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(Adnkronos) - Un esercito ridotto e territori ceduti alla Russia. Queste sarebbero, secondo Politico, alcune delle ''importanti concessioni'' che l'Ucraina dovrebbe accettare in base al piano in 28 punti per la pace con Mosca rivelato per la prima volta da Axios e che il presidente americano Donald Trump ha già firmato e inviato a Kiev. La fonte ben informata citata da Politico a condizione di anonimato precisa però che le condizioni del piano sono ancora negoziabili, mentre resta da chiarire il ruolo della Nato che i funzionari americani non avrebbero ancora definito. La riduzione delle forze armate ucraine non è ancora un dato acquisito, così come la cessione di tutto il Donbass a Mosca. L'Ucraina ha chiesto di poter aderire all'Alleanza Atlantica come garanzia di sicurezza contro una futura invasione russa, mentre Mosca considera questa ipotesi una minaccia e gli Stati Uniti non sostengono la richiesta ucraina. Da quanto trapelato, le richieste della Russia sarebbero le stesse che il segretario di Stato Usa Marco Rubio aveva già respinto, ha affermato una fonte ben informata. Tra queste, la richiesta di Mosca di controllare più territori nell'Ucraina orientale di quanti conquistati durante la guerra e che Kiev rinunci alla protezione degli alleati occidentali in termini di sicurezza. Il segretario dell'Esercito Usa Dan Driscoll, il capo di stato maggiore generale Randy George e il comandante dell'esercito americano in Europa, generale Christopher Donahue, hanno incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev. Driscoll, ''l'uomo dei droni'' come lo ha ribattezzato Trump, ha il compito di aggiornare gli alleati della Nato sul piano e su quella che gli Stati Uniti ritengono essere la strada da seguire, ha aggiunto la fonte. La Casa Bianca, intanto, si è mostrata ottimista. Come riporta Politico, un alto funzionario dell'amministratore ritiene che già entro la fine del mese, o ''già questa settimana'', potrebbe essere raggiunto un accordo sul piano, ma entrambe le parti dovranno dimostrare flessibilità. Kiev finora non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali sul piano, ma da tempo funzionari ucraini ed europei appaiono diffidenti nei confronti dell'approccio al conflitto dell'inviato americano Steve Witkoff, che si sta occupando di promuovere il percorso di pace tra Ucraina e Russia. Secondo una persona a conoscenza della questione, l'impegno dell'inviato di pace dell'amministrazione Trump, che ha svolto il ruolo di interlocutore con Mosca, è iniziato alla fine del mese scorso, quando ha incontrato l'inviato speciale russo Kirill Dmitriev a Miami, proprio mentre le speranze di Trump di incontrare il presidente russo Vladimir Putin andavano in fumo. Politico sottolinea come i funzionari ucraini ed europei si siano sentiti colti di sorpresa quando sono venuti a conoscenza dell'esistenza del piano di Witkoff, anche perché avevano la sensazione che Trump avesse finalmente iniziato a rendersi conto della mancata sincerità e volontà di Putin nel raggiungere un accordo, hanno affermato due fonti ben informate citate da Politico. Secondo Politico, inoltre, per alcuni funzionari è la propensione di Witkoff a lavorare da solo la causa del fallimento degli sforzi di pace dell'Amministrazione Usa finora. Il rifiuto di Witkoff di consultare gli alleati, ad esempio, lo avrebbe lasciato a volte disinformato o impreparato. Inoltre, ritengono ancora i funzionari, Witkoff sarebbe stato ingannato dalla Russia sulla natura del conflitto e sui veri obiettivi di Putin. "I russi hanno chiaramente identificato Witkoff come qualcuno disposto a promuovere i loro interessi", ha affermato un funzionario della Difesa dell'Ue citato da Politico. "Gli europei non sono stati consultati in merito. Ma c'è un'ala all'interno della Casa Bianca che da tempo considera gli europei come 'guastafeste' nel processo di pace, quindi in un certo senso non sorprende", ha aggiunto la fonte. Un secondo funzionario della Casa Bianca ha poi respinto le preoccupazioni secondo cui Mosca vorrebbe collaborare solo con Witkoff per porre fine alla guerra. Ma una fonte citata dal Politico ha spiegato che il piano di Witkoff non prevedeva "alcun coordinamento interagenzia", ovvero eludeva il consueto apporto dei dipartimenti competenti in tutto il governo di Washington.
