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(Adnkronos) - Nessun morto ma tanti feriti nella notte di Capodanno 2025. Questo quanto emerge dai dati elaborati dal Dipartimento della Pubblica sicurezza. Il dato complessivo relativo ai feriti, che si è assestato a 309 (di cui 69 ricoverati), evidenzia un incremento rispetto al precedente anno (274 feriti e 49 ricoveri). Questo fine anno si sono registrati 12 ferimenti da colpi d’arma da fuoco, in linea rispetto ai dati del 2024 (12). In relazione alla gravità delle lesioni riportate, il Dipartimento registra una diminuzione nel numero di feriti con prognosi inferiore o uguale a 40 giorni (221 a confronto dei 242 dello scorso anno). Per quanto riguarda i feriti gravi, con prognosi superiore a 40 giorni, si registra un aumento rispetto allo scorso anno (34 a fronte dei 27 del 2024). In aumento anche i minori feriti: quest'anno sono stati 90 a fronte dei 64 dello scorso anno. Proiettili vaganti a Napoli, ferito turista. A Torino 13enne perde un occhio: il punto E sono in aumento, rispetto all'anno precedente, anche i dati relativi agli arresti e alle denunce riferiti al mese di dicembre del 2024. A dicembre 2024 gli arrestati sono stati 88, a fronte dei 50 del 2023, mentre le persone denunciate sono state 386 a fronte delle 304 dell'anno precedente. Quanto ai materiali sequestrati si tratta di: 21 strumenti lanciarazzi (473 lo scorso anno); 43 armi comuni da sparo (7 lo scorso anno); 6.332 munizioni (23 lo scorso anno); 1.214 kg di polvere da sparo (836 lo scorso anno); 64.416 kg di manufatti appartenenti alla IV e V categoria Tulps (12.490 lo scorso anno); 52.489 kg di manufatti recanti la marcatura “Ce” (41.775 lo scorso anno); 31.247 kg di prodotti comunque non riconosciuti e cioè non ricompresi nelle categorie Tulps o “Ce” perché illegali, non correttamente etichettati, non conformi alle norme Ce, non rispondenti ai decreti di riconoscimento e classificazione, abusivi e/o altro (3.475 lo scorso anno); 612.537 di parti di articoli pirotecnici di varia natura (162.678 lo scorso anno); 7 detonatori (186 lo scorso anno); 2.183 capsule innescanti (3.521 lo scorso anno).
(Adnkronos) - L’assemblea del Cnel, nella seduta del 18 dicembre, ha approvato il documento 'Demografia e forza lavoro', curato dal consigliere Alessandro Rosina. “Per rispondere agli squilibri demografici in atto, continuando a garantire benessere e sviluppo - ha sottolineato il consigliere Rosina- non c’è altra strada che rafforzare attrattività e valorizzazione del capitale umano. La qualità della formazione e del lavoro, l’efficienza dei servizi di incontro tra domanda e offerta, oltre che la disponibilità e l’accessibilità degli strumenti per la conciliazione dei percorsi professionali con le scelte di vita, devono essere posti come punti chiave delle politiche di sviluppo. Si tratta dell’investimento migliore che l’Italia può fare per dare maggior solidità ad un futuro che oggi poggia su basi molto fragili". "Agire in tale direzione - ha spiegato - ha infatti ricadute positive anche sulla natalità, perché mette giovani e donne nelle condizioni di poter scegliere, se lo desiderano, di avere un figlio senza continuo rinvio che porta poi spesso a rinuncia. Aiuta a ridurre i divari territoriali perché gli svantaggi di genere e generazionali sono maggiormente presenti nel Mezzogiorno. Migliora l’immigrazione da domanda perché i contesti più attrattivi e con migliori possibilità di integrazione sono quelli che mettono a fattore comune le differenze senza trasformale in diseguaglianze; offrendo in particolare adeguate opportunità a giovani e donne, indipendentemente dalla provenienza sociale e territoriale”. Sono tre le principali evidenze. 