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(Adnkronos) - Due mesi dopo la deportazione nel carcere di massima sicurezza in Salvador, le autorità degli Stati Uniti riportano indietro Kilmar Abrego Garcia, come avevano ordinato diverse corti federali e dopo la pronuncia della Corte Suprema. Lo rivela Abcnews, secondo cui il cittadino salvadoregno è stato incriminato da un grand jury federale per aver aiutato migranti ad entrare illegalmente negli Stati Uniti. Secondo gli atti depositati presso una corte del Tennessee, l'uomo avrebbe partecipato per anni ad un'organizzazione che trasportava migranti senza documenti dal Texas nel resto del Paese. Le operazioni avrebbero riguardo anche membri delle gang salvadoregna Ms-13, che l'amministrazione Trump ha classificato come organizzazione terroristica. Abrego Garcia viveva con la moglie in Maryland fino allo scorso marzo quando è stato arrestato e deportato nella famigerata prigione Cecot in Salvador, nonostante un ordine del 2019 vietasse il suo rimpatrio nel Paese dove era a rischio di persecuzioni. L'amministrazione Trump lo ha accusato di essere un membro della Ms-13, accusa contestata dalla moglie e dai suoi avvocati. In una dichiarazione all'emittente americana, i legali del salvadoregno hanno affermato che "fin dall'inizio di questo caso una cosa è stata dolorosamente chiara: il governo aveva il potere di riportarlo a casa in ogni momento, invece hanno scelto di fare giochetti con i tribunali e con la vita di un uomo". "Noi non combattiamo solo per Kilmar, ma per assicurare che il diritto ad un giusto processo sia garantito a chiunque, perché domani questo potrebbe succedere a chiunque di noi, se ignoriamo la Costituzione", hanno aggiunto sottolineando che continueranno a combattere per garantire che Abrego Garcia riceva un giusto processo. Un giudice federale lo scorso marzo aveva ordinato all'amministrazione Trump di facilitare il ritorno negli Usa dell'uomo deportato per errore, una sentenza che ad aprile era stata confermata dalla Corte Suprema. Nonostante questo l'amministrazione Trump in questi mesi non ha fatto rientrare l'uomo, sostenendo da una parte che ormai ricadeva nella giurisdizione di un Paese straniero, e dall'altra che non avrebbe mai permesso il suo rientro. "Non tornerà nel nostro Paese, il presidente Bukele ha detto che non lo rimanderà, fine della storia", aveva affermato il 16 aprile l'attorney general Pam Bondi. Ora però l'amministrazione Trump fa rientrare l'uomo per processarlo in Tennessee, dove Abrego Garcia era stato fermato nel 2022 per un controllo stradale da due agenti che non gli fecero alcuna multa, nonostante avesse la patente scaduta, e che dopo discussero del sospetto che nove passeggeri che trasportava fossero migranti. Su questo i procuratori federali hanno inviato un'indagine che ha come teste chiave l'uomo a cui era intestato il furgoncino che guidava Abrego Garcia e che ora è in prigione in Alabama sempre per reati legati all'immigrazione. In cambio di un accordo di immunità, l'uomo ha testimoniato che dal 2015 Abrego Garcia lavorava con lui per trasportare migranti.
