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(Adnkronos) - Elon Musk si prepara a entrare in campo nell'amministrazione di Donald Trump. Il magnate, che guiderà il Dipartimento per l'Efficienza Governativa (Doge), si prepara a tagliare la burocrazia e mette nero su bianco gli 'obiettivi' pubblicando su X i nomi ed i titoli di funzionari federali che intende licenziare. In particolare quelli di quattro donne, che hanno incarichi relativi al clima e che si sono trovate nella sgradevole posizioni di essere i target dell'uomo più ricco del mondo e dei suoi milioni di follower. I due post con i nomi hanno avuto decine di milioni di visualizzazioni e le funzionarie hanno ricevuto un'enorme attenzione negativa, tanto che almeno una ha cancellato tutti i suoi account sui social media. "Queste tattiche sono mirate a seminare terrore e paura tra i dipendenti federali, si vuole intimidirli in modo che abbiano paura di far sentire la loro voce", ha dichiarato Everett Kelley, presidente dell'American federation of goverment employess che rappresenta 800mila dei 2,3 milioni di dipendenti federali, un numero che Musk e l'altro miliardario, Vivek Ramaswamy, che guideranno il Doge minacciano di sforbiciare drasticamente. "Non penso che i contribuenti americani debbano pagare per un incarico di 'direttore della diversificazione climatica (she/her) presso la Us International Finance Corporation'", recitava uno dei post con lo screenshot del nome e location della funzionaria. Il post ha avuto decine di milioni di visualizzazioni, e una marea di commenti negativi, tipo "incarico frode". La funzionaria è scomparsa dai social media. Musk e Vivek Ramaswamy, scelti per la guida del Dipartimento per l'Efficienza Governativa (Doge) nella prossima amministrazione di Trump, stanno intervistando a Washington e Mar-a-Lago candidati e chiedendo consigli agli esperti di Washington e della Silicon Valley, per mettere in pratica i tagli drastici e ambiziosi al governo federale da loro promessi. In un articolo del Wall Street Journal, il ceo di X e Tesla e l'ex candidato repubblicano Ramaswamy hanno delineato la loro visione dell'uso dei poteri esecutivi e del sistema legale per imporre tagli alle normative, alle spese e al personale federale - un piano che si aspettano verrà contestato nei tribunali. Nel loro articolo, Musk e Ramaswamy hanno dichiarato che intendono chiedere a Trump di rimuovere “migliaia” di regolamentazioni governative, 'sventrare' la forza lavoro federale e tagliare centinaia di miliardi di dollari di spesa federale, con o senza il consenso del Congresso. Tuttavia, anche senza raggiungere i numeri paventati dai leader del Doge, esperti di bilancio temono che lo sforzo possa rivelarsi estremamente dannoso per i lavoratori e le imprese che si affidano alla certezza delle normative e delle spese federali. Richard J. Pierce, professore di diritto amministrativo alla George Washington University , ha dichiarato che l'articolo del Wsj dimostra che Musk e Ramaswamy sono “completamente ignoranti” delle realtà della legge federale, che impone procedure rigorose per l'abrogazione dei regolamenti esistenti. Per esempio, Trump ha precedentemente dichiarato che il lavoro del gruppo sarà completato entro il 4 luglio 2026, ma 'sbarazzarsi' di una singola regola federale richiede in genere due o tre anni, ha ricordato Pierce. Al Doge si dicono pronti ad affrontare ogni tipo di ostacolo - legale, tecnico e amministrativo - e stanno intervistando candidati con esperienza in ciascuno dei settori. Durante la campagna elettorale, Musk aveva parlato di tagliare la spesa di 2.000 miliardi di dollari, ma non è chiaro se intenda tagliare tale importo in un solo anno - un obiettivo che sarebbe virtualmente impossibile senza toccare programmi popolari come Medicare e Social Security - o in un periodo più lungo. L'anno scorso, la spesa federale totale ammontava a quasi 7.000 miliardi di dollari. Anche se i tagli fossero effettuati nell'arco di un decennio, sarebbero difficilmente conciliabili con le promesse fatte da Trump in campagna elettorale di preservare Social Security e Medicare. Nel loro articolo, Musk e Ramaswamy sono sembrati ottimisti che la Corte Suprema non rappresenterà un ostacolo insormontabile al loro lavoro. Ma per Pierce sarebbe "scioccante" se la Corte appoggiasse pienamente le loro teorie. “Non c'è nulla nello statuto che si avvicini ad autorizzare ciò che vogliono fare, e non c'è alcun permesso nella Costituzione - ha detto Pierce - Non riesco nemmeno a immaginare quale potrebbe essere l'argomentazione oltre a: 'Cavolo, ci sono un sacco di regolamenti e vogliamo liberarcene'”. Per i critici, l'impatto più immediato del piano del Doge potrebbe essere quello di demoralizzare la forza lavoro federale e aumentare il tasso di licenziamento - col risultato di ostacolare funzioni governative critiche come l'approvazione dei permessi per le imprese. Oltre a tagliare i regolamenti, i leader del Doge si sono detti desiderosi di ridurre il libro paga federale, anche esortando i dipendenti che lavorano a distanza a tornare in ufficio. Nelle sue Tesla e X, Musk ha assunto un atteggiamento severo nei confronti dei dipendenti che non volevano rispettare la politica aziendale di rientro 'in presenza', e ha accolto con favore le loro dimissioni. È probabile che il magnate chiami al Doge il dirigente di private equity Antonio Gracias e il presidente della Boring Company Steve Davis - le stesse persone che lo avevano aiutato a implementare le politiche di riduzione dei costi e della forza lavoro nelle sue aziende.
