INFORMAZIONIGaetano Aita |
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(Adnkronos) - La notizia di un'intesa che mai come stavolta sembra vicina su un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah piomba sul G7 Esteri a Fiuggi, dove i sette Grandi continuano a lavorare per trovare una sintesi sulla spinosa questione del mandato d'arresto spiccato dalla Corte penale internazionale (Cpi) per il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. "Siamo forse vicini a un cessate il fuoco in Libano, speriamo che sia vero e che non ci sia qualche marcia indietro dell'ultimo minuto", ha confermato il 'padrone di casa', il ministro degli Esteri Antonio Tajani, aprendo ieri la sessione della ministeriale con i rappresentanti del Quintetto arabo (Arabia Saudita, Qatar, Emirati, Giordania e Egitto). Le notizie su una possibile svolta nel Paese dei cedri si sono rincorse per tutto il giorno. Secondo fonti ben informate citate dal quotidiano Asharq Al-Awsat, oggi il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e il capo dell'Eliseo, Emmanuel Macron, "annunceranno la cessazione delle ostilità tra Libano e Israele per un periodo di 60 giorni". I media israeliani sostengono che il gabinetto di sicurezza si riunirà per approvare il testo dell'accordo. Channel 12 riferisce che l'intesa sia stata finalizzata nelle scorse ore e che dovrebbe succedere "qualcosa di drastico" per far naufragare l'accordo. Lo stesso portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha confermato che l'accordo è "vicino", ma "non ci siamo ancora". Insomma tutti i segnali puntano in un'unica direzione. L'accordo prevede che l'esercito di Beirut entri nel sud del Libano per un periodo di 60 giorni, mentre l'Idf si ritira. Il coordinamento con la parte libanese avverrà attraverso l'ufficio del capo del Comando Centrale degli Stati Uniti, il generale Michael E. Kurilla. L'organo di coordinamento includerà la Francia, il cui coinvolgimento è stato voluto da Washington e Beirut. Secondo la fonte, Israele si sarebbe convinto ad accettare il coordinamento di Parigi solo dopo che la Francia ha indicato di non voler procedere all'applicazione della sentenza della Corte penale internazionale sull'arresto di Netanyahu. L'Idf potrà agire non solo nel caso di attacchi a Israele, ma anche contro i tentativi di Hezbollah di accrescere la propria potenza militare. È una “guerra tra le guerre” in Libano, ha spiegato la fonte, facendo riferimento agli sforzi fatti da Israele per impedire che le armi iraniane raggiungessero i proxy attraverso attacchi aerei e operazioni di intelligence, principalmente in Siria. "Prima di concludere bisogna avere tutti gli accordi definitivi. Siamo fiduciosi, siamo qua, vediamo che accade", ha detto cautamente il titolare della Farnesina, secondo cui in ogni caso da Fiuggi "parte un messaggio forte a favore del cessate il fuoco". L'Italia, ha ribadito, è "pronta a fare la sua parte proprio per il grande impegno che abbiamo profuso in Libano in questi anni" e a giocare un ruolo "non secondario" nel futuro del Paese. Le ultime resistenze al tavolo delle trattative arrivano dall'Iran, ha osservato il vice premier, che in mattinata ha anche incassato la solidarietà del suo omologo libanese Abdallah Bou Habib per gli attacchi contro i militari italiani di Unifil. La Repubblica islamica è "un po' contraria" all'intesa "o quanto meno vuole allungare i tempi", ha spiegato Tajani, che già guarda al giorno dopo in Libano, immaginando una presenza di primo piano dell'Italia. "Per quanto riguarda il Libano ho dato la piena disponibilità dell'Italia ad essere protagonista, se ci sarà l'accordo ovviamente con i libanesi, per sorvegliare l'applicazione dell'accordo insieme agli Stati Uniti ed altri Paesi", ha scandito il ministro che auspica anche "un'Unifil più forte", con "diverse regole di ingaggio". A Fiuggi, come annunciato nei giorni scorsi, è stata affrontata anche la questione del mandato di arresto spiccato dalla Cpi per crimini di guerra e contro l'umanità nei confronti di Netanyahu, dell'ex ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, e del leader di Hamas, Mohammed Deif. I sette