenza e dalla cosiddetta violenza economica. Per questo motivo, in Alleanza Assicurazioni lavoriamo sull’inclusione e sull’equità per ridurre il gender gap, ma il nostro impegno si rivolge anche all’esterno, all’intera comunità femminile sia attraverso l’attività di consulenza finanziaria stessa sia attraverso progetti di alfabetizzazione finanziaria. In questo processo, le donne risultano doppiamente protagoniste: non solo come parte di popolazione da coinvolgere nell’allargamento delle competenze, ma anche come attrici attive nel diffondere l’informazione finanziaria". L’Edufin Index è un progetto che pone le basi per migliorare il livello di educazione finanziaria e assicurativa degli italiani. L’iniziativa rientra nel “Piano Nazionale di Educazione Finanziaria e Assicurativa” di Alleanza, avviato nel 2020 e articolato in una serie di iniziative che in questi anni hanno registrato oltre 380.000 partecipanti a più di 6.200 eventi, suddivisi tra “Protection day”, “Investment day” e “Previdenza day”. Oltre agli eventi territoriali, il piano editoriale che ha coinvolto social media, radio e rubriche dedicate, ha permesso di raggiungere oltre 100 milioni di contatti solo nel 2023. La ricerca, giunta alla terza edizione, ha indagato le conoscenze finanziarie e assicurative della popolazione, su un campione di 4.000 intervistati. L’Edufin Index rimane stabile rispetto all’anno precedente (56), ma servono ancora sforzi per raggiungere la soglia della sufficienza (60). Negli ultimi dodici mesi, in particolare, è aumentato di due punti percentuali il numero di persone che vivono una condizione di analfabetismo finanziario e assicurativo, salendo al 12% della popolazione e tornando ai livelli registrati nel 2022. Secondo l’Osservatorio, dopo il significativo incremento di chi raggiungeva la sufficienza (+7%) registrato nel 2023, l'alfabetizzazione finanziaria e assicurativa degli italiani si è stabilizzata nell'ultimo anno: oggi solo il 40% della popolazione raggiunge la sufficienza, rispetto al 41% del 2023. Nel dettaglio, secondo la ricerca i risultati migliori si registrano tra gli uomini, tra chi ha 45-64 anni e tra i residenti al Nord-Est mentre il gap geografico tra nord e sud si attesta intorno a 4 punti. Nel 2024 si conferma un gender gap intorno a 5 punti (uomini 58 vs donne 53): il ridotto interesse verso l’argomento, la poca autonomia decisionale e la bassa propensione a informarsi sono i principali fattori che spiegano la minore alfabetizzazione finanziaria assicurativa delle donne. Nel 2024 aumenta il gap generazionale che vede i giovanissimi (18-24) con punteggi di circa 7 punti inferiori a quelli degli adulti (35-64). In particolare, oggi, in confronto al passato, i genitori dedicano più tempo all’insegnamento finanziario verso i figli. Rispetto alle precedenti generazioni, infine, i giovani d’oggi cominciano a gestire prima il denaro, nonostante la maggior parte lo riceva solo nel momento del bisogno.
(Adnkronos) - Un villaggio di Natale in stile vittoriano. Tra case e casette di fine ‘800 con ringhiere a foggia di merletto, torrette e pinnacoli, colonne e bovindo, che scandiscono facciate dalle mille sfumature pastello. Un posto che sembra uscito da un libro di fiabe e che in questo periodo dell’anno si accende di luci, profumi e musica, a cominciare dalle immancabili note di ‘Santa Claus is coming to town’. E per accogliere Babbo Natale è pronta la grande Parade del primo sabato di dicembre. Tutto questo e molto altro è il Natale a Cape May, la più antica località balneare degli Stati Uniti, che si trova all’estrema punta sud dello Stato del New Jersey, tra la baia del Delaware e l’Oceano Atlantico. A poco più di due ore da New York, per oltre due secoli ha ospitato, tra alterne vicende, generazioni