(Adnkronos) - In una finanziaria "destinare risorse per quasi un terzo alla sanità non è facile. Mi sembra scorretto paragonare quello che ha fatto questo governo in una sola legislatura con quello che hanno fatto i precedenti governi in 4 o 5 legislature". Lo ha detto Francesco Zaffini (Fratelli d’Italia) e presidente X Commissione (Sanità lavoro e previdenza) del Senato, partecipando al 57° Congresso Sumai - Sindacato unico medicina ambulatoriale italiana e professionalità nell’area sanitaria, in svolgimento a Roma. "Mi chiedo, quindi, come mai il sistema sia così resistente alle operazioni importanti che stiamo facendo - aggiunge il senatore - che non sono solo il finanziamento e il rifinanziamento del Sistema sanitario nazionale, ma comprendono anche i primi approcci a riforme importanti sui grandi problemi che abbiamo trovato e ricevuto. Abbiamo gli stessi percorsi e le stesse resistenze di chi ci ha preceduto. Abbiamo lo stesso sistema, con tempi lunghi e vischiosità, che ci è stato consegnato da quella modifica del titolo V, che rende il sistema ingovernabile". Sul "provvedimento di luglio per le liste di attesa", il cuore "era di sapere dalle Regione che cosa fare, era quindi necessario implementare il cruscotto in modo che chi deve fare una valutazione sui dati, abbia i dati per farla. Ancora oggi, però, alcune Regioni non implementano il cruscotto - sottolinea Zaffini - Non do colpe, ma leggo una realtà e un sistema che è di fatto ingovernabile. Il ministro Schillaci per questo sistema ha messo 30 miliardi - illustra il senatore - ha impostato importanti riforme sulle professioni sanitarie, cambiato le regole d'accesso alla facoltà di Medicina, tolto l'esclusività per le professioni infermieristiche - e lo renderemo strutturale appena possibile - e ha tassato con il 15% flat le prestazioni aggiuntive". "Certo, siamo in ritardo, ma non è possibile che questo ritardo si colmi da un momento all’altro - osserva Zaffini - Questo è un sistema che deve anche ritrovare l'orgoglio dell'appartenenza per chi ci lavora". Gli specialisti ambulatoriali, erogano "2 milioni di prestazioni al giorno: è normale che su 2 milioni di prestazioni al giorno, ce ne siano qualche migliaio che non funzionano, lo dice la regola statistica - afferma - Noi siamo l'ultimo Paese ancora con un sistema sanitario progettato 45 anni fa. Tutti gli altri, compresi gli inglesi, hanno modificato il sistema. Bisogna strutturare il secondo pilastro, bisogna fare questa riforma della sanità integrativa. Ogni volta che mi accingo a portare in Parlamento i provvedimenti, anche piccole cose che riguardano questa necessità di riforma del sistema - evidenzia - trovo resistenze impossibili. Se non liberiamo il primo pilastro da tanta inappropriatezza e da tante prestazioni che può fare, e deve fare il secondo pilastro, da queste difficoltà non ne usciamo". Tra le sfide aperte c'è la "transizione demografica. L'anno scorso sono nati 370mila bambini, metà bambine. Dobbiamo renderci conto di quello che sta accadendo nel nostro sistema di welfare, e nei suoi blocchi di spesa, come il fatto che circa 630 dei 1.100 miliardi che lo Stato italiano spende ogni anno sono destinati a sostenere il nostro sistema di welfare - sanità e pensioni - e non potremo continuare a farlo in futuro con questo quadro demografico - avverte Zaffini - Dobbiamo affrontare insieme queste sfide, uscendo dalla dialettica dei ‘più soldi’ perché più soldi di 30 miliardi in una legislatura non ci sono". Secondo il senatore "è inutile fare paragoni con altri paesi e con altri sistemi sanitari ed economici. La Germania paga un decimo rispetto a noi di interessi a servizio del debito, quindi è inutile paragonare quello che mette la Germania in sanità rispetto a quello che mette l'Italia - rimarca - Il lavoro che stiamo facendo è importante, ma ci piacerebbe avere più vicino i professionisti della sanità, perché è rispetto a loro, soprattutto, che le attenzioni di questo governo si stanno materializzando e si sono materializzate", conclude.
