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(Adnkronos) - Con il via libera del gabinetto di Sicurezza di Tel Aviv, è ufficiale la tregua tra Israele e Libano, che hanno accettato la proposta Usa. Un cessate il fuoco che è arrivato mentre ancora erano in corso i raid israeliani sul Paese dei Cedri e sulla capitale Beirut e con i razzi di Hezbollah diretti sul nord e il centro di Israele, dove sono suonate le sirene di allarme. L'annuncio ufficiale, prima del sì del governo, era giunto da Benjamin Netanyahu con un messaggio tv. Il premier israeliano aveva così spiegato le "tre ragioni" della tregua in Libano, prima tra tutte quella di potersi "concentrare contro la minaccia iraniana". Nel suo discorso, Netanyahu ha poi parlato della necessità di permettere a Israele di "rinnovare" e "riarmare" le proprie truppe, ammettendo che - "non è un segreto", ha detto - vi sono stati "grandi ritardi" nelle forniture di armi. "Presto - ha quindi aggiunto - ci armeremo con armi sofisticate che ci aiuteranno a proteggere le nostre truppe e ci daranno ancora maggiore forza per completare la nostra missione". Terza ragione, quella di isolare Hamas: "Hamas contava su Hezbollah per combattere insieme ed una volta che Hezbollah è eliminato, Hamas è lasciato da solo - ha detto -, la nostra pressione su Hamas crescerà e questo ci aiuterà a portare a casa gli ostaggi". Nel suo discorso, che è suonato come un appello ai suoi stessi ministri ad approvare il cessate il fuoco, il premier israeliano ha sottolineato che anche con la tregua Israele "manterrà la completa libertà di azione militare", "in pieno coordinamento con gli Stati Uniti". Israele controllerà il rispetto del cessate il fuoco e "risponderà con forza ad ogni violazione" di Hezbollah. Il gabinetto politico di sicurezza ha poi approvato nella serata di ieri la proposta di pace avanzata dagli Stati Uniti "con la maggioranza di 10 ministri e l'opposizione di uno. Israele apprezza il contributo degli Stati Uniti nel processo e mantiene il diritto di agire contro ogni minaccia alla sua sicurezza", quanto dichiarato dall'ufficio del premier, rendendo noto che il Netanyahu ha parlato con Joe Biden per "ringraziarlo del coinvolgimento degli Usa per ottenere i cessate il fuoco in Libano e per il fatto di aver capito che Israele manterrà la sua libertà di azione". Il voto contrario all'accordo di tregua è stato quello di Itmar Ben-Gvir, l'estremista di destra che è ministro della Sicurezza Nazionale. Se Netanyahu non ha fornito nessun dettaglio sull'accordo nel suo discorso, né ha chiarito l'entrata in vigore del cessate il fuoco, a farlo ci ha pensato il presidente Biden nel suo intervento alla Casa Bianca dopo il via libera. Biden ha spiegato che, sulla base dell'accordo raggiunto, i combattimenti tra Hezbollah e Israele lungo il confine "avranno fine domani (oggi, ndr.) dalle 4 del mattino ora locale". "Questo è stato designato per essere una permanente cessazione delle ostilità", ha aggiunto il presidente americano, spiegando che "nei seguenti 60 giorni l'esercito libanese riprenderà il controllo del proprio territorio. Non sarà permesso che vengano ricostruite le infrastrutture terroristiche di Hezbollah". Nel corso di questi 60 giorni, ha aggiunto ancora Biden, "Israele ritirerà gradualmente le sue forze e i civili di entrambe le parti potranno essere presto in grado di tornare in sicurezza alle loro comunità e iniziare a ricostruire le loro case". "Fatemi essere chiaro - ha poi sottolineato il presidente Usa -, se Hezbollah o chiunque altro romperà l'accordo ponendo una minaccia diretta ad Israele, allora Israele avrà il diritto di difendersi, in accordo con la legge internazionale". L'accordo di cessate il fuoco "costituisce un