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(Adnkronos) - Un’Italia che invecchia ha bisogno di una prevenzione più forte, efficace e mirata. È il messaggio del Documento di posizione ‘Verso un nuovo modello di prevenzione vaccinale nell’anziano. Proposte operative per un modello fondato su evidenze, sostenibilità e capacità organizzativa’ presentato da HappyAgeing - Alleanza italiana per l’invecchiamento attivo – da più di 10 anni portavoce degli over 65 in sanità – nel corso dell’Assise nazionale sulla Prevenzione delle malattie infettive nell’anziano presso l’Istituto Enciclopedia Italiana Treccani. La pubblicazione, realizzata a seguito di un confronto con il Cip, Coordinamento interregionale prevenzione e importanti attori direttamente coinvolti nell’organizzazione, gestione e monitoraggio dei programmi vaccinali, propone un nuovo approccio strategico basato su 3 dimensioni fondamentali – scientifica, organizzativa ed economica – per rendere il sistema vaccinale più vicino ai bisogni reali della popolazione over 65. "Oggi - afferma Michele Conversano, presidente del Comitato tecnico scientifico di HappyAgeing - serve una visione chiara e coerente che permetta agli anziani di vivere più a lungo ma soprattutto in buona salute. La vaccinazione è uno strumento formidabile per prevenire malattie infettive, ridurre il carico di morbosità e mortalità, limitare le ospedalizzazioni e preservare l’autonomia dei soggetti, oltre a consentire al sistema sanitario di allocare in modo più efficiente le proprie risorse. Ma le coperture sono ancora troppo basse e la frammentazione organizzativa crea disuguaglianze inaccettabili. Sotto il profilo scientifico – continua Conversano – il principale limite è rappresentato dal mancato aggiornamento tempestivo del calendario vaccinale del Piano nazionale di prevenzione vaccinale (Pnpv) che non riflette più le attuali evidenze scientifiche né l’evoluzione del panorama epidemiologico. Ne derivano disomogeneità applicative tra Regioni, incertezze operative e un ritardo nell’integrazione delle innovazioni, come i vaccini contro il virus respiratorio sinciziale (Rsv), nei percorsi di offerta per la popolazione anziana". Nel dettaglio - informa una nota - il Documento suggerisce di: aggiornare formalmente il calendario nazionale, rendendo esplicite le nuove indicazioni e garantendo un allineamento tra raccomandazioni e attuazione; avere ogni anno, in tempo utile, la Circolare ministeriale di aggiornamento per la vaccinazione antinfluenzale e per Covid-19, così come l’aggiornamento delle indicazioni vaccinali per l’Herpes zoster e garantire equità tra territori nell’offerta vaccinale. "Ulteriore elemento che va assolutamente preso in considerazione - precisa Conversano - è la promozione di un uso appropriato dei diversi vaccini a disposizione, tenendo conto dell’età, dello stato immunologico e delle condizioni cliniche individuali". Il documento evidenza che la dimensione organizzativa si conferma la più fragile: governance frammentata, assenza spesso di una regia centrale stabile, anagrafe vaccinale incompleta e ritardi nell’accesso ai dati ostacolano la pianificazione e il monitoraggio. A queste criticità si aggiungono un uso ancora marginale della chiamata attiva e i limiti nell’interoperabilità dei sistemi informativi e nella gestione dei dati sensibili per finalità di prevenzione. L’accesso ai vaccini per gli over 65, però, non può dipendere dal luogo in cui si vive. Nel Documento – illustrato all’Assise nazionale sulla Prevenzione delle malattie infettive nell’anziano organizzata con il contributo non condizionante di Csl Seqirus, Gsk GlaxoSmithKline, Moderna, Msd Italia, Pfizer e Sanofi – HappyAgeing avanza come possibili soluzioni: rendere operativa la cabina di regia nazionale per il nuovo Pnpv e le Circolari ministeriali con compiti di indirizzo e monitoraggio; rafforzare l’infrastruttura digitale per una