(Adnkronos) - Individuare un nuovo equilibrio tributario e di welfare che non penalizzi il ceto medio fatto di manager, dirigenti e tutti quei lavoratori che superando i 35 mila euro di reddito (sono solo il 15% di tutti i contribuenti italiani) e si fanno carico del 63% di tutte le imposte; disegnare azioni che valorizzino il ruolo dei dirigenti come agenti di cambiamento e innovazione capaci di favorire la crescita economica e lo sviluppo d’impresa e identifichino il futuro della managerialità del Paese. Sono stati questi alcuni dei temi discussi nella giornata di ieri e nella mattinata di oggi dagli oltre 200 manager delegati intervenuti da tutta Italia a Milano, negli spazi dell’Hotel Enterprise in Corso Sempione per la 104°Assemblea Nazionale di Manageritalia. “La Legge di Bilancio ha tacitato i mercati ma fa poco per l’Italia produttiva. Non c’è niente per la crescita e si colpisce ancora di più il ceto medio, soprattutto quei cittadini, i soliti pochi e noti che pagano regolarmente tasse e contributi, che mantengono di fatto il welfare del Paese”, dice Marco Ballarè, Presidente di Manageritalia, che prosegue: “Il tetto alle detrazioni fiscali è un modo elusivo per aumentare le tasse a chi sopra i 70mila euro lordi l’anno già è escluso dalle varie agevolazioni che peraltro finanzia. Manager e alte professionalità sono, per ruolo e competenze, determinanti per tornare a crescere cogliendo appieno le opportunità della trasformazione digitale e del lavoro nel sentiero di una vera sostenibilità, ma questa manovra non solo ci ignora, ma anche ci punisce". Nella sua parte pubblica, di questa mattina, l’Assemblea di Manageritalia ha ospitato l’intervento di Alberto Brambilla, Presidente di Itinerari Previdenziali sul tema 'Il difficile finanziamento del welfare e lo squilibrio fiscale'. Dai dati presentati si evince come 17 milioni di contribuenti, oltre il 40% del totale, dichiarano di guadagnare meno di 15mila euro l'anno e pagano solo 11% dell'Irpef complessiva. Coloro che invece dichiarano redditi dai 35mila euro in su sono 6,4 milioni, il 15,27% del totale, e pagano il 64% dell'imposta totale. In sostanza redditi che superano la sogna fatica dei 35mila garantiscono la tenuta del sistema di protezione sociale italiano e delineano un paese diviso in due tra chi paga e chi viene mantenuto. Una polarizzazione e una dicotomia che si rispecchia anche a livello geografico con le regioni del Nord che contribuiscono per il 57,2%, quelle del Centro con il 21,8% e il Sud con il 20,9% del totale dell’Irpef. Percentuali analoghe anche per quanto concerne l’Iva versata con il 64,3% per il Nord, 24% per il Centro e solo 10,4 per Sud. Il confronto con altre nazioni è impietoso e fa emergere come l’aliquota marginale che in Italia parte da 50mila euro ed è pari al 43%, in altre Paesi scatti a livelli di reddito ben più alti: in Francia 82mila euro con aliquota al 41% e in Germania a 63mila euro e un’aliquota al 42% A causa di questo, nel 2024 un lavorare con un reddito imponibile di 100mila euro paga solo di Irpef erariale 35.900 euro in Italia, rispetto ai 25.949 euro in Francia e ai 23.124 in Germania. “Con questi numeri e percentuali, che vedono il 40% dei contribuenti mantenere il restante 60% il sistema non regge nel lungo periodo, con una evidente diminuzione dei servizi a disposizione della collettività e un aumento esponenziale del debito pubblico”, commenta Brambilla. Per il Presidente Centro Studi Itinerari Previdenziali intervenendo nel corso dell’assemblea, “bisogna intervenire con una decisa azione sinergica da parte di tutti i partiti per risolvere il grande problema fiscale del nostro Paese. Attuare un vero regime a tassazione continua sul modello tedesco superando il nostro a scaglioni che penalizza la classe media con redditi dai 50mila in su. Va anche superato il sistema dei bonus e delle agevolazioni basate sull’ISEE che certo non fotografa il reale profilo fiscale del cittadino. Oltre a rimodulare l’intero sistema detrazioni”. In questo scenario fortemente sbilanciato, sia al livello nazionale che internazionale, interventi come la “pace fiscale” o la “Flat tax” possono rappresentare un motore di produzione di sommerso, di lavoro nero e quindi di evasione con il solo risultato di acuire le disparità tra chi contribuisce alla crescita del paese e chi no, anteponendo il proprio interesse a quello collettivo. I numeri evidenziano come nel lungo periodo, considerando anche l’inverno demografico che stiamo vivendo e l’invecchiamento della popolazione italiana, rendono l’intero sistema insostenibile con evidenti