(Adnkronos) - Per un Giubileo che si sta per chiudere a Roma, ce ne è un altro che si è appena aperto. Si celebra in Spagna, a Valencia, che è uno dei sette centri giubilari del mondo (cinque sono proprio nel paese iberico, oltre a Roma e Gerusalemme). Conosciuta per le architetture avveniristiche dell’archistar Calatrava ma anche per i suoi edifici gotici e barocchi, nonché per essere la culla della paella, piatto nazionale, in pochi sanno però che questa che è la terza città della Spagna custodisce da ben seicento anni uno degli oggetti più venerati e misteriosi della storia: il Santo Graal o Santo Calice. La coppa che si ritiene, secondo studi storici e archeologici, possa essere quella utilizzata da Gesù nell’Ultima cena si trova infatti all’interno della Cattedrale di Valencia, dove è arrivata, dopo un lungo e tortuoso viaggio, nel 1437. Ma è solo nel 2015 che, per volere di Papa Francesco, a Valencia viene concesso l’Anno giubilare del Santo Calice, che si celebra ogni cinque anni e per dodici mesi offre ai fedeli e ai viaggiatori la possibilità di ottenere l’indulgenza plenaria. Quello che è iniziato ufficialmente il 30 ottobre e che terminerà il 29 ottobre 2026, quindi, è il terzo ma, considerando che la seconda edizione ha coinciso con il periodo della pandemia, è questa la prima vera occasione per far conoscere al mondo questo evento, il tesoro che lo ispira e soprattutto la città che lo ospita. Dalla sua fondazione da parte dei Romani nel 138 a.C., diverse culture hanno lasciato la loro impronta a Valencia; così, nel centro storico, la Ciutat Vella, si trovano reperti romani, resti di mura moresche, edifici gotici e rinascimentali, art nouveau e architetture contemporanee, e persino rifugi antiaerei utilizzati durante la guerra civile spagnola. “In questo Anno giubilare ci aspettiamo tanto turismo religioso e culturale, per scoprire la storia del Santo Calice e del secolo d’oro che l’ha visto arrivare a Valencia, che in quel periodo è diventata una capitale culturale ed economica. Questo è il primo Anno giubilare che possiamo davvero promuovere dal punto di vista turistico. Per tutto l’anno ci sarà un Centro visitatori per accogliere e orientare i turisti, introdurli nel contesto storico di quello che vedranno. Ci sarà una mostra legata alle rappresentazioni artistiche del Santo Calice. Inoltre, proponiamo una visita guidata tutti i venerdì con partenza dalla piazza del Comune, e con un’autoguida tramite app”, afferma David Arlandis, responsabile Cultura di Visit Valencia, l’Ufficio del turismo della città (per tutte le informazioni si può visitare il sito www.visitvalencia.com/it e la pagina dedicata del portale dell’Ente Spagnolo del Turismo www.spain.info). L’itinerario urbano del Santo Graal toccherà i principali luoghi legati alla reliquia: l’Almudín, il Real Monasterio de la Trinidad, il Museo de Bellas Artes, la Lonja de la Seda, il Real Colegio del Patriarca, le Torres de Serranos, la Basilica della Vergine e la Cattedrale. Andare sulle tracce della sacra reliquia, quindi, vuol dire andare alla scoperta di Valencia. E per rafforzare il messaggio che la reliquia è custodita qui, è stata ideata anche una campagna di comunicazione internazionale, “Valencia, Città del Santo Graal”, con un sito web e un’app dedicata alla visita. Per aiutare