gestione più integrata ed efficiente dell’offerta (anagrafe vaccinale e gestione dei dati); potenziare sul territorio il ruolo dei dipartimenti di Prevenzione come organo centrale nel coordinamento della rete di operatori che ruotano intorno alle vaccinazioni. E ancora: adottare un modello unificato di consenso informato per favorire una scelta responsabile e consapevole da parte del cittadino; ampliare gli attori dell’offerta vaccinale (rafforzare la collaborazione con Medici di medicina generale, specialisti ospedalieri, territoriali e farmacie) e realizzare un adeguato percorso di comunicazione alla popolazione. "Occorre costruire un’offerta vaccinale durante tutto l’anno – suggerisce Francesca Russo, Coordinatrice del Cip – che preveda la destagionalizzazione delle somministrazioni attraverso la definizione di un Calendario vaccinale che includa anche tutte le vaccinazioni per l’anziano previste dal Pnpv e pianificando quindi le somministrazioni di quelle non stagionali al di fuori del periodo autunnale. Tra gli strumenti più efficaci vi è certamente la chiamata attiva, che deve essere operativa per fascia di età attraverso mezzi tradizionali, come la lettera o la telefonata, oppure mezzi innovativi come gli Sms, le app di messaggistica istantanea e le email. Rispetto al trattamento dei dati sensibili- osserva - è opportuno introdurre una norma chiara che consenta l’uso dei flussi correnti per targettizzare iniziative di prevenzione, con adeguate garanzie per i cittadini". Sul piano economico il documento evidenzia una cronica sottovalutazione del valore della vaccinazione come investimento. Le risorse destinate alla prevenzione sono limitate, rigide e spesso assorbite dal mantenimento dell’esistente a scapito dell’innovazione. Mancano strumenti strutturali per valutare il ritorno economico delle strategie vaccinali. Eppure, l’insufficiente copertura vaccinale tra la popolazione adulta e anziana genera un impatto economico significativo: si stima una perdita annua pari a 610 milioni di euro in gettito fiscale, un aumento di costi sociali pari a 3,1 miliardi e fino a 10,8 miliardi di perdite in termini di Pil. Le proposte operative per un modello fondato su evidenze, sostenibilità e capacità organizzativa prevedono di: aumentare dal 5% al 7% la quota del Fondo sanitario nazionale destinato alla prevenzione, vincolando parte dei fondi alla vaccinazione; alle Regioni si suggerisce, parallelamente, di incrementare la quota dei propri bilanci riservata alla prevenzione vaccinale; affiancare modelli di analisi costo-efficacia e di impatto sul sistema sanitario alle decisioni di programmazione vaccinale; integrare la logica del “ritorno sulla prevenzione” nei bilanci sanitari e nei documenti di programmazione, rendendo visibile il valore generato dai vaccini in termini di salute, benessere e produttività. In chiusura dell’evento, Carmelo Barbagallo, segretario generale Uil Pensionati, Annamaria Foresi, segretario nazionale Fnp Cisl, e Tania Scacchetti, segretaria generale Spi Cgil, chiedono "alle Istituzioni un impegno concreto nelle politiche per l’invecchiamento attivo e per la non autosufficienza. Occorre attuare finalmente, con adeguati finanziamenti, la Riforma approvata con la Legge 33/2022". Per le sigle sindacali "l’invecchiamento deve diventare una priorità nazionale non solo in termini di durata della vita, ma di qualità, autonomia, partecipazione e inclusione. Parliamo di diritti che devono essere garantiti a tutte le cittadine e a tutti i cittadini, a prescindere dal territorio in cui vivono, il diritto alla salute è infatti sancito dall’Articolo 32 della nostra Costituzione. Perché ciò avvenga - rimarcano - è necessario superare le disomogeneità nei modelli regionali, rafforzare il coordinamento tra Stato e Regioni e costruire una governance sostenibile capace di tradurre le esigenze delle persone in risposte tangibili, adeguate, eque e durature. Ribadiamo, insieme agli altri partner dell’Alleanza, la necessità di destinare maggiori fondi alla prevenzione, un vero e proprio investimento per il Servizio sanitario nazionale e per l’economia del Paese. Rinnoviamo, inoltre, il nostro impegno - concludono -a diffondere tra le nostre comunità una comunicazione matura, incisiva, concreta sulla prevenzione e promozione della salute".