di villeggianti diventando una meta iconica, apprezzata per le spiagge pulitissime e la brezza oceanica che le ha valso l’appellativo, non privo di doppio senso, di ‘Cool Cape May’. Ma soprattutto per quel fascino esercitato dalla storia, non usuale in terra americana. Oggi, Cape May non è più una destinazione solo per l’estate ma per le quattro stagioni. Una località che resta aperta tutto l’anno, con una ricca offerta di attività e un ampio calendario di eventi che la animano anche in autunno, inverno e primavera. E proprio Natale rappresenta uno dei momenti clou di questa efficace politica di destagionalizzazione. Non a caso, Cape May è stata nominata tra le ‘25 best Christmas towns in the Usa’. Le decorazioni natalizie prendono il posto di quelle autunnali fatte di zucche e foglie giallo-arancione, che tra ottobre e novembre si vedono spesso davanti alle case americane. E tra addobbi sfavillanti, mercatini tipici e giardini d’inverno, le stradine dove si susseguono le case in stile vittoriano offrono uno spettacolo magico. Non mancano le iniziative, di giorno e di sera: si può sperimentare la ‘Dickens Christmas extravaganza’ o il ‘Lamplighter Christmas tour’ e il suggestivo ‘Christmas Candlelight House Tour’; e poi visite, degustazioni, concerti. Tutto ha inizio, in questo angolo del New Jersey che ha fatto storia in America, sul finire del 1700. Ma è nell’ultima parte del 1800 che Cape May conosce il suo massimo splendore. Nel 1863 arrivò la ferrovia e anche il fiume Delaware era navigabile fino a Jersey Cape. Nel post-guerra civile nuovi vacanzieri cominciarono a costruire i primi cottage, ma nel 1878 un tragico incendio rase al suolo buona parte delle abitazioni e così Cape May fu ricostruita proprio in quello stile vittoriano eclettico, con reminiscenze gotiche e rinascimentali, che l’ha resa famosa. Un’epoca d’oro destinata però a subire la concorrenza di altre località, più moderne, sorte lungo la costa e rese attrattive per i divertimenti che offrivano. Sarà un’altra tragedia, nel 1962, stavolta un uragano, a dare un nuovo impulso alla città, con restauri e ricostruzioni rispettosi dello stile vittoriano. Un rilancio in chiave turistica alla riscoperta della storia e dell’architettura di Cape May, negli anni Settanta, si deve all’organizzazione Cape May Mac (Music+Arts+Culture). Sorsero così anche veri e propri musei, a cominciare da Emlen Physick Estate, uno dei migliori esempi di architettura vittoriana, risalente al 1879, disegnata dall’architetto americano Frank Furness e ancora oggi visitabile per conoscere, attraverso le sue 18 stanze, come erano le case dell’epoca e come vivevano le famiglie che vi abitavano. Così lo stile vittoriano si è mantenuto intatto per più di un secolo ed è quello che ancora oggi rende unica Cape May. Tanto che la città è stata dichiarata National Historic Landmark City nel 1976. “Siamo l’unica città a vantare il titolo - afferma il sindaco di Cape May, Zack Mullock - e siamo orgogliosi di essere una comunità ospitale dove tutti sono benvenuti. Cape May non vanta solo alcune fra le più belle spiagge del paese, ma anche una delle maggiori collezioni di architetture vittoriane ed edifici storici. Cape May è conosciuta per la bellezza della sua natura e per essere la Capitale del bird watching della East Coast. Offre ottimi ristoranti, strutture ricettive, shopping, teatri, musei, arte e cultura. Ogni giorno si può fare una cosa diversa e ad ogni angolo vedere qualcosa di diverso”. Natura e storia, qui, sono indissolubilmente legate e si incontrano nelle infinite opportunità che la località offre (per conoscere attrazioni e attività in programma si possono visitare i siti web www.escapetothejerseycape.com, www.visitnj.org, www.visittheusa.com). Cape May ha una