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(Adnkronos) - "Sono stati giorni non facili perché perdere una partita come l'abbiamo persa non è facile". Thiago Motta e la Juventus provano a ripartire dopo la sconfitta contro l'Empoli nei quarti di finale di Coppa Italia. "Allo stesso tempo il nostro dovere, il nostro lavoro è quello di pensare alla prossima partita e prepararci, allenarci, ed essere pronti ad affrontare la prossima avversaria al massimo. Il nostro avversario domani è il Verona sarà complicato però allo stesso tempo abbiamo una grande energia e una grande voglia di trasformare questa nostra arrabbiatura e dimostrare domani, in campo, di essere superiori all’avversario e di fare tre punti", dice alla vigilia della sfida con il Verona. La Juve può approfittare dei pareggi in vetta delle prime tre e accorciare in classifica. "Siamo sempre scesi in campo per vincere, in questo momento ancora di più e in ogni partita scenderemo in campo per dare il nostro massimo. La nostra ambizione è di sommare 3 più 3 per arrivare al nostro obiettivo. Dobbiamo mettere tutta la nostra energia per fare una grande partita tecnica, fisica e di carattere per vincere", prosegue Motta. "I giocatori hanno provato vergogna dopo Empoli? C'è una grandissima delusione da parte di tutti. Ero arrabbiato dopo questa partita perchè voglio molto bene ai miei giocatori e perchè li conosco. Se sento la fiducia di società e giocatori? Sì", aggiunge Thiago Motta.
(Adnkronos) - "Non si sa ancora se il caffè sarà una delle categorie merceologiche su cui i dazi verranno imposti, però è ovvio che noi abbiamo iniziato a pensare e già da diverse settimane, visto che il Presidente Trump aveva già annunciato questa sua intenzione in passato, a valutare la possibilità di produrre anche negli Stati Uniti, ovviamente esclusivamente per il mercato americano e questo per ridurre l'impatto di eventuali dazi su produzioni europee, come appunto la nostra. Ovviamente questa valutazione è in corso, vedremo nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, non è una decisione che si prende su due piedi". Così, in un'intervista con Adnkronos/Labitalia, Cristina Scocchia, ad di illycaffè, sull'annuncio da parte del presidente Trump di dazi al 25% sui prodotti europei in entrata negli stati Uniti. Scocchia ricorda che attualmente illycaffè "importa il caffè verde, la materia prima, da nove Paesi equatoriali, che vanno dal Brasile a Costa Rica, dal Guatemala alla Colombia fino all'Etiopia, fino all'India". "Tutto il caffè verde arriva in Italia, a Trieste. E solo a Trieste noi tostiamo il caffè e lo trasformiamo in barattoli da 250 grammi piuttosto che in barattoli da tre chili o da cinque chili per il nostro canale Horeca. Quindi noi siamo pienamente 'made in Italy', importiamo la materia prima a Trieste, e da qui esportiamo in 140 Paesi del mondo quello che è il prodotto finito", sottolinea. E l'ad sottolinea che "l'export verso gli Usa ad oggi per noi pesa il 20%. Abbiamo l'Italia che rimane il primo Paese col 30% circa del fatturato, il secondo Paese sono gli Stati Uniti, quindi per noi è molto importante, pesa un quinto dell'azienda". Illycaffè resta made in Italy Per illycaffè Trieste è e resta il fulcro dell'azienda. "A Trieste abbiamo non solo il cuore, abbiamo le origini, abbiamo il Dna e tutta la produzione. In questo momento di tempesta perfetta, abbiamo avuto comunque il coraggio di confermare 120 milioni di investimenti a Trieste, che non sono pochi. Pochi mesi fa abbiamo aperto il cantiere per costruire una nuova tosteria, vogliamo raddoppiare la capacità produttiva. Non siamo andati a cercare paesi esteri dove costa di meno la manodopera o altro, siamo rimasti fieramente italiani e quindi io credo che questo per noi sia veramente un fattore distintivo". "Per l'aumento della capacità produttiva abbiamo già assunto un'ottantina di persone, ma appunto siamo solo all'inizio e il bello devono ancora venire", sottolinea. Sui dazi