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(Adnkronos) - Nel pieno dell’escalation della guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina, l’ambasciatore cinese a Washington, Xie Feng, ha invitato gli Stati Uniti a evitare politiche protezionistiche che potrebbero danneggiare l’economia globale, citando come monito lo storico Smoot-Hawley Act del 1930 che aggravò la Grande Depressione. Parlando durante un evento all’ambasciata sulla medicina tradizionale cinese, Xie ha usato metafore mediche per descrivere la situazione attuale: "Non si può curare un mal di testa concentrandosi solo sulla testa o un dolore ai piedi guardando solo ai piedi - ha detto - E certamente non si dovrebbe prescrivere medicine agli altri quando si è malati". Secondo quanto riportato dal South China Morning Post, Xie ha affermato che "la lezione dello Smoot-Hawley Act è ancora attuale", riferendosi alla legge che alzò drasticamente i dazi negli anni '30, provocando una contrazione del commercio mondiale e aggravando la crisi economica. L’ambasciatore ha messo in guardia contro la "militarizzazione dell’interdipendenza economica", sottolineando che "costruire muri tariffari ostacola il commercio globale, interrompe le catene di approvvigionamento e danneggia le fondamenta della crescita economica mondiale". Xie ha infine avvertito che l’interruzione delle catene di fornitura porterà a "carenze, aumento dei prezzi e danni per tutti". Attualmente, il presidente Donald Trump ha imposto dazi per un totale del 145% sulle importazioni dalla Cina, portando l’aliquota effettiva a circa il 156%, mentre Pechino ha risposto con tariffe fino al 125%. Nonostante le crescenti tensioni, Trump ha lasciato intravedere spiragli di dialogo: "Penso che con la Cina raggiungeremo un ottimo accordo", ha dichiarato. Il premier giapponese Shigeru Ishiba ha invitato Washington a tenere distinti i temi della sicurezza e del commercio nelle trattative in corso per attenuare l’impatto della guerra dei dazi avviata da Trump. Sebbene le nuove tariffe del 24% sulle esportazioni giapponesi siano al momento sospese per un mese e mezzo, rimangono in vigore altre misure, tra cui un dazio del 10% aggiuntivo, oltre a quelli già applicati su acciaio, alluminio e veicoli. Trump aveva messo in discussione anche l’accordo bilaterale di sicurezza del 1960, criticandolo per l’apparente mancanza di reciprocità. Ishiba ha replicato in Parlamento affermando che il trattato non impone l’obbligo per il Giappone di difendere gli Stati Uniti, ma neppure prevede una protezione unilaterale da parte americana, come sostenuto da Trump. Il premier ha ribadito l’importanza di evitare che le tensioni commerciali influenzino le relazioni in materia di difesa. "Non è appropriato trattare sicurezza e commercio come un tutt’uno", ha dichiarato Ishiba all’agenzia Kyodo, auspicando un esito positivo dei negoziati in corso e un possibile modello per future intese globali. Il governo sudcoreano invierà il ministro del Commercio Ahn Duk Geun e il ministro delle Finanze Choi Sang Mok a Washington per negoziare con l’amministrazione statunitense in merito ai dazi del 25% annunciati da Trump all’inizio di aprile. I colloqui si terranno giovedì e venerdì su richiesta degli Stati Uniti, secondo quanto riferito in una nota ufficiale. Il presidente ad interim Han Duck Soo ha adottato una linea conciliante, affermando in un’intervista al Financial Times che Seul "non risponderà con misure ritorsive", sottolineando il debito storico del Paese verso Washington dopo la guerra di Corea. I dazi, se confermati al termine del periodo di sospensione di 90 giorni, potrebbero colpire duramente l’economia sudcoreana, fortemente orientata all’export. Han ha evidenziato il ruolo cruciale degli aiuti, della tecnologia e delle garanzie di sicurezza statunitensi nello sviluppo economico del Paese, facendo intendere che Seul cercherà di evitare uno scontro commerciale diretto con Washington.
