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(Adnkronos) - Quando si parla dell’importanza di fare sistema “credo che ognuno debba provare a fare al meglio possibile il lavoro che è capace di fare. Nessuno si deve inventare, ognuno si deve concentrare su quello che è il suo mandato e quello che ritiene di far meglio. L’azienda che rappresento fa raccolta e trattamento rifiuti, e dunque ci concentriamo sul tema del recupero. Serviamo circa 4 milioni di abitanti e il nostro obiettivo principale all'interno di questa filiera, che non riguarda solo il legno ma tutto il tema del recupero di materia, è quello di intercettare il più possibile, in maniera pulita, i materiali che passano all'interno delle case”. Lo afferma Eugenio Bertolini, amministratore delegato di Iren Ambiente al convegno ‘Il futuro del mondo legno: economia circolare e risorse forestali’ a Mantova, organizzato da Rilegno e Conlegno. Questo processo di recupero “viene già fatto per alcuni materiali in maniera più diffusa sul territorio - aggiunge - In altri casi, come quello del legno, si devono dotare i nostri territori di una rete importante di centri di raccolta, che consentano ai cittadini, e in parte anche alle piccole imprese che producono pochi materiali di scarto, di avere dei punti vicini, comodi e aperti il più possibile dove portare i materiali che possono essere recuperati”. Con il progredire delle tecniche di recupero, divisione e riciclaggio dei materiali “oggi è possibile recuperare anche il legno ‘sporco’, con impurità o con dentro pezzi di vetro o ferro”. “Il primo tema è quindi quello di far bene il recupero e garantire la qualità dei materiali riciclati - conclude - poi si deve lavorare su come utilizzare questi materiali riciclati per produrne di nuovi, composti esclusivamente da legno riciclato. Per fare questo abbiamo stipulato pochi mesi fa un accordo, grazie anche alla cooperazione e al supporto di Rilegno, con un gruppo significativo di imprese che acquistano, utilizzano o commercializzano questi materiali”.
(Adnkronos) - Quello tra pensione e insegnanti è un connubio sempre più forte nel nostro paese: secondo l’ultimo rapporto Ocse 'Education at a glance 2024', l’Italia presenta il corpo docente più anziano di tutta l’area Ocse, a tutti i livelli di istruzione, con una quota di insegnanti over 50 anni che raggiunge il 53% del totale, rispetto alla media globale del 37%. Ne parla all’Adnkronos LabItalia, Andrea Martelli, fondatore e amministratore di MiaPensione. "Il sistema pensionistico del mondo scuola - spiega - presenta modalità e tempistiche uniche, che possono influenzare significativamente il momento del pensionamento e l’importo dell’assegno. E' quindi molto importante conoscerne le dinamiche e analizzare la propria posizione contributiva con largo anticipo per pianificare al meglio il proprio futuro previdenziale". Gli insegnanti che intendono andare in pensione con decorrenza dal 1° settembre 2026, dovranno presentare sia la domanda di cessazione dal servizio, sia quella di pensione un anno prima. Il Miur normalmente pubblica ogni fine settembre la circolare con le scadenze ufficiali cui attenersi. Stando agli anni precedenti, le domande andranno presentate presumibilmente entro la metà di ottobre 2025. Per i dirigenti scolastici, invece, il termine potrebbe essere fissato al 28 febbraio 2026, come da prassi consolidata. L’unico modo per presentare la richiesta è tramite il portale Polis-Istanze Online, accessibile mediante Spid, rispettando le scadenze ministeriali. “I requisiti anagrafici e contributivi - spiega - non devono essere maturati al 31 agosto 2026, bensì entro il 31 dicembre 2026. Inoltre, la generalità degli insegnanti e di chi lavora nel comparto scuola ha come unica data di accesso a pensione quella del primo di settembre, evitando in alcuni casi l’applicazione delle cosiddette finestre mobili. Altro aspetto cruciale è barrare nella domanda di cessazione la casella nella quale si richiede di rimanere in servizio nel caso in cui il proprio stato contributivo non risultasse idoneo alla pensione. Si tratta di un paracadute utile in quelle situazioni nelle quali non si ha una conoscenza completa della propria posizione previdenziale e nell’eventualità che al 31 dicembre dell’anno successivo non si siano maturati i requisiti