ministri delle economie più avanzate del mondo non hanno ancora maturato una posizione univoca e si continua a limare il testo della dichiarazione finale, ma i rispettivi direttori politici lavorano per una sintesi ed evitare che si proceda in ordine sparso su un tema su cui l'attenzione di Tel Aviv è massima. "Nessuno è al di sopra della legge", ha indicato a Fiuggi la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock, mentre il suo omologo britannico, David Lammy, ha assicurato che il Regno Unito seguirà i principi del "giusto processo" se Netanyahu dovesse mettere piede oltremanica. Nella prima sessione della ministeriale G7 "ho detto che bisognava avere una posizione univoca sulla decisione della Cpi. Abbiamo parlato, vediamo se si potrà avere nel comunicato finale una parte dedicata a questo", ha riferito Tajani, mentre da Teheran la Guida Suprema, Ali Khamenei, ha condito della consueta retorica anti-israeliana le sue dichiarazioni. Secondo l'ayatollah, che si è rivolto ai paramilitari Basij, contro i leader israeliani dovrebbero essere emesse condanne a morte, non mandati di arresto. Quella in corso a Fiuggi, che vede nel programma della prima giornata anche l'inaugurazione di una simbolica panchina rossa per dire no ai femminicidi nella giornata internazionale contro la violenze sulle donne, è la seconda ministeriale Esteri sotto presidenza italiana, dopo quella di Capri dell'aprile scorso, e l'ultima riunione prima della consegna del testimone al Canada, presidente di turno del G7 nel 2025. "L'unità in questo momento è la nostra forza", ha detto all'inizio della riunione Tajani, sottolineando come l'Italia, tra l'evento a Fiuggi ed i Med Dialogues in corso a Roma, "è protagonista e al centro del dibattito politico internazionale". Dopo una prima giornata di lavori dedicata quasi esclusivamente alle crisi in Medio Oriente, oggi il focus si sposterà sull'Ucraina (sarà presente il ministro degli Esteri, Andrii Sybiha) e sulla situazione nell'Indo-Pacifico. Sullo sfondo, ma neanche troppo, c'è quanto accade sull'altra sponda dell'Atlantico, con gli occhi di tutti puntati sulle prossime mosse del presidente eletto, Donald Trump, che a gennaio entrerà alla Casa Bianca e ha già promesso che non avrà mezze misure su tutti i principali dossier internazionali.
(Adnkronos) - "Dal taglio del cuneo fiscale previsto in manovra i lavoratori ne escono ancora più poveri. E l'intervento sulle detrazioni fiscale va ad aggravare la loro condizione. Senza contare che non si fa nulla contro il lavoro sempre più precario, che porterà ad avere in futuro pensionati sempre più poveri". Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Paolo Andreani, segretario generale della Uiltucs, il sindacato di categoria Uil che rappresenta i lavoratori del terziario, turismo, commercio e servizi, spiega i punti che stanno alla base dello sciopero generale convocato per il prossimo 29 novembre da Cgil e Uil contro la manovra economica del governo. Secondo Andreani nel provvedimento del governo "ci sono alcune condizioni in particolare che secondo noi penalizzano, o piuttosto non aiutano, la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori che noi rappresentiamo. Ce n'è una ad esempio che riguarda il cosiddetto taglio del cuneo fiscale. Per come è congegnato i redditi fino a 8.500 euro, rispetto a 2024, avanzerebbero di un euro lordo. Un reddito attorno ai 20.000 euro perderebbe circa 300 euro lordi e un reddito fino a 35.000 euro perderebbe circa 760 euro all'anno. Questo non è un avanzamento delle retribuzioni", attacca il dirigente sindacale. E, secondo Andreani, non è finita qui. "Per come si va a tagliare le detrazioni -sottolinea- e avendo a riferimento il quoziente familiare del reddito, oltre complessivamente un milione di lavoratori, e ce n'è una parte anche ovviamente nel terziario, ne avrebbe un danno", sottolinea il leader della Uiltucs. E nulla, attacca il sindacalista, è stato fatto contro la 'piaga' del "lavoro povero, della discontinuità lavorativa. Noi per contrastarlo, per migliorare la situazione retributiva dei lavoratori, puntavamo alla detassazione degli aumenti contrattuali che abbiamo