(Adnkronos) - Ci sono sintomi conosciuti di un possibile tumore: la sensazione di un nodulo al seno, sangue nelle urine, un cambiamento nelle abitudini intestinali, una tosse cronica. Questi possono segnalare, rispettivamente, un cancro al seno, alla prostata, al colon-retto o ai polmoni. Poi ce ne sono altri meno noti e per certi versi "sorprendenti', insoliti e rari". A descriverli sul 'Washington Post' è Mikkael A. Sekeres, responsabile del Dipartimento di Ematologia e docente di Medicina al Sylvester Comprehensive Cancer Center dell'università di Miami. "Uno di questi sintomi lo riferì una paziente. Aveva un dolore al petto che durava un giorno o 2 ogni volta che beveva un bicchiere di vino - racconta Sekeres - Una Tac del torace ha rivelato una grossa massa nei polmoni e, come previsto, una biopsia ha confermato che si trattava di linfoma di Hodgkin. Molte persone - spiega il medico - avvertono dolore o una sorta di irritazione nella parte inferiore del torace o dell'addome dopo aver bevuto alcol a causa di un'infiammazione dell'esofago o dello stomaco, condizioni chiamate esofagite o gastrite, che spesso possono essere alleviate con antiacidi o inibitori della pompa protonica. Ma il dolore in una zona circoscritta del corpo che si manifesta costantemente dopo l'ingestione di alcol, come a un linfonodo o nella parte bassa della schiena, può essere un segno di linfoma". In uno studio, il fenomeno è stato riscontrato in almeno il 5% delle persone a cui è stato diagnosticato un linfoma di Hodgkin. Per il secondo dei 4 sintomi rari di cancro, lo specialista cita un altro caso: "Una frattura ossea dopo un lieve trauma accade raramente nei giovani adulti. Questi tipi di fratture possono, in alcuni casi, indicare un tumore sottostante che ha origine nell'osso o si diffonde all'osso. Può indebolirne la resistenza, portando a fratture 'patologiche' - evidenzia l'oncologo - Tra le persone con tumore osseo, circa l'8% subisce una frattura patologica. Questi tipi di fratture ossee hanno una probabilità 500 volte maggiore di verificarsi a causa di un cancro che si diffonde all'osso rispetto a un tumore osseo primario, con i tumori più comuni che originano da seno, polmone, tiroide, rene e prostata". C'è poi il caso di livelli altissimi di calcio. "Diverse condizioni possono portare a questo scenario, come anomalie della ghiandola paratiroidea, ipertiroidismo o persino determinati farmaci. Tuttavia - riferisce Sekeres - in uno studio su oltre 50.000 persone, chi presentava livelli di calcio elevati aveva anche un rischio più che doppio di ricevere una diagnosi di cancro nell'anno successivo rispetto a coloro che presentavano livelli normali, sebbene il numero totale di persone a cui era stato diagnosticato un cancro fosse basso. Il rischio di ricevere una diagnosi di cancro aumentava con livelli di calcio progressivamente più elevati. I tumori più comuni che causano alti livelli di calcio includono alcuni tipi di cancro ai polmoni, al seno, ai reni, alla vescica, alle ovaie, linfoma e il mieloma multiplo". Infine, c'è un altro sintomo insolito nella lista stilata dall'oncologo americano: "Il seno gonfio e dolorante, magari con secrezioni dai capezzoli, è una condizione benigna chiamata mastite ed è più comune nelle donne che allattano. La mastite - precisa - è un processo infiammatorio doloroso che può richiedere cure mediche, ma non è un cancro. Se però non si sta allattando e si manifestano questi sintomi, potrebbe essere un campanello d'allarme del cancro al seno infiammatorio, che rappresenta dal 2 al 4% dei casi di tumore al seno negli Stati Uniti. L'esordio può essere rapido ed è caratterizzato da alterazioni cutanee 'a buccia d'arancia', in cui la pelle del seno cambia e assomiglia alla superficie leggermente butterata del frutto. Si deve consultare il medico e potrebbe essere necessaria una biopsia mammaria. E' più probabile che la secrezione sia causata da un tumore quando si verifica in un solo seno, è intermittente e persiste nel tempo".