1) Gli squilibri demografici che compromettono lo sviluppo del paese. L’Italia sta entrando in una nuova fase della sua storia che corrisponde a un inedito impoverimento del potenziale della forza lavoro. Questo indebolimento della componente più strategica dello sviluppo del paese si combina con l’aumento della popolazione anziana nelle età tradizionalmente inattive. Se questa trasformazione non viene gestita con approccio nuovo e strumenti efficaci, il rischio è quello di un avvitamento verso il basso delle possibilità di sviluppo, di competitività, di produzione di ricchezza, di sostenibilità del sistema sociale. L’Italia ha un indice di dipendenza degli anziani (rapporto tra 65 e più su popolazione tra i 20 e i 64 anni) che ha superato il 40% e si trova di circa 14 punti percentuali sopra la media Ue-27. Secondo le previsioni Eurostat potrebbe continuare a salire fin oltre il 65%. L’indice di dipendenza economica (inattivi di 65 anni e oltre su occupati tra i 20 e i 64 anni) ha superato il 60%, anch’esso circa 14 punti percentuali sopra la media europea). Il problema non è l’aumento del numeratore, legato all’aumento della longevità (sfida comune a tutte le economie mature avanzate), quanto la maggior riduzione del denominatore. In particolare, da dieci anni è entrata in fase di continua e sensibile riduzione la componente che tradizionalmente è stata al centro della crescita economica del paese. La popolazione maschile nella fascia 35-49 è, infatti, scesa da oltre 7 milioni nel 2014 a 5,7 milioni nel 2024 e continuerà inesorabilmente a ridursi nei prossimi decenni. Il tasso di occupazione degli uomini di tale età è attorno all’85%, valore molto vicino alla media europea. Il ridimensionamento demografico della componente maschile al centro della vita adulta lavorativa può essere considerato il processo principalmente responsabile dell’indebolimento del potenziale della forza lavoro italiana. Si tratta di una riduzione di entità inedita rispetto al passato e maggiore rispetto al resto d’Europa. Rischia, pertanto, di esporre l’Italia ad uno svantaggio competitivo rispetto alle capacità di sviluppo dei paesi con cui ci confrontiamo. Va, inoltre, a mettere in crisi la sostenibilità della spesa pubblica (essendo tale fascia quella che maggiormente contribuisce non solo alla crescita del Pil ma anche, attraverso contributi e tasse, alla fiscalità generale). 2) La debole presenza di giovani e donne nel mercato del lavoro. Il numero complessivo di occupati nella fascia 35-49 è sceso da circa 10,5 milioni nel 2014 a meno di 8,8 milioni del 2024. Il margine per controbilanciare tale declino sta nella misura dell’aumento dell’occupazione femminile, il cui valore è attualmente attorno al 65% in tale fascia (il più basso tra i paesi Ue-27, circa 13 punti sotto la media). Ampio margine di miglioramento può arrivare anche dall’occupazione degli under 35, anch’essa tra le più basse in Europa. In particolare, i residenti in Italia nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni sono circa 6,2 milioni. Negli ultimi vent’anni sono diminuiti di circa 2,3 milioni (erano oltre 8,5 milioni nel 2004). Nello stesso periodo gli occupati in tale fascia d’età sono scesi da 6 milioni a circa 4,2 milioni (quelli nella classe più ampia 15-34 da oltre 7,5 milioni a meno di 5,5 milioni). La popolazione nella fase di entrata in età adulta non è mai stata così demograficamente debole nella storia del nostro paese. Il tasso di occupazione nello stesso periodo è rimasto su livelli bassi, addirittura sceso nella fascia 15-24 (da circa il 27% del 2004 al 20% del 2023), mentre gli occupati sono poco più di 2 su 3 nella fascia 25-34 (erano il 70% nel 2004). Da segnalare però l’aumento in quest’ultima fascia dal 63% nell’anno precedente la pandemia di Covid-19 al 68% del 2023. Un segnale che la carenza di manodopera sta incentivando le aziende e le organizzazioni a cercare di essere più attrattive verso le nuove generazioni. Il divario rispetto alla media Eu-27 rimane però molto ampio: di quasi 15 punti percentuali per la fascia 15-24 e di oltre 10 punti percentuali per la fascia 25-34. In termini relativi l’incidenza degli under 35 sul totale degli occupati è scesa negli ultimi vent’anni da valori superiori al 33% (quindi oltre 1 su 3) al 23% (meno di 1 su 4). Al contrario l’incidenza degli occupati di 50 anni e oltre è aumentata (sia per le dinamiche demografiche sia per l’aumento dei tassi di occupazione, favoriti anche dallo spostamento in avanti dell’età alla pensione) passando da poco più del 20% a oltre il 40%. La fascia centrale tra i 35 e i 49 anni, come abbiamo detto, è entrata in diminuzione più recentemente, scendendo dal 47% al 37%. 