realizzato in questo periodo con i 15 rinnovi siglati. Avremmo potuto godere per un lungo periodo di un vantaggio molto più significativo rispetto al taglio del cuneo fiscale. E non ci siamo riusciti", sottolinea il sindacalista. E lo sciopero generale del 29 novembre è in corrispondenza con il Black Friday, il giorno dei grandi ribassi nel commercio. "Il Black Friday? I lavoratori che rappresentiamo lavorano nella vendita al dettaglio e nella grande distribuzione organizzata, come anche nell'e-commerce. Noi ci aspettiamo un'adesione significativa allo sciopero del 29 novembre, specie nei punti vendita della distribuzione organizzata, l'effetto sulle vendite lo vedremo dopo lo sciopero", sottolinea. E Andreani ricorda che il lavoro nel commercio "è una di quelle attività che seguono la liberalizzazione degli orari. Vengono svolte con l'apertura ininterrotta delle strutture e, a seconda della capacità di organizzarsi nel lavoro, ci sono molte persone, la grande maggioranza, che è costretta a lavorare i sabati e tutte le domeniche. E festività comprese. Questi lavoratori vengono pagati con percentuali orari e lievemente superiori. Ma qual è il tema? Si lavora il sabato, la domenica, orari su misura per le imprese, le imprese fanno fatturati e invece i salari sono bloccati", aggiunge. Per il dirigente sindacale infatti "i lavoratori dei comparti che rappresentiamo non se la passano bene. Anche perché sono settori nei quali, in particolar modo parliamo del terziario, del commercio, sono aumentati i profitti delle imprese in modo molto significativo, nell'ultimo biennio di oltre il 40%, mentre gli investimenti sono stati esigui, circa l'1,6%. E soprattutto non è stata redistribuita la redditività che è stata realizzata. Non si è fatta minimamente contrattazione di secondo livello e i lavoratori sono sempre più poveri", ribadisce. Andreani sottolinea come nel terziario "il contratto nazionale lo abbiamo rinnovato, ma dopo oltre 5 anni, quindi c'è stata una perdita del potere d'acquisto di oltre una mensilità. Non si è fatta minimamente contrattazione di secondo livello, le aziende non hanno distribuito ciò che hanno realizzato. Questo ha peggiorato ulteriormente le condizioni di lavoro delle persone, soprattutto sui salari. Tutto questo con una condizione di lavoro molto flessibile: quindi orari su misura per l'impresa, ma poco salario. E questo sta diventando anche il problema per il quale le imprese non trovano più risorse disponibili", sottolinea il sindacalista. Nel terziario, secondo Andreani, serve una svolta. "Noi ci siamo trasformati in un 'polmone occupazionale' con un 'degrado', per così dire, delle condizioni di lavoro e del salario perché la pubblica amministrazione, dovendo contenere le spese, applica contratti collettivi a basso contenuto economico. E anche l'industria, 'terzierizzando' utilizza una parte del terziario con contratti collettivi che anche in questo caso hanno condizioni economiche problematiche", sottolinea. In sostanza, lamenta Andreani, "il Paese ha un grande 'polmone occupazionale', prevalentemente giovani e donne, a cui si garantiscono condizioni salariali precarie e ci sono condizioni lavorative altrettanto precarie. Che vuol dire la povertà economica dell'oggi ma poi anche la povertà previdenziale del domani. Perché col sistema contributivo delle pensioni, essendoci poco salario, un 35enne di oggi sa che andrà in pensione a 74 anni con 1000 euro lordi, e un part-time, e ci sono oltre un milione di part-time, andrà in pensione con l'assegno sociale. Quindi ci dobbiamo preparare alla povertà previdenziale", avverte Andreani. Secondo il dirigente sindacale, "è un tema che purtroppo sarà sempre più preoccupante se noi non creiamo la condizione per qualificare il lavoro, dando un valore al lavoro e quindi incentivando la contrattazione collettiva e il lavoro di qualità. Perché si continua a dare contributi, a sostenere le imprese che non rinnovano i contratti? Perché si danno contributi a pioggia e non si danno, magari, alle imprese virtuose, che magari aumentano l'occupazione e si mettono nella condizione di avere la responsabilità sociale di impresa?, conclude Andreani.
