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(Adnkronos) - Alessandro Impagnatiello, il barman condannato all'ergastolo per l'omicidio della compagna incinta di 7 mesi, somministrò a Giulia Tramontano il veleno per topi non allo scopo di ucciderla, ma per "provocarle un aborto". Così la corte d'Assise d'appello di Milano motiva la sentenza con cui lo scorso 25 giugno ha confermato l'ergastolo per Impagnatiello, ma escluso l'aggravante della premeditazione. Per i giudici è impossibile "retrodatare" il proposito del 32enne di uccidere la compagna dal pomeriggio del 27 maggio 2023, giorno dell'omicidio, a sei mesi prima, quando per la prima volta Impagnatiello, da poco saputo della gravidanza di Giulia, fece ricerche online sul veleno per topi. "Che Alessandro Impagnatiello abbia accarezzato l'idea di sbarazzarsi della compagna, allorquando fu informato della gravidanza di lei - scrivono i giudici di secondo grado nelle 59 pagine di motivazioni - è ipotesi congetturale, che non ha alcun sostegno indiziario, e non lo ha perché, molto semplicemente, non è rispondente al vero storico". "Se in sette mesi Giulia Tramontano non è stata uccisa dal veleno, evidentemente - si legge nelle motivazioni della sentenza di appello - la morte di lei non era quello" che Alessandro Impagnatiello voleva. A dimostrarlo - spiegano i giudici - sarebbero i valori del veleno rilevati nella vittima e nel piccolo Thiago che portava in grembo sono "molto al di sotto" di quelli letali e le ricerche in rete "tutte finalizzate all'aborto del feto, non all'omicidio, premeditato, della madre". La corte d'Assise d'appello di Milano sulla questione del veleno ha creduto alle parole dell'imputato, che in aula ha spiegato che "l'unico mio scopo era purtroppo colpire il bambino, il feto, lo scopo era quello". E le ricerche in rete sui danni che il veleno per topi avrebbe causato alla madre sarebbero state finalizzate a "sapere che danno facesse su una persona adulta, che danno potesse subire Giulia... perché assolutamente io non volevo fare del male a Giulia". Né - viene spiegato nelle motivazioni della sentenza di appello - quello teso a Giulia Tramontano al suo ritorno a casa il 27 maggio 2023 è stato un agguato, inteso come "una preordinata trappola", perché "l'intervallo temporale" tra quando Impagnatiello torna a casa a Senago, verso le 17, e quando aggredisce e uccide Giulia, appena rientrata, verso le 19, è "troppo breve per soddisfare il requisito cronologico" della premeditazione. Impagnatiello "non si è limitato a uccidere attraverso il metodo che riteneva più immediato ed efficace", ma "ha voluto dare sfogo ad altro: c'era una furia rabbiosa da scaricare; c'era una 'punizione' da infliggere e una frustrazione da canalizzare in energia violenta e omicida". Per questo la corte d'Assise d'appello di Milano ha riconosciuto l'aggravante della crudeltà per il 32enne. Per i giudici di secondo grado durante il processo "l'imputato ha mostrato scarsa resipiscenza per il fatto commesso, tentando in modo grossolano e contraddittorio di attenuare la propria responsabilità".
(Adnkronos) - "Il dazio 15% è tanto, però se consideriamo che comunque una bottiglia di prosecco va allo scaffale negli Usa sui 15 dollari non credo che gli americani siano disposti a rinunciare al prosecco per pochi dollari in più. Quello che ha fatto più male in questi mesi è stata l'incertezza". Così, con Adnkronos/Labitalia, Giovanni Martellozzo, chief financial officer di Bellussi, tra le aziende che rappresentano l'eccellenza dei prosecchi e spumanti italiani, oltre che produttori di Brunello di Montalcino con Belpoggio, commenta il no all'esenzione di vini e superalcolici Ue dai dazi al 15% sul mercato Usa. E Martellozzo, che insieme alle sorelle rappresenta la quarta generazione di imprenditori vitivinicoli che producono prosecco e anche Brunello di Montalcino con l'altra azienda di famiglia Belpoggio, ricorda che i dazi hanno scatenato "terrore" per mesi sui mercati. "Bellussi è un'azienda per lo più 'domestica' -sottolinea- il 65-70% del fatturato è in Italia, il 30% invece all'estero. E il primo mercato per noi fuori dall'Italia sono gli Stati Uniti. Bellussi, che fa anche da hub logistico per Belpoggio, produce prosecco e spumanti, mentre con Belpoggio a Montalcino facciamo il Brunello", ribadisce. I numeri delle realtà produttive del Gruppo sono rilevanti. "Con Bellussi produciamo 2 milioni di bottiglie in totale, e prevalentemente il nostro primo prodotto è il Prosecco Docg di Valdobbiadene. Poi facciamo anche altri spumanti, per un catalogo di 25 prodotti. Il Brunello invece è una realtà a sè stante, è un'azienda piccolina, 5 ettari e facciamo sulle 30 mila bottiglie in totale. Ma è solitamente un ottimo biglietto da visita all'estero. Noi infatti molto spesso entriamo nei mercati con il Brunello e poi magari dopo, quando conquistiamo il cliente, l'importatore, gli diamo anche il prosecco", spiega. I viticoltori italiani hanno sperato fino alla fine in un'esenzione. "Naturalmente abbiamo sperato che ci fosse un'esenzione per il vino ma almeno ora abbiamo finalmente una certezza e sulla base di questa si può impostare una strategia tra noi produttori, l'importatore e il rivenditore finale e si va avanti. Invece finora l'incertezza ha portato solo danni", sottolinea. Secondo Martellozzo "i dazi hanno creato 'terrore' non solo nei rapporti economici con gli Stati Uniti ma anche sugli altri mercati, 'rompendo' gli equilibri dei tassi di cambio. Ad esempio il dollaro australiano ha perso sull'euro quindi l'importatore australiano ci ha detto 'aspettiamo un attimo a ordinare perché ci rimettiamo' perché il dollaro australiano è sceso e quindi avrebbe dovuto pagare di più. Ed è un po' il clima in giro per i mercati in tutto il mondo", sottolinea. E per il vino non è un periodo semplice. "Il mercato del vino in questo momento sta affrontando un periodo di crisi, perché i consumi sono diminuiti per il cambiamento dello stile di vita. I giovani sempre più non bevono e non apprezzano il vino. Basti pensare che abbiamo in giacenza in totale in tutta Italia qualcosa come un'intera vendemmia di vino. E quindi a mio parere il Governo e l'Unione Europea dovrebbero cercare di promuovere la cultura del consumo del vino, non demonizzarla. Invece si sta portando avanti un po' il concetto che il vino fa male e questa tendenza ha messo in crisi il settore", conclude Martellozzo.
