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(Adnkronos) - Aperta fino alle 16 di lunedì prossimo, 22 settembre, la sfida per la leadership del Movimento 5 stelle. La base potrà dare il proprio endorsement in vista della volata finale per la guida del (non) partito ai 20 aspiranti 'Giuseppe Conte', a cui, ovviamente, si deve aggiungere anche il presidente uscente. Delle 77 autocandidature che erano state presentate entro il 10 settembre, il Comitato di garanzia ne ha epurate 56, e questo perché non "in possesso dei requisiti previsti dallo Statuto e gli ulteriori requisiti stabiliti dall’apposito regolamento". Considerato che servono 500 sottoscrizioni da parte degli iscritti per poter partecipare all'elezione vera e propria, è molto probabile che alla fine rimanga solo l'attuale leader a giocarsi la partita. E in effetti, basta scorrere i curricula per capire che i 'wannabe' presidenti hanno davvero poche chance contro il (fu) Avvocato del popolo. La prima della lista - rigorosamente in ordine alfabetico -, Catherine Emilie Alfiniti, calabrese d'origine e giramondo di adozione, l'esperienza politica l'ha maturata tra le amministrazioni locali, i movimenti studenteschi e le liste civiche, ma sia alle politiche del 2022, sia alle regionali l'anno dopo in Lombardia non è riuscita a spuntarla. A seguire c'è Thomas Alì, che in dote porta 'solo' la giovane età: 26 anni e una laurea triennale in scienze giuridiche sono le carte che mette sul tavolo per sfidare il presidente. Qualche arma in più sembra averla Angelo Amato. Oltre a un progetto politico con tanto di slogan - 'Sapere. Osare. Sentire', il 60enne leccese vanta anche una menzione sul Blog di Beppe Grillo risalente al 25 aprile del 2025, e digli poco. Poi c'è Emanuele Amoruso, uno che con il Movimento 5 stelle ci è cresciuto: dai meetup del 2012 alle parlamentarie dieci anni dopo, il 34enne campano potrebbe essere premiato per la sua costanza. Un po' come Paolo Bati, che si presenta professando amore eterno ai pentastellati: "Movimento5stelle avanti nonostante tutto e tutti" e "M5stelle tutta la vita", sono i suoi cavalli di battaglia. Leggermente diversi da quelli di Jean François Camille Boudard, che invece è un europeista e federalista convinto, o perlomeno così scrive. Maria Rosaria Calascibetta, sarda e commercialista, sfida Conte perché si è "sempre riconosciuta nei suoi valori e nelle battaglie che porta avanti" il Movimento 5 stelle, ma ammette anche di non avere nessuna esperienza politica, e questo nonostante alle "Europarlamentarie del 2024, ero l'unica candidata donna per tutta la Sardegna". Chi lo fa invece perché è proprio contro il nuovo corso del movimento, invece, è Valeriano Celiberto, attivista fin dalla fondazione, ma "assolutamente in disaccordo con l'attuale linea strategica M5s che, distaccandosi dal virtuale 'uno vale uno', si è appoggiata al sistema territoriale baronale, metodo contro cui il M5S fu fondato, contro cui ha combattuto e che snatura completamente il concetto di Democrazia diretta". Riccardo Dominici, 55 anni compiuti il 3 settembre come precisa lui stesso, forse è confuso, perché più che stilare il manifesto del suo movimento, nella presentazione spiega perché si vorrebbe candidare alle prossime regionali in Toscana del 2025. Fuori luogo e anche fuori tempo. Esattamente come Daniele Giove, che invece vorrebbe correre per il rinnovo del Consiglio regionale della Campania. Chi rimane sul punto, invece, è (ancora) Vincenzo Evangelista, nato a New York negli anni di Kennedy. Lui si gioca la sua fiches puntando tutto sul suo "bagaglio culturale e soprattutto etico per far ritornare l'Italia ai fasti di un tempo che stridono con la situazione attuale di stallo politico e amministrativo dovuto a un decadimento morale della classe dirigente, dove la politica clientelare ha soffocato le aspirazioni e la qualità della vita". Quanto a Paolo Gallo, beh, dalla sua ha sette articoli pubblicati sul Blog del Fatto quotidiano e un 100 alla maturità, mentre Laura Giardina segue molto i dibattiti politici. Ma è Giampaolo Gottardo, 81 primavere alle spalle, quello che ha fatto di più: "Ho inserito nel blog 5 stelle prima e poi il blogdellestelle poi circa 200 suggerimenti negli anni come g.gottardo@libero.it e ultimamente come g.gottardo.g@gmail.com in quanto la password come libero nel blog non funziona (informai più volte Rousseau ma non fu sistemata) - scrive nel suo curriculum da attivista -; ho inserito una proposta di legge Lex iscritti ma e'in attesa da un