pellegrini e turisti a capire la storia della sacra reliquia e ad orientarsi, dunque, è stato creato il nuovo Centro visitatori, gestito dalla Fondazione del Santo Calice, diretta da Alicia Palazón Loustaunau, situato nello storico edificio dell’Almudín, vecchio deposito del grano del XV secolo, trasformato in sala per esposizioni. Grazie a pannelli informativi e contenuti audiovisivi, è il migliore punto di partenza per andare alla scoperta del patrimonio legato al Santo Calice, che è la reliquia più documentata della cristianità. Qui si comincia a svelare, ad esempio, come è fatto il Santo Calice e si può toccare con mano un modellino: la parte superiore, realizzata in agata lucidata, è la vera reliquia e, secondo gli studi del professore Antonio Beltrán, fu realizzata tra il IV secolo a.C. e il I d.C. in un laboratorio orientale, probabilmente in Egitto, Siria o Palestina; la base fu aggiunta intorno al XII secolo e proviene da un vaso egiziano o califfale del X o XI secolo; le perle e le pietre preziose che lo decorano sono posteriori e potrebbero essere state aggiunte quando il Santo Graal era già in Spagna. Il Centro resterà aperto fino al 2027 per poi essere sostituito da un Centro di interpretazione che sarà permanente e avrà sede vicino alla Cattedrale. In arrivo anche la mostra ‘Un mondo da scoprire. Il Santo Calice di Valencia’, allestita al Muvim, il Museo valenciano dell’Illustrazione e della modernità, diretto da Rafael Company: uno spazio di riflessione e di interazione, che vanta un’importante Biblioteca documentale, sui problemi civici e sociali, creato là dove sorgeva l’ospedale generale, con il reparto psichiatrico che, dal 1410, è stato il primo al mondo. La mostra resterà aperta fino a febbraio e illustra quanto il Santo Calice ha ispirato le arti, dalla pittura alla musica con il Parsifal di Richard Wagner, legato alla leggenda dei cavalieri del Santo Graal, e per la prima volta accosta opere antiche e moderne ispirate alla reliquia. Ma come è arrivato il Santo Calice a Valencia? E’ la storia di un lungo viaggio che da Gerusalemme, per mano di San Pietro, ha portato la coppa a Roma, dove è stata utilizzata dai successivi Papi nelle celebrazioni eucaristiche fino all’anno 258, quando Sisto II incaricò il suo diacono San Lorenzo di metterla in salvo dalla persecuzione dell’imperatore Valeriano. Fu così che la reliquia entrò in terra di Spagna, dapprima a Huesca, e poi nel monastero di San Giovanni della Peña, nei Pirenei, finché fu consegnata al re d’Aragona, nel 1399, che la trasferì nella sua residenza a Saragozza. A portarla poi a Valencia, nel 1424, ci pensò Alfonso il Magnanimo, che però, dopo averla collocata nel suo Palazzo reale (che oggi non c’è più), la cedette alla Chiesa in cambio di un prestito per finanziare la conquista del Regno di Napoli. Ed ecco che, nel 1437, il Santo Calice fece il suo ingresso nella Cattedrale di Valencia. Da allora ne è uscito solo per essere messo al sicuro durante la Guerra civile spagnola, per mano di una parrocchiana, e prima ancora durante la Guerra di Indipendenza. In tempi più recenti, è stato usato da due Papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, per la celebrazione della messa durante la loro visita a Valencia. Tutt’oggi, viene trasportato solo due volte l’anno in processione all’Altare Maggiore della Cattedrale: il Giovedì Santo e l’ultimo giovedì di ottobre per la Messa della Festa annuale del Santo Graal. All’interno della Cattedrale, il Santo Calice ha avuto in questi secoli diverse collocazioni, fino a quella attuale, dal 1916, nella cappella a destra dell’ingresso dalla porta principale: la mistica Cappella del Santo Caliz, dove la sacra reliquia è conservata all’interno di una teca di vetro di fronte a un altare in alabastro dell’artista italiano Giuliano Poggibonsi. L’unico a poterla