serve una risposta europea Tornando ai dazi Usa per Scocchia "al di là della risposta che può dare la singola azienda, cioè capire se può o non può andare a produrre parte dei propri prodotti sul territorio americano, quello che sarebbe importante in questo momento è elevare lo sguardo e chiedersi cosa potrebbe fare l'Europa per proteggere le aziende europee. E' il momento di intervenire, le aziende non possono andare in ordine sparso a tutelare la propria competitività, la propria possibilità di esportare da sole. Ci vuole appunto una negoziazione a livello europeo", sottolinea. Secondo Scocchia, "il problema vero è che in questo momento è difficile per l'Europa ovviamente negoziare con gli Stati Uniti, perché l'Europa si trova in una situazione di fragilità economica e di grande dipendenza dall'export". "La crescita negli ultimi anni in Europa è stata molto contenuta, si può dire che l'economia sia stata stagnante. Questo non è mai un punto di forza e in più il 55% del nostro prodotto interno lordo dipende dalle esportazioni e questo ci rende molto vulnerabili, molto fragili. Se noi guardiamo la Cina solo il 37% del Pil cinese è export e se guardiamo gli Stati Uniti addirittura il 25%. Quindi loro sono molto forti come crescita interna, il che dà loro una autonomia e quindi una forza negoziale decisamente diversa dalla nostra", sottolinea. "Posto quindi che l'Europa è in una situazione di fragilità, comunque -sottolinea Scocchia- questo è il momento di intervenire. L'Europa si è sempre costituita e rafforzata nei momenti di crisi, questo è decisamente un momento di crisi, e quindi è un momento in cui ci si aspetta che l'Europa si rafforzi e faccia la sua parte. Perché avvenga, però, è necessario -chiede la manager- che l'Europa innanzitutto acceleri sul processo di integrazione, acceleri sulla messa a fattore comune di ingenti risorse che poi vanno allocate sulle priorità strategiche. In questo momento le priorità strategiche devono essere l'autosufficienza energetica, la difesa comune e gli investimenti in tecnologia. E poi serve un piano industriale, un industrial deal che in Europa non c'è mai stato, perché questo è il momento di proteggere sia l'innovazione, quindi le aziende di tecnologia, sia le aziende tradizionali come noi", aggiunge. La tempesta perfetta sul mercato del caffè "Per il mercato del caffè -spiega Scocchia- siamo in una situazione di tempesta perfetta, mancavano solo i dazi di Trump, che ha appena annunciato. Perché siamo in una situazione di tempesta perfetta? Perché il costo della materia prima, che è il cosiddetto caffè verde, è rimasto stabile a 100-130 centesimi per libra per 6 anni, tra il 2015 e il 2021. Dopodiché è raddoppiato in soli due anni, arrivando l'anno scorso a 250 centesimi per libra. Quindi se si passa da 100-130 a 250 è ovviamente un bel salto. Quando noi speravamo, noi tutti nel settore del caffè, che iniziasse la discesa da questo picco di 250, in realtà quella che è iniziata è una vera e propria accelerazione, che ha portato il caffè verde a 430 centesimi per libra proprio poche settimane fa. E poche settimane fa è stato raggiunto questo record storico, che non si vedeva da oltre 70 anni, di 430 centesimi per libra", sottolinea. Secondo Scocchia, le ragioni di questa situazione sul mercato del caffè sono diverse. "Ce n'è una più strategica, di lungo termine, che è -spiega- il cambiamento climatico. Ovviamente, negli ultimi anni ci sono stati dei fenomeni meteo avversi, piogge torrenziali, siccità, che si sono alternate in Brasile e in Vietnam, che sono i primi due paesi al mondo a livello di produzione. Però, al di là dei fenomeni climatici che hanno ovviamente ridotto l'offerta e di conseguenza hanno fatto alzare il prezzo, è arrivato anche il problema del canale di Suez, che per diversi mesi non è stato possibile attraversare e questo ha comportato i 20 giorni in più di circumnavigazione dell'Africa. Ma ultimo, e non ultimo, sono arrivate le