nuovo inizio per il Libano", consentendogli di riprendersi la sua sovranità. Il presidente americano ha inoltre ribadito che non saranno dispiegate truppe americane nel sud del Paese dei Cedri. "Così come il popolo libanese si merita un futuro di pace e prosperità, così lo merita il popolo di Gaza", ha poi aggiunto Biden, affermando che i palestinesi di Gaza stanno vivendo "l'inferno, il loro mondo è stato fatto a pezzi". Il presidente americano ha puntato il dito contro Hamas che per mesi si è rifiutato di negoziare un cessate il fuoco, ed ha detto che "ha una scelta da fare", sottolineando che "l'unica via di uscita" è il rilascio degli ostaggi, compresi i cittadini americani, per arrivare alla fine delle ostilità. Biden ha ribadito l'impegno della sua amministrazione, che ha meno di due mesi di vita prima dell'insediamento di Donald Trump il 20 gennaio, per una tregua da Gaza: "nei prossimi giorni, gli Stati Uniti faranno un altro tentativo con Turchia, Egitto Qatar, Israele e altri per ottenere il cessate il fuoco a Gaza". E il presidente americano, plaudendo alla decisione dei leader di Libano e Israele di mettere fine alle violenze, ha sottolineato che "questo accordo ci ricorda che la pace è possibile". Infine, Biden ha ribadito l'impegno per creare "un cammino credibile" per la realizzazione di uno Stato palestinese, affermando che l'accordo tra Israele e Libano porta il mondo più vicino ad una visione di un futuro del Medio Oriente in cui palestinesi ed israeliani abbiano "in pari misura sicurezza, prosperità e dignità" con i "palestinesi che hanno un loro Stato". Intanto, gli Stati Uniti e la Francia - che ha contribuito con una partnership all'accordo - "lavoreranno con Israele e Libano per assicurare che l'accordo sia pienamente applicato e rimaniamo determinati ad impedire che questo conflitto diventi un altro ciclo di violenza", quanto si legge in una dichiarazione congiunta di Biden e Emmanuel Macron in cui si afferma che "dopo settimane di instancabile diplomazia, Israele e Libano hanno accettato una cessazione delle ostilità". La tregua, aggiungono i due presidenti, "assicura Israele dalla minaccia di Hezbollah e di altre organizzazioni terroristiche che operano dal Libano". "Questo annuncio creerà le condizioni per ristabilire la calma e permettere ai residenti di entrambi i Paesi di tornare alle loro case", conclude la nota.
(Adnkronos) - Individuare un nuovo equilibrio tributario e di welfare che non penalizzi il ceto medio fatto di manager, dirigenti e tutti quei lavoratori che superando i 35 mila euro di reddito (sono solo il 15% di tutti i contribuenti italiani) e si fanno carico del 63% di tutte le imposte; disegnare azioni che valorizzino il ruolo dei dirigenti come agenti di cambiamento e innovazione capaci di favorire la crescita economica e lo sviluppo d’impresa e identifichino il futuro della managerialità del Paese. Sono stati questi alcuni dei temi discussi nella giornata di ieri e nella mattinata di oggi dagli oltre 200 manager delegati intervenuti da tutta Italia a Milano, negli spazi dell’Hotel Enterprise in Corso Sempione per la 104°Assemblea Nazionale di Manageritalia. “La Legge di Bilancio ha tacitato i mercati ma fa poco per l’Italia produttiva. Non c’è niente per la crescita e si colpisce ancora di più il ceto medio, soprattutto quei cittadini, i soliti pochi e noti che pagano regolarmente tasse e contributi, che mantengono di fatto il welfare del Paese”, dice Marco Ballarè, Presidente di Manageritalia, che prosegue: “Il tetto alle detrazioni fiscali è un modo elusivo per aumentare le tasse a chi sopra i 70mila euro lordi l’anno già è escluso dalle varie agevolazioni che peraltro finanzia. Manager e alte professionalità sono, per ruolo