(Adnkronos) - "La sentenza, tenendo ben conto del frastagliato quadro europeo, caratterizzato dalla compresenza di Paesi 'a salario minimo legale' e di Paesi - come l'Italia, la Danimarca e la Svezia - il cui sistema salariale è integralmente basato sulla contrattazione collettiva, conferma l’impostazione della direttiva. Si tratta di un scelta di fondo che risponde, sul piano sovranazionale, al principio di sussidiarietà orizzontale, che impone di privilegiare le fonti più vicine alla realtà da regolare, ricorrendo a quelle legali solo se strettamente necessario. E, sul piano costituzionale, almeno nella esegesi costituzionale italiana, al principio di libertà sindacale. Questi limiti attinenti al sistema delle fonti europee e nazionali, peraltro, non hanno impedito alla Corte di Lussemburgo di rigettare le rivendicazioni di sovranità politica svolte dai Paesi ricorrenti, affermando che ai Paesi come Danimarca e Italia, che definiscono i salari minimi esclusivamente tramite contratti collettivi, la direttiva 'non impone l’obbligo di introdurre un salario minimo legale né di dichiarare i contratti collettivi universalmente applicabili'. Il che assolve il Governo italiano dall’obbligo di introdurre la gran parte delle riforme la cui mancata adozione gli si imputa". Così, con Adnkronos/Labitalia, il giuslavorista e consigliere esperto del Cnel, Francesco Rotondi, sulla decisione della corte di giustizia dell'Unione Europea (Cgue) che ha respinto parzialmente, ma nelle sue parti più rilevanti, il ricorso presentato dalla Danimarca e dalla Svezia per ottenere l'annullamento integrale della direttiva 2022/2041 dell'Unione Europea sul salario minimo. Per Rotondi l'impostazione della direttiva "è mirante a rafforzare, con tecniche diverse, sia i sistemi 'a salario minimo legale', sia quelli 'a regime contrattuale', senza incidere sulla scelta del sistema da parte dei Paesi membri". Secondo Rotondi "agli Stati membri in cui sono previsti salari minimi fissati per legge è rivolta invece la parte della sentenza in cui, con chirurgica precisione, la Corte ha isolato dal contesto generale, per annullarle, due specifiche disposizioni della direttiva, che sono state ritenute troppo invasive delle competenze riservate ai Paesi Membri". "In effetti, premesso che il diritto degli Stati Membri esclude espressamente la competenza Ue in materia di retribuzioni e diritto di associazione, il ricorso -spiega il giuslavorista. mirava ad annullare l’intera direttiva che rappresenterebbe un'ingerenza diretta del diritto dell’Unione nella determinazione delle retribuzioni all’interno degli Stati membri'. La Corte non ha condiviso tale radicale impostazione, stabilendo che la norma europea si applica solo alle misure che comportano una 'diretta ingerenza del diritto dell’Unione nella determinazione delle retribuzioni'. Al contrario, la direttiva -continua il giuslavorista- mira a “migliorare le condizioni di vita e di lavoro nell’Unione, in particolare l’adeguatezza dei salari minimi per i lavoratori”, e pertanto esse sono state per lo più ritenute compatibili con la ripartizione delle competenze prevista dal Trattato". Secondo Rotondi "va soprattutto segnalato il rigetto del ricorso relativo all’art. 4 della direttiva, sul punto in cui la direttiva promuove la contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari. La Corte ha escluso, cioè, che l’obbligo per gli Stati membri con bassa copertura contrattuale (inferiore all’80%) di elaborare un 'piano d’azione per promuovere la contrattazione collettiva' costituisca un’ingerenza diretta nel 'diritto di associazione' o nelle retribuzioni", conclude.
(Adnkronos) - Da quasi cinquant’anni Ecoroe trasforma le sfide ambientali in soluzioni sostenibili. Fondata nel 1976, l’azienda è oggi un global service ecologico leader nella gestione integrata dei rifiuti, nel pronto intervento ambientale e nella consulenza strategica Esg. Con due piattaforme di proprietà e una flotta di oltre 25 mezzi operativi attivi 24 ore su 24, Ecoroe garantisce un servizio efficiente, sicuro e tracciabile in tutto il territorio nazionale. La piattaforma principale di Milano è autorizzata per il trattamento fino a 185mila tonnellate annue, mentre quella di Stradella dispone di un’autorizzazione fino a 44mila tonnellate. A supporto delle attività, un laboratorio interno certificato garantisce analisi e controlli di qualità in ogni fase del processo, offrendo anche servizi analitici dedicati ai clienti. L’esperienza maturata in mezzo secolo si riflette in una gamma di soluzioni complete: dal trattamento di rifiuti liquidi, solidi, pericolosi e non pericolosi, fino alle bonifiche ambientali e agli interventi di messa in sicurezza d’emergenza per sversamenti o eventi critici. Ecoroe opera secondo un metodo collaudato che integra tecnologia, competenze specialistiche e consulenza normativa per tutti i principali settori industriali: chimico-farmaceutico, metalmeccanico, oil&gas, logistica, edilizia, Gdo e pubblica amministrazione.