po' di mesi; sono stato a Rimini ed ho cercato di consegnare una busta con elaborati a Beppe ma non ci sono riuscito; ho partecipato di recente alle stelline a Milano ed ho consegnato al Capo Politico un modello su carta sulla differenza Movimento - Partiti; ho mandato a casaleggio.davide@casaleggio.it 4 email circa nei mesi con anche allegati ma senza risposta", e quindi "ora mi iscrivo al fine forse di poter essere utile nella logicizzazione delle azioni ed della missione del movimento", qualunque cosa significhi. La carta di elettore "sin dal principio" la gioca Marco Marconi, mentre Pasqualino Mattaliano non nega un passato con altre forze politiche: "In pensione mi sono dedicato alla divulgazione territoriale del programma di Idv, durante il quale sono stato proposto nella lista al Senato di Idv. Ma ha fatto seguito la crisi del governo Prodi, provocata dalla fuoriuscita di Mastella, da ministro della Giustizia". Come lui c'è anche Pasquale Pietro Palumbo, che prima di essere folgorato sulla via di Grillo e Casaleggio, era segretario cittadino di Sel durante il primo mandato di Vendola in Puglia. Neo? Dice di essere attualmente collaboratore "della nostra portavoce alla Camera Marialuisa Faro", che però manca da Montecitorio dal 2022 e prima di andarsene ha seguito Luigi Di Maio nella scissione con Insieme per il futuro, e poi ha aderito a Sud chiama Nord. Per la massima 'dulcis in fundo', ecco Maria Montisci, sarda, residente nelle Marche e legatissima a fratelli, cognate, nipoti, e "a papà che ha 92 anni e, fino a pochi mesi fa, avevo pure una zia, la sorella di papà, che aveva 99 anni e 1/2 e che rimane sempre un mito nel mio cuore, oltre che per un valore affettivo, anche perché ha potuto raccontarmi le vicende dell'Italia di un secolo tutto", che si definisce "una Maria e mi piace pensare a Maria di Nazareth che rispose 'Eccomi...' e non disse 'Ma noh, fallo fare all'altra Maria ché io non conosco uomo...'". Giacomo Palumbo, "siciliano, adottato dalla città di Bologna dopo la laurea, 40 anni, cantautore, in arte Jack Cardigan". E Tommaso Romagnoli, l'unico forse che è stato eletto per davvero con il Movimento 5 stelle.
(Adnkronos) - In un contesto macroeconomico segnato da profonde incertezze, c’è la preoccupazione dei lavoratori per possibili licenziamenti: il 53% a livello globale - e il 37% degli italiani – teme, infatti, di essere coinvolto in esuberi entro un anno. La quasi totalità non si sente pronta ad affrontare l’eventuale ricerca di un nuovo impiego, sia dal punto di vista del network professionale, sia da quello delle competenze e delle capacità necessarie per candidarsi in una nuova posizione; 1 persona su 6 ritiene, inoltre, che questa ricerca potrebbe richiedere molto tempo (per il 24% degli italiani più di un anno). E le aziende non sembrano essere sufficientemente preparate: il 58% degli hr (65% in Italia) ammette che la propria azienda non fornisce un adeguato sostegno in caso di riduzione del personale, anche se due terzi di loro (il 64% in Italia) dichiarano che la propria realtà si impegna a essere corretta nel processo di licenziamento. Condividendo solo in parte questa percezione, il 60% dei dipendenti a livello globale e 1 su 2 in Italia ritiene che i propri dirigenti manchino di empatia durante i licenziamenti. Vulnerabilità latenti che, se non affrontate con gli strumenti adeguati, rischiano di creare ulteriori tensioni e difficoltà in caso di crisi. Sono queste tra le principali evidenze che emergono dalla ricerca internazionale 'Culture in the balance: leading through layoffs without losing trust' (La cultura in equilibrio: gestire i licenziamenti senza perdere la fiducia) condotta da Intoo, società di Gi Group Holding leader nel settore dell’employability, sviluppo e transizione di carriera, con l’obiettivo di capire le sfide che dipendenti ed hr devono affrontare durante i licenziamenti, l’impatto dei medesimi e come le aziende possano mitigarli per preservare chi resta, la loro cultura e l'integrità del brand. La survey, realizzata in collaborazione con la società di ricerca Workplace Intelligence, ha coinvolto - oltre all’Italia - anche Argentina, Brasile, Regno Unito e Stati Uniti, intervistando 1.100 responsabili hr e 1.100 dipendenti a tempo pieno. “Anche quando approcciate con le migliori intenzioni - commenta Cetti Galante, ceo di Intoo (Gi Group Holding) - le riduzioni del personale, le uscite volontarie, gli esuberi e i licenziamenti rappresentano momenti complessi e delicati nella vita di