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(Adnkronos) - Raddoppia la quota di italiani che non ha ancora deciso se andare in vacanza: il 24% contro una media del 12% degli scorsi anni. Secondo la sesta edizione della ricerca sulle vacanze degli italiani realizzata da Wonderful Italy, azienda leader nella gestione di case vacanza, tramite l’istituto di ricerca Izi, quest’anno si registra un clima di maggiore cautela e attenzione alle spese. Anche la quota di coloro che si sono dichiarati già sicuri di partire è scesa dal 68% dello scorso anno al 64%, interrompendo la tendenza di crescita degli ultimi anni. Tra le preoccupazioni che influenzano le scelte sulle vacanze, l’inflazione resta il fattore più rilevante, indicato dal 62% degli italiani, seguito dai problemi economici generali (61%). Quest’anno emerge anche la situazione internazionale: il timore per la guerra, indicato dal 57% degli intervistati, è il terzo fattore di maggiore impatto e supera di gran lunga altre motivazioni come le incertezze sul lavoro o i cambiamenti climatici. Sul fronte delle destinazioni, l’Italia si conferma la meta principale, anche se in leggera flessione: dal 76% del 2024 si scende al 72% nel 2025. A determinare questa variazione è soprattutto l’aumento degli indecisi, che passano dal 3% al 7%. La quota di chi sceglie l’estero rimane sostanzialmente stabile. Il mare resta in assoluto la destinazione preferita dagli italiani (58% degli intervistati), confermandosi al primo posto con un’ampia maggioranza, anche se in leggero calo. La montagna perde qualche punto percentuale (dal 18% al 15%), mentre risultano in netta crescita le città d’arte, scelte dal 14% degli intervistati (nel 2024 erano il 7%), segnale di un rinnovato interesse per le mete culturali e urbane, probabilmente legato anche al desiderio di vivere esperienze più diversificate rispetto al classico soggiorno balneare. Per quanto riguarda le scelte di alloggio, l’hotel si conferma la prima opzione, con una crescita dal 38% al 40% rispetto allo scorso anno. Stabile al 31% la casa vacanza che continua a rappresentare una scelta consolidata per un italiano su tre. In calo tutte le altre forme di alloggio, tra cui bed & breakfast, agriturismi e campeggi. La casa vacanza viene scelta soprattutto per il comfort, indicato come fattore decisivo dal 28% degli intervistati, e per la possibilità di risparmiare, citata dal 26%. Perde invece importanza la motivazione legata alla privacy, che passa dal 17% al 10%. Più in generale, il 66% degli italiani ritiene che le case vacanza e gli affitti brevi portino un beneficio economico alle destinazioni in cui soggiornano, mentre solo l’11% ha un’opinione contraria e il 23% dichiara di non avere un’idea precisa. Inoltre, tra coloro che vedono un impatto positivo, il 39% sottolinea il ruolo degli affitti brevi nel mantenere vive abitazioni altrimenti inutilizzate e il 38% ne evidenzia i benefici diretti su negozi, ristoranti e attività locali. “Il dato sulla stabilità delle case vacanza dimostra come questa formula non sia più percepita come un’alternativa economica agli hotel, ma come una modalità di soggiorno che offre comfort, autonomia e maggiore flessibilità”, commenta Michele Ridolfo, Ceo e co-founder di Wonderful Italy. “Il turista di oggi non cerca solo un letto dove dormire, ma un’esperienza personalizzata, capace di rispondere a esigenze diverse, dalle famiglie con bambini alle coppie, fino ai viaggiatori senior”. “Anche sul piano delle tipologie di alloggio, emerge una polarizzazione tra hotel e case vacanza, a discapito delle altre soluzioni, confermando la ricerca di formule più strutturate e affidabili”, dichiara in conclusione Antonio Rainò, direttore marketing di Wonderful Italy che cura la ricerca dal 2020. Wonderful Italy, leader in Italia nella gestione di case vacanza, dal 2020 conduce questa indagine in collaborazione con primari istituti di ricerca come Izi e conferma così la propria attenzione nell’osservare le abitudini degli italiani in vacanza e nel raccogliere dati utili per comprendere un mercato in continua evoluzione.