posizione strategica, nel sud dello Stato del New Jersey, chiamato anche ‘Garden State’, e in inverno gode di temperature più miti rispetto alle aree interne, mentre in estate la brezza oceanica la rende fresca. Lungo la costa si susseguono spiagge larghe e pulite, dalla città fino all’estrema punta del Capo, dove si trova la Sunset Beach, chiamata così perché è il punto migliore per guardare il tramonto sull’Oceano, di fronte al relitto di una nave costruita durante la Prima Guerra mondiale. Poco distante l’iconico faro risalente al 1859 (Cape May Lighthouse), che ha ispirato artisti e poeti, è visitabile e ospita un museo sul mare e l’ecosistema circostante. Il Lungomare di Cape May è una Promenade di 2 chilometri, disegnata da archi bianchi ricostruiti di recente sul modello di quelli dei primi del 1900, ma più resistenti alle intemperie, interrotta solo dagli stabilimenti e dal Convention Centre, un grande spazio per eventi e congressi. A Cape May si possono praticare tutti gli sport acquatici ma anche di terra, dal biking all’hiking. Ma non tutti sanno che è considerata una delle migliori località del Nord America per il bird watching; si possono avvistare, infatti, più di 400 specie tra uccelli e farfalle nei periodi delle migrazioni con spettacolari voli nel cielo, seguire percorsi naturalistici guidati e sapere tutto su flora e fauna al Cape May Point Science Center. In una località dove il focus è sul turismo green, rispettoso dell’ambiente, negli ultimi anni è nata una nuova attrazione, sul tracciato della vecchia ferrovia che portava a Cape May. E’ Revolution Rail, che offre una pedalata, il railbiking, lungo i vecchi binari fino al canale, dove si può ammirare quel che resta del ponte girevole, e ritorno, con sosta lungo il percorso per visitare la riserva naturalistica della Garrett Family, un sentiero alla scoperta del ciclo di vita delle farfalle che migrano proprio da queste parti. Disponibili più corse al giorno con varianti a tema secondo la stagione, dal picnic all’escursione al chiaro di luna. Mentre per fare un giro per le strade della città, dove ogni edificio racconta una storia, sono disponibili tour a bordo di trolley o carrozze, con una guida che racconta storia e architettura vittoriana ma soprattutto aneddoti e misteri. C’è persino un tour dei fantasmi che la leggenda vuole abbiano abitato alcune delle più antiche case. A Cape May anche lo shopping è un’esperienza. Basta andare a caccia di negozietti, spesso nascosti, dalla marina fino alla via principale, Washington Street Mall, interamente pedonale, dove boutique di abbigliamento alla moda e sportivo, souvenir e articoli da regalo, artigianato e antichità, si trovano anch’essi all’interno di casette vittoriane, ben distanti dai rumorosi e omologati mall. Per i foodies Cape May, ribattezzata dal New York Times ‘capitale dei ristoranti del New Jersey’, ha un’offerta per tutti i gusti e le tasche, dall’etnico al fine dining, dove a farla da padrone sono i frutti di mare. Qui, infatti, la pesca è la seconda industria dopo il turismo e quello di Cape May rappresenta uno dei porti più importanti della East Coast, unito con quello della vicina località balneare di Wildwoods, che ha avuto il suo boom a partire dagli anni Cinquanta con la creazione della passeggiata lungomare considerata tra le 20 migliori degli Usa e diventando un vero e proprio regno del divertimento estivo e non solo (durante l’anno ospita ben 160 festival musicali). Ma sulle tavole di Cape May si trovano anche prodotti a km 0 provenienti dalle aziende agricole della zona. Una sorpresa sono le wineries, cantine con produzione propria di vino, aperte al pubblico, dove il lavoro enologico - che inevitabilmente fatica rispetto al gigante californiano, tanto che i