(Adnkronos) - Il referendum sul Jobs Act? Di nessuna utilità, perchè il provvedimento varato dall'allora governo Renzi è stato già 'smantellato' nei suoi aspetti più innovativi dalle sentenze della Corte Costituzionale. Ne è convinto il giuslavorista Luca Failla, avvocato dello studio Failla&Partners, come spiega ad Adnkronos/Labitalia. "All’esito degli interventi della Corte Costituzionale, da ultimo in particolare grazie alle sentenze cosiddette gemelle 128 e 129 del 2024 - si può dire senza tema di smentita che il regime prevalentemente 'indennitario' anziche reintegratorio all’epoca introdotto dal Jobs Act di fatto sia stato integralmente smantellato, annullandosi così ogni differenza fra tale disciplina e quella prevista dalla previgente disciplina della Legge Fornero", sottolinea il giuslavorista. Secondo Failla, "alla luce della giurisprudenza costituzionale, che ha già inciso pesantemente sull’impianto originario del cosiddetto contratto a tutele crescenti, è lecito interrogarsi sull'effettiva utilità e impatto dell'iniziativa referendaria, a mio avviso pressoché nulla". Per il giuslavorista, "l’iniziativa referendaria mantiene certamente un valore politico e simbolico, soprattutto a mio avviso con riferimento agli altri quesiti proposti, ma appare limitato nella sua portata applicativa con riferimento al primo quesito dell’abrogazione del Jobs Act. "E infatti - ribadisce - le differenze ormai colmate, ad opera della giurisprudenza costituzionale, in tema di reintegrazione fra la disciplina Fornero e quella del cosiddetto contratto a tutele crescenti oggetto del primo quesito rendono di fatto di alcuna concreta utilità la abrogazione di quest’ultima anche in caso di esito positivo del referendum, se non addirittura peggiorando la misura massima dell’indennizzo che da trentasei scenderebbe a ventiquattro mensilità anche per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015", sottolinea. Secondo Failla, è necessario quindi guardare al futuro. "La parabola del Jobs Act -sottolinea- sembra oggi segnata da una profonda revisione operata dai giudici, più che dal legislatore. In questo scenario, è auspicabile una riforma sistemica e complessiva della disciplina del licenziamento, che aggiorni soglie, criteri e tutele alla luce delle trasformazioni del lavoro e del sistema produttivo, magari andando ad integrare il criterio semplicemente numerico della soglia dei 15 dipendenti, come da più parti richiesto e come anche rilevato dalla Corte Costituzionale". "A prescindere dalla questione relativa al raggiungimento del quorum o meno, in relazione al quesito referendario relativo al Jobs Act, l’abrogazione di singole disposizioni di legge senza una contestuale riformulazione organica del quadro normativo -sottolinea il giuslavorista- rischia di produrre vuoti regolativi ed ulteriore confusione applicativa che necessiterebbe a quel punto l’iniziativa del legislatore. Tuttavia, più che un ulteriore intervento normativo oggi si avverte l’esigenza di una revisione sistemica e coerente della integrale disciplina dei licenziamenti, che tenga conto delle trasformazioni del mercato del lavoro e dell’evoluzione del sistema produttivo italiano". "Senza un intervento legislativo razionale e complessivo, si continuerà infatti a demandare alla giurisprudenza, costituzionale e ordinaria, il compito di colmare lacune normative, esponendo il sistema a incertezze e disomogeneità interpretative", conclude.
(Adnkronos) - "Ci piace che con il gioco di parole di 'Plan' e 'Eat', quindi della pianificazione del mangiare, ci sia il messaggio stesso e la salvaguardia del Pianeta che è un po' il nome che risuona nell'associare queste due parole". Così Nicola Lamberti, Ceo di PlanEat, intervenendo alla conferenza stampa ‘Prevenire lo spreco alimentare: la rivoluzione digitale di Planeat’, presso la Sala Caduti di Nassirya del Senato. PlanEat nasce dall'unione di "competenze informatiche, perché questo era l'ambito dove ci sentivamo forti, uniti a un'esperienza maturata da un gruppo di nostri soci che è legato al mondo della ristorazione nel tentativo di generare qualcosa di positivo per l'ambiente, il sistema e il Pianeta. Per cui la cosa più grande che potevamo abbracciare con questa idea è proprio il concetto di Pianeta". Analizzando nel dettaglio tutti i meccanismi che portano a comprare cibo in eccesso è stata sviluppata "una piattaforma che potesse mettere in maniera semplice ogni famiglia nella condizione di poter pianificare la settimana, mettendo al posto di un carrello una tabella - colazione, pranzo e cena e i giorni della settimana - e in ogni cella, al posto degli ingredienti, ciò che ci piacerebbe mangiare. Siamo noi che facciamo il calcolo al contrario degli ingredienti che servono per cucinare tutti quei piatti che si è deciso di mangiare. E coniughiamo piatti da cucinare con piatti già pronti". "Un risvolto interessante è che nella zona dove noi stiamo sperimentando questo approccio ci occupiamo anche di tutta la parte produttiva quindi laviamo, tagliamo, etichettiamo, impacchettiamo e consegniamo gli alimenti raggruppati per kit di ricetta. In questa maniera non ci dobbiamo preoccupare di avere gli ingredienti a disposizione e il tempo per poterli cucinare perché tutti quei piatti sono fattibili in poco tempo e hai la certezza di avere le istruzioni e tutti gli ingredienti necessari per cucinarli. Per cui in fase di programmazione si riesce a mangiare in maniera molto più varia, più sana, più equilibrata", spiega Lamberti.