(Adnkronos) - "Noi siamo un Paese che trasforma, per il quale l'export è fondamentale. E quindi qualsiasi spesa aggiuntiva può ridurre i margini. Abbiamo ormai da un paio di mesi negli Stati Uniti il dazio al 10% e si tratta di spese molto alte e complesse per le aziende da assorbire. Le imprese devono incamerare questo aumento, insieme al cambio euro-dollaro che in questo momento non è favorevole. Quindi anche il 10%, che è quello che probabilmente rimarrà, non va bene per le aziende. Per il 2025 ci aspettiamo un calo dell'export di salumi made in Italy, legato anche a un effetto fisiologico per le scorte che sono state fatte non appena è iniziata a circolare la voce sui dazi". Così, con Adnkronos/Labitalia, Davide Calderone, direttore generale di Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi) aderente a Confindustria, che rappresenta uno dei fiori all'occhiello del made in Italy, con 30mila addetti e 900 aziende di trasformazione, fa il punto sugli effetti dei dazi al 10% negli Usa per i salumi italiani. Nel 2024, le esportazioni di salumi italiani verso i Paesi terzi, secondo i dati Assica, hanno raggiunto quota 66.007 tonnellate per un valore di 791,5 milioni di euro, segnando una crescita dell’11,9% in quantità e del 14,2% in valore. A trainare il risultato sono stati in particolare gli Stati Uniti, con arrivi di salumi italiani per 20.188 tonnellate (+19,9%) per 265,1 milioni di euro (+20,4%). E il 2024, sottolinea Calderone, è stato un anno sostanzialmente positivo per il comparto salumi made in Italy visto che "è aumentata la produzione e anche l'export, ma ci sono luci e ombre, visto che abbiamo un mercato interno praticamente saturo". E tornando ai dazi Usa l'attività di Assica è incessante a sostegno delle imprese italiane. "Stiamo facendo il possibile per fare la nostra parte, spiegando all'amministrazione americana che i nostri prodotti in Usa danno anche lavoro, perchè ci sono i commerciali e poi tante aziende che hanno creato stabilimenti di affettamento e confezionamento in Usa. E quindi un dazio per un prodotto che arriva in Usa diventa anche un problema per un'azienda che opera in Usa e paga le tasse nel Paese", sottolinea. Cercare strade alternative agli Usa, spiega Calderone, non è semplice. "Guardare ad altri mercati -spiega- è una frase che si può dire ma poi metterla in pratica non è così scontato. Se si pensa al mondo dei salumi possiamo dire che li facciamo solo noi, con qualche eccezione, e non è semplice questi prodotti nel mondo in popolazioni non abituate. Quindi ci vuole tempo, informazione, promozione, presenza. Ad esempio quello americano è un mercato che sta dando finora soddisfazioni, ma dietro c'è un lavoro di molti anni di investimenti e di impegno per farlo diventare così, con anche ulteriori margini di crescita", sottolinea. E in questi mesi sull'attività e l'export delle aziende continua a pesare la peste suina africana che ha colpito il nostro Paese. "A causa della peste suina africana abbiamo calcolato un mancato export di salumi made in Italy nei Paesi asiatici per 20 milioni di euro al mese, a partire da quando è scoppiata l'emergenza con i primi cinghiali malati nel 2022", sottolinea Calderone. "I Paesi che hanno chiuso all'export per colpa del virus-continua Calderone- sono il Giappone in particolare, la Cina, altri paesi con delle limitazioni, e questo è un problema che persiste ancora oggi. Con il Giappone siamo riusciti a ottenere la riapertura per i prodotti cotti al momento, visto che la cottura inattiva il virus, e stiamo trattando anche per i prodotti a lunga stagionatura che è un altro metodo di inattivare il virus", conclude.
