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(Adnkronos) - Francesco Gaetano Caltagirone ha rinunciato, quale presidente della Caltagirone spa, ad esercitare "i poteri delegati per l'esecuzione del voto nelle assemblee di Banca Mps e Assicurazioni Generali allo scopo di evitare ogni possibile strumentalizzazione. Il Consiglio di Amministrazione della Caltagirone Spa, preso atto della decisione del presidente, ha quindi deliberato che le determinazioni di voto che la Società sarà eventualmente chiamata ad assumere "nelle assemblee di Mps e Assicurazioni Generali siano previamente sottoposte al parere del Comitato Amministratori Indipendenti con le procedure previste per le operazioni con parti correlate di maggiore rilevanza, eventualmente avvalendosi anche di consulenti esterni, e poi deliberate dal Consiglio". Sempre il Consiglio ha inoltre stabilito che "tali decisioni e il relativo parere del Comitato Amministratori Indipendenti siano portati a conoscenza delle società direttamente e indirettamente controllate affinché possano tenerne conto per le valutazioni di competenza, ferma la piena autonomia deliberativa di ciascuna entità". Il Cda ha poi svolto "una approfondita analisi delle circostanze esposte nel decreto di perquisizione e sequestro notificato in data 27 novembre e poste a fondamento delle indagini in corso da parte della Procura di Milano" che vedono coinvolti l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, il presidente di Luxottica e della lussemburghese Delfin sarl Francesco Milleri e l’amministratore delegato di Mps Luigi Lovaglio. Le ipotesi di reato contestate dagli inquirenti sono aggiotaggio e ostacolo alle autorità di vigilanza, per presunti accordi "in concerto" legati all’ops da 13,5 miliardi con cui Mps ha rilevato Mediobanca, primo azionista di Generali. Sulla presunta effettuazione di acquisti coordinati di azioni Mediobanca tra Delfin e il Gruppo Caltagirone, gli acquisti"non sono stati coordinati, differenziandosi invece negli anni per entità e tempistiche", sottolinea il Consiglio di Amministrazione della Caltagirone Spa. In particolare, sottolinea il Cda, "risulta da documentazione pubblicamente disponibile e agli atti delle competenti Autorità che Delfin ha acquisito partecipazioni in Mediobanca che l'hanno portata a superare prima il 3% del capitale nel 2019 e poi il 10% del capitale nel 2020, fermo restando che l'ulteriore crescita nel capitale è potuta poi avvenire solo a valle delle prescritte autorizzazioni della Bce", sottolinea. Viceversa, prosegue il Cda, "il Gruppo Caltagirone ha acquistato circa il 3% del capitale nel 2021 e, poi, ha acquistato un ulteriore 6,5% circa nel 2022 (per un totale, all'epoca, del 9,5% circa). Con la precisazione, conclude, "che il superamento della soglia del 5% del capitale di Mediobanca da parte del Gruppo Caltagirone si è verificato in data 27 aprile 2022". Sull'addebito di aver concordato con Delfin i voti da esprimere nelle assemblee di Mediobanca, "il Gruppo Caltagirone e Delfin hanno espresso, nella gran parte dei casi, voto divergente", evidenzia il Consiglio di Amministrazione della Caltagirone Spa. In particolare, sottolinea, "nell'arco di tempo 2021-2024, su ben 35 delibere poste in votazione in assemblea, 20 sono state approvate sostanzialmente all'unanimità, mentre rispetto alle residue 15, in 13 casi Delfin e Gruppo Caltagirone hanno espresso voto divergente (86% circa dei casi) e soltanto in due il medesimo voto (13% circa dei casi)". Per quanto riguarda gli acquisti di azioni Generali da parte dei due gruppi, Caltagirone e Delfin, "essi sono stati progressivamente effettuati nell'arco di circa 15 anni", sostiene il Consiglio di Amministrazione della Caltagirone Spa. Quanto alla presunta omissione dell'obbligo di promuovere un'offerta pubblica di acquisto sui titoli Mediobanca connesso all'asserito (e in realtà inesistente) voto coordinato tra Gruppo Caltagirone e Delfin nell'ambito dell'assemblea del 2022 che li avrebbe condotti a superare la soglia del 25%, "il Gruppo Caltagirone non ha in realtà preso parte all'assemblea di Mediobanca del 28 ottobre 2022", afferma il Consiglio di Amministrazione della Caltagirone Spa. "L'assemblea del 28 ottobre 2023 si è celebrata oltre 16 mesi dopo il preteso superamento della soglia del 25% del capitale di Mediobanca (avvenuto il 27 