toccare è il custode, don Alvaro Almenar, canonico della Cattedrale, instancabile narratore di questa affascinante storia. Questo luogo meta di pellegrinaggio, e non solo durante l’Anno giubilare, resta avvolto nel silenzio della venerazione che, credenti o curiosi e appassionati di storia, si ha per un oggetto per tutti fortemente simbolico. Un’esperienza certamente emozionante che si completa nella visita di tutta la Cattedrale: costruita su un tempio romano poi divenuto moschea, e risalente al XIII secolo, testimonia una fusione di stili architettonici, dal romanico al barocco, presente anche nei suoi tre portali e nella imponente torre-campanile gotico-veneziana alta quasi 51 metri, detta Miguelete, da cui si può ammirare il panorama della città. C’è poi il Museo della Cattedrale, che conserva la Biblioteca dei Borgia, resti di catacombe, un serbatoio d’acqua arabo, la carrozza per la processione del Corpus Christi più grande d’Europa, opere d’arte e altre reliquie. Se la Cattedrale, con il Santo Calice, rappresenta sicuramente la meta per eccellenza del pellegrino, l’Anno giubilare offre l’opportunità di visitare anche altri luoghi simbolo, da monumenti e ritratti ispirati alla sacra reliquia a tutti quegli edifici, civili e religiosi, testimoni dell’epoca in cui il Graal approdò qui, il 1400, considerato il secolo d’oro valenciano, quando la città era la capitale della Corona d’Aragona e visse un momento di grande prosperità economica, grazie soprattutto al commercio della seta. Un periodo di grande apertura al mondo, sotto l’impulso dei papi valenciani Callisto III e Alessandro VI, entrambi della famiglia Borja (nome originario dei Borgia), e al mecenatismo dei re come Alfonso il Magnanimo. Così, Valencia fu porta d’ingresso del Rinascimento in Spagna e punto di riferimento culturale in Europa in quel 'siglo de oro' che ha lasciato un’impronta artistica unica in un centro storico che è tra i meglio conservati d’Europa e che testimonia più di duemila anni di storia. Monumento simbolo del potere commerciale e della centralità di Valencia nel Mediterraneo è la Lonja de la Seda (Loggia della Seta), dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco ed esempio di architettura gotica civile tra i più importanti in Europa. Costruita a partire dal 1483, sono visitabili le quattro sale, dove si riunivano i mercanti, il Torrione che ospitava la prigione e il giardino degli aranci. L’industria della seta trasformò l’economia ma anche l’assetto urbano della città: nel quartiere dei Velluters, tra stradine e case signorili, lavoravano centinaia di artigiani che producevano tessuti pregiati con la tecnica acquisita dalla scuola genovese ed esportati in tutta Europa. A raccontare la tradizione serica di Valencia è il Museo della seta, dove, nella sede del Colegio del Arte Mayor de la Seda fondato nel 1686, sono conservati telai che ricreano il modello di lavoro dei secoli passati. Oggi la tradizione della seta è rimasta solo per la creazione dei fastosi costumi che vengono indossati in occasione di una delle feste popolari più importanti della Spagna, le Fallas, e non è raro imbattersi per le vie della città in negozi specializzati solo in queste stoffe e confezioni. Ma per portare a casa un souvenir si può approfittare dello shop del Museo dove si possono compare alcuni dei pochi manufatti in seta che ancora vengono fatti in città. Altro Museo imprescindibile per seguire il percorso della Ruta de la Seda è il Museo nazionale della Ceramica, che si trova all’interno di quello che è considerato il miglior esempio di barocco in Spagna: il Palazzo del Marqués de Dos Aguas. E’ la maggiore collezione nazionale di ceramiche, che va dall’VIII secolo all’epoca contemporanea, compresi pezzi di Picasso, e merci della Via della seta. E una sala dedicata alla Ruta de la Seda si trova