(Adnkronos) - Arera-Autorità di regolazione per energia reti e ambiente ha certificato l’eccellenza del Gruppo Cap, che si è classificato primo in Lombardia e terzo a livello nazionale nella classifica annuale sulla 'Qualità tecnica del servizio idrico integrato', ricevendo un premio economico complessivo di quasi 7 milioni di euro. Lo rende noto Gruppo Cap, sottolineando il risultato straordinario, che conferma la società tra i gestori più virtuosi d’Italia. L'azienda, unica in Italia insieme a un altro gestore, è stata premiata in tutti gli indicatori previsti da Arera, senza alcuna penalità, a testimonianza dell’eccellenza tecnica e della capacità di miglioramento continuo. Un successo che l'azienda ha voluto condividere con i suoi principali stakeholder decidendo di distribuire parte del premio alle sue persone e ai comuni della Città metropolitana di Milano. Con la delibera 917/2017/R/Idr, Arera ha introdotto un sistema per valutare la qualità tecnica del servizio idrico integrato, con l’obiettivo di migliorare concretamente il servizio per gli utenti, tenendo conto delle diverse condizioni presenti sul territorio nazionale e assicurando allo stesso tempo equità tra gli operatori, trasparenza nei controlli e gradualità nell’applicazione delle nuove regole. Il sistema si basa su una serie di indicatori che misurano la qualità del servizio. Alcuni di questi sono prerequisiti fondamentali per accedere al meccanismo di premi e penalità; altri definiscono standard specifici da rispettare nei confronti dei singoli utenti, con eventuali indennizzi in caso di disservizi; infine, ci sono gli standard generali, che valutano le condizioni tecniche complessive del servizio e determinano l’assegnazione di premi o penalità economiche (indicatori M1–M6: interruzioni del servizio, qualità dell’acqua erogata, adeguatezza del sistema fognario, perdite idriche, qualità dell’acqua depurata, smaltimento fanghi in discarica). Gruppo Cap ha ottenuto risultati eccellenti su tutti i livelli previsti; nello specifico, sono stati riconosciuti 2.287.554 euro per le performance sui 6 macro-indicatori M1–M6 (interruzioni del servizio, qualità dell’acqua erogata, adeguatezza del sistema fognario, perdite idriche, qualità dell’acqua depurata, smaltimento fanghi in discarica) mentre 4.578.722 euro rappresentano il premio 'Best in Class', che certifica l’assoluta eccellenza di Cap a livello nazionale. "Questo riconoscimento -commenta il direttore generale di Gruppo Cap, Michele Falcone- rappresenta una conferma autorevole della solidità del nostro modello industriale e della capacità di Gruppo Cap di generare valore attraverso l’eccellenza operativa. Il risultato ottenuto è frutto di una strategia orientata all’innovazione, alla sostenibilità e alla qualità del servizio, resa possibile grazie all’impegno e alla professionalità delle nostre persone. Per questo l’azienda ha deciso di distribuire circa un milione di euro a lavoratrici e lavoratori di Gruppo Cap quale riconoscimento per l'impegno costante, la dedizione e la passione che ogni giorno mettono nel loro lavoro". "Il riconoscimento di Arera -aggiunge il presidente di Gruppo Cap, Yuri Santagostino- è per noi motivo di grande orgoglio, ma soprattutto un’opportunità per rafforzare il nostro legame con chi ogni giorno contribuisce al successo di Gruppo Cap. Per questo abbiamo scelto di destinare una parte importante del premio all’innovazione e a favore delle nostre persone e dei territori, secondo modalità che stiamo individuando, valorizzando il ruolo delle comunità locali che è centrale nella costruzione di un servizio idrico sempre più efficiente, sostenibile. È un gesto concreto che testimonia la nostra visione di impresa pubblica, orientata al miglioramento continuo e alla restituzione di valore alla comunità".