ENTRA NEL NETWORK |
ENTRA NEL NETWORK |
(Adnkronos) - "Dal 30 novembre, quando Irakli Kobakhidze ha annunciato l'interruzione del processo di integrazione europea, sono scesa in piazza insieme ad altri georgiani ogni giorno per chiedere che il Paese ritorni sulla giusta traiettoria. Entrare nell’Unione europea è scritto nella nostra costituzione, poiché sappiamo di aver bisogno di alleati forti e democratici per sopravvivere accanto al nostro brutale vicino, la Russia, che cerca costantemente di influenzare la Georgia e di sottrarci territori”. L’attivista sociale Elene Kokhreidze cerca un posto tranquillo per scrivere la sua testimonianza all'Adnkronos, fuori dal fiume di persone che si dirigono verso Viale Rustaveli, la via principale della capitale Tbilisi, prima di rituffarcisi dentro. È una delle migliaia di georgiani a partecipare alle manifestazioni contro Sogno Georgiano, il partito che ha rivendicato la vittoria dopo un processo elettorale fortemente contestato dagli osservatori internazionali e dalle opposizioni. La richiesta di chi scende in piazza è una, spiega Kokhreidze: “vogliamo nuove elezioni, giuste, perché quelle del 26 ottobre sono state truccate e rubate. Nessuno dei nostri alleati ha riconosciuto i risultati elettorali, e ora un governo de facto sta governando il Paese. Vogliamo che le nostre voci vengano ascoltate e conteggiate. Abbiamo bisogno di azioni concrete”. Un appello che condivide con l’opposizione locale e il Parlamento europeo. Il premier Kobakhidze ha rifiutato l’idea di nuove elezioni e promesso che non negozierà con i manifestanti. Nel mentre la risposta delle forze dell’ordine, inizialmente misurata, si sta facendo più violenta. “Le proteste sono perlopiù pacifiche e non violente da parte dei cittadini, ma la polizia e le forze armate usano idranti e gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Picchiano le persone che riescono a catturare, vediamo immagini terribili di come le trattano. Io cerco di stare attenta, ma purtroppo ho respirato gas lacrimogeni e sono già stata inseguita” (FOTO). Chi protesta si ritrova nella figura della presidente filoeuropea Salome Zourabichvili, che finora “è stata il volto e la voce chiara dell'opposizione”, spiega l’attivista. “È la leader che la maggior parte dei manifestanti segue e sostiene, ed è l’unica istituzione di potere legittima rimasta nel Paese. Ha lottato sia sul campo che fuori per i nostri diritti e sta cercando di coordinare i leader dei partiti di opposizione affinché si allineino su una strategia comune”. La presidente ha promesso che non lascerà il suo ruolo alla scadenza naturale del mandato verso fine mese. È d’accordo anche Kokhreidze, secondo cui deve restare al suo posto “fino a quando non ci saranno nuove elezioni e un governo legittimo nominerà un nuovo presidente. Un governo illegittimo non può nominare un nuovo presidente”. Quindi Zourabichvili “rimarrà la nostra leader fino a quando le nostre richieste non saranno soddisfatte”. “Vediamo che i leader dell’opposizione hanno bisogno di una mano forte per mantenersi sulla giusta strada, per restare allineati e non arretrare”. Un compito “molto difficile da portare a termine” perché si tratta di far convergere politici “che si odiano, e lo hanno dichiarato a più riprese”. Ma è necessario fare fronte comune contro Sogno Georgiano, che sta ballando sulle note di Mosca, spiega l’attivista. Per Kokhreidze, Sogno Georgiano adotta “tattiche, discorsi e azioni che replicano tutti i governi filo-russi”. Il discorso con cui il premier ha rimandato il processo di adesione all’Ue “era parola per parola lo stesso che Viktor Yanukovych tenne prima delle proteste di Maidan”, sottolinea, riferendosi alle massicce manifestazioni pro-Ue che portarono alla destituzione del presidente ucraino nel 2014. “Abbiamo già visto azioni simili, citazioni di Vladimir Putin e messaggi che sono stati usati per russificare altri paesi. Allontanarsi dall’Ue, dal partenariato strategico con gli Stati Uniti e danneggiare deliberatamente i nostri rapporti di lunga data con alleati democratici europei è un chiaro esempio chiara influenza russa. Vogliono che la Georgia resti sola e diventi un loro stato fantoccio”.