(Adnkronos) - "La prima cosa" che chiediamo ai candidati in campo per la presidenza della Regione Campania "è l'interessamento, la spinta al completamento in tempi rapidi delle infrastrutture che interessano la nostra regione, che rappresentano il volano di sviluppo per il futuro". Così, con Adnkronos/Labitalia, Emilio De Vizia, presidente di Confindustria Campania, sulle richieste degli industriali campani, ai due candidati alla presidenza della Regione Campania, che l'associazione incontrerà, in vista delle elezioni previste per il 23-24 novembre, rispettivamente il 13 novembre alle 16 (Roberto Fico) e il 17 novembre alle 17 (Edmondo Cirielli). E De Vizia sottolinea che in particolare l'attenzione della sua associazione è incentrata verso l'Av "Napoli-Bari, che di fatto non sarà solo un'Alta velocità che collega due grandi città, e già questo è abbastanza importante per Napoli, ma soprattutto è un tratto di ferrovia che attraversa delle aree interne della nostra regione". "Su questa tratta è prevista anche la realizzazione di una stazione intermedia in provincia di Avellino, con la previsione della realizzazione di una piattaforma logistica in adiacenza alla stazione. Se quest'opera, con tutte le opere complementari di collegamenti stradali che sono necessarie e già individuate, alcune già progettate, altre parti in progettazione, può rappresentare, secondo me, un po' quello che ha rappresentato l'autostrada Napoli-Bari negli anni '60", sottolinea De Vizia. Per il leader degli industriali campani, che è anche presidente di Confindustria Avellino, "a questo punto noi avremmo una regione che ha dei grossi centri urbani, ma anche delle aree interne collegate con servizi e con infrastrutture a queste aree". "Le aree interne in questo modo possono diventare, secondo me, un'occasione per 'liberare' i grossi centri dell'area metropolitana di Napoli da una serie di problematiche importanti", sottolinea. "E poi -aggiunge- non dimentichiamoci che l'Alta velocità collega due porti fondamentali, che sono diventati il centro dello sviluppo dei territori", sottolinea. Secondo De Vizia "i numeri della Campania dimostrano che la regione cresce molto più di altri territori, anche del Nord Italia. Ma si può fare ancora tanto e per farlo bisogna rendere ancora più attrattiva la nostra regione. Bisogna agire, ad esempio, sulla gestione delle aree industriali che sta diventando un problema molto forte, come nell'Aversano, ma anche nell'Avellinese. Non è possibile che spesso manchino i servizi, in alcuni casi la depurazione delle fognature a regime. O altri casi in cui le aziende hanno dovuto sospendere le attività produttive a causa della mancanza dell'acqua", sottolinea ancora l'industriale. I possibili effetti dei dazi Usa "Al momento i dati che abbiamo sono ancora frammentati, ma è assolutamente necessario capire quali sono le difficoltà che alcune imprese e alcuni settori produttivi stanno avendo rispetto ai dazi Usa, a livello di calo dell'export verso quella regione. E una volta ben chiaro il quadro, sarà necessario trovare un sistema tale che queste aziende possano ricollocare le loro merci su altri territori, assistendole con finanziamenti e altri strumenti, con un'attenzione particolare alle pmi", sottolinea De Vizia. Secondo De Vizia, con i dazi Usa oltre agli effetti diretti sull'export delle imprese "campane dell'agroalimentare, rischiamo che ci sia anche un altro fenomeno: i prodotti di altri Paesi che avranno anch'essi dei problemi sul mercato americano inizieranno ad arrivare in Europa e in Italia e ci sono rischi concreti di ripercussioni sul nostro tessile ma anche sul settore della ceramica ad esempio", spiega. Il giudizio sulla manovra del governo "Nella manovra economica del governo per le imprese io vedo poco, non la vedo come una manovra tesa allo sviluppo. C'è il super ammortamento, ma poco altro, anche se attendiamo i decreti attuativi", spiega il leader degli industriali campani. Le preoccupazioni sulla Zes "Questa riorganizzazione della Zes unica, con una struttura meno agile, ci preoccupa. La forza della Zes era infatti l'autorizzazione unica in 30 giorni, questa era la media delle autorizzazioni, che di fatto ha sbloccato un sistema e soprattutto ha toccato una serie di poteri di interventi di interdizione che avevano a serie di enti comunali, sovracomunali o regionali che spesso mettevano l'ostacolo più che risolvere un problema. Stiamo parlando di circa 900 autorizzazioni rilasciate nel 2024 tra cui una buona parte, quasi il 40%, riguardano la regione Campania e questa è la prova che è la Regione a guidare la locomotiva del Sud", spiega De Vizia. La crisi dell'automotive "La Campania ha un legame ancora forte con l'automotive, e siamo quindi penalizzati dalla crisi di questo settore a livello nazionale ed europeo. La nostra regione ha ancora stabilimenti importanti in provincia di Avellino e a Pomigliano, con un indotto enorme le cui aziende vivono un dramma nel dramma, nel senso che erano quelle più legate al mondo Stellantis mentre in altre regioni le aziende si erano legate anche ad altre case automobilistiche. Quindi speriamo che il 2026 sia l'anno di ripresa dell'automotive", conclude De Vizia.