ricadute sulla competitività del Paese e delle imprese. Contrastare l’evasione fiscale non può però essere sufficiente se non si migliorano anche produttività e mercato del lavoro di un Paese che, pur incrementando mese dopo mese il proprio tasso di occupazione, resta fanalino di coda in Europa per tutti i principali indicatori occupazionali. L’Italia come emerso dall’assemblea deve crescere per guardare al futuro con fiducia e in questo i manager hanno un ruolo determinante. La giornata di venerdì 22 è stata invece dedicata alle presentazioni dei fondi, enti e società del sistema Manageritalia per poi proseguire con relazione del Presidente Ballaré, che ha ribadito il ruolo preminente del terziario affinché questi abbia finalmente il giusto riconoscimento nelle policy e nelle azioni di Governo oltre a rivalutare il ruolo strategico della figura del manager e delle sue competenze quale risorsa essenziale per la crescita delle imprese, e dell’intero sistema Paese in un momento di forte cambiamento dovuto alle transizioni tecnologiche e ambientali. Ha inoltre anticipato il programma che guiderà l’azione di Manageritalia nei prossimi quattro anni: una maggiore valorizzazione dei territori, un nuovo patto sociale basato su lavoro, welfare ed equità, crescita sostenibile ed economia dei servizi e infine una più incisiva rappresentanza e governance.
(Adnkronos) - Orizzonti temporali di breve, medio e lungo termine, con diversi scenari da qui al 2050, per la diffusione dell’idrogeno rinnovabile e a bassa emissione carbonica: così è delineata la Strategia Nazionale dell’Idrogeno, realizzata dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e presentata nella sede del Gse a Roma. “L’idrogeno è una delle soluzioni fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, che abbiamo chiaramente delineato nel Pniec e devono portarci al 'Net Zero' al 2050. La nostra Strategia si articola su diversi scenari, sapendo che l’affermazione del vettore idrogeno dipenderà da molteplici e trasversali tematiche. Oggi il governo - spiega il ministro Gilberto Pichetto - vuole dunque condividere con imprese e industrie una visione su un settore che già può contare su risorse complessive superiori ai 6 miliardi, ma che ha ancora bisogno di sviluppare un mercato solido e va dunque accompagnato con nuovi strumenti, insieme a una forte coesione inter-istituzionale”. La Strategia nazionale - spiega il Mase - si articola attraverso una matrice che vede tre possibili scenari sviluppati su un orizzonte temporale di lungo periodo. La strategia stima una 'domanda nazionale' tra 6 e 12 Mtep con una corrispondente necessità di elettrolizzatori variabile da alcuni GW fino ad alcune decine di GW a seconda delle condizioni di contesto. Nel testo è chiarito che per decarbonizzare i consumi servirà la combinazione di diverse fonti, tra cui l’aumento della produzione da rinnovabili, lo sviluppo della 'Carbon Capture Storage', di biofuel, biometano e, non ultimo, dell’idrogeno, anche eventualmente affiancato dalla ripresa della produzione nucleare. Solo così, è spiegato, si potrà soddisfare la domanda a fronte di fonti non programmabili e intermittenti, con la capacità di trasportare grandi quantità di energia su lunghe distanze e a costi competitivi. Se dunque, si legge nel testo, nei prossimi decenni ogni alternativa troverà uno spazio applicativo, sono indicati come le variabili che incidono sull’idrogeno la decarbonizzazione degli usi finali (trasporto pesante, settore marittimo e aereo), l'integrazione del sistema energetico, la realizzazione di una filiera forte e competitiva. Altri aspetti da considerare sono l’aumento della sicurezza negli approvvigionamenti di energia e il relativo contributo dell’idrogeno, la realizzazione dell’obiettivo 'Italia hub energetico nel Mediterraneo', su cui molto incide l’attività di cooperazione, un sistema di certificazione che assicuri di non rilocalizzare le emissioni ma di contribuire concretamente alla loro riduzione, come anche lo sviluppo di ricerca e innovazione che possano creare nuovi prodotti e componenti. “Nel medio e lungo periodo - viene spiegato nella Strategia - lo sviluppo di una produzione ‘large scale’ e di una infrastruttura dedicata permetterà di abbattere i costi di produzione”, e altrettanto “una logistica su gomma di idrogeno gassoso e liquido potrà essere di supporto nel medio periodo”. Viene citato nel documento il progetto 'Southern Hydrogen Corridor', di cui la dorsale italiana è parte integrante, che “renderà l’Italia un hub europeo dell’idrogeno, favorendo i flussi di importazione”.