persino all'Iber, il Museo dei Soldatini di Piombo, la più grande collezione di miniature storiche del mondo, con oltre 95.000 pezzi esposti all’interno delle sale gotiche del Palacio de Malferit. E poi palazzi, chiese e chiostri ricordano il mecenatismo dei Borja e la ricchezza artistica di un’epoca che trasformò Valencia in una delle città più vivaci del Mediterraneo. A cominciare dallo stesso Palazzo dei Borja, residenza rinascimentale della famiglia e oggi sede delle Corts Valencianes. Il loro mecenatismo stimolò anche il sapere ed è di quell’epoca la fondazione dell’Università di Valencia (1499): nell’antico Palazzo della Nau, che ospita la sede di rappresentanza e un centro culturale, ci si può addentrare fino al chiostro. Si trova accanto alla Chiesa del Patriarca appartenente al Real Collegio Seminario del Corpus Domini, dove tra l’altro si può ammirare sull’altare maggiore ‘L’Ultima Cena’ di Francisco Ribalta, oltre a dipinti di Caravaggio, El Greco e Benlliure esposti nel suo museo. Sempre ai Borgia si deve il rinnovamento gotico, tra il 1419 e il 1455, della Chiesa di San Nicola risalente al 1242, cui seguì due secoli dopo la vasta decorazione barocca. Quella che appare al visitatore oggi è una volta ricoperta di spettacolari affreschi, tornati al loro splendore dopo un recente restauro concluso nel 2021: non solo si può visitare questa che viene considerata la ‘Cappella Sistina valenciana’, ma, da luglio, si può anche assistere a un nuovo spettacolo immersivo di luci, ‘La Luz de San Nicolas’, che sulla volta proietta infinite sfumature di colori. Ma fra tutte c’è una chiesa davvero speciale nel cuore di quello che era il Foro romano: la Basilica della Madonna degli Abbandonati, costruita ex novo nel XVII secolo. Un luogo di pellegrinaggio per i credenti in quanto nell’abside si trova la statua della Virgen de los Desamparados, patrona venerata in città, con una profonda e popolare tradizione di assistenza agli 'ultimi', come testimonia l’ampia iconografia conservata nel Museo Mariano al suo interno. Inoltre, sull’altare di una piccola cappella chiamata ‘Coveta’, si può vedere dal 2014 una replica del Santo Graal che contiene una reliquia del sangue di San Giovanni Paolo II. La Basilica si trova alle spalle della Cattedrale, a cui è collegata da una struttura muraria ad archi, che fa da quinta alla piazza della Virgen, creando una prospettiva davvero unica, e sulla quale si affaccia anche il Palau de la Generalitat, palazzo gotico del XV secolo sede del governo regionale. Proprio nell’angolo in cui la Basilica incontra la Cattedrale, ancora oggi ogni giovedì si riuniscono i rappresentanti dei canali di irrigazione (raffigurati nella fontana al centro della piazza) che formano il Tribunale delle acque, l’istituzione legale più antica d’Europa, che fin dai tempi degli arabi si occupa di dirimere le controversie sull’uso dell’acqua. I turisti in visita a Valencia durante l’Anno giubilare potranno poi finalmente accedere alla chiesa dei Santos Juanes, proprio di fronte alla Loggia della Seta, in procinto di riaprire dopo un lungo restauro. Un altro affresco dedicato all’Ultima Cena, di José Vergara, si può vedere nella chiesa di San Martino Vescovo e Sant’Antonio Abate, in cui appare la riproduzione del Santo Graal che si trova nella Cattedrale di Valencia. Per avere una ‘summa’ delle opere in cui è stato dipinto il Santo Calice, non si può mancare di visitare il Museo di Belle Arti di Valencia (gratuito come la maggior parte dei musei e comodamente aperto fino alle 20), la migliore collezione di pittura gotica valenciana e la seconda galleria d’arte più grande di Spagna: in particolare due esemplari del Salvador Eucarístico di Joan de Joanes del XVI secolo e la Santa Cena di un altro pittore valenciano, Joan Ribalta, oltre a una ricchissima galleria di pale d’altare. Con