3) I margini per contrastare il declino e riequilibrare l’offerta di lavoro. In che misura è ancora possibile contenere la riduzione dell’offerta di lavoro nei prossimi decenni a fronte delle trasformazioni demografiche in atto?Nella prima parte del Rapporto, oltre alla descrizione delle dinamiche della popolazione attiva degli ultimi vent’anni in ottica comparativa europea, viene presentato un esercizio di simulazione allo scopo di valutare quali margini l’Italia ancora ha di controbilanciare la riduzione quantitativa della popolazione in età lavorativa e del numero degli occupati. Lo scenario 'target' è quello di un percorso del Paese che nei prossimi 15 anni si allinea alle ipotesi più favorevoli delle previsioni Istat sulle dinamiche della natalità e dei flussi migratori (con un numero medio di figli per donna che entro il 2040 converge ai valori medi europei, ovvero attorno a 1,5, e un saldo migratorio con l’estero che oscilla attorno a 240 mila). In coerenza con tali dinamiche demografiche si ipotizza inoltre una convergenza dei tassi di occupazione giovanile (under 35) e femminile adulta (35-54) all’attuale media europea (mentre l’occupazione maschile adulta e quella degli over 55 è già vicina alla media Ue-27). Quello che si ottiene è un aumento di circa 1,3 milioni di occupati under 35 rispetto ai livelli attuali (che risulta tale da compensare la riduzione subita da tale componente negli ultimi 15 anni). E un numero di donne occupate in età 35-54 che anziché diminuire come effetto dell’azione demografica rimane di fatto costante (superiore ai 5 milioni, a tassi di occupazione fissi scenderebbe di circa 1 milione). Questo significa, anche, che senza favorire nei prossimi anni una convergenza verso la media europea dei tassi di occupazione di tali due gruppi, andrebbe ulteriormente a indebolirsi il peso relativo dei giovani nella forza lavoro e il peso relativo e assoluto delle donne, con conseguente ulteriore e progressivo sbilanciamento verso le età più mature. Come evidenziano i capitoli di approfondimento della Parte II del Rapporto, oltre a politiche pubbliche più incisive (sulla transizione scuola-lavoro, sulla conciliazione tra tempi di vita e lavoro, sull’integrazione) serve anche una maggiore capacità delle aziende e delle organizzazioni italiane di andar oltre l’idea di una forza lavoro tipica del XX secolo con al centro la figura del maschio adulto per valorizzare tutte le componenti della popolazione in età attiva, con attenzione alle loro specificità (nuove generazioni, donne, immigrati) e favorendo condizioni di una lunga vita attiva (attraverso le misure di Age management). Paradossalmente, proprio per il fatto di aver sottoutilizzato tali componenti l’Italia ha attualmente maggior margine di spinta positiva su occupazione e crescita economica. Una migliore valorizzazione da combinare anche con le opportunità, non scontate, offerte dalle nuove tecnologie.
(Adnkronos) - “Questo fantastico impianto fotovoltaico è molto innovativo e unisce la tecnologia alla bellezza del luogo, è stato realizzato in tempi record da Acea e soprattutto da Areti, società del gruppo Acea, per garantire anche al Vaticano questa transizione energetica che diventa ormai ineludibile per tutto il nostro pianeta''. Lo afferma Barbara Marinali, presidente di Acea, durante l'inaugurazione ai Musei Vaticanii della nuova copertura vetrata fotovoltaica del Cortile delle Corazze. ''E' un impianto composto da 235 pannelli fotovoltaici ad altissima prestazione ed è stato realizzato grazie al coordinamento di Areti insieme ad una serie di ditte fornitrici e subappaltatrici in una armonia che ha consentito di realizzare tutto in sei mesi conciliando la realizzazione di questa infrastruttura con le visite dei turisti, che non sono state mai interrotte durante questo periodo. Una sfida che abbiamo accolto e che siamo contenti di aver portato a termine, collaborando con il Governatorato, con la Direzione infrastrutture e con tutte le strutture della città del Vaticano''. ''Questo è il primo passo di un tassello di iniziative che, insieme al Gruppo Acea, la città del Vaticano si accinge a realizzare per avere una completa transizione verso una Net Zero Economy all'interno di questo piccolo ma grande Stato. E' difficile integrare e trovare spazi dove realizzare infrastrutture fotovoltaiche in luoghi già fortemente costruiti e antropizzati. Questo è un esempio straordinario di come in un'infrastruttura che già esisteva si può pensare, immaginare e realizzare un impianto che si compenetri con un'infrastruttura già esistente. La sfida, qui e nelle città, è trovare spazi dove realizzare la transizione con infrastrutture compatibili con l'esistente”.