speculazioni. Perché? Perché il caffè verde è una soft commodity e le speculazioni sulle soft commodities sono state fortissime", aggiunge ancora. Il ruolo delle speculazioni "A dire il vero, se guardiamo proprio gli ultimi mesi, è la speculazione -sottolinea Scocchia- che tiene alto il prezzo del caffè verde, la nostra materia prima, non l'economia reale. Perché? Perché se è vero, come è vero, che negli ultimi anni i fenomeni meteo avversi ci sono stati, è altrettanto vero che negli ultimi mesi non si sono verificati. Sì, in Brasile in queste settimane piove un po' meno della media storica, ma nulla di drammatico, nulla che possa far pensare che il raccolto abbia un livello qualitativo e quantitativo inferiore alle attese. Quindi, non ci sono fenomeni meteo drammatici, il canale di Suez è in via di risoluzione, le navi nelle ultime settimane hanno reiniziato ad attraversarlo, eppure il prezzo, invece che tornare basso, rimane intorno ai 370 centesimi per libra. Questo perché le speculazioni, quindi la finanza, la sta facendo da padrona rispetto all'economia reale", ribadisce la manager. Tazzina al bar a 1,20-1,50 euro, crescerà ancora "Negli ultimi tre anni -spiega Scocchia- il prezzo della tazzina di caffè al bar è aumentato del 15%, a cui vanno aggiunti gli ulteriori incrementi degli ultimi due mesi che non sono ricompresi. Dal nostro osservatorio, possiamo dire che la media nazionale è tra 1,20 e 1,50 euro per tazzina, a seconda che lo si consumi a Nord o a Sud, in una città grande rispetto a città di provincia, però la media è tra 1,20 e 1,50 euro. E onestamente tutte le indicazioni che abbiamo ci parlano di un aumento che potrebbe essere intorno al 15% ulteriore nei prossimi mesi, proprio perché, se il costo caffè verde materia prima rimane così alto, è evidente che le aziende non abbiano scelta e debbano riversare a valle una parte di questo aumento della materia prima". Ottimismo su economia italiana, bene 'primus inter pares' con Usa "Così come in questo momento non sono molto ottimista sull'Europa, perché l'economia stagnante è una grande debolezza così come lo è il fatto che la maggior parte del Pil arriva dalla domanda estera e non da quella interna, al contrario sono ottimista -spiega Scocchia- per quanto riguarda l'economia italiana. Innanzitutto, abbiamo chiuso il 2023 con un +0,7%, il 2024 si stima sia stato chiuso con un +0,5%, quindi è vero che sono 'zero virgola', però ci stiamo comportando molto meglio di Paesi vicini; in più negli ultimi due anni è cresciuta l'occupazione di 830mila persone, la disoccupazione si è ridotta di mezzo milione, il tasso di disoccupazione è al 4% ai minimi storici. In più abbiamo acquisito di recente una posizione di 'primus inter pares' nei rapporti con gli Stati Uniti e questo, va ammesso, è un bel vantaggio competitivo. Finalmente possiamo giocarci le nostre carte come Italia". Secondo Scocchia, "ci sono tanti segnali positivi sull'economia italiana che ci fanno ben sperare, ci fanno capire che è vero che la strada è ancora lunga, però stiamo recuperando negli ultimi due anni le posizioni perse in passato". "Questo è rassicurante per un'azienda appunto fieramente italiana come siamo noi", aggiunge. E sull'intervento del governo sulle bollette energetiche conclude: "E' incoraggiante vedere che ci sia attenzione a problematiche quali il caro energia, perché è ovvio che quando parliamo di competizione globale vuol dire che le nostre aziende si confrontano con aziende americane che hanno appunto un mercato di sbocco più ampio, meno regolamentazione, un costo della bolletta inferiore, hanno supporti che in Europa non abbiamo. Quindi, questa attenzione ulteriore è un segnale positivo", conclude. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano. In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine. Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche. Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri. Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.