(Adnkronos) - Se da un lato aumentano gli investimenti nel benessere dei lavoratori, dall’altro le loro condizioni di salute, soprattutto mentale, mostrano segnali di peggioramento, evidenziando un disallineamento tra le risorse stanziate e l’effettiva efficacia delle iniziative proposte. Ecco che quindi si parla di 'carewashing', un termine che indica la discrepanza tra la retorica dell’azienda sulla cultura della cura e la reale esperienza quotidiana dei dipendenti: alcune aziende tendono sostanzialmente a costruire un’immagine di realtà attenta al benessere dei propri dipendenti, seppure non sempre supportata da azioni concrete in tal senso. “Questa mancanza di coerenza - commenta Marika Delli Ficorelli, head of hr di Zeta service, azienda italiana specializzata nei servizi hr e payroll e pluripremiata in termini di welfare e gestione flessibile dei dipendenti - è molto spesso la causa dell’insoddisfazione delle persone. Ad esempio, promuovere un workshop sulla salute mentale nel quale vengono fornite indicazioni su come stabilire confini appropriati tra lavoro e vita privata e, al contempo, non monitorare i carichi di lavoro, inducendo le persone a sacrificare il proprio tempo personale per rispondere a scadenze serrate, mostra come un’iniziativa potenzialmente virtuosa, possa al contrario rivelarsi un boomerang per l’azienda che l’ha promossa. La fiducia verso il management e la capacità di guardare al proprio futuro con positività vengono drasticamente compromesse, rendendo inefficaci anche le migliori iniziative di benessere”. Un disallineamento, dunque, che si riflette nella crescente sfiducia verso le politiche dichiarate dai datori di lavoro: secondo un’indagine Gallup, la percentuale di lavoratori che a livello globale percepisce un sincero impegno dell’azienda verso il proprio benessere è crollata drasticamente, passando dal 49% nel 2020 al 21% nel 2024, con una riduzione del 57%. Il 79% dei dipendenti, dunque, ritiene che la propria azienda non si preoccupi davvero del proprio benessere complessivo. Infatti, negli ultimi anni, i dipendenti hanno sperimentato livelli sempre più alti di emozioni negative quotidiane sul posto di lavoro, come stress (41%), preoccupazione (38%), tristezza (22%) e rabbia (21%). Disimpegno e demotivazione sono le conseguenze, con costi per l'economia globale di 8,9 trilioni di dollari, ovvero il 9% del PIL mondiale. Non a caso l'occupazione è associata ad alti livelli di soddisfazione quotidiana e a bassi livelli delle emozioni negative. Inoltre, venendo meno l’impegno e il benessere dei dipendenti, il turnover diventa sempre più frequente: secondo il report State of the Global Workplace” di Gallup, i cosiddetti 'quiet quitters' hanno infatti indicato che il miglioramento del benessere sul lavoro è considerato un obiettivo più importante rispetto all'aumento della retribuzione. “La sfida - commenta Delli Ficorelli - è costruire un ambiente di lavoro permeato da trasparenza, coerenza e fiducia, in cui le persone percepiscano un reale ascolto delle proprie esigenze e si sentano in questo senso valorizzate, un ambiente nel quale gli obiettivi di produttività che l’azienda si pone riescano a dialogare costantemente con l’impatto che questi avranno sulle persone. Dobbiamo infatti avere chiaro che il benessere non solo influisce sull’engagement delle persone, ma ha anche un impatto diretto sulla performance complessiva dell'azienda In questo senso risulta essenziale costruire una people strategy che parta dall’ascolto delle persone e che guidi la realizzazione di azioni che sappiano rispondere agli specifici bisogni”. Per evitare il carewashing, le organizzazioni devono costruire una cultura aziendale autentica, basata su fiducia reciproca, empatia, sicurezza psicologica e integrità. Ma per raggiungere questi obiettivi ci sono otto azioni concrete che Zeta Service suggerisce a leader e aziende. 1) Garantire coerenza tra parole ed azioni: l’impegno e l’investimento delle aziende dovrebbero essere coerenti con i valori sui quali si fondano. 