(Adnkronos) - Valorizzazione del patrimonio costruito. Questo il tema centrale dei lavori della seconda Giornata nazionale dell’Ingegneria Economica, evento organizzato dal Consiglio nazionale degli ingegneri con Ance che ha visto come focus principale lo sviluppo del Partenariato pubblico privato. Le sessioni di lavoro sono state precedute dalla presentazione, da parte della consigliera del Cni Ippolita Chiarolini, di una indagine realizzata dal Centro studi Cni sulla presenza degli ingegneri nei ruoli apicali. Gli ingegneri italiani inquadrati con un ruolo di dirigente o di quadro direttivo/apicale sono l’87% uomini, il 13% donne. Appartengono per il 40,4% alla fascia di età 46-55 anni, per il 30,7% alla fascia 56-65. Il 61,2% di loro assume il ruolo di direttore tecnico, il 21,6% quello di direttore generale, il 16,1% dirige le attività di ricerca, sviluppo e progettazione. Significativo il fatto che il 10,5% di questi ingegneri dirige la pianificazione strategica. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, il 27% degli ingegneri manager è attivo nel Nord-Ovest, il 26,2% nel Sud e nelle isole, il 24 nel Centro, il 22,2% nel Nord-Est, 0,6% all’estero. Le regioni leader sono la Lombardia e il Lazio, con rispettivamente il 16,7% e il 12,4% del totale degli ingegneri manager. Relativamente ai singoli settori, il 28,8% è rappresentato da ingegneri civili, il 15% da ingegneri meccanici, il 10,7% da ingegneri elettronici. Il 98,7% di loro è iscritto all’Albo: il 51,6% nella sezione civile-ambientale, il 37,2% nella sezione ingegneria industriale, l’11,1% nella sezione ingegneria dell’informazione. Interessante notare le motivazioni che spingono questi ingegneri manager ad iscriversi all’Albo: il 38,2% lo fa perché l’iscrizione è necessaria per l’esercizio dell’attività lavorativa, il 35,6% per mantenere il titolo di “ingegnere”, il 32,9% per senso di appartenenza alla categoria. “Gli ingegneri che hanno risposto al sondaggio - ha affermato Ippolita Chiarolini, consigliera del Cni, commentando questi dati - mostrano di avere in grande considerazione l’Albo e l’Ordine professionale ma chiedono ad esso un forte supporto in termini di formazione dedicata, soprattutto per tutti quei settori diversi da quello civile, con particolare riferimento a quelli emergenti. Interessante rilevare che il 10% degli intervistati ricoprono ruoli nella pianificazione strategica”. I lavori, moderati dalla stessa Chiarolini e da Remo Chiodi, componente del gruppo tematico PPP del Cni, hanno quindi affrontato l’argomento del giorno: la valorizzazione del patrimonio del costruito nel nostro paese in relazione ai bisogni emergenti. Stefano Betti (vice presidente di Ance) ha dichiarato: “Serve una normativa adeguata alle trasformazioni delle città, dove nel 2050 vivrà il 75% della popolazione. Riscriviamo regole urbanistiche e edilizie obsolete per garantire un dialogo trasparente tra operatori, cittadini e pubblica amministrazione”. Gabriele Buia (presidente Unione Parmense degli Industriali) ha definito uno degli scopi del Ppp. “L’obiettivo - ha detto - deve essere quello di dare una casa agli italiani. Occorrono iniziative di housing sociale e studentati attraverso operazioni immobiliari con garanzia dello stato, risolvendo così molte criticità e tensioni sociali. Naturalmente è fondamentale la sostenibilità degli investimenti che è realizzabile anche attraverso accordi operativi”. Sono intervenuti anche Guglielmo Calabresi (responsabile Fondo Sviluppo Cdp real asset SGR) che ha illustrato il caso di Manifattura Tabacchi di Firenze e Isabella Di Marsico (Agenzia del demanio) che ha parlato del caso di Tor Vergata. Nella seconda sessione è stato approfondito il ruolo dell’Intelligenza Artificiale, attraverso il racconto e testimonianze relativi a casi concreti, con messa in evidenza dei punti di forza e quelli di debolezza. Hanno partecipato a questo confronto Valter Quercioli (presidente Federmanager), Francesco Visconti (head of Ai solutions Mangrovia), Paola Russillo (dirigente Ministero della Giustizia - direttore tecnologie e pmi Italy Cic board member), Giovanni Gambaro (Rina global executive ai technology strategy director) e Cinzia Pica (head of Rina consulting digital transformation). A Massimo Angelo Deldossi (vice presidente Ance) sono state affidate le conclusioni dei lavori: “Quest’iniziativa ha consentito di rafforzare il legame tra due mondi, quello finanziario e quello tecnico. Uniti per garantire sostenibilità e sicurezza dei progetti e utilizzare al meglio le opportunità della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale, valorizzando le competenze della filiera”.
