ENTRA NEL NETWORK |
ENTRA NEL NETWORK |
(Adnkronos) - La cataratta - che si manifesta con una diminuzione della vista e la difficoltà di riconoscere i volti, specie dopo i 70 e 80 anni, a causa della progressiva opacizzazione del cristallino, la lente naturale dell'occhio - non è collegata solo all'invecchiamento. "La cataratta può essere causata anche da traumi, terapie farmacologiche o altre patologie oculari. Oggi, però, l'approccio è cambiato: non parliamo più solo di chirurgia della cataratta, ma di chirurgia del cristallino", spiega Vittorio Picardo, specialista in oftalmologia, nel terzo episodio del vodcast 'Guardiamoci negli occhi', una serie dell'Oculista Italiano realizzata da Adnkronos, pubblicato oggi e disponibile nella sezione podcast di Adnkronos.com e su l'oculistaitaliano.it. con il titolo 'Cataratta, perché oggi vedere bene è più facile'. Si tratta di un cambio di paradigma importante, anche grazie alle innovazioni tecnologiche. "Un tempo si aspettava che la cataratta fosse molto avanzata prima di intervenire - illustra Picardo - Oggi invece, grazie a strumenti sempre più sofisticati e materiali innovativi, possiamo operare prima, migliorando la qualità della visione e della vita". Le lenti intraoculari, nate dopo la seconda guerra mondiale, hanno fatto passi da gigante. "Sono nate quasi per caso, osservando che i frammenti delle cupole degli aerei militari non causavano rigetto una volta penetrati nell'occhio - ricorda l'esperto - Da lì la visione geniale del chirurgo Ridley che pensò di sostituire il cristallino umano con un materiale simile". A raccontare l'evoluzione delle lenti è Vincenzo Orfeo, responsabile dell'Unità operativa di Oculistica della Clinica Mediterranea di Napoli: "Negli ultimi vent'anni abbiamo fatto enormi progressi. Oggi ci sono lenti di nuova generazione, come le Edof, che permettono una visione continua da lontano e a distanze intermedie, ideali per l'uso del computer. E in molti casi, i pazienti riescono anche a leggere senza occhiali". La chirurgia è quindi sempre più "su misura" e non si limita a restituire la vista, ma punta a rispondere alle esigenze di ciascun paziente. "Possiamo intervenire anche prima che la cataratta sia avanzata - precisa Orfeo - Già dai 50-60 anni, quando il cristallino diventa disfunzionale, possiamo sostituirlo con uno nuovo e multifunzionale". Ma la tecnologia non riguarda solo le lenti. "Oggi abbiamo diagnostica avanzata e sistemi robotici di altissima precisione - sottolinea Antonio Randazzo, chirurgo oftalmologo a Catania - Questo ci consente di selezionare meglio i candidati per le lenti 'premium' e prevedere con maggiore accuratezza i risultati post-operatori". La conoscenza è parte integrante del successo dell'intervento. "Il paziente di oggi è più informato, fa domande complesse e ha grandi aspettative - evidenzia Carmelo Chines, direttore della testata L'Oculista Italiano - Il nostro compito è creare un ponte tra l'innovazione e la comprensione, offrendo risposte personalizzate, concrete". Il ruolo del paziente, infatti, non finisce in sala operatoria. "La collaborazione dopo l'intervento è fondamentale - rimarca Picardo - L'uso corretto dei colliri, l'igiene, il rispetto delle indicazioni post-operatorie incidono molto sul risultato finale". E non è solo una questione visiva. "Riacquistare una vista limpida - suggerisce Chines - aiuta a prevenire cadute, riduce l'isolamento sociale e migliora la qualità della vita. Non parliamo solo di occhi, ma di benessere generale". La chirurgia della cataratta oggi è molto più che un intervento di routine: è un percorso personalizzato, altamente tecnologico e sempre più precoce. Con il giusto dialogo tra medico e paziente, anche un disturbo comune come questo può trasformarsi in un'occasione per ritrovare non solo la vista, ma anche una nuova vitalità, come racconta il nuovo episodio del vodcast di 'Guardiamoci negli occhi' dal titolo 'Cataratta, perché oggi vedere bene è più facile', online sulla sezione podcast di Adnkronos.com, sul canale YouTube di adnkronos.com e su l'oculistaitaliano.it.