richiesti”. “Il calcolo della pensione per un insegnante può essere complesso, soprattutto in presenza di periodi part-time o carriera frammentata, se si è lavorato in scuole paritarie o all’estero, se ci sono state Interruzioni per congedi, malattia, maternità o se si è fatta domanda per il riscatto della laurea o di ricongiungimento”, prosegue Martelli. Per prima cosa, quindi, è bene controllare, in anticipo, il proprio estratto conto contributivo e verificare che non presenti lacune o disallineamenti, in modo da poter agire tempestivamente per correggerli. “La Legge di Bilancio 2025 ha abolito il pensionamento d’ufficio a 65 anni. Decidere quando e come andare in pensione, quindi, non è solo una scelta personale, ma una vera e propria strategia economica. Anticipare di qualche anno può significare ricevere un assegno più basso, ma godersi prima il tempo libero. Rimandare può voler dire ricevere una pensione più alta. Le normative 2025 offrono diverse strade, ma anche molte insidie nei calcoli e nelle procedure”, spiega l’esperto. Il calcolo della pensione per i docenti può seguire il sistema retributivo, per chi ha versato i contributi fino al 31 dicembre 1995, contributivo per i contributi dal 1° gennaio 1996 in poi, oppure misto, se si possiedono contributi sia prima che dopo il 1996. Per accedere alla pensione di vecchiaia nel 2025 sono richiesti 67 anni di età compiuti entro il 31 dicembre 2025 e almeno 20 anni di contributi effettivamente versati. Per i docenti della scuola, la pensione può essere attribuita 'd’ufficio' se il requisito anagrafico viene raggiunto entro il 31 agosto 2025, oppure, 'su domanda' se si compie entro il 31 dicembre 2025. La pensione anticipata consente agli insegnanti di ritirarsi dal lavoro prima del compimento dei 67 anni, a condizione di aver maturato almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e almeno 41 anni e 10 mesi per le donne. “Non è richiesto un requisito anagrafico minimo ma solamente quello contributivo e non deve essere rispettata la finestra mobile di 3 mesi. Rappresenta un’opzione strategica soprattutto per chi ha iniziato a lavorare in giovane età, ma richiede particolare attenzione alla continuità contributiva per raggiungere i requisiti previsti dalla normativa”, afferma Martelli. Opzione Donna è un regime agevolato di pensione anticipata è riservato esclusivamente alle lavoratrici con 35 anni di contributi maturati entro il 31 dicembre 2024 e un’età anagrafica di 61 anni senza figli, 60 anni con un figlio e 59 anni con due o più figli. E' necessario, inoltre, possedere uno dei seguenti requisiti: riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 74%, assistere un familiare con disabilità, lavorare presso aziende in crisi. Il trattamento pensionistico sarà interamente contributivo, anche per i contributi maturati prima del 1996. Consente di accedere alla pensione al raggiungimento simultaneo di 62 anni di età e 41 anni di contributi. “E' una delle alternative più discusse nell’ambito delle pensioni per insegnanti, ma è bene sottolineare che il calcolo dell’assegno avviene con il metodo contributivo puro, e fino ai 67 anni l’importo mensile non può superare quattro volte il trattamento minimo Inps (circa 2.200 euro lordi)", precisa l’esperto. L'Ape sociale è una misura di accompagnamento alla pensione vera e propria. Il trattamento consiste in un’indennità mensile (non una pensione vera e propria) fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia. Riguarda i lavoratori con almeno 63 anni e 5 mesi di età, con almeno 30 o 36 anni di contributi versati e solo se si svolge un lavoro gravoso come quello degli insegnanti della scuola dell’infanzia e della primaria. “Per chi quest’anno non avesse ancora maturato i requisiti utili per presentare la domanda di cessazione e pensionamento, la nuova Legge di Bilancio prevista per il 31 dicembre 2025, potrebbe aprire nuove finestre e deroghe. Ecco che diventa fondamentale conoscere la propria posizione contributiva per cogliere tempestivamente queste eventuali opportunità. In questo caso, è prevista una deroga al 28 febbraio 2026 per Opzione Donna e al 31 Agosto per Ape Sociale, per presentare la domanda di pensione, con decorrenza al 1 settembre 2026”, conclude Andrea Martelli, esperto previdenziale, fondatore e amministratore di MiaPensione.