aprile 2022), laddove per legge detto superamento rileva ai fini dell'obbligo di Opa solo se verificatosi entro l'anno anteriore - si noti che la lista presentata da Delfin, e a favore della quale ha votato il Gruppo Caltagirone, era in realtà una lista di minoranza, di per sé, dunque, inidonea a esprimere la maggioranza dei consiglieri di Mediobanca e dunque ad acquisirne il controllo", sottolinea. "Si segnala peraltro che all'epoca l'Opa sarebbe stata comunque lanciata al valore di Euro 11 circa per azione rispetto ai 22 Euro circa effettivamente percepiti dagli azionisti lo scorso settembre". Sull'asserita identità delle offerte presentate da Delfin e dal Gruppo Caltagirone nell'ambito della procedura di Accelerated Book-Building (Abb) con la quale il Mef ha dismesso parte della propria partecipazione in Banca Monte dei Paschi di Siena, "le due offerte sono state in realtà diverse sia per volumi (il Gruppo Caltagirone aveva richiesto il 3,5% circa, mentre Delfin il 2,5% circa) che per prezzo (a premio di oltre il 5% quello offerto dal Gruppo Caltagirone, mentre era a valori di mercato quello offerto da Delfin)", sottolinea il Consiglio di Amministrazione della Caltagirone Spa. Sulla circostanza che il voto dei due esponenti del Gruppo Caltagirone in seno a Banca Monte dei Paschi di Siena sarebbe stato determinante ai fini del lancio dell'Ops su Mediobanca, "i consiglieri hanno volontariamente abbandonato l'adunanza che ha deliberato l'Ops senza, dunque, prendere parte alla votazione", sottolinea il Cda. Tale modo di procedere, sottolinea il Cda, "è poi stato mantenuto anche per le successive discussioni e deliberazioni concernenti l'Ops, rispetto alle quali i medesimi esponenti hanno altresì rinunciato a ricevere e ad accedere a ogni informativa". (di Andrea Persili)
(Adnkronos) - Il sistema fieristico italiano chiude il 2025 consolidando i già ottimi risultati dell’anno precedente, quando gran parte degli indicatori di performance segnavano il sorpasso sul pre-Covid (2019). In ulteriore crescita – secondo i numeri provvisori illustrati da Aefi (Associazione esposizioni e fiere italiane) oggi a Roma nel corso dell’assemblea di fine anno presso il Mimit in presenza del ministro Urso – la superficie venduta quest’anno in occasione dei 915 eventi fieristici italiani (+5% sul 2024, con quasi 11 milioni di mq) con un contestuale aumento sia degli espositori complessivi (+6%) che di quelli esteri (+7%, il 20% del totale espositori). Sono 89 le fiere italiane organizzate all’estero: tra i 20 Paesi oggetto di eventi made in Italy comanda la piazza cinese, seguita da Brasile, Stati Uniti, Germania, Paesi Uae, Arabia Saudita e Messico. “Anche quest’anno – ha detto in assemblea il presidente Aefi, Maurizio Danese – il sistema fieristico si è confermato il primo alleato dell’impresa Italia per le attività di business e in particolare per gli obiettivi internazionali di un Paese fortemente export-oriented come il nostro. Siamo strumento del made in Italy e guardiamo perciò con estremo interesse agli sviluppi del Piano d’azione per l’export del ministero degli Esteri e accogliamo con favore l’introduzione nel Ddl Bilancio di risorse aggiuntive da 100 milioni di euro l’anno dal 2026 al 2028 in favore della promozione del prodotto Italia nel mondo”. Il 2026, secondo i dati di settore del Coordinamento interregionale fiere, si annuncia denso di appuntamenti nei 50 quartieri fieristici del Belpaese che con una superficie espositiva di 4,2 milioni di metri quadrati si classificano al quarto posto al mondo per ampiezza complessiva. Saranno 878 gli appuntamenti nel corso dell’anno, con 276 fiere internazionali e 202 nazionali; il comparto food, bevande e ospitalità incide per il 12% sul totale eventi, seguito con l’11% da tessile, abbigliamento, moda assieme all’aggregato sport, hobby, intrattenimento e arte. Quote rilevanti anche per tecnologia e meccanica (9%) ma anche per agricoltura, silvicoltura e zootecnia (8%) oltre a gioielli, orologi e accessori (7%). In Italia, fiere e imprese dei cinque settori chiave dell’export sono storicamente intrecciate. Basti pensare che agroalimentare, tecnologia, moda-bellezza, edilizia-arredo e tempo libero – ossia le stesse filiere su cui si concentra principalmente l’attività fieristica – generano il 30% della produzione nazionale e il 63% dell’export.