(Adnkronos) - Le storie delle persone e delle comunità impegnate nel salvare le barriere coralline, un ecosistema vitale ma sempre più minacciato: è ora disponibile in streaming su Prime Video il documentario Reef Builders. Presentato da Sheba, il documentario esplora il programma Sheba Hope Grows, uno dei più grandi progetti di ripristino delle barriere coralline al mondo, guidato da Mars Sustainable Solutions (Mss). Attraverso spettacolari immagini fotografiche, sia terrestri che subacquee, il film racconta le sfide quotidiane, le soluzioni innovative e la speranza di chi lavora per proteggere uno degli ecosistemi più importanti per la biodiversità marina. (Video) Il film inizia con la storia di successo più conosciuta del programma, il ripristino della Hope Reef in Indonesia. Hope Reef è stata costruita grazie a un’invenzione semplice ma rivoluzionaria: una struttura in acciaio chiamata Reef Star, che ha trasformato un fondale distrutto e ricoperto di macerie coralline in una barriera corallina rigogliosa. Attraverso le testimonianze dirette dei volontari locali impegnati nella salvaguardia delle loro barriere coralline, gli spettatori scopriranno come il team di Mss, guidato da David Smith, stia collaborando con le comunità costiere e le Ong per ampliare il progetto su scala globale e ottenere un impatto ancora maggiore. Il documentario restituisce un quadro realistico delle sfide e delle difficoltà affrontate, così come dei successi e dei traguardi raggiunti, mettendo in luce la speranza, l’impegno costante e il potenziale trasformativo di uno dei più grandi e ambiziosi programmi di formazione per il restauro mai realizzati (Mss Impact Report, 2024). “Reef Builders racconta non solo un progetto di ripristino ambientale, ma una visione concreta del futuro che Mars intende contribuire a costruire. Attraverso la visibilità e il seguito dei nostri brand, disponiamo di una piattaforma di grande impatto, e sentiamo la responsabilità di metterla al servizio di un cambiamento positivo - ha affermato Aldo Mastellone, Corporate Affairs Senior Manager di Mars Italia - Il lancio del documentario Reef Builders rappresenta un momento significativo nella missione del programma Sheba Hope Grows. Con questo progetto vogliamo ispirare ed educare un numero sempre maggiore di persone sull’importanza di sostenere il ripristino delle barriere coralline”. Le barriere coralline, spesso chiamate le 'foreste pluviali del mare', sono oggi in grave pericolo. Gli scienziati stimano che, senza interventi concreti, entro il 2043 il 90% delle barriere coralline tropicali del pianeta potrebbe scomparire (Icri), con gravi conseguenze per il 25% della vita marina (Epa) e per circa un miliardo di persone che dipendono direttamente o indirettamente dai servizi ecosistemici che esse offrono, come la protezione delle coste e la sostenibilità delle risorse ittiche (Noaa). Diretto e prodotto da Stephen Shearman, con i produttori esecutivi Victoria Noble e Ben Padfield, e l’attrice e attivista ambientale Auli’i Cravalho in veste di produttrice associata, Reef Builders accompagna gli spettatori in un viaggio che tocca Bontosua (Indonesia), Lamu (Kenya), la Moore Reef (Australia) e l’isola natale di Auli’i, O’ahu (Hawai’i), offrendo uno sguardo senza precedenti sulla lotta per salvare le barriere coralline del pianeta.