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(Adnkronos) - L’alta gioielleria è sempre in evoluzione e Vicenzaoro September è la tappa obbligata per scoprire come materia e forma del gioiello parlino linguaggi contemporanei. Dal 5 al 9 settembre, nel quartiere fieristico della città veneta, il salone di Italian Exhibition Group, ancora una volta sold-out, mostrerà come i classici dell’arte orafa sappiano rinnovarsi nelle collezioni di Maria De Toni e i pavé di diamanti firmati Palmiero prendano le forme della natura. Oppure come titanio e diamanti diano forma a gioielli statement senza peso nelle creazioni di Giovanni Ferraris; quali vertici possa raggiungere la lavorazione minuziosa del corallo o i cammei che rompono con la tradizione, con il tocco di De Simone Fratelli. E ancora: la capacità di reinventare la perla in chiave contemporanea di Yana Nesper; il glamour italiano che si rinnova in volumi e tagli audaci nelle collezioni Marina B; pietre e madreperla su materiali innovativi come la fibra di carbonio disegnati da Maison J'OR. Creazioni che uniscono arte, cultura e sperimentazione, per dare nuove risposte al mercato d’alta gamma e nuove emozioni a chi le indosserà. Nella proposta di Ieg, l’alto di gamma emerge in tutta la creatività, sfumature e capacità di innovare con cui i grandi brand italiani e internazionali realizzano oggi il gioiello. Il made in Italy sarà rappresentato da Roberto Coin con l’eleganza intramontabile delle sue collezioni, Damiani con la maestria orafa e il design raffinato che ne definiscono lo stile distintivo, Crivelli con gli eleganti ricami di pietre delle sue ultime creazioni, Fope con le sue creazioni minimal ma ricercate, lussuose e confortevoli al tempo stesso, Roberto Demeglio e l’evoluzione tecnica e la versatilità che lo contraddistingue. Immancabili le maison, Annamaria Cammilli e la riconoscibile tridimensionalità e sinuosità delle sue creazioni, Leo Pizzo e la personale visione e rappresentazione della natura e dell’arte, Nanis con la sua gioielleria che riprende la sinuosità e l'equilibrata 'rotondità' della natura e infine Serafino Consoli e il carattere trasformativo delle sue produzioni esclusive. Identità culturale e tanta innovazione anche per le maison di alta gioielleria europee e internazionali presenti a Vicenzaoro September come le tedesche Schreiner Fine Jewellery e Diamond Group, le britanniche Fabergé e Yoko London. E ancora: la greca Etho Maria e la spagnola Carrera Y Carrera. Fuori dall’Europa, troviamo invece la casa australiana Autore. Tra le new entry dell’edizione di settembre di Vicenzaoro: Piranesi brand milanese con sede a New York e il ritorno di Recarlo; le francesi Morganne Bello, Statement Paris e D1928. Nella community 'Icon', The Design Room è lo spazio dedicato ai designer di alta gioielleria che reinterpretano il gioiello con creazioni uniche ed esclusive. Tra i talenti più attesi: Alessio Boschi e le sue creazioni che mescolano cultura, storia e architettura, Mike Joseph e il design leggero delle forme geometriche tempestate di diamanti, Antonini Milano per gli amanti delle linee pure ma strutturate, e infine Karen Suen che fa dialogare glam e tradizione della gioielleria classica. Lo stesso Boschi e Alessia Crivelli sono i mentori del progetto 'The 8', voluto da Ieg per valorizzare i nuovi talenti italiani e internazionali della gioielleria. I designer scelti per quest’anno provengono da istituti come Ied, Tads - Tarì Design School, e dal Master in Storia, Design e Marketing del Gioiello di Arezzo, sono Emma Calce, Lal Dal Monte, Enrico Valenza e 512 Lab, cioè Carolina Lazzaro e Cristiano Di Iorio. A conferma della sua vocazione di show dei trend, l’edizione settembrina del salone di Ieg vedrà il lancio in anteprima mondiale della nuova edizione del Trendbook 2027+, curato da Trendvision Jewellery + Forecasting, l’osservatorio indipendente sulla gioielleria contemporanea di Ieg. Sempre nel quartiere fieristico di Vicenza, in concomitanza con Vicenzaoro si tiene VO Vintage, il marketplace aperto al pubblico dedicato all’orologeria e alla gioielleria vintage di pregio.