(Adnkronos) - A2A ha presentato oggi il suo primo Piano di Transizione Climatica che definisce target, leve operative e strumenti finanziari per guidare il percorso di decarbonizzazione del Gruppo verso l’obiettivo del Net Zero al 2050. Il documento strategico, pensato come strumento dinamico e trasparente, verrà aggiornato annualmente in parallelo e assoluto coordinamento con il Piano Industriale, così da riflettere costantemente l’evoluzione degli scenari energetici e macroeconomici. “La mitigazione dei cambiamenti climatici rappresenta una condizione imprescindibile per la stabilità dei sistemi ambientali, sociali ed economici. Dal 2000 a oggi, gli eventi climatici estremi hanno generato danni per oltre 3.600 miliardi di dollari e le stime indicano che i costi dell’inazione potrebbero raggiungere i 1.200 trilioni di euro, quasi il doppio degli investimenti necessari a rispettare gli Accordi di Parigi.” – ha dichiarato Roberto Tasca, Presidente di A2A - “In questo scenario, i piani di transizione climatica delle imprese rivestono un ruolo essenziale nella mobilitazione dei capitali: permettono di valutare preventivamente i rischi, individuare nuove opportunità di investimento, rafforzare la fiducia del mercato e favorire un migliore accesso al credito, contribuendo alla riduzione dei costi di finanziamento. Essi costituiscono inoltre la base delle strategie di finanza sostenibile, un ambito nel quale il nostro Gruppo è stato pioniere, con l’emissione del primo European Green Bond e del primo Blue Bond in Italia. Iniziative che confermano come la transizione verso modelli di business più responsabili possa generare valore finanziario per l’azienda e per tutti gli stakeholder''. “La crisi climatica richiede visione, coerenza e la capacità di agire con responsabilità nel lungo periodo. Affrontiamo questa sfida facendo leva sulle nostre competenze industriali, sull’innovazione tecnologica su cui stiamo investendo e su un modello di business che integra dimensione ambientale, economica e sociale.” - ha dichiarato Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato di A2A - “Il nostro obiettivo è chiaro: raggiungere il Net Zero su tutti gli Scope emissivi entro il 2050. Il Piano di Transizione Climatica chiarisce come intendiamo farlo, definisce tappe intermedie ambiziose e amplia la nostra visione oltre l’orizzonte del Piano Industriale al 2035, pur nella consapevolezza che, per gli scenari in grande cambiamento, dovremo costantemente aggiornare traiettoria e azioni. In questo quadro, abbiamo già previsto circa 7 miliardi di investimenti dedicati a specifiche leve di decarbonizzazione: 5 per la Transizione Energetica e 2 per l’Economia Circolare''. Il Piano si fonda su uno scenario energetico che prevede per l’Italia il raggiungimento della neutralità climatica nel 2050, con un ruolo rilevante delle tecnologie di cattura e stoccaggio della CO₂ (CCS) e una crescita della domanda elettrica legata all’elettrificazione dei consumi a cui si aggiunge il recente sviluppo dei data center. Nel Transition Plan l’upside di richiesta di energia da parte di questi hub digitali non è ancora stata fattorizzata; se le previsioni degli scenari nazionali più recenti verranno confermate, sarà necessario definire, dal prossimo aggiornamento, un nuovo approccio alla produzione elettrica che garantisca un carico baseload costante e sicuro. La strategia del Gruppo ruota attorno a due pilastri: 1. Elettrificazione dei consumi, sostenuta da un forte incremento delle fonti rinnovabili e dal contributo del gas naturale in impianti termoelettrici ad alta efficienza nel breve-medio periodo; 2. Economia circolare, attraverso la valorizzazione dei rifiuti e degli scarti come materia o energia, contribuendo così a una significativa riduzione delle emissioni del Paese. L’obiettivo finale è una riduzione di almeno il 90% della carbon footprint del Gruppo entro il 2050 rispetto al 2023, con compensazione delle sole emissioni residue tramite crediti di rimozione certificati. Il Piano conferma inoltre: riduzione del 50% delle emissioni dirette entro il 2035 e dell’80% entro il 2040 (rispetto al 2017); riduzione del 61% dell’intensità emissiva (gCO₂e/kWh) entro il 2035 (baseline 2017); azzeramento delle emissioni Scope 2 legate all’acquisto di energia entro il 2026; riduzione delle emissioni Scope 3 lungo la supply chain (-30%), nelle attività upstream dei vettori energetici (-60%) e nell’uso del gas da parte dei clienti (-22%) al 2035 (baseline 2023). La supply chain rappresenta una leva determinante del percorso: per questo il Gruppo ha avviato il progetto Scope 3, dedicato al supporto dei fornitori nell’implementazione di strategie di riduzione delle emissioni. Complessivamente, i circa 7 miliardi di capex al 2035 saranno allocati in particolare per: 3,4 miliardi allo sviluppo della produzione da fonti rinnovabili; 1 miliardo a soluzioni di cattura della CO2 per impianti Waste-to-Energy, recupero di calore industriale e dai data center per le reti di teleriscaldamento, elettrificazione della flotta dedicata alla raccolta rifiuti e sviluppo della produzione da bioenergie. Il Piano è sostenuto da strumenti di finanza sostenibile, come il primo European Green Bond del Gruppo e il primo Blue Bond in Italia. L’obiettivo è portare al 100% la quota di debito ESG entro il 2035 (attualmente all’82%). Elemento imprescindibile della strategia è la Just Transition: il Gruppo garantirà percorsi di reskilling e upskilling a tutto il personale coinvolto nelle attività che evolveranno nel contesto della decarbonizzazione, con programmi formativi dedicati e iniziative per attrarre nuove competenze. Parallelamente, A2A prosegue nel dialogo con i territori attraverso iniziative di ascolto, engagement e formazione rivolte a cittadini, imprese e scuole, promuovendo una transizione equa, inclusiva e condivisa.