(Adnkronos) - È stato pubblicato dalle Edizioni Frate Indovino il nuovo volume della collana Familiando, 'Rivoluzione Famiglia – Un ecosistema per il futuro', di Adriano Bordignon, presidente del Forum delle Associazioni Familiari. Si tratta di un’opera corale che affronta con profondità e visione il ruolo della famiglia nella società contemporanea, tra sfide educative, crisi relazionali e nuove prospettive di speranza. 'Rivoluzione Famiglia – Un ecosistema per il futuro' non è solo un libro, ma un manifesto culturale e sociale che invita a ripensare la famiglia come organismo vivente, soggetto sociale attivo e motore di speranza per la società. Attraverso un linguaggio accessibile, uno stile coinvolgente e profondo e una narrazione ricca di metafore naturali – dal suolo all’acqua, dal clima alla luce – Bordignon ci guida in un viaggio che intreccia scienza, spiritualità, educazione e politica. Affronta temi cruciali come la natalità, la scuola, il lavoro, la spiritualità domestica, le politiche familiari e il ruolo dell’associazionismo, offrendo proposte concrete per un cambiamento culturale e politico che metta davvero la famiglia al centro. Il testo propone una visione sistemica della famiglia, paragonandola a un ecosistema complesso, fatto di relazioni, valori, risorse e fragilità, che ha bisogno di essere nutrito, protetto e valorizzato. La famiglia è presentata come luogo generativo, capace di produrre capitale sociale, educare alla reciprocità, affrontare le crisi e contribuire al bene comune. In un tempo segnato da solitudini diffuse, crisi educative e relazioni sempre più fragili, la famiglia torna al centro del dibattito culturale e sociale grazie a queste pagine che sono insieme riflessione, proposta e visione. Per Bordignon: "attraverso la metafora dell’ecosistema ho voluto rappresentare la famiglia come un organismo vivo interconnesso ed essenziale alla vita del Paese, una realtà in continuo movimento che deve essere protetta, tutelata. Solo ripartendo dalla famiglia, recuperando speranza e fiducia nei concreti, resistenti e resilienti nuclei familiari, possiamo costruire davvero un futuro più umano, giusto e sostenibile". Il volume è disponibile sul sito ufficiale www.frateindovino.eu e in libreria.
(Adnkronos) - Un valore della produzione salito dai 38 miliardi del 2015 ai 68 miliardi del 2025 e una crescita degli occupati, che in dieci anni sono passati da 90mila a 104mila. Sono alcuni dei dati sull’evoluzione del comparto delle utilities emersi oggi nell’Assemblea generale di Utilitalia, organizzata a Roma in occasione del decennale della Federazione sorta nel 2015 dopo la fusione tra Federutility e Federambiente. Dal 2015 al 2025 il valore della produzione delle utilities italiane è aumentato del 79%, arrivando a 68 miliardi. Gli occupati, anche a fronte di un consolidamento industriale che ha visto fusioni e aggregazioni, sono aumentati del 15%, dai 90mila del 2015 ai 104mila attuali. A testimonianza del valore generato dalle utilities sui territori nel quali operano, mediamente ogni euro di fatturato di queste aziende genera un livello di produzione di 2,6 euro e, al contempo, per ogni milione di euro di fatturato si impiegano tra i 16 e i 34 occupati. “Negli ultimi anni - spiega il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini - tra pandemia, crisi energetica e siccità le utilities si sono trovate ad affrontare una serie di situazioni emergenziali che hanno rappresentato sfide enormi per il comparto. Ciò nonostante, le imprese non si sono limitate a garantire la continuità dei servizi ma hanno realizzato investimenti fondamentali per supportare la transizione ecologica del Paese, confermando la loro centralità all’interno di questo percorso”. ACQUA - Per quanto riguarda il settore idrico, gli investimenti pro-capite sono passati dai 38 euro annui del 2015 agli 80 euro stimati nel 2025, con una crescita del 110%. "Tra i nodi da sciogliere - segnala Utilitalia - figurano gli investimenti relativi alle gestioni 'in economia', dove gli enti locali si occupano direttamente del servizio idrico: qui gli investimenti