questo Anno Giubilare, Valencia rafforza la sua posizione di destinazione turistica culturale d’eccellenza (facilmente raggiungibile grazie a un aeroporto internazionale collegato con 28 paesi, con voli giornalieri da diverse città italiane, e a 90 minuti di treno da Madrid), aggiungendo alla sua identità mediterranea una dimensione che la collega alla sua storia più profonda. Visitare Valencia, città del Santo Graal, durante l'Anno Giubilare, è quindi un’occasione per contemplare un simbolo universale di fede e speranza, ma anche per riscoprire una città che custodisce nel suo cuore questo gioiello dal valore inestimabile.
(Adnkronos) - "Quando facciamo un acquisto online, gran parte di quello che ci arriva a casa, ben confezionato e imballato, è aria. Imballaggi troppo grandi, volume non utilizzato e packaging inefficiente contribuiscono ad alimentare il fenomeno dell’overpackaging, che porta con sé una serie notevole di conseguenze". Così Paolo Marini, Managing Director, South East Emea Ds Smith, an International Paper Company. Infatti, "un imballo sovradimensionato non comporta soltanto un maggior numero di rifiuti da smaltire. Ogni centimetro cubo di spazio vuoto trasportato implica container meno efficienti, un maggior numero di viaggi e quindi più carburante consumato. Il risultato è un aumento significativo delle emissioni di CO2, oltre a costi extra lungo tutta la supply chain". "Già nel 2018 uno studio di Ds Smith e Forbes Insights - spiega - aveva evidenziato il problema a livello internazionale. I dati raccolti mostravano che, in media, i pacchi spediti dagli operatori di e-commerce erano vuoti per il 45% del loro volume e molti rivenditori ammisero di spedire confezioni, grandi anche il doppio rispetto all’oggetto contenuto. Questa inefficienza aveva un prezzo altissimo: circa 122 milioni di tonnellate di CO2 emesse ogni anno solo per trasportare imballaggi e aria, un valore paragonabile alle emissioni di un Paese di medie dimensioni. Dal punto di vista economico, il costo globale dello spreco si aggirava sui 46 miliardi di euro all’anno. Nel frattempo, dal 2018 al 2025 il commercio online è più che raddoppiato, passando da circa 87 miliardi di pacchi spediti ogni anno a una proiezione di 200 miliardi e il problema è diventato urgente". Da qui la ricerca di nuove soluzioni. "In Ds Smith abbiamo abbracciato la visione dell’economia circolare, sviluppando strumenti innovativi come le Circular Design Metrics che ci aiutano a valutare oggettivamente quanto un imballaggio sia efficiente e sostenibile lungo tutto il suo ciclo di vita. Grazie alle Circular Design Metrics, siamo in grado di analizzare e migliorare diversi aspetti chiave del packaging", continua Marini. Innanzitutto, "riduciamo l’uso di risorse vergini, privilegiando materiali riciclati e facilmente riciclabili, in modo da diminuire l’impatto ambientale legato all’estrazione e alla produzione delle materie prime. In secondo luogo, minimizziamo gli sprechi, progettando imballaggi che usano solo la quantità di materiale realmente necessaria e che possono essere riutilizzati o riciclati facilmente. Inoltre, puntiamo a ottimizzare i costi logistici e produttivi, scegliendo soluzioni che permettano di trasportare più prodotti con meno spazio occupato e meno viaggi". Un esempio concreto della filosofia di Ds Smith è rappresentato da "Fanfold, una soluzione di imballaggio innovativa e flessibile che consente la realizzazione di imballaggi su misura per ogni esigenza. Fanfold consiste in fogli continui di cartone che possono essere tagliati e piegati al momento, adattandosi perfettamente alle dimensioni del prodotto da spedire. Questo permette di eliminare gli spazi vuoti all’interno delle confezioni, di evitare l’uso di riempitivi superflui e di ridurre drasticamente il volume e il peso degli imballaggi".