(Adnkronos) - Oltre 9.700 eventi meteorologici estremi tra il 1995 e il 2024, con più di 830mila vittime e oltre 4.500 miliardi di dollari di danni diretti. E' quanto registra l'Indice di rischio climatico (Climate Risk Index, Cri) 2026, che l'organizzazione per l'ambiente e lo sviluppo Germanwatch ha presentato oggi alla Cop30 di Belém. Il paese più colpito è la Dominica. L'Italia è nella 'top 30' e occupa la 16esima posizione. Secondo l'analisi, circa il 40% di tutte le persone nel mondo, oltre tre miliardi, vive attualmente negli undici Paesi che negli ultimi 30 anni sono stati più duramente colpiti da eventi climatici estremi come ondate di calore, tempeste e inondazioni. Tra questi Paesi figurano l'India (9° posto) e la Cina (11°), e altri come la Libia (4°), Haiti (5°) e le Filippine (7°). Allo stesso tempo, i Paesi dell'Ue e le nazioni industrializzate come la Francia (12° posto), l'Italia (16°) o gli Stati Uniti (18°) sono tra i 30 Paesi più colpiti da fenomeni meteorologici estremi. "Le ondate di calore e le tempeste rappresentano la più grande minaccia per la vita umana quando si tratta di eventi meteorologici estremi - afferma Laura Schäfer, una delle autrici del Cri - Le tempeste hanno anche causato i danni monetari di gran lunga maggiori, mentre le inondazioni sono state responsabili del maggior numero di persone colpite da eventi meteorologici estremi". Alcuni Paesi che si sono classificati molto in alto nell'indice hanno sofferto principalmente di singoli eventi meteorologici ma estremamente devastanti, mentre altri sono stati colpiti ripetutamente da condizioni climatiche estreme. "Paesi come Haiti, le Filippine e l'India, tutti tra i dieci Paesi più colpiti, devono affrontare sfide particolari. Sono colpiti da inondazioni, ondate di calore o tempeste con una tale regolarità che intere regioni riescono a malapena a riprendersi dagli impatti fino all'evento successivo", spiega Vera Künzel, coautrice dell'indice. In cima all'indice per il periodo 1995-2024 c'è la Dominica, una piccolissima nazione insulare caraibica che è stata colpita più volte da uragani devastanti. Nel 2017, il solo uragano Maria ha causato danni per 1,8 miliardi di dollari, quasi tre volte il prodotto interno lordo (Pil) del Paese. È stato il più distruttivo dei sette cicloni tropicali degli ultimi 30 anni. Un altro esempio è il Myanmar, al secondo posto. Nel 2008, il ciclone Nargis ha ucciso quasi 140mila persone e ha causato danni per 5,8 miliardi di dollari. Le forti piogge e le conseguenti inondazioni hanno avuto gli effetti più devastanti. L'indice mostra che i Paesi del Sud globale sono particolarmente vulnerabili e hanno bisogno del sostegno dei Paesi ricchi. Tuttavia, anche queste nazioni sono sempre più colpite dagli impatti della crisi climatica. "I risultati del Cri 2026 dimostrano chiaramente che la Cop30 deve trovare modi efficaci per colmare il divario di ambizione globale. Le emissioni globali devono essere ridotte immediatamente, altrimenti si rischia un aumento del numero di morti e un disastro economico in tutto il mondo. Allo stesso tempo, gli sforzi di adattamento devono essere accelerati. È necessario implementare soluzioni efficaci per le perdite e i danni e fornire finanziamenti adeguati per il clima", spiega David Eckstein, co-autore Cri. Il Climate Risk Index ha condotto anche una valutazione dell'anno passato. L'arcipelago caraibico di St. Vincent e Grenadine e Grenada, devastati da un uragano di categoria 5 nell'estate del 2024, si posizionano al primo e al secondo posto di questa classifica. Il Ciad segue al terzo posto, colpito da devastanti inondazioni durate mesi.