un'organizzazione. Bisogna considerare come la gestione dell’uscita rifletta inevitabilmente la cultura e l’immagine aziendale . A prescindere dalle difficoltà operative emerse dalla ricerca, è oggi sempre più rilevante una gestione ponderata di queste situazioni, che ne consideri tutte le conseguenze a livello interno ed esterno. E' comunicando chiaramente le ragioni di queste scelte e offrendo sostegni concreti, caratterizzati da approcci umani e in linea con i valori aziendali, che si può operare per preservare nel lungo periodo la responsabilità sociale dell’azienda, l’occupabilità delle persone dentro e fuori la propria realtà, il coinvolgimento di chi resta e l’attrattività verso l’esterno, necessaria per la sostenibilità e la resilienza del business”. Gestire male un processo di licenziamento può avere infatti un effetto negativo sulla forza lavoro rimanente, in termini di benessere e motivazione: l’80% dei dipendenti su scala globale (78% in Italia) ritiene che le imprese tendano a sottovalutare questo impatto. Dopo aver assistito a un licenziamento, il 71% dei lavoratori (68% in Italia) inizierebbe subito a cercare un nuovo impiego, mentre il 62% (56% in Italia) ha perso fiducia nel proprio datore di lavoro. Ma non solo: 1 intervistato su 6 (12% in Italia) ha smesso di impegnarsi a fondo, il 44% (31% in Italia) riferisce che la propria produttività sia stata compromessa e che sia aumentato lo stress (oltre 60% in Italia, 71% a livello globale). Un quadro che stride con la percezione degli HR, 1 su 2 dei quali (42% per in Italia) pensa che il personale restante lavorerebbe invece più duramente, a dimostrazione di un evidente disallineamento. I licenziamenti possono avere conseguenze significative anche a livello reputazionale e incidere sulla capacità delle aziende di attrarre nuovo personale in futuro. Quasi la metà delle imprese a livello globale (46% in Italia) ha subìto ripercussioni online e circa 1 lavoratore su 5 sarebbe pronto a lamentarsi pubblicamente - % che si alza a 1 su 4 se si considera solo il campione dei lavoratori Gen Z. Cosa può fare, allora, un’impresa per gestire correttamente il processo di riduzione del personale supportando chi esce e tutelando al contempo la motivazione e la fiducia di chi resta, oltre alla propria attrattività verso l’esterno? Considerando che il 54% dei dipendenti (49% in Italia) non ha fiducia nella capacità dei dirigenti di gestire i licenziamenti in modo etico e segnala una mancanza di empatia, formare il management su una migliore gestione di eventuali esuberi diventa cruciale per ricostruire il clima in azienda. In termini poi di supporti concreti, la maggioranza dei responsabili hr e dei dipendenti intervistati - anche in Italia -, con valori superiori all’80%, ritiene che alle persone licenziate dovrebbero essere offerti servizi di outplacement e ricollocamento. Chi lo fa dimostra di preoccuparsi maggiormente delle proprie persone. In un contesto in cui la diffusione di tali servizi varia notevolmente da Paese a Paese – si passa dal 48% del Brasile al 17% dell’Italia - vi è spesso una scarsa consapevolezza: solo il 18% dei dipendenti (21% in Italia) è a conoscenza dei programmi di outplacement offerti dal proprio datore di lavoro, evidenziando una chiara opportunità di migliorarne la comunicazione dei benefici alle persone. “La maggior parte delle persone - continua Galante - fatica ad affrontare da sola il mercato del lavoro, per questo è necessario riflettere sempre di più sulla long term employability protection, attività che spetta tanto alle aziende quanto alle persone perché questa è la sfida più attuale. Da un lato le imprese devono riuscire ad affrontare i cambiamenti repentini, gestendone i rischi operativi e reputazionali, mantenendo al tempo stesso engagement, attrattività e fornendo supporti e risorse di qualità alla propria popolazione aziendale nelle diverse fasi lavorative. Dall’altro, ciascuno di noi ha la responsabilità di mantenersi employable e aggiornato, in termini di competenze e network, per trovarsi pronto a possibili trasformazioni e transizioni di carriera, anche volontarie, sempre più frequenti e connaturate ai cambiamenti del mercato del lavoro stesso”. La ricerca evidenzia infatti come molti dipendenti non siano pronti ad affrontare il mercato del lavoro in caso di uscita: in Italia il 26% dichiara di non avere le competenze necessarie, mentre il 40% non si sente preparato a presentare una candidatura, aggiornare il curriculum o affrontare un colloquio. Più della metà (56%) non ritiene di disporre di una rete professionale solida e il 54% ammette di non poter contare sul proprio network per trovare una nuova occupazione.