(Adnkronos) - ''Il ritiro degli emendamenti al decreto legge infrastrutture, che puntavano a introdurre la revisione ordinaria obbligatoria dei prezzi e regole più uniformi negli appalti di servizi e forniture, è una scelta che condanna al fallimento decine di aziende, con il conseguente rischio di perdita di migliaia di posti di lavoro, e minaccia la tenuta di settori cruciali per il funzionamento quotidiano del Paese''. È la denuncia della Consulta dei servizi, che riunisce 19 associazioni nazionali e 4 filiere, a seguito del ritiro delle proposte di modifica, nelle commissioni Ambiente e Trasporti della Camera, ritenuti ''essenziali per garantire equità e continuità negli appalti pubblici''. ''Il settore dei servizi fatica a sostenere contratti pubblici che non riconoscono l’impatto reale dell’inflazione e dell’aumento dei costi'', spiega la Consulta dei servizi. La soglia del 5% per l’attivazione della revisione prezzi, abbassata correttamente al 3% per i lavori pubblici, ''è stata dimostrata come inefficace''. Inoltre, ''l’assenza di norme certe sulla revisione prezzi, per contratti pluriennali della durata di almeno 5 anni, in un comparto ad alta intensità di manodopera dove il costo del lavoro pesa in modo decisivo, ha un effetto diretto sulle politiche salariali''. ''Senza una revisione dei contratti in essere con la pubblica amministrazione, che tenga conto degli aumenti previsti dai rinnovi dei ccnl, si rischiano ricadute sul fronte occupazionale: o le imprese non saranno in grado di onorare gli appalti vinti e partecipare ai nuovi, o saranno costrette a ridurre drasticamente i costi, con effetti sulla qualità dei servizi e sulla dignità del lavoro'', spiega la Consulta dei servizi. ''Parlamento e Governo devono porre la giusta attenzione alle conseguenze che deriveranno dal vigente quadro normativo, che mette a rischio la tenuta economica e sociale di servizi pubblici essenziali, dalla ristorazione scolastica e ospedaliera alla vigilanza, dai servizi ambientali al welfare, dai quali dipende, per lo svolgimento di attività quotidiane di milioni di cittadini, la funzionalità stessa del Paese'', osserva la Consulta dei servizi. Si tratta di un settore che, spiega l'organismo, ''significa oggi 70 miliardi di euro, impiega un milione di persone ed è parte integrante della coesione sociale e del benessere dei cittadini. Ravvisiamo segnali allarmanti: si continua a chiedere ai servizi essenziali uno sforzo non più sostenibile, anche a costo di comprometterne la tenuta. Le ricadute sarebbero gravissime: riduzione della qualità dei servizi, perdita di posti di lavoro e chiusura di imprese qualificate''. ''Intendiamo proseguire con determinazione le nostre azioni di confronto attraverso l’interlocuzione istituzionale e pubblica'', assicura la Consulta. ''Ci rivolgiamo a Governo e Parlamento per richiamare l’attenzione sull’evidenza che, ogni giorno che passa senza una norma strutturale per la revisione dei prezzi, si consuma un danno economico e sociale. L’intera rappresentanza del comparto proseguirà nel portare in tutte le sedi istituzionali i rischi concreti che corre il sistema-sicurezza del Paese''. La Consulta auspica che il confronto con il Governo ''consenta di provvedere a correttivi non più rinviabili e costruire un quadro strutturale equo e sostenibile, capace di riconoscere il valore strategico dei servizi pubblici''.
(Adnkronos) - L’88% degli italiani ritiene importante integrare fonti rinnovabili nei propri sistemi di riscaldamento domestico. Un dato che conferma la crescente attenzione verso tecnologie capaci di coniugare rispetto ambientale, risparmio e comfort abitativo. Sono i dati della recente indagine Bva Doxa per Ariston, condotta su un campione rappresentativo di cittadini italiani tra i 25 e i 64 anni; analizzando le percezioni e le preferenze degli italiani riguardo agli impianti di riscaldamento. Secondo lo studio, in particolare, il 58% degli intervistati individua nelle pompe di calore e nei sistemi ibridi le soluzioni ideali, in sostituzione delle caldaie tradizionali, mentre il 68% identifica l’efficienza energetica come il criterio principale nella scelta di un nuovo impianto. Ulteriormente, il 37% si orienta verso i sistemi ibridi, apprezzandone la versatilità, mentre un aggiuntivo 21% predilige pompe di calore autonome. Scelte che dimostrano come il tema della sostenibilità sia ormai radicato nella nostra quotidianità, anche grazie a una forte fiducia nella tecnologia: l’86% reputa questi impianti affidabili, e il 77% è convinto che garantiscano un comfort superiore rispetto ai sistemi convenzionali. Ma l’interesse non si ferma al solo aspetto ambientale. L’innovazione è sempre più vista come un’opportunità di valorizzazione economica del proprio immobile: l’85% del campione riconosce che l’adozione di un impianto innovativo può accrescere il valore della casa. Un investimento consapevole, dunque, che riflette una nuova sensibilità verso l’efficienza energetica come leva concreta di risparmio e miglioramento della qualità della vita. Tuttavia, permangono alcune barriere: il costo iniziale elevato è percepito come ostacolo dal 66% degli italiani, seguito dalla difficoltà di installazione (32%) e dalla scarsa conoscenza degli incentivi disponibili (30%).