produttori si sono uniti in un’associazione di tutela e promozione, Garden State Wine Growers - cede il passo all’organizzazione di degustazioni ed eventi, che sembrano il vero core business. Oltre alle cantine, che con i loro vigneti disegnano il paesaggio interno, si possono visitare anche birrifici e distillerie. Per non parlare di pasticcerie e cioccolaterie, come la famosa Fudge Kitchen, dove si può assistere alla preparazione di caramelle, biscottini e del cremoso ‘fudge’, tripudio caramellato di burro e zucchero in infinite varianti al cioccolato. Di prim’ordine l’offerta ricettiva a Cape May, fatta di numerosi alberghi e di innumerevoli B&B creati riconvertendo le case vittoriane. Tra gli hotel, The Inn of Cape May è il più antico della città (fondato nel 1894) e quest’anno compie 130 anni ed è stato il primo qui ad avere l’elettricità. Con vista sull’Oceano, che ha dato il nome anche al suo ristorante, Ocean 7, dove si propone un menù a base di pesce freschissimo ma anche classici americani; pure la colazione è servita à la carte. Tra i B&B ospitati nelle case vittoriane, a vantare la maggiore anzianità è il Mainstay Inn. L’edificio, del 1872, originariamente era un club, poi convertito in struttura ricettiva fin dagli anni ‘50, con vari proprietari che si sono succeduti fino agli attuali, Pete e Esther Scalone, discendenti di immigrati italiani che continuano la tradizione dell’ospitalità. L’industria ricettiva, secondo i dati della Camera di commercio di Cape May, comprende 290 alberghi per un totale di 11.350 camere e 22mila strutture che offrono affitti brevi, oltre a 36 campeggi. In una stazione balneare dove il turismo è la prima risorsa (la seconda nello Stato del New Jersey) e dove la popolazione in estate passa dai 95mila ai 764mila abitanti, il 46% degli edifici è costituito da seconde case e il 53% è destinato a essere affittato. Il settore della ricettività impiega oltre la metà della forza lavoro con 31mila occupati, che superano i 40mila considerando anche l’indotto e in crescita del 3,2%. In totale ci sono oltre 12mila esercizi commerciali; nel corso del 2024 hanno aperto 150 nuove attività legate al turismo e altre sono già programmate per il 2025. I ristoranti sono 1.268, di cui 593 aperti tutto l’anno. E il turismo è in aumento, soprattutto dopo lo stop imposto dal Covid. Nel 2023 in tutta la Contea di Cape May ci sono stati 11,5 milioni di visitatori (di cui più della metà hanno pernottato), in crescita dell’1,8%, per un giro d’affari complessivo di quasi 7,7 bilioni di dollari. La spesa dei turisti è cresciuta del 4% rispetto al 2022 e un ulteriore lieve incremento si è registrato nell’estate 2024. La spesa media dei turisti è di 351 dollari a persona al giorno per chi pernotta e 160 dollari per un day trip. Il 35% dei visitatori resta almeno una settimana, gli habitués sono l’85% e il 45% va in vacanza qui da 20 anni. Da quando, nel 2016, è partita la campagna per favorire la destagionalizzazione e la promozione della destinazione tutto l’anno, la spesa turistica è aumentata del 30%; i visitatori in primavera sono cresciuti del 36%, in autunno del 44% e in inverno del 16%, grazie a eventi che hanno reso più attrattiva la bassa stagione da gennaio a maggio e da ottobre a dicembre. A dimostrazione del fatto che, come sottolinea Diane Wieland, director del Cape May County Department of Tourism, “dopo essere sopravvissuta a incendi e uragani, Cape May con la sua resilienza si è ripresa anche dopo la recente pandemia”. Seguendo nuovi trend ed esigenze del visitatore, a caccia di esperienze autentiche nella natura e alla scoperta di un volto storico americano ancora troppo poco conosciuto.