(Adnkronos) - In Italia è Sos incendi. Dal 1° gennaio al 18 luglio 2025 nella Penisola si sono verificati 653 incendi che hanno mandato in fumo 30.988 ettari di territorio pari a 43.400 campi da calcio. Una media di 3,3 incendi al giorno con una superficie media bruciata di 47,5 ettari. A scattare questa fotografia è Legambiente che ha diffuso nei giorni scorsi il suo nuovo report 'L’Italia in fumo'. Stando al report di Legambiente, che ha analizzato e rielaborato i dati Effis (European Forest Fire Information System), dei 30.988 ettari di territorio bruciati nei primi sette mesi del 2025, 18.115 hanno riguardato ettari naturali (ossia aree boscate); 12.733 hanno interessato aree agricole, 120 aree artificiali, 7 aree di altro tipo. Il Meridione si conferma l’area più colpita dagli incendi con sei regioni in cima alla classifica per ettari bruciati. Maglia nera alla Sicilia, con 16.938 ettari bruciati in 248 roghi. Seguita da Calabria, con 3.633 ettari in 178 eventi incendiari, Puglia con 3.622 ettari in 69 eventi, Basilicata con 2.121 ettari in soli 13 roghi (con la media ettari per incendio più alta: 163,15), Campania con 1.826 ettari in 77 eventi e la Sardegna con 1.465 ettari in 19 roghi. Tra le regioni del Centro e Nord Italia: ci sono il Lazio (settimo in classifica) con 696 ettari andati in fumo in 28 roghi e la Provincia di Bolzano (ottava in classifica) con 216 ettari in 3 roghi e la Lombardia. Per l’associazione ambientalista, "ad oggi il Paese paga non solo lo scotto dei troppi ritardi, ma anche l’acuirsi della crisi climatica che amplifica il rischio di incendi boschivi e l’assalto delle ecomafie e degli incendiari". Secondo l’ultimo Rapporto Ecomafia diffuso il 10 luglio scorso, nel 2024 sono stati 3.239 i reati (incendi boschivi e di vegetazione, dolosi, colposi e generici in Italia) contestati dalle forze dell’ordine, Carabinieri forestali e Corpi forestali regionali, un dato però in calo del 12,2% rispetto al 2023. “Per contrastare gli incendi boschivi - dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - non basta concentrarsi sull’emergenza estiva o su singole cause, ma è fondamentale adottare un approccio integrato che integri prevenzione, rilevamento, monitoraggio e lotta attiva. Bisogna puntare sulla prevenzione attraverso una gestione territoriale efficace, che includa l’uso ecologicamente sostenibile delle risorse agro-silvo-pastorali. Ma è anche fondamentale promuovere e remunerare i servizi ecosistemici, sostenendo e rivitalizzando le comunità rurali nelle aree interne e montane affinché possano riappropriarsi di una funzione di presidio territoriale. Allo stesso tempo è importante applicare la normativa vigente per arginare qualsiasi ipotesi di speculazione futura sulle aree percorse dal fuoco, ed estendere le pene previste per il reato di incendio boschivo a qualsiasi rogo. È cruciale rafforzare le attività investigative per individuare i diversi interessi che spingono ad appiccare il fuoco, anche in modo reiterato. L’analisi approfondita dei luoghi colpiti e dei punti d’innesco accertati può costruire una mappa investigativa essenziale per risalire ai responsabili”. Da segnalare anche gli incendi scoppiati in aree naturali. Su 30.988 ettari di territorio bruciati, 6.260,99 hanno riguardo aree Natura 2000 in 198 eventi incendiari. A livello regionale, Puglia e Sicilia risultano le regioni più colpite da incendi in aree Natura 2000.