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(Adnkronos) - “Si parla di migliorare la mobilità sostenibile; si parla di migliorare la rigenerazione urbana e si parla di migliorare la qualità dell'aria. Questo progetto guarda al futuro”. Così il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana parla del progetto ‘Fili per il futuro delle città’, presentato da Fnm nel corso di un convegno in corso allo Iulm di Milano. In questo progetto, spiega Fontana, “è stata prevista la piantumazione di migliaia di piante, una pista ciclabile che collegherà l'aeroporto di Malpensa con la stazione di Cadorna e una serie di altre poste ciclabili interne della città”. Per quanto riguarda Cadorna, “ci sarà la realizzazione della nuova stazione, un miglioramento dell'interconnessione tra i vari sistemi di trasporto, ci sarà una pista ciclabile che parte da lì. Ci sarà anche una grande copertura degli spazi oggi occupati dal ferro, con l'allargamento di parco Sempione, un verde che si allarga e dona alla città un’ulteriore possibilità per respirare meglio. E tutto verrà fatto nel pieno rispetto delle regole: c'è un accordo di programma che si riferisce a Cadorna e il progetto sara quindi sottoposto alla Valutazione ambientale strategica”. “Ci sarà poi la scelta del soggetto privato -aggiunge Fontana-. La Regione Lombardia parteciperà con un contributo di circa 150 milioni di euro, come contribuirà anche Ferrovie Nord Milano”. L’intervento va a nella direzione della rigenerazione urbana: “Non è solo una rigenerazione urbanistica, non è soltanto la realizzazione di immobili più belli, ma anche una rigenerazione sociale -osserva il governatore-. Un tentativo di miglioramento dei rapporti all’interno della società, per evitare che si creino in futuro dei ghetti che oggi vediamo come motivo di grande preoccupazione per il futuro. Un tentativo di ricucire le diverse componenti della società e un tentativo che ci sia la condivisione di questi spazi in maniera positiva”. Questo, conclude Fontana, “è un progetto che guarda al futuro rispettando quei principi che ci vengono richiesti anche dall'Europa, ma con una logica e una sostenibilità che tiene conto dell'ambiente, dell'aspetto economico e dell’aspetto sociale”.
(Adnkronos) - Il 69,6% di lavoratrici e lavoratori italiani ha un carico di cura: tra questi, il 36% ha la responsabilità di figli minorenni, il 46% segnala di occuparsi di familiari anziani o fragili (nel 16% dei casi si tratta di un impegno quotidiano) e il 30% si prende cura di altri minori della famiglia, come ad esempio i nipoti. Considerando chi affianca la responsabilità su figli minori e la cura di altri familiari anziano o fragili, è stato possibile identificare la cosiddetta “generazione sandwich”: si tratta del 18% dei lavoratori. Sono i principali risultati dell’Osservatorio Nazionale sui bisogni di welfare di lavoratrici e lavoratori con responsabilità di cura, di Welfare Come Te, in partnership con la Prof.ssa Elena Macchioni (Professoressa di Sociologia – Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali 'Università di Bologna’) e con il contributo dell’Istituto di Ricerca Ixè. Welfare Come Te – provider di welfare aziendale espressione della cooperazione sociale – oltre a servire numerose aziende nella progettazione di iniziative e servizi dedicate ai caregiver e al benessere personale, ha voluto anche creare questo spazio organico di osservazione sulle esperienze in atto di welfare aziendale, con una focalizzazione sulla condizione dei ‘lavoratori caregiver’. Il progetto si struttura a partire da un’indagine demoscopica quantitativa – realizzata su un campione rappresentativo di lavoratrici e lavoratori del settore privato. L’indagine monitora, con periodicità biennale, il welfare aziendale, fornendo una fotografia delle condizioni familiari, lavorative, dei bisogni e delle necessità di welfare dei lavoratori italiani, con un focus su quanti hanno una responsabilità di cura. La prima indagine è stata realizzata nel maggio 2024. Emergono altri dati interessanti: la conciliazione si basa prevalentemente sul “fai-da-te” degli stessi lavoratori, che in larga maggioranza (70%) dichiarano di riuscire a gestire gli impegni di lavoro e quelli personali e familiari grazie alla propria capacità organizzativa, aspetto rimarcato - per lo più - dalle donne e che si consolida con l’età delle rispondenti; sul fronte delle carenze i lavoratori lamentano innanzitutto (49%) la mancanza di servizi pubblici territoriali, particolarmente avvertita dai lavoratori residenti nelle regioni del centro e del sud Italia. Il 41% segnala anche la carenza di servizi di welfare aziendale. Nel groviglio di impegni da conciliare, i lavoratori trascurano, innanzitutto, il proprio benessere psicofisico, tema indicato dal 68%, e sottolineato per lo più dalle lavoratrici. Un lavoratore dipendente su tre sente di aver trascurato responsabilità familiari e il 19% il lavoro; chi è gravato da carichi di cura tende a giudicare se stesso con maggiore severità, sottolineando in misura significativamente più marcata le proprie mancanze sul fronte lavorativo e familiare. In questo scenario il welfare aziendale occupa uno spazio che appare ancora contenuto e non del tutto adeguato, il welfare offerto dalle imprese ha pochi elementi di utilità sociale, là dove presenti ricalcano i pillar del welfare state tradizionale (senza ricercare una vera e propria modalità di integrazione) e seguono una pratica di convenienza (ciò che la normativa permette di offrire con vantaggio fiscale), piuttosto che di convinzione (ciò che può essere realizzato tenendo conto dei reali bisogni di lavoratrici e ai lavoratori). Questo studio ha restituito la dimensione del fenomeno su scala nazionale ed ha evidenziato uno spazio ampio di lavoro e di intervento. È necessario promuovere una nuova narrazione del welfare, lo sviluppo di una prospettiva sociale e di personalizzazione degli interventi, attraverso un approccio plurale– preferibilmente sviluppato a partire dal livello territoriale – in cui imprese, PA e Terzo Settore possano cooperare in risposta ai bisogni crescenti di cura di lavoratrici e lavoratori.
(Adnkronos) - Sul fronte dell'economia circolare "adesso dobbiamo affrontare un nuovo livello di sfida per due ragioni: abbiamo un problema di difficoltà di approvvigionamento di materiali, un'esigenza drammatica di cambiare il modello perché ne va degli impatti sui sistemi naturali del prelievo dei materiali, ma anche della competitività; l'altra è la crisi climatica. Abbiamo bisogno di cambiare modello energetico". Così Edo Ronchi, presidente Fondazione Sviluppo Sostenibile, intervenendo alla presentazione del nuovo Rapporto di Sostenibilità 2024 di Conai, questa mattina a Roma. "Quindi dobbiamo puntare sulla circolarità in maniera molto più efficiente e questo vale anche per gli imballaggi, dobbiamo pensare ad una nuova fase", dice. Quanto al "mercato delle materie prime seconde, subiamo troppe oscillazioni e non ce lo possiamo permettere. Non basta avere tanto riciclo effettivo bisogna avere lo sbocco di mercato per tutti i materiali che aumentano".