crollano a 29 euro per abitante. Per il prossimo futuro, a fronte di un valore complessivo degli investimenti sostenuti dalla tariffa aumentato fino a circa 4 miliardi l’anno, il fabbisogno di settore è stimato da Utilitalia in almeno 6 miliardi l’anno. Negli ultimi anni il Pnrr ha destinato al settore circa 1,1 miliardi annui: serviranno dunque risorse aggiuntive pari a circa 0,9 miliardi di euro l’anno fino al 2026, e pari ad almeno 2 miliardi di euro l’anno dopo la chiusura del Pnrr, per innalzare l’indice di investimento complessivo". Nell’ottica della Federazione, "alle risorse derivanti dalla tariffa andrebbe affiancata anche una quota di contributo pubblico di almeno 1 miliardo di euro l’anno per i prossimi 10 anni". RACCOLTA DIFFERENZIATA - Investimenti che sono necessari anche nel settore dei rifiuti urbani, dove negli ultimi anni sono stati fatti importanti passi in avanti sul fronte della raccolta differenziata (passata dal 47,5% del 2015 al 67% attuale) e del riciclaggio (salito dal 41,1 % del 2015 al 50,8% attuale). L’Unione europea ha posto obiettivi sfidanti al 2035 che riguardano l’effettivo riciclo per il 65% dei rifiuti urbani prodotti e uno smaltimento in discarica fino ad un massimo del 10%, mentre attualmente l’Italia si attesta al 16%, anche se molti passi avanti si sono fatti rispetto al dato del 2015 (26%). Per centrarli in futuro - avverte Utilitalia - sono necessari investimenti aggiuntivi pari a circa 4,5 miliardi: di questi, 3 miliardi riguardano la dotazione impiantistica (2,5 per impianti di incenerimento e 0,5 per la digestione anaerobica), mentre 1,5 miliardi saranno necessari per implementare i sistemi di raccolta differenziata. ENERGIA - "Il settore dell’energia, invece, è atteso a una radicale trasformazione per far fronte agli obiettivi di decarbonizzazione e di contrasto ai cambiamenti climatici. Con il Green Deal e la Legge Europea per il Clima, l’Ue ha individuato un punto di arrivo estremamente ambizioso: la neutralità climatica al 2050", osserva la Federazione. L’analisi dei piani industriali delle maggiori utilities impegnate in campo energetico ha evidenziato un volume di investimenti programmati pari a circa 19 miliardi di euro nei prossimi 5 anni: fra questi, 7,6 sono destinati ad investimenti per le reti elettriche, del gas e del teleriscaldamento, 7,7 alla produzione di energia rinnovabile e non rinnovabile, mentre circa 1,5 miliardi sono destinati all’efficientamento energetico e alla mobilità sostenibile. LE PRINCIPALI SFIDE PER LE UTILITIES VERSO IL 2035 - Guardando al futuro, il comparto delle utilities si trova davanti a sfide cruciali che richiedono un impegno strategico su più fronti. Come evidenzia il vicepresidente vicario di Utilitalia, Luca Dal Fabbro, “le imprese dei servizi pubblici si candidano a essere attori essenziali nel nuovo equilibrio tra sicurezza energetica ed ambientale, innovazione e crescita economica e coesione territoriale. In questo quadro, l’industrializzazione del settore e il superamento delle gestioni in economia, dove ancora presenti, restano fondamentali per migliorare le performance e aumentare la capacità di investimento complessiva. La strategia futura si fonda su tre assi portanti: una regolazione evolutiva, una governance industriale efficiente e non meno importante una forza lavoro competente e orientata al cambiamento”. Tra le priorità chiave individuate da Utilitalia figurano il rafforzamento del ruolo della regolazione indipendente, l’incremento degli investimenti nella sicurezza e resilienza delle infrastrutture e degli approvvigionamenti, le aggregazioni per una governance efficiente e il superamento dei vincoli normativi del Testo Unico sulle Partecipate. E ancora il consolidamento dell’industrializzazione dei settori, investimenti ancora più ingenti per garantire la qualità della risorsa idrica, misure tese a garantire la continuità agli investimenti oltre l’orizzonte del Pnrr, l’integrazione dell’intelligenza artificiale nei processi operativi e gestionali e politiche del lavoro che favoriscano stabilità, formazione e innovazione organizzativa.