(Adnkronos) - Innalzare il livello di consapevolezza sul fenomeno della violenza di genere attraverso l’idea semplice ma potentissima che le nostre scelte consapevoli possono determinare un futuro diverso. È questo l’obiettivo della settima edizione di #Sempre25novembre, che Sorgenia rilancia in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne e che svilupperà nel corso di tutto il 2025 con una serie di importanti collaborazioni. I dati continuano a essere poco confortanti. Cresce tuttavia la consapevolezza dell’emergenza: basti pensare che nei primi sei mesi del 2024 le chiamate al numero antiviolenza 1522 sono state quasi 33mila, il 70% in più rispetto allo stesso periodo del 2023. Il progetto di quest’anno, realizzato con la collaborazione di Fondazione Pangea Ets, mostra come alcuni episodi di violenza siano nascosti tra le pieghe della vita quotidiana. Ne sono un esempio il controllo del telefono o dell’abbigliamento, la discriminazione in ambito lavorativo o familiare, il consenso anche tra fidanzati. Il focus, dunque, è su situazioni all’apparenza innocue che celano invece una violenza sottile, quasi invisibile. Situazioni che le nostre scelte possono far cambiare, concorrendo così a scrivere un finale diverso. Per coinvolgere le persone e far loro sperimentare come anche le piccole decisioni quotidiane possano contribuire a creare un futuro migliore, Sorgenia ha ideato una pagina online con dodici storie interattive (www.sempre25novembre.it), ispirate a fatti realmente accaduti. Per ognuna, come una persona che assiste, il lettore può scegliere quale azione compiere, ciascuna delle quali decreta un epilogo ogni volta differente. Ci si rende così conto di come ogni decisione, anche la più piccola, possa modificare il corso degli eventi. Il punto di vista è quello di amici, colleghi, familiari, di chi sta accanto a persone che vivono la violenza. L’esperienza si conclude con un breve approfondimento sul fenomeno rappresentato. Le storie sono accompagnate da installazioni in cui i racconti sono introdotti da immagini di apparente normalità: inquadrando un QR code sarà possibile svelare la violenza o la discriminazione celata dietro ogni scatto, come a dire che non sempre la realtà è ciò che appare a un primo sguardo superficiale. Con il 2025, la campagna approderà in alcune Università italiane grazie alla collaborazione di Sorgenia con il progetto sociale #NonCiFermaNessuno ideato e condotto da Luca Abete dal 2014 con l’obiettivo di incoraggiare i giovani studenti italiani. Allo stesso modo il progetto #sempre25novembre sarà veicolato nelle scuole italiane, grazie alla collaborazione con Parole O_Stili: lo scorso anno, grazie alla diffusione fatta dall’associazione sono stati coinvolti oltre 80mila studenti in lezioni che hanno preso le mosse da materiale appositamente preparato da Sorgenia, per accrescere la loro consapevolezza sul tema della violenza di genere. Prosegue anche la cooperazione con le aziende del Gruppo F2i: continua l’attività informativa iniziata lo scorso anno negli aeroporti del Gruppo per la diffusione del numero verde antiviolenza e stalking 1522 del Dipartimento Pari Opportunità-Presidenza Consiglio dei Ministri. Sorgenia ha inoltre organizzato un ciclo di incontri formativi interni, aperti a tutti i dipendenti della holding, che in azienda hanno potuto seguire gli interventi di Elisa Ercoli, presidente dell’Associazione Nazionale Differenza Donna che gestisce il numero 1522; Maria Teresa Manente, responsabile legale dell’Associazione e Arianna Gentili, responsabile nazionale del 1522. Elisa Ercoli, presidente dell’Associazione Nazionale Differenza Donna, che affianca Sorgenia nell’edizione 2024 di #sempre25novembre, illustra alcuni dei dati raccolti dalla ricerca 'Giovani Voci per Relazioni Libere', condotta dall’Associazione stessa tra ragazzi e ragazze tra i 14 e i 21 anni: “Il 30% dei giovani crede che la gelosia sia una dimostrazione d'amore, percentuale che sale al 45% tra i 14-15enni, mentre il 19% considera la geolocalizzazione accettabile. Il 39% dice di aver subito violenza, con picchi tra le persone non binarie (55%) e le ragazze (43%). I responsabili delle violenze sono nell' 87% conoscenti, nel 30% familiari, nel 29,5% amici, nel 27,2% partner o ex partner. Solo l'1% dei ragazzi si rivolge ai Centri Antiviolenza; il 25% non parla con nessuno. In base all'esperienza personale per i giovani le principali forme di violenza sono lo stalking (33%), la violenza verbale (30,5%), psicologica (26,7%), fisica (14,4%), sessuale (11,6%). Secondo la ricerca il controllo su abbigliamento, uscite, geolocalizzazione e accesso ai messaggi è diffuso, specialmente tra i più giovani: 16% minimizza il controllo sull'abbigliamento, il 61% ha subito controllo sulle uscite, con il 18% che lo subisce sempre”.