(Adnkronos) - Il consumo di suolo rimane ancora troppo elevato, anche se con una leggera diminuzione rispetto all’anno precedente, e continua ad avanzare al ritmo di circa 20 ettari al giorno (2,3 metri quadrati ogni secondo), ricoprendo altri 72,5 km2 (una superficie estesa come tutti gli edifici di Torino, Bologna e Firenze). Una crescita inferiore rispetto al dato dello scorso anno, ma che risulta sempre al di sopra della media decennale di 68,7 km2 (2012-2022) e solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali (poco più di 8 km2, dovuti in gran parte al recupero di aree di cantiere). A descrivere l’andamento nazionale del fenomeno, il rapporto Snpa (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) 'Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici' che in questa edizione pubblica le stime per tutte le regioni, le province e i Comuni italiani relative al 2023. Cambia, intanto, la classifica dei comuni 'Risparmia suolo', quelli in cui le trasformazioni della copertura del suolo sono limitate o assenti: sul podio del 2024 salgono Trieste, Bareggio (MI) e Massa Fermana (FM). Nelle aree, dove il nuovo regolamento europeo prevede di azzerare la perdita netta di superfici naturali e di copertura arborea a partire dal 2024, si trovano nuovi cantieri (+663 ettari), edifici (+146 ettari) e piazzali asfaltati (+97ettari). In calo costante quindi la disponibilità di aree verdi: meno di un terzo della popolazione urbana riesce a raggiungere un’area verde pubblica di almeno mezzo ettaro entro 300 metri a piedi. Secondo l'analisi, proseguono le trasformazioni nelle aree a pericolosità idraulica media, dove la superficie artificiale avanza di oltre 1.100 ettari, mentre si sfiorano i 530 ettari nelle zone a pericolosità da frana, dei quali quasi 38 si trovano in aree a pericolosità molto elevata. La Valle d’Aosta e la Liguria sono le uniche regioni sotto i 50 ettari: la Valle d’Aosta, con +17 ettari, è la regione che consuma meno suolo, seguita dalla Liguria (+28). Gli incrementi maggiori per l’ultimo anno si sono verificati in Veneto (+891 ettari), Emilia-Romagna (+815), Lombardia (+780), Campania (+643), Piemonte (+553) e Sicilia (+521). Escludendo le aree ripristinate (operazione da cui si ricava il consumo di suolo netto) segnano gli aumenti maggiori Emilia-Romagna (+735 ettari), Lombardia (+728), Campania (+616), Veneto (+609), Piemonte (+533) e Sicilia (+483). La capitale perde meno suolo: a livello comunale per la prima volta Roma (+71 ettari) registra una significativa riduzione dell’incremento rispetto ai dodici mesi precedenti (+124 ettari), ma si conferma tra i Comuni con il consumo di suolo più alto (tenuto conto che si tratta del Comune con la maggiore superficie in Italia), insieme a Uta (+106 ettari), comune della città metropolitana di Cagliari e Ravenna (secondo Comune per superficie totale in Italia, +89 ettari). La stima - si legge nel rapporto - dei costi totali della perdita del flusso annuale di servizi ecosistemici (dallo stoccaggio e sequestro di carbonio alla qualità degli habitat fino alla regolazione del regime idrologico) varia da un minimo di 8,22 a un massimo di 10,06 miliardi di euro persi ogni anno a causa del consumo di suolo avvenuto tra il 2006 e il 2023. Il valore più alto di perdita è associato al servizio di regolazione del regime idrologico. Analogamente, a questo servizio è connesso anche il valore più alto di perdita tra il 2022 e il 2023 (vale intorno ai 400 mln l''effetto spugna', ossia la capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua e regolare il ciclo idrologico), mentre complessivamente nell’ultimo anno si stima una perdita del flusso di servizi ecosistemici da 410 a 501 milioni di euro all’anno. Il valore perso di stock (ossia la perdita assoluta di capitale naturale) tra il 2006 e il 2023 varia tra 19 e 25 miliardi di euro.