2) Coinvolgere le proprie persone: creare un clima di ascolto autentico e condurre valutazioni periodiche che permettano di comprendere le esigenze delle persone e di monitorare l’impatto delle proprie iniziative coinvolgendo collaboratori e collaboratrici, clienti e fornitori nelle decisioni che riguardano i benefit ed i servizi. Questo può avvenire tramite sondaggi, tavoli di lavoro e consulenze aperte, che rendono l’impegno aziendale più partecipato e reale. Per questo motivo Zeta Service ha sviluppato, con il supporto dell'Università Sapienza di Roma, Eleva people value, uno strumento che consente di analizzare e monitorare il clima aziendale, offrendo alle imprese dati concreti per predisporre poi interventi mirati. 3) Rendere trasparente l’impatto delle proprie iniziative: pubblicare dati dettagliati e report trasparenti sui risultati delle iniziative. Questo può includere il monitoraggio e la pubblicazione di indicatori chiave di performance che permettano di dimostrare con concretezza i progressi e i risultati raggiunti. 4) Dare risposte diverse a seconda dei bisogni: personalizzare la proposta di valore con iniziative customizzate, evitando risposte standardizzate su un’idea avulsa dal contesto e dal target di riferimento. 5) Favorire lo sviluppo di una leadership consapevole: l’impegno verso pratiche autentiche dovrebbe essere parte della cultura aziendale. Investire in programmi di formazione, prima sulle linee di leadership e a seguire sul resto della popolazione, può aiutare a diffondere i valori sociali e ambientali e a far sì che l’intera azienda si muova in modo coerente. 6) Investire in progetti a lungo termine: impegnarsi in programmi di lungo periodo, con un impatto reale e sostenibile, evitando iniziative o promozioni legate a eventi specifici e trend del momento. 7) Ottenere certificazioni e standard esterni da enti indipendenti: certificazioni come la ISO 9001 o la UNI/PdR 125:2022 per la parità di genere, che per loro natura prevedono un monitoraggio costante interno e assessment di verifica annuali, offrono garanzie per collaboratori e collaboratrici, clienti e fornitori, migliorano e garantiscono la credibilità delle iniziative, validando l’impegno dell’azienda verso standard sociali e ambientali. 8) Favorire la responsabilità e l’accountability: rendere responsabili le figure chiave per i risultati può aiutare a mantenere l’impegno e la trasparenza a lungo termine.
(Adnkronos) - “Sostenibilità sociale vuol prendersi carico della felicità delle persone, far sì che ognuno possa fiorire secondo la propria natura con pari opportunità. È fra gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu. Dal prossimo anno, circa 7.800 aziende italiane dovranno inserire indicatori sociali nel bilancio di sostenibilità. Tuttavia, a differenza di quanto accade per la sostenibilità ambientale, in quest’ambito c’è un ritardo di mezzo secolo in termini di parametri, certificazioni e requisiti". Lo ha detto Eugenia Romanelli, direttrice artistica della manifestazione, founder di rewriters.it e Ceo ReWorld, in occasione della quarta edizione del ReWriters fest, il festival europeo dedicato alla sostenibilità sociale che si è svolto a Roma presso l’Università La Sapienza. "Per queste ragioni, attraverso l’impresa sociale ReWorld, abbiamo trasformato il Manifesto Etico di Sostenibilità Sociale, che dà origine al ReWriters Fest, e alla testata di Advocacy Journalist, in un rating definito da Sapienza Università di Roma e ottimizzato da Aecom Strategic Consulting. Con il ReWriters Fest, da un lato cerchiamo di aiutare le organizzazioni a misurarsi, posizionarsi e raccontarsi sulla sostenibilità sociale, e dall’altro parliamo alla società civile, alla comunità accademica, alle imprese, alle istituzioni, di temi tanto attuali quanto divisivi, come ad esempio la violenza sulle donne, il body shaming o l’etica delle nuove tecnologie. Problematiche universali che riguardano il mondo che lasceremo a chi verrà dopo di noi”, conclude la direttrice artistica del ReWriters Fest.