(Adnkronos) - Secondo le ultime rilevazioni dell’Eurispes il lavoro nero è una realtà diffusa: al 40,5% dei lavoratori è successo almeno una volta di lavorare senza contratto. Accanto a questo dato un terzo dei lavoratori denuncia la mancanza di sicurezza sul lavoro. Il 33,8% dei lavoratori afferma di aver lavorato in condizioni di scarsa sicurezza come ambienti non a norma, lavoro rischioso, ecc. L’insicurezza sul lavoro è una realtà allarmane soprattutto nelle Isole (40%) e al Sud (39%). “In uno studio che risale al 2007 - sottolinea all’Adnkronos/Labitalia il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara - l’Eurispes aveva mappato gli incidenti occorsi sul lavoro e i dati restituivano uno scenario tale da poter parlare di più morti per lavoro che per una guerra. Infatti segnalavamo che dall’aprile del 2003 (anno di inizio della 2° Guerra del Golfo) all’aprile 2007 i militari della coalizione che hanno perso la vita durante le operazioni belliche erano stati 3.520. I morti sul lavoro in Italia dal 2003 all’ottobre del 2006 erano stati invece molti di più: 5.252”. “Ancora oggi - avverte - questo rapporto in termini numerici non sembra aver subito un miglioramento decisivo. Segno questo che resta molto da fare per garantire ai lavoratori la sicurezza necessaria nei luoghi nei quali il lavoro si svolge. In questo senso, il ruolo e la presenza dello Stato, anche attraverso aiuti alle imprese, è fondamentale”. “Nel 2024 stando ai dati Inail - spiega Eurispes - in Italia si sono verificati 1.090 infortuni mortali sul lavoro con un incremento del 4,7% rispetto al 2023; le denunce di infortuni sono state 589.571. Questi numeri devono essere messi a confronto con il numero di occupati che secondo l’Istat, a gennaio 2025, sono in Italia pari a 24 milioni 222mila unità. “Le disposizioni relative alla sicurezza sul posto di lavoro - spiega - sono numerose e molto dettagliate. Accanto alle leggi dello Stato esistono una serie di regolamenti e norme antinfortunistiche emanati dagli enti assicurativi competenti. Quest’ultime riguardano in particolar modo specifici settori economici e particolari professioni. Infine, vi sono una serie di disposizioni che regolamentano l’uso di strumenti, apparecchiature, particolari sostanze nel ciclo produttivo e l’impiego di determinate categorie di lavoratori. A fronte di una così dettagliata legislazione il numero di incidenti (1 ogni 41 lavoratori) e quello delle morti (1 ogni 22.222 addetti) rappresenta una vera e propria emergenza sociale”. “La quantità del numero di infortuni - prosegue Fara - potrebbe essere contenuta aumentando il numero e la qualità dei controlli e, allo stesso tempo, attuando una efficace politica di prevenzione che faccia leva su aspetti quali la formazione e lavorare su una maggiore comprensione dell’importanza del rispetto delle procedure. Questi accorgimenti non devono però riguardare solo il lavoratore, ma devono entrare a far parte delle pratiche messe in atto dall’impresa ed essere anche accolti e recepiti in maniera profonda dagli stessi datori di lavoro. E’ vero anche che il nostro tessuto imprenditoriale è quasi totalmente rappresentato da imprese di piccole e medie dimensioni, dove è forse più difficile introdurre la cultura della sicurezza, soprattutto quando questa rappresenta anche un fattore legato allo stato delle imprese. Pensiamo ad esempio a quelle realtà imprenditoriali che versano in uno stato di crisi, difficilmente investiranno nella tutela e nella sicurezza dei lavoratori poiché non avranno risorse da dedicarvi. E’ vero poi che gli incidenti avvengono in misura maggiore in particolari settori che sono considerati ‘a rischio’, come ad esempio l’edilizia o l’agricoltura. Possiamo dire inoltre che lavoro nero e infortuni sul lavoro sono due elementi che spesso si sovrappongono”.
(Adnkronos) - Gruppo Cap, la green utility che gestisce il servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano, rinnova il suo impegno per l’educazione ambientale e scientifica con due nuovi appuntamenti degli Open Day dedicati a scuole e cittadini. Il 7 maggio sarà protagonista il Centro Ricerche Salazzurra all’Idroscalo, mentre l’8 maggio sarà la volta del Depuratore di Bresso-Niguarda. Attraverso questi appuntamenti, la green utility lombarda promuove comportamenti sostenibili e un uso più consapevole dell’acqua. Grazie a dimostrazioni pratiche, laboratori e visite guidate, studenti e cittadini potranno conoscere da vicino il percorso dell’acqua, dalla captazione al trattamento, fino al riutilizzo. Un’occasione per avvicinarsi ai temi della tutela delle risorse naturali, della circolarità e dell’innovazione applicata agli impianti idrici. Il primo appuntamento in programma è per mercoledì 7 maggio, a partire dalle 9.30, presso il Centro Ricerche Salazzurra. Situato all'interno del parco Idroscalo a Milano, ospita i laboratori dell'acqua potabile di Cap, che ogni anno analizzano migliaia di campioni per garantire l'assoluta sicurezza dell’acqua di rubinetto. Non solo: Salazzurra è un polo di ricerca all’avanguardia sulle nuove tecnologie legate alla risorsa idrica, all’ambiente e all’economia circolare. Il secondo appuntamento è previsto per giovedì 8 maggio, sempre a partire dalle 9.30, e avrà come protagonista l’impianto di Bresso-Niguarda. Con una superficie di 142.473,22mq, rappresenta uno dei depuratori più importanti e innovativi, sia per le tecnologie impiegate sia per le attività di sperimentazione in corso, come ad esempio la produzione di biometano dai fanghi di depurazione.