(Adnkronos) - L’aumento del 5% della superficie alberata in città comporterebbe una riduzione degli inquinanti atmosferici tale da evitare circa 5mila morti premature all’anno. È quanto emerge da uno studio internazionale al quale ha partecipato Enea, condotto in 744 città di 36 Paesi europei, pubblicato su The Lancet Planetary Health e realizzato nell’ambito del progetto europeo Life Airfresh. Inoltre, la ricerca ha evidenziato che si potrebbero evitare fino a 12mila morti all’anno se ogni centro cittadino avesse una copertura arborea di almeno il 30%. “In ambito urbano polveri sottili, biossido di azoto e ozono sono tra gli inquinanti più pericolosi per la nostra salute e per quella degli ecosistemi. Entro il 2050, si stima che circa l’80% della popolazione europea risiederà in contesti urbani, accentuando la rilevanza di queste problematiche - spiega la coordinatrice del progetto per Enea Alessandra De Marco, responsabile del Laboratorio Impatti sul territorio e nei paesi in via di sviluppo - Aumentare la quantità di alberi in città permetterebbe di ottenere benefici simultanei come il miglioramento della qualità dell’aria, la mitigazione dell’effetto isola di calore estiva, la conservazione della biodiversità e, soprattutto, il benessere dei cittadini”. La Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (Unece) raccomanda l’adozione della strategia del 3-30-300 che consiste nel raggiungimento di tre obiettivi specifici: 3 alberi visibili da ogni casa, scuola o luogo di lavoro, 30% di copertura arborea in ogni quartiere e 300 metri di distanza massima della propria abitazione da un parco o da spazio verde pubblico. Utilizzando un approccio integrato che combina dati ambientali e sanitari a livello europeo su un arco temporale di 20 anni (2000-2019), lo studio ha evidenziato che la copertura arborea media è cresciuta di appena 0,76 punti percentuali e che il 73,5% delle città analizzate ha registrato un incremento del verde. Parallelamente, la mortalità attribuibile all’inquinamento atmosferico è diminuita in media del 3,4%. Nel 2019, 130 città dei 744 centri urbani europei presi in esame (oltre 50 milioni di abitanti, pari a circa il 25% della popolazione di questi centri) avevano una copertura arborea media superiore al 30%. Attualmente, in Italia la copertura vegetale raggiunge il 30% solo a Napoli (32%), mentre a Milano e a Roma arriva, rispettivamente, al 9% e 24%. “Una copertura arborea urbana al 30%, come quella raggiunta da alcune città europee, potrebbe ridurre le morti premature del 9,4% da Pm2,5, del 7,2% da biossido di azoto e del 12,1% da ozono. Al contrario, abbattere la superficie alberata fino ad azzerarla comporterebbe un aumento della mortalità: +19,5% da Pm2,5 (circa 19mila morti premature in più ogni anno), +15% da biossido di azoto (oltre 5.200 in più) e +22,7% da ozono (circa 700 in più)”, sottolinea De Marco. I benefici del verde urbano non si fermano alla qualità dell’aria; gli alberi possono infatti ridurre la temperatura percepita, mitigando l’impatto delle ondate di calore come quella dell’estate 2022 che ha causato circa 62mila morti in Europa (+4%). La Strategia Ue sulla biodiversità al 2030 prevede l’impegno dei Paesi aderenti a piantare almeno 3 miliardi di alberi entro la fine del decennio per portare a un aumento significativo della copertura arborea media nelle città. “Per raggiungere questo obiettivo, i programmi di piantumazione dovrebbero interessare non solo gli spazi pubblici, ma anche, e soprattutto, quelli privati, come cortili residenziali, oltre alle aree periurbane. È fondamentale che urbanisti e amministratori vengano incoraggiati a integrare infrastrutture verdi urbane pensate su misura per i diversi contesti locali. Questo approccio dovrebbe essere accompagnato da politiche di riduzione delle emissioni e da interventi complementari, come i corridoi di aria fredda o i tetti verdi, per massimizzare i benefici in termini di salute pubblica e qualità della vita, con il risultato di città più sostenibili e resilienti ai cambiamenti climatici nel lungo termine”, conclude De Marco.