e competenze, determinanti per tornare a crescere cogliendo appieno le opportunità della trasformazione digitale e del lavoro nel sentiero di una vera sostenibilità, ma questa manovra non solo ci ignora, ma anche ci punisce". Nella sua parte pubblica, di questa mattina, l’Assemblea di Manageritalia ha ospitato l’intervento di Alberto Brambilla, Presidente di Itinerari Previdenziali sul tema 'Il difficile finanziamento del welfare e lo squilibrio fiscale'. Dai dati presentati si evince come 17 milioni di contribuenti, oltre il 40% del totale, dichiarano di guadagnare meno di 15mila euro l'anno e pagano solo 11% dell'Irpef complessiva. Coloro che invece dichiarano redditi dai 35mila euro in su sono 6,4 milioni, il 15,27% del totale, e pagano il 64% dell'imposta totale. In sostanza redditi che superano la sogna fatica dei 35mila garantiscono la tenuta del sistema di protezione sociale italiano e delineano un paese diviso in due tra chi paga e chi viene mantenuto. Una polarizzazione e una dicotomia che si rispecchia anche a livello geografico con le regioni del Nord che contribuiscono per il 57,2%, quelle del Centro con il 21,8% e il Sud con il 20,9% del totale dell’Irpef. Percentuali analoghe anche per quanto concerne l’Iva versata con il 64,3% per il Nord, 24% per il Centro e solo 10,4 per Sud. Il confronto con altre nazioni è impietoso e fa emergere come l’aliquota marginale che in Italia parte da 50mila euro ed è pari al 43%, in altre Paesi scatti a livelli di reddito ben più alti: in Francia 82mila euro con aliquota al 41% e in Germania a 63mila euro e un’aliquota al 42% A causa di questo, nel 2024 un lavorare con un reddito imponibile di 100mila euro paga solo di Irpef erariale 35.900 euro in Italia, rispetto ai 25.949 euro in Francia e ai 23.124 in Germania. “Con questi numeri e percentuali, che vedono il 40% dei contribuenti mantenere il restante 60% il sistema non regge nel lungo periodo, con una evidente diminuzione dei servizi a disposizione della collettività e un aumento esponenziale del debito pubblico”, commenta Brambilla. Per il Presidente Centro Studi Itinerari Previdenziali intervenendo nel corso dell’assemblea, “bisogna intervenire con una decisa azione sinergica da parte di tutti i partiti per risolvere il grande problema fiscale del nostro Paese. Attuare un vero regime a tassazione continua sul modello tedesco superando il nostro a scaglioni che penalizza la classe media con redditi dai 50mila in su. Va anche superato il sistema dei bonus e delle agevolazioni basate sull’ISEE che certo non fotografa il reale profilo fiscale del cittadino. Oltre a rimodulare l’intero sistema detrazioni”. In questo scenario fortemente sbilanciato, sia al livello nazionale che internazionale, interventi come la “pace fiscale” o la “Flat tax” possono rappresentare un motore di produzione di sommerso, di lavoro nero e quindi di evasione con il solo risultato di acuire le disparità tra chi contribuisce alla crescita del paese e chi no, anteponendo il proprio interesse a quello collettivo. I numeri evidenziano come nel lungo periodo, considerando anche l’inverno demografico che stiamo vivendo e l’invecchiamento della popolazione italiana, rendono l’intero sistema insostenibile con evidenti ricadute sulla competitività del Paese e delle imprese. Contrastare l’evasione fiscale non può però essere sufficiente se non si migliorano anche produttività e mercato del lavoro di un Paese che, pur incrementando mese dopo mese il proprio tasso di occupazione, resta fanalino di coda in Europa per tutti i principali indicatori occupazionali. L’Italia come emerso dall’assemblea deve crescere per guardare al futuro con fiducia e in questo i manager hanno un ruolo determinante. La giornata di