(Adnkronos) - Una fotografia aggiornata e complessa dell’agricoltura campana, tra criticità strutturali e potenzialità di sviluppo, è quella emersa dalla ricerca condotta da Nomisma su incarico dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione Campania, presentata nell’ambito del progetto 'Agricoltura in Campania e nuovi scenari evolutivi'. Lo studio, sviluppato lungo nove direttrici tematiche, ha costituito la base di indagine scientifica per i lavori dei nove tavoli di confronto dell’evento Campania Mater, in corso il 17 e 18 settembre a Napoli. Al centro dell’analisi, il tema cruciale di suolo e acqua, risorse fondamentali ma sotto forte pressione. In Campania il consumo di suolo ha raggiunto nel 2023 i 143mila ettari, pari all’11% del territorio, con Napoli che da sola concentra oltre un terzo delle superfici compromesse. Una criticità aggravata dalla vulnerabilità ai nitrati: 316mila ettari risultano classificati come zone a rischio, coinvolgendo il 72% delle aree agricole e quasi la metà della popolazione regionale. A ciò si aggiunge la cronica scarsità idrica, che negli ultimi decenni ha registrato indici di deficit tra i più elevati in Europa. Altro fronte di indagine quello delle comunità rurali e delle aree interne, segnate da spopolamento e difficoltà economiche. Tra il 2019 e il 2024 la Campania ha perso il 4% della popolazione, con punte del -5,8% a Napoli e del -5,1% a Benevento. Un calo che si riflette sulla vitalità dei territori e sulla disponibilità di forza lavoro agricola, aggravato dalla contrazione della Superficie Agricola Utilizzata (-10% tra 2010 e 2020). L’indagine approfondisce poi il rapporto tra cibo e salute, con consumi alimentari in trasformazione: calano i volumi acquistati di frutta e carne, cresce la spesa per oli e grassi. Segnali positivi arrivano dall’agricoltura biologica, che ha visto quintuplicare le superfici coltivate in dieci anni, raggiungendo nel 2023 il 20% della Sau regionale. Un capitolo specifico riguarda i cambiamenti climatici: la temperatura media in Italia è cresciuta di 1,3°C negli ultimi decenni, con conseguenze dirette sulla stabilità dei raccolti. La Campania, sottolinea lo studio, dovrà rafforzare pratiche resilienti, gestione efficiente dell’acqua e diversificazione colturale per mantenere competitività. In controtendenza, il comparto agroalimentare campano mostra segnali di forte dinamismo. La cosiddetta Dop Economy rappresenta uno dei punti di forza del Made in Campania: nel 2024 l’export ha raggiunto i 5,7 miliardi di euro, +111% rispetto al 2014, con un saldo commerciale positivo di 1,5 miliardi. Ortofrutta trasformata, prodotti da forno e lattiero-caseari trainano le vendite, confermando l’identità internazionale delle filiere certificate. Un focus riguarda anche il mare e la pesca, con una flotta che rappresenta l’8,6% del totale nazionale e una produzione annua di oltre 5mila tonnellate. Un settore di nicchia ma strategico, integrato nella filiera agroalimentare regionale. La ricerca affronta inoltre i temi dello spreco alimentare (quasi metà della frutta campana resta in campo), dell’innovazione e della formazione: il 60% dei conduttori agricoli ha un titolo di studio non superiore alla licenza media, ma cresce la formazione continua e aumenta il numero di istituti agrari (+55% iscritti dal 2015). Ampio spazio infine ai giovani e alle donne in agricoltura: le aziende condotte da under 40 sono in calo (-24% dal 2019 al 2024), ma la Campania resta tra le prime regioni italiane per imprese giovanili e si distingue per la forte presenza femminile (38,8% delle aziende agricole). Dal quadro emerge un sistema agroalimentare che deve affrontare sfide complesse — consumo di suolo, spopolamento, scarsità idrica e invecchiamento imprenditoriale — ma che al tempo stesso esprime punti di forza solidi, dall’export alla multifunzionalità delle aziende, fino alla crescita del biologico e delle certificazioni di qualità. Le conclusioni di Nomisma indicano una strada chiara: integrare tutela ambientale, innovazione, sostegno ai giovani e alle donne, riduzione dello spreco e rafforzamento delle comunità rurali. Solo così, sottolinea la ricerca, sarà possibile garantire competitività, sostenibilità e inclusione, facendo dell’agricoltura campana non solo un settore produttivo, ma un motore di coesione e sviluppo per l’intero territorio.