venerdì 22 è stata invece dedicata alle presentazioni dei fondi, enti e società del sistema Manageritalia per poi proseguire con relazione del Presidente Ballaré, che ha ribadito il ruolo preminente del terziario affinché questi abbia finalmente il giusto riconoscimento nelle policy e nelle azioni di Governo oltre a rivalutare il ruolo strategico della figura del manager e delle sue competenze quale risorsa essenziale per la crescita delle imprese, e dell’intero sistema Paese in un momento di forte cambiamento dovuto alle transizioni tecnologiche e ambientali. Ha inoltre anticipato il programma che guiderà l’azione di Manageritalia nei prossimi quattro anni: una maggiore valorizzazione dei territori, un nuovo patto sociale basato su lavoro, welfare ed equità, crescita sostenibile ed economia dei servizi e infine una più incisiva rappresentanza e governance.
(Adnkronos) - Valorizzare le pratiche di approvvigionamento responsabili, per ridurre il proprio impatto ambientale e promuovere una catena di fornitura trasparente e sostenibile, con l’obiettivo di costruire una vera e propria responsabilità sociale d’impresa condivisa e diffusa. È stato questo il focus del convegno 'Sostenibilità nel Procurement: Strategie e Pratiche per Acquisti Responsabili', promosso da Gruppo Cap e Alfa Varese. L'evento, tenutosi mercoledì 20 novembre presso la sede di Gruppo Cap di via Rimini a Milano, ha rappresentato un'opportunità di confronto e di condivisione di best practice sul tema del procurement sostenibile, con la partecipazione di rappresentanti del settore e di esperti di sostenibilità. Michele Falcone, direttore generale di Gruppo Cap, ha evidenziato i risultati concreti della collaborazione fra le due aziende, avviata attraverso un contratto di rete per migliorare l’efficienza e la sostenibilità delle loro operazioni: “Il contratto di rete tra Gruppo Cap e Alfa Varese nasce dalla necessità di affrontare sfide comuni nel settore della gestione delle risorse idriche. Entrambe le aziende, pur operando in territori diversi, condividevano l’obiettivo di migliorare l’efficienza e la sostenibilità delle proprie operazioni. Questo ci ha portato a considerare la possibilità di unire le forze, creando una sinergia che potesse amplificare i nostri sforzi individuali. Attraverso questa collaborazione abbiamo ottimizzato i processi di approvvigionamento, ridotto i costi e migliorato l’efficienza operativa, ottenendo condizioni più vantaggiose dai fornitori e contribuendo a una gestione più sostenibile delle risorse”. “La collaborazione di Alfa con Cap per la gestione degli acquisti è una delle colonne portanti sulle quali si basa il contratto di rete tra le due aziende. Si tratta di una sinergia importante che garantisce economicità ed efficienza in un settore fondamentale dell’attività. I vantaggi sono però anche per i nostri fornitori, per i quali si ampliano le possibilità di operare, facendo tra l’altro riferimento ad un contesto territoriale più vasto”, ha aggiunto Marco Cavallin, amministratore delegato di Alfa. Durante il convegno sono intervenute diverse figure di spicco del settore, tra cui rappresentanti dell’Un Global Compact Network Italia e di altre aziende che promuovono la sostenibilità. Si è parlato, inoltre, del sistema di Vendor Rating adottato da Gruppo Cap, che integra criteri di sostenibilità nelle fasi di qualificazione e selezione dei fornitori, incentivando così il miglioramento continuo all’interno della filiera. Al termine dell’evento, è stata presentata la nuova strategia di acquisto di Gruppo Cap e Alfa Varese, un progetto che si propone di stabilire nuovi standard di sostenibilità per il procurement nel settore idrico, contribuendo alla transizione ecologica del Paese.